Diario durante l'occupazione austriaca del 1917-18 a Tesis/2
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1 gennaio 1918
Anno novello, anno novello, cosa porti teco di bello? La pace, han detto i soldati stamattina. Sì, ma dovrebbe essere presto, subito, perchè siamo troppo stretti d’angoscia. Intanto comincia assai tristemente: potrebbe essere peggio? Non credo. Noi col cuore doppiamente oppresso: prima perchè non sappiamo nulla delle nostre creature, poi per la rovina della casa; intorno a noi sospiri, melanconie, lagrime represse di una gioventù che va a morire ... Non è questa un’agonia? Questi poveri soldati han cercato di fuorviare i tristi pensieri stanotte ed han suonato, cantato, fatto mille sciocchezze fino alle due.
Io dormii assai poco per tutte le suddette e altre ragioni. Mi alzai verso le sette e mezzo per aiutare Miutta a fare gli gnocchi. Che triste giorno! Nè Messa, nè Vespro, ma sempre a casa. Il primo a venire in cucina fu Willy, che rideva ancora per le scene di mezzanotte: poi scese Gustavo, ma era assai serio e pensoso. Andammo a metter loro sotto il naso gli auguri di Capodanno che avevo trascritti su d’un biglietto: commossi, ringraziarono stringendoci entrambe le mani. Il tenente ce li fece in chiaro italiano a noi tutti e rise quando gli risposi "Viel Gluck im Neuen Jahre". Sedette a colazione, ma non aveva appetito. Disse che si sentiva sì angustiato che non sapeva se vivere o morire. Bevette assai poco caffè: il resto rimase nella tazza.
Aveva una scatola piena di dolci ricevuti iersera, ne mangiò qualcuno e volle ne prendessi diversi. "Niente caput" diceva, e difatti erano interi, e, assai buoni. Stette a guardarci mentre facevamo gli gnocchi ed era sempre attorno a noi che cercavamo di farlo ridere vedendolo sì triste. Mi mostrò il malanno che aveva fatto la notte: nell’offrire una tazza a un collega, aveva rovesciato un candelabro e bruciato un tratto di stoffa della manica: pensare che era una giubba nuova! Anche Willy ha bruciato la giubba sedendo sul focolare, e Gustaf il berretto. "Tutti caput stanotte" diceva l’ufficiale, e rideva ricordando che erano stati troppo allegri. "Niente bono bere vino, liquori, champagne: oggi tutti malati."
A mezzogiorno preparammo la tavola grande ove invitammo Gustaf, Willy, Oddo, assieme agli zii Piero e Maria. Com’erano commossi! Io pranzai nella rotonda, il tenente accanto al fuoco. Offrimmo a tutti un piatto di gnocchi, ch’essi trovarono eccellenti. L’ufficiale disse più volte che vuol mandare la ricetta a sua madre, acciò li faccia lei pure. Dopo pranzo io e Maria cambiammo d’abiti. Gustaf ci offrì la crema per le scarpe, il tenente mi regalò quella per i denti. C’era un bel sole e fui un poco sulla terrazza, ove Maria sedette a rammendare il berretto e le calze di Gustaf: il povero giovine era assai, assai pensoso.
Quando ridiscesi trovai il tenente in conversazione coll’ufficiale anziano che abita da zia Regina. Presentai i miei auguri al buon uomo, che ricambiò con visibile piacere; poi mi mostrò i ritratti di sua moglie, del figlioletto: un bimbo di un anno e mezzo. Parlarono assai di guerra, ma io nulla potei capire: sentivo Monte Tomba, Valdobbiadene, Feltre e . . . caput . . . Non so che dedurne. Il vecchio ufficiale mi domandò un bicchier d’acqua: ridemmo tutti per la domanda strana invero ... Di vino sono proprio nauseati.
Mi fece capire che gli duole lasciar Tesis, che siamo buona gente. Avevano il tricolore germanico e volevano attaccarlo al mio grembiale, ma io non accettai ed allora lo buttarono al fuoco, ridendo della mia ripugnanza. Alle tre e mezza andarono in Chiesa alla funzione Evangelista: anche Gustaf vi andò; Willy rimase e fece il caffè: egli è cattolico e ciò mi fa piacere, in verità. Tornai sulla terrazza a chiacchierare con Miutta e diedi una capatina alla mia cameretta, dove dorme l’ufficiale. Aver visto quanti nonnulla, quanti profumi e galanterie! Capisco che sia proprio una ricca persona.
Perfino il cuscinetto celeste sulla sedia per sedere! Non avrei finito tanto presto di guardare, ma Maria mi chiamò nella tema che ritornasse il signor padrone. Lo vedemmo, difatti, nel cortile di là, in conversazione col collega. Poco dopo mi capitò in cucina a colazione, mentre la zia faceva la polenta. Volle offrirci ancora dei dolci, mentre esprimeva alla "signora nonna" i ringraziamenti per quanto ha fatto, il suo dolore per dover lasciare la nostra casa ove lo circondavamo di tante cure. Non finiva mai di ripetere ciò, e la zia badava a dirgli "me dispiase, signor tenente, el resta qua co mi". Voleva pagare quel po’ di latte che beve ogni mattina, ma noi dicemmo "sarà per un’altra volta".
Allora assicurò che vuol venire a visitarci quando sarà nell’altro paese, posto al di là del Tagliamento a diciotto chilometri da qui. Quando venne il porta—ordini seppimo i particolari della partenza: lasceranno Tesis domattina alle nove e marceranno per Spilimbergo su C. a diciotto chilometri, accompagnati dalla musica. "Non è molto lontano da qua" disse l’ufficiale "e con un cavallo posso venire una volta, se è possibile".
Per distrarlo gli dissi che domani torno a scuola; venimmo a parlare dell’orario scolastico, dei dì di vacanza, dei premi e dei castighi. Mi disse che in Germania vanno a scuola tutti i giorni indistintamente, che per loro la settimana comincia la domenica, che ci sono parecchie ore di scuola. Parlammo molto di scuola secondaria, di disciplina scolastica e mi disse che aveva una sorella maestra cui erano affidati dei ragazzi di quattordici anni: capisco che occorresse la verga. Mentre cenavo mi disse che, dopo di loro, verranno i soldati dell’artiglieria, soldati austriaci che non sono buoni.
Curiosa di conoscere l’origine del dissidio austro-germanico, chiesi se ama gli austriaci. Dissemi che fra essi e gli italiani sceglie subito gli ultimi. Perchè? Non si spiegò del tutto, ma mi fece capire che i soldati tedeschi dovettero più volte aiutare l’Austria. "Beaucoup de sang, sourtout, nous avons donné ..." Quindi ... nicht amicizia! Ciò è pure un bene per noi: se la Germania si ritira i nostri batteranno l’Austria e riavremo i nostri cari fra noi. Oh, fosse domani! Maria rammendava calze e Gustaf le sedette vicino. Oh, quanti gesti gli fece il tenente! Ne indovinai il significato, sebbene egli mi traducesse con altre parole ... Fino ad ora di cena fu abbastanza di buon umore: mi mostrò le cartoline che devono spedire dal fronte, mi fece leggere in tedesco ridendo dei miei spropositi.
Ma dopo ... tornò per le otto e prese il lume per fare il bagaglio in camera. P., che andò con lui, disse che pianse tutto il tempo. Quando ridiscese era assai mesto e invano cercai di trarlo a parlare. Verso le nove la zia e P. andarono a letto ed egli ancora una volta li ringraziò per tutto quanto fecero con voce sì commossa che toccava l’anima. Rimanemmo in silenzio. Invano parlai e dissi che bisogna esser forti. Risposemi che ciò è facile a dire, non a fare. Allora tacqui e lasciai che dicesse l’animo suo. Era profondamente commosso. "Sempre, ma specie alla sera, vorremo pensare a questa buona dimora, cara come la nostra famiglia. Voi avete fatto molto per noi, ve ne ringrazio". Dissi che era assai poco ed ei ribattè: "Molto, molto, per dei nemici quali noi siamo" "Non abbiamo mai pensato che siete nemici, bensì creature dotate di cuore e sensi come noi" "Grazie, ma noi siamo e resteremo nemici".
