Niccolò Machiavelli

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DISCORSO MORALE


De profundis clamavi ad te, Domine, Domine exaudi vocem meam.


AVendo io questa sera, onorandi padri e maggiori fratelli.1 a parlare alle carità vostre per ubbidire a' miei maggiori, e ragionare qualche cosa della penitenza, mi è parso cominciare l’esortazione mia colle parole del Lettore dello Spirito Santo Davit Profeta, acciocché quelli che con lui hanno peccato, con le parole sue sperino di potere dall’Altissimo e Clementissimo Dio misericordia ricevere; né di poterla avere, avendola quello ottenuta, si sbigottischino, perchè da quello esemplo né maggiore errore, né maggior penitenza in un uomo si può comprendere, né in Dio maggior liberalità al perdonare si può trovare. E però con le parole del Profeta diremo: O Signore, io che mi trovo nel profondo del peccato ho con voce umile e piena di lacrime chiamato a te, o Signore, misericordia; e ti prego che tu sia contento per la tua infinita bontà concedermela. Né sia alcuno che si disperi di poterla ottenere, pure che con gli occhi lacrimosi, col cuore afflitto, e con la voce mesta l’addimandi. O immensa pietà di Dio, o infinita bontà! Conobbe l'Altissimo Iddio quanto fosse facile l’uomo a scorrere nel peccato; vidde che avendo a stare sul rigore della vendetta, era [p. 143 modifica]impossibile che niuno uomo si salvasse, né possette col più pio rimedio alla umana fragilità provvedere, che con ammonire l’umana generazione, che non il peccato, ma la perseveranza del peccato lo potevano fare implacabile; e perciò aperse agli uomini la via della penitenza, per la quale avendo l’altra via smarrita, e’ potessino per quella salire al cielo. Pertanto la penitenza è unico rimedio a cancellare tutti i mali, tutti gli errori degli uomini, i quali ancoraché siano molti, e in molti e varj modi si commettano, nondimeno si possono largo modo in due parti dividere. L’uno è essere ingrato a Dio, l’altro essere inimico al prossimo. Ma a voler conoscere l'ingratitudine nostra conviene considerare quanti e quali sieno i benefizj che noi abbiamo ricevuti da Dio. Pensate, pensate come tutte le cose fatte e create, sono fatte e create a benefizio dell’uomo. Voi vedete prima l’immenso spazio della terra, la quale perchè potesse essere dagli uomini abitata non permesse che la fusse tutta circondata dall’acque, ma ne lasciò parte scoperta per suo uso, fece dipoi nascere in quella tanti animali, tante piante, tante erbe, e qualunque cosa sopra quella si genera a benefizio suo, e non solo volle che la terra provvedesse al vivere di quello, ma comandò ancora all’acque che nutrissero infiniti animali per il suo vitto. Ma spicchiamoci da queste cose terrene e alziamo gli occhi al cielo, consideriamo la bellezza di quelle cose che noi vediamo, delle quali parte ne ha fatte per nostro uso, parte perchè conoscendo lo splendore e la mirabile opera di quelle, ci venga sete e desiderio di possedere quelle altre che ci fono nascoste. Non vedete voi quante fatiche dura il sole per farci parte della sua luce, per far vivere con la sua potenza e noi e quelle cose che da Dio sono create per noi? Adunque ogni cosa è creata per onore e per bene dell’uomo, e l’uomo è solo creato per bene e onore di Dio, al quale diede il parlare che potesse laudarlo, gli dette il vedere non volto alla terra come gli altri animali, [p. 144 modifica]Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/164 [p. 145 modifica]Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/165 [p. 146 modifica]Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/166 [p. 147 modifica]Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/167

  1. Nella nostra città di Firenze, dove sono frequentissime le Confraternite o società di persone laiche, che vi si adunano per esercizi di Religione, usa che anche tali persone negli Oratori delle dette Confraternite, talvolta predichino alle loro raunanze. In una di esse fece il Machiavelli questa allocuzione.