Dopo ciò espresse il desiderio di restar solo e noi venimmo in camera. Rimase un bel pezzo accanto al fuoco. Che pensava? A ciò cui pensa la nostra povera gioventù destinata a morire, la nostra sventurata gioventù cui è dato un calice amarissimo, cui è tolto ogni conforto terreno. Dio mio, quando ci solleverai?
2 gennaio 1918
"Addio, Addio!" gridavano i partenti stamane. Sì, addio! Andate e il Cielo vi guidi e vi salvi! Noi non vi rivedremo mai più in questa terra, mai più! Povero Gustaf e povero tenente! Alle sette e mezzo stamane avevamo pronto il caffè. L’ufficiale mangiava a fatica e non alzava gli occhi. Dopo un lungo silenzio aprì la bocca per dirmi: "J’etais plusieur fois triste et j’ai fait triste aussi vous. Pouvez-vous me pardonner ca’?" Poichè l’assicurai di non temere, aggiunse: "Je ne voulais pas vous faire triste". Nel cortile i soldati preparavano bagagli e i cavalli per partire.
Gustaf e Willy erano in camera a far fagotto. Che tristezza su tutti i visi! Il tenente si fece un po’ d’animo e trovò modo di sorridere ancora dicendo che ricorderà il Natale di Tesis, gli amici del Friuli, che vuol partire di qua col cuore pieno di gioia e di riconoscenza. Salì a salutare la cameretta che tanto gli piacque e nel frattempo venne Gustaf a congedarsi. "Bonassera" mi disse e mi strinse forte la mano. Era assai commosso: la zia gli prese la testa fra le mani e lo baciò lagrimando. Mi sentii gli occhi umidi ...
Ancora una volta salutò dalla porta, poi disparve con i soldati che andavano a riunirsi nel brolo. Scese l’ufficiale e infilandosi i guanti salutò tutti con un "Au revoir ..." Willy ci diede la mano con i suoi soliti sberleffi e “Marie, Marie” così comici. In un attimo furono riuniti nel prato e noi corremmo sul limitare del portone per vederli passare tutti in fila. Alla testa marciava il tenente, che ripetè "Au revoir" e dietro a quattro a quattro i soldati. Gustaf corse fuori dalla fila per darci un’altra volta la mano, così Oddo, Willy, il cuoco, l’ufficiale anziano, e tutti dicevano "Addio, Addio!" Addio, sì! Non ci rivedremo mai più, mai più!
27 gennaio
Stamattina il parroco disse la Messa assai per tempo. Fino a nuovo ordine dovrà celebrarla sempre alle sette e mezza, in qualsiasi giorno. Fino in Chiesa vogliono comandare, questi brutti cani! Acquisteremmo molto merito per il Cielo se sopportassimo tutto ciò con pazienza: occasioni di meritare ce ne sono ad ogni momento, ma ... è difficile proprio usar pazienza! Quando tornai a casa, i soldati preparavano la colazione e v’era pure l’ufficiale che dorme fuori. Mi domandò se avevo dormito bene e fece complimenti, ma io gli rispondevo appena, sicchè finì per andarsene. Il capitano si alzò assai tardi: io gli diedi il buon giorno alle dodici: era ora!
Dopo pranzo uscimmo un poco a passeggio io e Miutta; del resto fummo sempre in cucina. Il comandante fece portare il tavolino nel cortile e vi rimase tutto il dopopranzo leggendo e meditando fra i suoi molti libri. Alla sera attaccarono la carrozza e se ne andarono a cena fuori paese. Mi dissero poi i servitori: è la festa del Kaiser oggi e tutti la celebrano, soprattutto gli ufficiali che possono mangiare e bere bene. Credevo di poter andare a dormire presto, ma feci i conti senza Enrico, l’attendente.
Egli ha voluto festeggiare il Kaiser, tanto più che oggi gli è arrivato un gran pacco di dolci da sua sorella. Invero è un buon ragazzo: ha sempre voluto dividere con noi pastine, biscotti, cioccolatini, tutto. Mi ha detto che ha ventidue anni ed ha una sorella, e mi ha raccontato molte cose della sua vita militare, parlandomi un po’ in francese, un po’ in tedesco e con molte pantomime. Ah, che ridere! Il bello è poi che ci diamo del tu senza conoscerci. Invero, mi ricorderò anche dei tedeschi!
28 gennaio
Mi dicono che vogliono restare un mese questi tedeschi: ci mancherebbe altro! Ne abbiamo pochi in casa, ma danno abbastanza disturbo. Oggi sono stati a letto fino a tardi, tutti. Il comandante si alzò alle dieci. A mezzogiorno lo trovai seduto nel cortile e dopo pranzo vi ritornò. "Un bello posto", mi disse. Io ero sulla terrazza e ridevo vedendolo giocare con la gallina. Vuole studiare italiano, ma io non ho grammatica: tuttavia si studia di dire qualche parola e non gli riesce difficile perchè sa latino.
Gli portai un tappeto ed egli mi trattenne per mostrarmi le vedute della Germania: belle davvero! Rimanemmo a chiacchierare fino all’ora di andare a scuola. Stassera misero la stufa ed il telefono nel salottino; ma il riscaldamento funzionava male ed avevano un fumo indiavolato. Si coricarono presto gli ufficiali, ma Enrico, dicendo sempre "Una momenta! Una momenta!" non si coricò prima delle undici. Fece pulizia delle scarpe del comandante e sue, poi mangiò pane imburrato, carne, miele. A tutte le ore han fame queste benedette creature!
29 gennaio
Il paese ha votato una Messa a Sant’Antonio per una pace immediata. Vi assistei pure stamane col cuore stretto da mille angosce: è sì triste la vita ora! Poi andai a scuola, ove passo le ore più tranquille. A mezzogiorno pranzammo minestra di fagioli regalataci dal cuoco e poi io e Maria ci sedemmo un po’ al sole, sulla terrazza. Però neanche lì si sta in pace, perchè questi benedetti ufficiali si mettono sul cortile a chiacchierare prima e dopo pranzo. Il comandante, poi, è sempre a casa e riceve le visite dei colleghi ogni pomeriggio.
Stassera non uscirono a cavallo, ma si fermarono a passeggiare per il cortile chiacchierando fra loro. Il capitano mi chiese notizie della scuola, degli alunni, della mia casa; parlò pure delle stagioni, del clima italiano, e credo si dilettasse a discorrere per provare se capiva quanto dicevo. Per grazia, non poterono accendere la stufa che fa troppo fumo, e così si coricarono presto. Tuttavia, quel birbante di Enrico si fece attendere fino alle dieci: come al solito deve fare uno spuntino prima di coricarsi.
30 gennaio
È arrivato un altro ufficiale, di ritorno dalla licenza, e verrà egli pure a pranzo qui. Invero è una seccatura anche l’aver tanti signori per i piedi: bisogna vedere che numero di stoviglie preparano alla zia da lavare! Il sopraggiunto è un signore perfettamente compito, ma un antipatico che vuol metter naso in tutto e ride dei nostri vocaboli e dei nostri costumi.
Proprio un antipatico! Stassera il povero Enrico ebbe doppio lavoro per causa sua. Pietro nostro aveva aggiustato la stufa e così stettero su fin tarda ora. Che consolazione sentirli tanto parlare e non capire proprio niente! Mi stancai e me ne andai a letto, mandandoli di cuore a carte quarant’otto!
31 gennaio
Il tempo continua ad essere bello: sono otto giorni proprio di bel sole. Almeno esso che ci conforti! Me la son passata alla meno peggio. Durante il mattino ero a casa, sempre: ho fatto un po’ di pulizia, ho corretto i compiti. A mezzogiorno sono andata a scuola e mi sono fermata un pezzo, son passata poi dai Del Moro ove non potei fermarmi perchè zia Gigia ha il male suo solito. Povera disgraziata! La sera la passai sulla terrazza da dove vedevo un ufficiale cavalcare nel brolo: il nuovo arrivato, che Maria soprannominò "Kronprinz" per la sua gran superbia.
Il cavallo andava di gran galoppo, e ad un tratto s’impigliò in un filo di ferro teso fra due meli e ... patatrac! il cavaliere andò gambe all’aria. Ah, come se la risero di gusto i bambini che guardavano dalla strada! Ed anche i grandi se la godettero: fra tutti mi ci metto anch’io proprio! Sono così pretenziosi questi signori ufficiali! E credono di godersela alle nostre spalle! Antipatici! Andammo un poco nella stalla e di là in camera. Ho assai sonno e son felice di coricarmi.
1 febbraio
Febbraio! Sarà sempre triste anche questo nuovo mese? Intanto è cominciato col sole, se non con buone nuove. Oh, le buone nuove tardano ad arrivare. Ogni giorno ci sono novità, ma una peggio dell’altra. Oggi, per esempio, è uscito l’ordine di farsi una carta di riconoscimento, tutti, dai dodici anni in su. Il foglio porterà, possibilmente, il ritratto e l’impronta digitale; segnerà, oltre ai dati statistici, le particolarità visuali, la religione e le lingue conosciute. Questa carta bisognerà averla sempre addosso, anche in casa. Per uscire dal distretto, poi, ci vogliono permessi eccezionali. Guarda un po’ che intenzione hanno di partire. Basta, sarà quel che Dio vuole! Oggi ho fatto scuola con più amore del solito e mi sono trovata bene.
Stassera, il Kronprinz aveva una matta allegria e ne fece di ogni genere nel cortile ove correva assieme ai colleghi. Io ero alla finestra, ma mi ritirai subito appena m’accorsi che quell’allegria era eccessiva e fu un bene. Egli prese di mira Miutta che era rimasta, dicendole chissà quante sciocchezze! Poi andò anche in cucina a farla dannare. Volle sapere che cosa mangiamo, quanto mangiamo, quel curioso! Io non so dove ha lasciato la creanza! Scesa di camera, me ne andai nella stalla perchè lui, dal tinello, era ad ogni momento spiando in cucina. Ora ho lasciato Maria in casa ed io mi corico: ho sonno e desidero star tranquilla.
2 febbraio
"La Madonna cirial, no il prim, l’altri di fevrar", dicono i nostri vecchi friulani. Quest’anno non si può solennizzarla completamente perchè candele non ce ne sono: di più, i tedeschi non vogliono che facciamo festa. Il parroco ha dovuto dire la Messa presto presto ed io fui obbligata a suonare scuola. Tuttavia i bambini erano poco persuasi di dover venire; erano cambiati a festa, poveretti! Li trattenni un’ora sia al mattino che al dopopranzo, tanto per salvare le apparenze, ma non feci lezione. Mi cambiai anch’io a festa, e speravo che ci fosse il vespro stassera: restai invece delusa perchè l’alto comando non permette la funzione vespertina.
Io non so perchè debbano impicciarsi anche in Chiesa questi odiosi ficcanaso! Me ne sono tornata malcontenta e sono stata nella mia stanza fino a notte. Poi sono scesa nella stalla: in cucina c’è sempre troppa confusione e poi quel curiosone di "Kronprinz" viene ad ogni altra ora a seccare con qualche scusa. Per buona sorte stassera è partito presto poichè non v’era il comandante: ed il sottotenente è un uomo di poche chiacchiere. Così abbiamo potuto sedere un po’ in pace accanto al fuoco in compagnia di Enrico e di Josef.
3 febbraio
Continua il bel tempo, ma questa gente non se ne va. Anzi, più i giorni passano più diventano importuni e si sospira proprio che se ne vadano, ma assai in breve. Invece hanno intenzione di rimanere. Il parroco ha avvisato che tutta la settimana, dalle 7 alle 10, sono impediti i tragitti del Meduna, perchè ci saranno i tiri d’artiglieria. Oggi mi son goduta il vespro ed ho potuto esser un po’ libera a casa, poichè gli ufficiali rimasero fuori tutto il pomeriggio. Il comandante, che non rientrò neanche a dormire, comparve solo sull’imbrunire, poco prima della cena.
Anche stassera si ritirarono presto, prima delle nove, con gran nostro piacere. Noi pure ci coricammo prima del solito, poichè eravamo melanconiche e pensose. Ah, è pur amara la vita vissuta fra il nemico che sorride della nostra sconfitta e schernisce il nostro dolore e la nostra miseria! Ah, la mia casa e i miei adorati lontani! Quando, quando mi sarà dato riabbracciarvi? Mio diletto, mio Pietro amatissimo, ti rivedrò io ancora?
4 febbraio
Stamane mi è capitata una consolazione, mentre mi recavo a scuola. È venuta l’Agnese De Lorenzi a portarmi l’indirizzo di un giornale al quale si possono chiedere informazioni dei parenti che son in Italia. Mi assicurò che altri avevano scritto e ottenuto già la risposta. Se fosse così anche per noi! Bisogna però scrivere su di una cartolina tedesca e l’Agnese mi pregò di chiederne al comandante. Tutto il tempo ch’ero a casa spiai se potevo trovar solo il sottotenente. A mezzodì ci fu sempre quell’uggioso "Kronprinz"; stassera pure, sicchè quasi disperavo.
Finalmente giunse il momento buono, allorchè il signorino andò col capitano a far pulire la carrozza. Mi rivolsi al mio galantuomo, che fu invero gentile; mi diede due cartoline, non solo, ma volle informarsi direttamente dal comando e mi riportò la nuova che posso scrivere anche una lettera. "Scriva pure più a lungo, ma non nomini i militari; consegni la lettera al sergente al quale ho raccomandato caldamente di occuparsi del suo recapito.” Lo ringraziai felice. Domattina la scriverò e Dio faccia che giunga a destinazione.
5 febbraio
Ho scritto la lettera, ma l’ho consegnata a zio Vittorio invece che al sergente, poichè seppi che Del Moro ha intenzione di recarsi domani a Maniago. Mi confermò difatti la notizia e mi disse che vi andrà certo in persona. Se Dio facesse che ottenessimo il favore! Ho tanta speranza proprio e così sono un po’ consolata. Oggi il comandante era sempre a casa: a mezzogiorno lo trovai seduto a tavolino, a pomeriggio fu sempre a letto.
Enrico mi disse che è caduto da cavallo e si è fatto male alla schiena. Scese da camera solo a sera. Già ricordo che iersera pranzò nella sua stanza, povero diavolo, e per quello non attaccarono più la carrozza come il "Kronprinz" aveva ordinato. I suoi ufficiali furono lo stesso di buon umore, specie quell’irrequieto di tenente. A pranzo non si fece vedere, ma stassera era sempre in cucina a curiosare quel che mangiamo, l’uggioso! Siamo andate un poco fuori poi ci siamo ritirate per tempo in camera.
6 febbraio
Il freddo si fa sentire per bene oggi! Sono tornata lesta lesta da scuola e mi sono messa un poco al sole. Il comandante, ch’era nel tinello, uscì pure nel cortile e mi disse d’esser malato in seguito ad una caduta da cavallo. Gli augurai di guarire ben presto e lasciai morir subito il discorso. Egli allora mi portò fuori un atlante geografico italiano che io avevo già notato e me lo fece vedere: l’aveva trovato in una delle scuole dell’Italia redenta! Povera Italia! Lo guardammo assieme, poi andò a pranzo.
Era tutto solo perchè i suoi ufficiali sono andati a Maniago. Fino all’ora di scuola mi chiacchierò sempre di qualcosa. Disse che sabato e domenica è stato in gita a Valcellina e si divertì assai in montagna. Mi fece vedere le vedute dei paesi nostri che passò arrivando al Piave; tutti posti sulla linea di Belluno: videro anche Barcis e Longarone. Era dolente di dover rimanere in sì totale solitudine oggi poichè i suoi colleghi arrivarono solo stassera. Portarono vari pacchi di roba comperata lassù.
7 febbraio
Non c’è pericolo che si odano nuove confortanti. Stamane il parroco avvisò che la tessera è ridotta a duecentocinquanta grammi e poi, quel che è peggio, narrava in sagrestia che in recenti combattimenti i nostri ebbero migliaia di morti. Ahi, povere creature nostre! Chissà cosa sarà del mio Pietro! Per completare l’opera, la corrispondenza con l’Italia è sospesa dal 30 gennaio e chissà quando arriverà la mia lettera! Una giornata triste, malgrado il bel sole.
Sono stata a far pulizia della scuola e a passeggio; non mi sarei mai ridotta a casa ove c’era quell’antipatico di "Kronprinz". Arrivò verso l’una a pranzo e rimase sempre a casa. Egli fece la perlustrazione del cortile e della loggia, mandando mille strambe esclamazioni. Venne anche in cucina e sedette accanto al fuoco, ma noi non lo badammo quel matto. Stassera fu tre o quattro volte a spionare sempre all’improvviso. Non si ha pace neanche durante la nostra misera cena, con quella seccatura!
8 febbraio
Il Comandante va migliorando, ed è tutto lieto. Oggi era in faccende per la spedizione della roba comperata a Maniago. Ancora ieri me la fece vedere: stoffa greggia, non certo adatta per signore. Mi domandò quanta ne occorre per un abito e spiegò che devono dividerla fra ufficiali e mandarla alle loro donne. Il tenente "saetta" aveva un gran daffare per le misure ed era tutte ore a seccare Miutta, massima nel pomeriggio in cui gli altri erano usciti in carrozza. Stassera poi venne con un’aria grave a tornar le forbici e, fino all’arrivo del comandante, passeggiò sempre in lungo e in largo la casa. Ah, costui proprio mi dà fastidio!
9 febbraio
Per grazia di Dio, il "Kronprinz" è partito per Udine e spero che non torni più! Intanto ne abbiamo uno di meno. Anche Enrico deve partire presto per la licenza, ha già preparato tutto il suo bagaglio. Almeno andassero via tutti in breve! In verità questo sì è riposo: mangiano e bevono bene, invitano gli amici e pensano a divertirsi tanto gli ufficiali come i soldati. E noi? Ogn’ora in un mare di affanni.
10 febbraio
Finalmente ho potuto sapere quando sarà Pasqua. Il parroco ha pubblicato a Messa quali funzioni si faranno domani e martedì, ultimi giorni di carnevale. Mercoledì è il primo giorno di quaresima, sicchè Pasqua è il 24 marzo. Se fosse nunzia di pace! Sarebbe sempre ora, tuttavia parrebbe un sogno! Intanto il tempo corre via, o bene o male. Nel pomeriggio ho ricamato i nomi d’una federa prima di vespro e dopo sono stata un po’ in camera e un po’ da Fratta. In mezzo ai soldati non mi ci posso vedere!
11 febbraio
Una giornata attiva, proprio! Sono stata tutto il giorno a scuola, tranne un’ora a pranzo. Stassera sono tornata a casa dopo le sei perchè ero anche alla funzione. Mi sento stanca, tuttavia contenta di quanto fatto e vorrei poter sempre impiegare il mio tempo in modo proficuo.
12 febbraio
I soldati son tanto felici, oggi. Enrico mi ha detto che è perchè è stipulata la pace con la Russia. Se è vero, come temo, ha ragione di rallegrarsi. Possono riavere liberi quasi un milione d’uomini, senza contare che svanisce per il loro popolo lo spettro della fame. Essi possono rallegrarsi, ma noi ... per noi è maggiore sciagura! Non è che io mi compiaccia della loro carestia attuale, ma penso che avranno più forza contro i nostri soldati ed a primavera ... Oh, mio Dio, siate con noi!
13 febbraio
Mi han detto che staranno ancora venti giorni i soldati. La zia ne è disperata e non ha torto. Io ho la fortuna di poterne stare alla larga. Questa settimana non ho ancora scambiato il buongiorno con il comandante. Ieri fu fuori in carrozza fino alle sei della sera con gli ufficiali. Oggi partì alle quattro del mattino e si recò con la batteria a fare i tiri nella campagna. Fu di ritorno nel pomeriggio quand’ero a scuola. Stassera mi sono ritirata assai presto in camera e fu un bene: la "saettaccia" andò in cucina a fare i complimenti a Maria. Voleva che andasse in tinello con lui ove sarebbe stata calda: guarda che generoso! È un poco di buono, in fede mia!
14 febbraio
Stamattina me ne sono stata sempre in stanza, prima a far pulizia, poi a riaggiustare la mia vecchia sottana. Scesi in cucina solo a mezzodì, proprio a ora di pranzo. Gli ufficiali uscivano allora dal tinello per andare al sole e così ci salutammo. Subito dopo pranzato essi partirono per una passeggiata tranne il capitano, che sedette al suo "bello posto". Ma non aveva volontà di leggere e guardava intorno, scrutandoci severamente, non so perchè. Uscì una mezz’oretta, poi si chiuse nel salottino fino al ritorno dei suoi colleghi. Questa sera la "saettaccia" ci risparmiò le visite sì gradite alla cucina, così quel poco che fummo in cucina rimanemmo in pace. Il suo attendente mi dice che è il "toiffel" (diavolo) ed ha proprio ragione.
15 febbraio
Siamo giunti alla metà del mese, bene o male. Tutto passa quaggiù, solo Dio non si muta. Benedetti e fortunati quelli che, rammentandosene ogn’ora, accettano con pace la tribolazione! È incominciata la quaresima ed ho giurato anch’io di fare penitenza: riuscirò a mantenere il proposito? Con l’aiuto del Cielo spero di sì. Oggi si è levato un vento fiero verso mezzogiorno e si durava fatica a stare all’aperto. I comandanti, ch’erano usciti a cavallo, tornarono stanchi a pranzo, ma non mangiarono di buona voglia, tutt’altro ... Immaginarsi che oggi era cuoco Enrico! Josef era andato a Maniago per fare provviste ed il povero cameriere si trovò un aspro cimento fra pentole e casseruole: affaccendato, preoccupato tutta mane lavorò a preparare e cuocere; lavorò con tanto zelo che faceva fino pena.
Si trattava di far figura, e poi c’era un ospite, il fratello del "saetta", giunto stamane. Sperava di approdare a qualche cosa, invece ... il pranzo riuscì malissimo e, per giunta, sì misurato che lui e Alfredo rimasero senza nulla. Ah, le risate che ne facemmo! Che commedia in cucina! Quando venne Josef poi, fu il resto. Ah, Ah, la zia pure rideva a più non posso. Il Capitano uscì a cavallo e tornò solo a sera. Faceva assai freddo verso le cinque, ed ora soffia un vento sì fiero che mai conobbi l’eguale. La "saetta" è venuta più volte in cucina e mi ha offerto i giornali illustrati. Mentre cenavamo, me ne sono venuta in camera: almeno qui si sta quieti.
16 febbraio
Che giornataccia! Un vento furioso e gelido che rende impossibile camminare per le vie. Sono stata a scuola stamane, ma dovetti tornarmene indietro quasi subito, avendo solo sei alunni; nel pomeriggio non uscii affatto. Non è per nulla piacevole rimanere in casa fra questa gente, ma non si può scegliere. Maria mi ha raccontato che iersera gli ufficiali han suonato il clarinetto e Josef la invitò a ballare. Egli insisteva, sì che ella finì per mostrargli le legnate con un bastone, e siccome la "saetta" era venuto a guardare dalla finestra, minacciò pure lui. Ho tanto piacere! Gli ufficiali ne fecero un baccano indiavolato; poi, chiamati gli attendenti, andarono tutti a ballare all’osteria di Paola.
Mi raccontano che il Comandante ballò con Mariuccia, la mia scolaretta di terza. Commedie! Rincasarono a mezzanotte, sicchè oggi sono tutti stanchi, massimo i servi. Stamane il comandante partì senza caffè perchè non era pronto, e dopo pranzo andarono tutti a dormire. Enrico mi ha detto che domani a sera c’è una gran festa da Paola e che dovremo andare pure noi per ballare. Ci mancherebbe altro! Ma ho fatto capire le mie idee al sottotenente che venne apposta ad intavolare conversazione a mezzogiorno e del gran "Kronprinz" non ha paura. In quanto al comandante, credo sia una persona educata e ammodo.
17 febbraio
È il settimo anniversario della fulminea dipartita del nostro caro Giovanni; avrebbe quasi quattordici anni ora, ma sta meglio fra gli angeli. Qui nel mondo si hanno solo lacrime e sconforto ora! Questa domenica fu davvero triste, causa il maltempo che ci obbligò a casa tutto il giorno. Stamane è partito il fratello del "Kronprinz" ed egli lo accompagnò con la carrozza a Spilimbergo. Tornò a far un po’ di sberleffi quando noi s’andava a Messa, ma non lo badammo affatto. Nel pomeriggio, per grazia, fu fuori con il comandante, e tornò solo a cena. Malgrado la sua sfacciataggine non osò invitarci alla danza: immaginava la risposta?
Si raccomandò ai soldati ed a Pietro perchè conducessero Maria, ma quelli non parlarono neppure. Ebbe l’ardire di andare a chiamare varie ragazze nelle case: le giovani, già coricate, dovettero vestirsi e restare quanto desiderarono i militari. Io ebbi un beneficio da codesta danza: potei andarmene nel tinello a leggere l’Ariosto. Che calduccio là dentro! Tutti erano alla festa, anche P. andò a vedere. Però Enrico tornò verso le nove. Egli vuol coricarsi presto perchè domattina deve partire alla volta di casa sua.
18 febbraio
Intanto Enrico è partito e presto se ne andrà tutta la batteria. Sia lode a Dio. Il ballo di iersera ha fatto ammalar il sottotenente: egli è assai raffreddato. P. mi disse che ballò assai con Paolina e V. Galetto. Ah, la guerra ne fa fare proprio d’ogni sorta! Un ufficiale sì azzimato con una ballerina tanto rozza! ... bisogna dire che è appassionato per tal divertimento. Il capitano invece danzò rare volte con Paolina, sicchè oggi è del solito umore. Quando venni a pranzo lo trovai seduto accanto alla stufa in attesa degli aiutanti. Stassera pure era nel salottino perchè fa troppo freddo per uscire a passeggio.
Io e Maria uscimmo, tuttavia, dopo la cena, ma la pagammo con una buona paura. Trovammo nella campagna un soldato del Comando che ci rincorse e, poichè scappammo impaurite, minacciò di farci chiamare a Maniago. Meno male che incontrammo Ugo di Polenta, con l’aiuto del quale potemmo spiegarci e chiedere scusa. Non usciremo mai più alla sera. Al ritorno trovai il sottotenente accanto al fuoco che lavava una camicia. Non c’è petrolio stassera e alla debole luce d’una candela si vede ben poco. È meglio che andiamo tutti a letto e che obliamo nel sonno i nostri mali.
19 febbraio
I soldati si son fatti seri e pensosi perchè si avvicina il giorno della partenza. Lasceranno Tesis il 27 febbraio, e si avvieranno verso la Francia facendo una prima tappa in Austria. Il povero Alfredo è proprio avvilito e mi fa pena, pensando anche che è appena diciannovenne: suo padre è prigioniero in Russia da tre anni e a casa lo attende una nidiata di fratellini. Anche il sottotenente è mesto e ha un’aria stanca. Per lui, il capitano e l’attendente sentirò pietà il giorno che ci lasceranno: non certo per quell’uggioso "Kronprinz" sempre ugualmente ficcanaso!
20 febbraio
Le restrizioni aumentano ogni dì. Ora la razione di farina è ridotta a 150 grammi per persona Paola vende carne solo alla domenica. Io ho risolto di rinunziare alla zuppa mattiniera di farla alla sera con qualche fetta di pane nero, riducendo la misura di polenta per mezzogiorno. E che Dio ce la mandi buona! Intanto siamo alle prese con una recrudescenza di perfetto inverno.
Il freddo si fa sentire in modo che il sole non è sufficiente a riscaldare; tira un’aria cruda che intirizzisce proprio. Sono stata un poco nel cortile a mezzogiorno, in grazia che gli ufficiali pranzarono nel salottino. Stassera rinnovarono la festa da ballo da Paola, ma con poco gusto perchè mancavano le signorine. Il capitano, con mio rammarico, non ci andò neppure, sicchè rimasi delusa nella speranza di passare la sera sfogliando il suo vocabolario. Invece andiamo tutti a letto per tempo e credo sia meglio.
21 febbraio
Ho lavorato oggi e vorrei avere sempre tanto lavoro: nell’opra si oblia l’affanno e trova quiete il pensiero. Ho fatto la pasta, ho portato il burro e ricevuto i soldi, son corsa più volte a vedere di carne, ho rammendato molte calze. Infine, stassera ho scritto molti vocaboli tedeschi ricopiandoli dal vocabolario del capitano. Per fortuna stassera gli ufficiali sono partiti presto: uno per Colle, gli aiutanti per una festa a Basaldella. Imparerò poi il tedesco? Non ho nessun amore per conoscere la lingua dei barbari.
22 febbraio
Vi sono giorni terribilmente angosciosi, in cui il pensiero della casa, dei cari sì lontani, strazia fortemente il cuore; in cui non si può trovar pace, nè tregua in nessun posto. Quella di oggi è una di queste giornate. Non so dove stare, non posso sostare, vorrei addormentare il cervello poichè il pensiero non riposa e mi tormenta di continuo. Quanto, quanto soffrirà la mamma sapendomi sola, fra le privazioni, quanto cruccio avrà ogni giorno! ... e tutto per causa mia, per la mia leggerezza! E il babbo? e Maria, Pia e tutti i miei cari, che penseranno? Ah, se sapeste quante spine nella nostra casa, divenuta ora luogo di penoso esilio!
Se sapeste quanta nostalgia abbiamo di voi, dei nostri soldati, di tutta la bella Italia. Dove, dove siete ora? E tu mio sogno e mia speranza, Pietro, dove passi questi miseri giorni? A te, amore unico e grande, vola sovente l’anima mia, a te d’accanto è sempre il mio cuore e forse perciò mi sento sì vuota, tanto che mi manca una parte vitale dell’essere, sento che non posso compiere come vorrei e dovrei i miei doveri. Passano i giorni e passano i mesi e invano mi lusingo di riabbacciarti presto. Ancora bisogna dolorare, sanguinare ancora ... Così è la vita: sempre amare e soffrire.
23 febbraio
Non volevo sentirla questa e spero tuttora che non sia vera: stanotte è arrivato un ordine ai nostri soldati per cui la partenza è sospesa per altri dieci giorni. Io che mi rallegravo tutta al pensiero di iniziare la settimana nella quiete della casa . . . Che debba proprio restare disillusa? Non mi posso rassegnare. Siamo tanto schiavi di questa gente!
24 febbraio
Per grazia la brutta nuova non è vera. I soldati partiranno certamente mercoledì mattina. A onore e gloria di Dio anche questi due o tre giorni di sacrifici! Oggi ho comperato quattro chili di carne: ne avremo per questa settimana. La zia ha potuto fare un po’ di pane e perciò non si stenta, ancora. È stata una giornata magnifica, di perfetta primavera. Il comandante e la "saetta" furono fuori tutto il giorno e vennero solo mezz’ora a cena. Ripartirono tutti e tre in gran fretta perchè dal Comando è organizzata una festa da ballo: non so poi come riuscirà perchè non credo vi siano molte ballerine stavolta. Anche il parroco le rimproverò di essersi lasciate indurre l’altra domenica. Ritorneranno? Se amano i nostri soldati no di certo.
25 febbraio
Che sole, che sole d’oro! Invita all’aperto con l’incanto di questo cielo di cobalto e dell’aria sì mite. Come resistere? Sprona all’opra con ardore, ravviva la speme e riaccende la fiducia nell’avvenire. Sono stata un po’ a spasso a mezzogiorno, ma non mi sono trattenuta perché ero curiosa di vedere quale accoglienza avrebbero fatto gli ufficiali agli gnocchi che oggi impastò Miutta. Non erano riusciti perfetti causa la farina guasta, ma a confronto di quelli di Josef ... erano zuccherini indubbiamente: anche i comandanti furono della mia opinione, perchè domandarono replica con gran meraviglia di Maria. Poi la "saetta" venne a farci un po’ di smorfie stando nel cortile. Dopo pranzo, quando tornai da scuola, fecero le fotografie della casa per memoria.
Io, immaginando che il tenente ci avrebbe ritratte volontieri, fui lesta a ritirarmi in cucina, invece Maria si fermò sulla scala. Quando scese, il capitano ch’era al suo solito posto, pronto per il ritratto, l’invitò a rimettersi alla finestra per farlo a lei pure, ed ella si rifiutò. Invero non fu atto gentile, ma abbiamo sì poca simpatia per questi ospiti! poi, se fosse stato solo il comandante, sarei uscita anch’io, ma c’era l’altro. Maria, più tardi, gli spiegò perchè non aveva voluto acciò non se n’avesse a male. Egli le disse poi che dopodomani partiranno. Io non lo vidi mai in tutta sera: lo saluterò domani.
26 febbraio
Tanto perchè è l’ultimo giorno, stamane ho salutato il tenente di Polenta ed egli si è affrettato a rispondermi con un moto di meraviglia. Voglio che serbino tutti una buona memoria di noi italiane. Sono andata a scuola alle nove senza suonare la campana, perchè, purtroppo, il Comando lavora nel campanile per portarne via due. Anche oggi una giornata magnifica. Ah, la vista di questo splendido tempo primaverile mi stringe vieppiù il cuore in una acutissima nostalgia di pace e d’amore. Primavera! ... di sangue e di lagrime, ma mai d’affetti puri e soavi! ...
Miutta oggi ha fatto la polenta per ordine degli ufficiali i quali, venuti a pranzo assai tardi, la mangiarono con gran gusto. Infatti è migliore assai del loro pane! Che meraviglia però vedere della polenta alla mensa di ufficiali! Ah, la guerra! Stassera, quando tornai, bevevano il caffè e risero ai miei auguri di buon appetito. Tutti erano affaccendati a preparare i bagagli per domattina, e tutti lavorarono fin tardi. Vorrei farmi dare da Josef gli indirizzi, ma vedo che sono troppo affaccendati e lo farò domattina. Intanto vado a letto con una nostalgia sì profonda del mio diletto e della famiglia mia che il pianto mi sarebbe sollievo.
27 febbraio
Auf wieder Sehen! Auf wieder Sehen! Quante volte lo hanno ripetuto gli attendenti stamane! Dove e quando? in Cielo forse, ma non certo a Tesis. Non avevo alcuna simpatia per loro, pure mi commossi vedendoli partire. Erano in piedi dall’alba per finire i preparativi ed avevano gran lavoro tanto Josef che Alfred. Dovevano partire alle sette e mezza e furono infatti puntualissimi tutti. Prima delle sette venne a colazione il sottotenente. Io speravo sempre che scendesse il comandante per salutarlo; e fu dopo le sette che lo vidi entrare nel salottino. Venne a spiare dalla finestra della cucina e vedendomi sorrise: ultimo giorno!
Io pure sorrisi e li rimirai entrambi. Il nostro ufficiale era più serio. Mi venne in mente di chiedergli il suo nome, ma capitò la "saetta" e non ebbi il coraggio di entrare. Tuttavia stetti attenta: approfittai di un momento in cui la saetta era al gabinetto e gli altri due prendevano le ultime loro robe. Risoluta, entrai e gli chiesi di scrivermi il nome "Perchè?" disse sorridendo. "Per memoria" risposi. Lo scrisse e me lo porse osservando "Non lo capisce: Karl Engel". "Oh, sì" esclamai "Angelo". Volle, allora, avere il mio, e glielo diedi aggiungendo: "Verrà a Venezia dopo la guerra?" "Oh, sì, sì". Uscii soddisfatta: Josef aveva caricato tutti i bagagli sulla carrozza. Era tempo ... Guardarono gli orologi.
Il capitano cominciò a salutare Maria: "Cacu fottografie" disse, e sorrise aggiungendo "Stia bene" e alla zia "Grazia per lo buono quartiero e di tutto" ed ella: "Buona fortuna!" Poi strinse la mano a me "Tanti auguri per la guerra e per la pace tante cose belle!" "Anche a lei, anche a lei, grazie!" fu la premurosa risposta. Il sottotenente non seppe dire nulla, all’infuori di "Auf wieder sehen e grazie" e si avviarono a piedi. Il "Kronprinz" doveva finire di attillarsi: credevo quasi non salutasse. Invece diede la mano a tutti con un chiaro arrivederci. "Addio" gli dissi, e aggiunsi: "Arrivederla, buona fortuna!" obliando che mi era antipatico.
Mi strinse forte, a lungo, la mano, ripetendo: "Grazie! grazie!" e raggiunse di corsa gli altri. E Josef e Alfred? Impossibile ripetere i loro saluti commossi, confusi, ripetuti dieci volte. Quanti addio, frammisti a strette di mano! All’ultimo momento capitò Lucas, il bel morettino che veniva a giocare a carte ogni sera e che mi piace tanto perchè pare un italiano. "Viel Gluck" gli dissi e lui "Danke schón, Danke schón". Come gli luccicavano gli occhi nel vedere l’effusione nostra. E dicevano: "Civil italienisch, viel gute". Partirono infine. Andammo a vederli passare in Colvera: gli ufficiali in testa, i carrettoni dietro. Ancora si volsero gli attendenti "Auf wieder sehen! auf wieder sehen!" Sì, sì, ma non vi rivedremo più. Io vi auguro ogni bene con tutto il cuore; siete uomini, anche voi figli di Dio, anche voi avete diritto alla vita: abbiate dunque fortuna, ma non ritornate mai in Italia, mai più!
28 febbraio
Addio febbraio! Mi ricorderò di te come di un triste mese interamente trascorso fra i tedeschi e spero che non ne giunga uno di simile mai più. Sarebbe troppo triste. Come sembra vuota la casa ora, senza la compagnia di tanti rumorosi soldati! Il paese pare un cimitero tanto è silenzioso e deserto. Stamane ho riordinato la mia stanza e le mie cose: ne avevo estremo bisogno. Dopo pranzo, tanto per distrarmi, mi sono recata dal parroco ed ho fatto bene. Egli si mostrò felice di vedermi e mi trattenne in chiacchiere fino alle quattro e mezza.
Mi raccontò dei suoi ospiti, degli usi del cuoco, delle lunghe vivaci discussioni fatte con l’ufficiale, un prete protestante. Dissemi anche che il Comando gli ha preso anche il campanello della canonica, e ciò per vendetta, attribuendo a lui la causa per cui le giovani non vollero andare al ballo domenica sera. Che bella gente matta! Non so come le ragazze possano essere liete di partecipare alla loro allegria! Ragionano invero con le scarpe!
Dal parroco ricevetti i quaderni di aritmetica che mi sono preziosi per la seconda, inoltre un primo acconto di cento lire sul mio stipendio. Così, per questa doppia concessione sono proprio soddisfatta. Potrò far fare qualche lavoruccio ai miei bimbi: potrò restituire il denaro alla zia ed essere libera di comperarmi qualche uovo almeno!
2 marzo
Io non ho mai pensato che morremo di fame come predicono tanti: bisognerebbe che non confidassi nella Provvidenza. Intanto debbo dire che non abbiamo mai mangiato sì buone zuppe e tanta carne. Ieri abbiamo fatto gnocchi al sugo di vitello, avremo manzo per domani e lunedì; ed io oggi ho acquistato ancora un chilo e più di vitello, e stassera quattro chili di manzo. E poi c’è da pensare alla fame? Stanotte e stamane pioggia torrenziale. Ebbi pochi alunni nella mattinata, proprio causa il tempo. Invece nel pomeriggio vennero tutti, cosicchè feci il saggio di aritmetica, avendo fatto ieri quello di dettato.
Ai primi del mese è mio metodo fare un saggio scritto prima di riprendere lo svolgimento del programma. Dopo scuola fui dal parroco a portargli le poesie del Leopardi e mi trattenni un’oretta. Gli hanno mandato sedici quintali di granturco per i più poveri. Sia lode a Dio! Intanto si tira avanti. Stassera c’è stata la Via Crucis con la recita delle Litanie: venne anche Maria alla funzione. Sono tranquilla, almeno, ora che siamo libere. Andiamo a letto assai presto perchè ci manca il petrolio per le lampade. Ci vuol pazienza!
3 marzo
Domenica di marzo, proprio! Pioggia e vento tutto il giorno specie al mattino. Siamo andate alla messa e poi risolvemmo di trattenerci ad agucchiare in cucina. Verso le tre del pomeriggio venne Anna Fratta e così, tra le chiacchiere, attendemmo il vespro. Speriamo che domani ritorni il bel tempo. Stassera abbiamo fatto un’oretta nel tinello. Maria è già in camera che recita le sue preghiere. Ora vado anch’io. Animo a cominciare la nuova settimana e che il Cielo ci conceda di passarla senza soldati!
4 marzo
Stamattina Lucia, zia di Amedeo, mi portò quattro uova. Mi narrò, povera vecchia, che lo sciagurato ragazzo non è più a Udine. Pare lo abbiano inviato all’ospedale maggiore di Lubiana. Chissà quando lo rivedremo! Finito il quotidiano lavoro scolastico, sono andata dai Del Moro a chiedere se hanno nuove riguardo alle comunicazioni con l’Italia. Zio Vittorio fu a Maniago, ma nulla ottenne in quanto alla richiesta di scrivere. Però c’è un mezzo per avere notizie dei parenti dimoranti in Italia: si fa stampare un avviso di ricerca sulla "Gazzetta del Veneto" di cui è permessa la stampa a Udine e di cui giungono copie a Maniago tre volte per settimana. Il giornale si incarica di fornire le notizie con l’aiuto della Croce Rossa Italiana. Preparerò dunque un biglietto e incaricherò Vico di sbrigare la cosa a Maniago.
5 marzo
Quattro mesi di prigionia! Ne passassero solo altrettanti! Ho preparato il telegramma: "Dina Salvadori e parenti in Tesis di Maniago partecipano loro ottima salute. Chiedono notizie della famiglia abitante in Venezia Ognissanti 1362". Vico, l’assessore, mi assicurò che lo consegnerà al Comando di Maniago. In quattro settimane dovrei avere la risposta, cioè ai primi di aprile. Verrà? Speriamo!
6 marzo
Passano i giorni in una calma operosa e benefica. Passano rapidamente e s’avvicinerà sempre più quello della liberazione, indubbiamente! Il comando germanico partirà fra una decina di giorni: ora le truppe prussiane hanno lasciato definitivamente il fronte italiano e noi saremo alle prese con gli austriaci pieni di fame. Bella compagnia! Poco vitto noi e meno loro ... Possiamo stare allegri!
7 marzo
La zia è stata a Basaldella a macinare trenta chili di frumento per far fare la pasta ed il pane a Miutta. Ora che lascia l’amministrazione, il Comando dà libertà di macinare quanto si desidera fino all’arrivo degli austriaci. Invero noi non abbiamo pensiero per la fame: senza far tessera, avremo polenta fino alla prima metà di luglio certo. Per allora il campo darà patate, fagioli, verdure d’ogni genere. Il mugnaio ci venderà un po’ di frumento turco per la minestra. Benedetta la provvidenza che non abbandona mai! Certo vi è della povera gente che deve stare a centro grammi di polenta e da tre giorni il forno dei Tonin cuoce pane di sorgo! A che passi riduce la guerra! Poveri bimbi e povere madri che soffrono vedendoli patire!
8 marzo
Non mi sentivo bene oggi! Una giornata fiacca, grigia, ed io ho poca volontà di fare. Mah, portiamo tutto con pazienza, che i poveri feriti languenti da mesi in fondo ai letti degli ospedali sono più infelici, certamente! Questo benedetto tempo non vuol mai rischiarare. Farebbe tanto bene al cuore un po’ di sole!
9 marzo
Ah, non posso, non debbo lamentarmi no, poichè ogni giorno debbo toccar con mano che vi sono tanti e tanti assai più sventurati di me. Oggi sono state da noi a chiedere l’elemosina alcune sventurate profughe da Valdobbiadene. Tutti i paesi in vicinanza del fronte sono sgombri dai civili, non solo perchè vi è pericolo, ma perchè l’esercito tedesco li ha spogliati, per modo che non hanno nulla, nulla affatto. Raccontavano le due povere creature che vennero da noi (due spose col marito al fronte e quattro bimbi ciascuna) come gli infami ladroni abbiano vuotato completamente le loro case.
Ai loro paesi non ci sono Comandi ed il soldato fa man bassa. Distrussero e depredarono tutto il raccolto, ch’era ottimo sotto ogni rapporto, non solo, ma asportarono la biancheria, le vesti ... gli arredi. Ah, quando verranno alla luce tante ruberie tutto il mondo fremerà contro questi snaturati! I mobili che non poterono trasportare li bruciarono! Ah, vigliacchi, barbari nelle profonde radici del cuore! Cantate ancora un poco che già è debole ormai la voce! ... cantate sì, ma è suonata l’ora della punizione ... E tu sciagurata Italia, mira la rovina a cui hai condotto la parte migliore dei tuoi figli, mire la desolazione delle tue case ... e ringrazia le ... savie menti che ne dirigono alla gloria!
10 marzo
Siamo state a Vivaro tanto per muoverci un poco ora che c’è un po’ di sole. Anche laggiù tutti parlano sempre e solo dei nostri invasori. Là vi erano gli alpini per più di un mese e, come dobbiamo dir noi pure, non fecero alcun danno, anzi si mostrarono educati, savi, sì che ottennero un po’ di perdono; almeno non furono tanto malvisti. Nei giorni che precedettero la partenza erano tutti assai mesti; molti piansero.
Mi narrarono che mercoledì, il 6 marzo, essi, i nostri, e molti altri partenti tedeschi per la Francia, ebbero lite con gli austriaci, i quali non volevano che asportassero roba italiana; la questione divenne seria e gli artiglieri caricarono i cannoni. Fu un combattimento furioso, terribile; settemila tedeschi e cinquemila austriaci rimasero sul terreno. Il nostro Comando riferì il nome di alcuni sottufficiali morti di cui conoscevo uno, che veniva spesso dal comandante. Forse è morto pure Alfred? Me ne dorrebbe, era un sì buon giovanetto, gioviale, fanciullone tanto.
11 marzo
In settimana giungerà il Comando austriaco. Vedremo che facce si presenteranno. Quelle che ho visto ieri a Vivaro non erano certo delle più simpatiche.
12 marzo
"Tirem innanz!" diceva Sor Giacomo, il maggiordomo di Canevaro, quando gli si chiedevano notizie della sua salute. Ancor noi possiamo dire lo stesso: "Tirem innanz", attendendo rassegnati gli avvenimenti dolorosi a cui dovremo ancor soggiacere, forti nella certezza incrollabile che giungerà pure l’ora della ricompensa e che non è vano il nostro patire.
13 marzo
Il nostro Pietro è spesso al servizio del Comando, che ha bisogno dell’asinello per andare a prendere il vitto. Anche stassera dovette andare a Maniago dopo le quattro. Almeno lo pagassero o gli dessero da mangiare! Rimase fino alle otto e ci portò la poco lieta notizia che presto verranno gli austriaci a riposo. Che sia poi vero? Temo di sì.
14 marzo
Intanto noi prepariamo la casa all’ordine perchè è davvero indecente. Se poi verrà chi la ridurrà in breve ad un porcile, pazienza e fiat! Maria stamattina ha pulito i pavimenti delle camere nuove: io riordinai il tinello e la nostra camera. Dopo pranzo pure ebbi molta occupazione: stirare, aggiustare biancheria e calze. Poi corsi alla ricerca di uova e di carne. Zago ammazza stassera un vitello: ne comprerò domattina due chili e faremo gnocchi al sugo! Non conosciamo la fame ancora!
15 marzo
Il Comando doveva partire oggi, ma ha protratto la decisione fino a domenica. È assai dolente di lasciar Tesis, sfido io! Invero non ha trattato male, anzi ... Chissà come saranno questi signori austriaci. Uhm, la fame è una cattiva compagnia e ho poca fiducia siano migliori di questi. Dicono che prenderanno quartiere solo a Vivaro. Tanto meglio!
16 marzo
Marzo è matto e ne fa d’ogni sorta! Ora ha rinfrescato in un modo che par d’essere in inverno. Burrasca di pochi giorni, ma naturale in questo mese capriccioso ... Siamo sempre "infra color che son sospesi" ... La Gazzetta di Udine non è ancora uscita. A quando le notizie? Mi dicono che fu profetizzata la pace per aprile. Fosse divinatore l’astrologo che la predisse!
17 marzo
Mi par d’aver toccato il Cielo con un dito, oggi! Sono lieta sebbene nuovi timori, nuove ambasce sorgano a farmi palpitare d’angoscia. Zia Emma mi ha mandato una lettera con due cartoline a lei dirette dai miei cari! Due donne di Provesano andarono a Udine ove è ferma parecchia posta dell’Italia e gliele portarono. Una è di Attilio da Venezia in data 17 novembre, l’altra è di mamma da Lungavilla in data 2 gennaio. Entrambe dicono: "Cerca notizie" e portano come indirizzo "Emma Del Moro, nata nel 1873". Che emozione, Dio mio, nel leggere quelle poche righe! Dopo quasi cinque mesi! Alfine si apre uno spiraglio: quanto ti ringrazio, buon Dio!
Ma mi dà a pensare il fatto che la mamma scrive da Lungavilla. Che sia con tutti i figli? Probabile. E papà e zio? Soldati! Venezia è quasi evacuata. Ah, non mi so abituare a questa tremenda nuova! Certo il mio Pietro li avrà invitati là! Pensare che potrei essere anch’io fra loro, così avrebbero una pena in meno. Oh, come rimpiango, ora più che mai, d’essere rimasta, ora che li penso là, lungi dalla casa amata, ad una vita tristemente nuova di lotte e di angustie. Vergine santa, aiutami tu a farmi forza, a rassegnarmi e a proseguire coraggiosamente. E chissà quanta posta ci sarà a Udine! Forse con notizie più precise di Pietro, di Gigi ...
18 marzo
Ho passato una notte agitata perchè anche nel sonno mi tormentava il pensiero dei miei diletti lontani. È proprio vero: la gioia è come il sole d’inverno! È spuntata tardi e tramontata presto, lasciandomi una maggior angoscia. Dove e come sarà la mia famiglia? Quali nuovi crucci ambasceranno le lagrime dei miei genitori? Dio di bontà, accetta il martirio mio come un’offerta, un olocausto per la protezione di tutti i miei cari, specialmente di Pietro mio! Salvamelo e concedimi che giunga presto il giorno in cui mi sarà dato di riabbracciarlo.
19 marzo
San Giuseppe, sposo della Vergine. Siamo state di buon mattino a fare la Santa Comunione e poi alla Messa e alla funzione. Una giornata lunga perchè ero oziosa, triste perchè i pensieri, i crucci non mi abbandonarono. È arrivato il Comando austriaco. Uh, che gente sporca, brutta! Proprio l’immagine della fame!
20 marzo
Il Comando germanico è partito oggi alle due. Tutti i soldati, specie il sergente, erano commossi, dolenti di dirci addio. Dico specie il sergente, perchè, a quanto mi dicono, s’è innamorato di una ragazza del paese che vorrebbe far sua sposa e assicura che, a guerra finita, verrà a prenderla. Il cuoco e il caporale ripetevano: "A Dio! A Dio!", dando la mano a tutti. Gli austriaci erano meravigliati nel notare l’intimità con i paesani; non sembrano cattivi, ma ... sono affamati, poveri diavoli!
21 marzo
Varie notizie intesi, una sola di bella: fu spedita una persona a prendere la posta per il Comune di Vivaro. Ah, Dio solo sa con quanta ansia l’attendo! Se mi portasse nuove di Pietro! Sospiro e temo il ritorno del messo ... se non avesse nulla? ... Corre voce che gli austriaci ricominciano una vasta offensiva per cui furono sgombrate Venezia, Padova, Treviso, Verona. Il parroco, presso il quale mi recai stamane, mi diede la "Gazzetta del Veneto", che parla in proposito.
Egli mi disse anche che è imminente l’arrivo di truppa a riposo: ecco una nuova del tutto brutta. Pensare che i soldati han tanta fame! Il Comando ordina sì di non dar nulla, ma fanno pur compassione queste povere creature! Fui anche un momento dai Del Moro, ai quali, pure, non mancano le angustie. Se almeno venisse attivata la corrispondenza a mezzo la Croce Rossa, una volta per settimana!
22 marzo
Credevo proprio di vedere facce di austriaci a notificare gli alloggi. Grazie al Cielo non sono ancora giunti! Intanto si tira innanzi ... Domattina finisco il mio diciannovesimo anno di vita. Quanti pensieri, quanti gravi riflessi al miraggio del tempo che passa inesorabilmente. Diciannove anni! Che cosa ho fatto io durante questi anni? Molto male e, ahi! ben poche opere buone! Ma ora voglio mettermi sul serio all’opera: sì, mio Dio, voglio che il ventesimo anno sia di miglioramento, di perfezionamento. Comincia, ahimè, tristemente il periodo più fulgido di giovinezza! Oh, se avessi la posta, domani, come regalo di compleanno, quanto sarebbe bello! Nei ritrarrei un lieto auspicio!
23 marzo
Diciannove anni! mio Dio! Tu esaudisti il mio voto fervido, la mia supplica che presentai al tuo Cuore stamane. Non osavo sperare di avere proprio oggi la posta ... Grazie! Tanta gioia non conosco da più di cinque mesi. Stamattina non sapevo ancora che il corriere era tornato. Fu verso mezzogiorno che la zia mi disse: "A Vivaro ci sono scritti per te. Poichè non puoi recarti a prenderli, vai dai Del Moro; ce n’è uno anche per loro: prega Vittorio di portarti anche i tuoi". La commozione che provai è indicibile! Il cuore mi batteva precipitosamente, il sangue pulsava agitato, un tremito nervoso mi toglieva la forza di parlare e di muovermi. Due scritti per me! Di chi? Di mamma, certo. Uno di Pietro forse? No, non osavo sperarlo. Che cosa mi avrebbe scritto la mamma? Che era desolata, lontana dalla casa, dal babbo, da Attilio, da me ... che non aveva calma nè riposo ... Le lagrime mi salivano agli occhi, mi pareva di avere la febbre ... E Maria mi disse "Non ti muovi? Che fai? Se ti agiti tanto ora, che sarà nel giorno in cui rivedrai i tuoi cari?"
Ah, mi si strinse il cuore a quelle parole, poichè dall’animo mio una voce rispose "Quel giorno è lontano! Passeranno parecchi mesi, forse degli anni ..." Mi feci forza e uscii. A mezza via mi imbattei nel postino e immaginai che andasse lui a Vivaro. Difatti, mi fermò per dirmelo, sicchè tornai sui miei passi. A scuola non potei far lezione. Verso le tre e mezza entrò la postina e mi consegnò una cartolina indirizzata "Tesis di Maniago" e giunta quindi con la posta di lassù. Era di Attilio, del 26 novembre, e diceva (come quella a zia Emma) "Desidero vostre notizie. Saluti".
Stassera, poi, quando cominciavo a pensare che non riceverò più nulla, ritornò il portalettere con altre due, una di mamma, una di Pietro mio. Quella di mamma è scritta il 2 gennaio come quella diretta a zia Emma e porta le medesime brevi parole "Domanda notizie". Pietro scrive il 5 gennaio e dice "Sto bene, desidero vivamente notizie di voi, siate tranquilli riguardo alla famiglia". Caro il mio amore benedetto! Egli è salvo e si preoccupa per noi, creatura santa! Oh, la gioia dolcissima di leggere le sue parole! Dio mio, vi ringrazio!
24 marzo
Domenica degli ulivi! È stata bella invero perchè ho avuto un’altra consolazione: zia Emma è venuta a trovarmi. Al ritorno da messa, una messa solenne oggi, con la Passione di nostro Signore, la trovai in cucina con Agnese, che stava raccontando le loro vicende a Miutta. Che piacere! Le mostrai la posta avuta. Ella mi disse che ha già risposto ed ha fatto scrivere a Pietro informandolo della nostra buona salute e pregandolo di scrivere subito. I suoi scritti partirono ancora il 18 corrente, e la signorina dell’ufficio informazioni di Udine assicurò che in un mese saranno in Italia.
Alla seconda metà di aprile, dunque, Pietro saprà qualcosa di noi. Benedetto, ha tempo di crucciarsi! E mamma pure! Miutta aveva preparato il pranzo: pasta asciutta con il sugo di vitello. Da quanto non mangiavo la pasta asciutta? Dal 3 gennaio! Sedemmo nel salottino raccontandoci scambievolmente le nostre vicende. Anche a Provesano ebbero molti soldati, quasi sempre; anche là c’è molta miseria, ma non in tutte le case. L’Agnese ha la disgrazia di essere senza latte: gran guaio, invero!
Sinora ebbero sempre carne e mangiarono bene. Per la polenta e la pasta non hanno pensiero e per il condimento neppure; del resto ... come Dio vuole! Aspettano e sperano non lontana la pace. Dopo pranzo andammo dai Del Moro e lì la conversazione si prolungò fino alle cinque. La zia si congedò da noi verso le sei, con l’augurio di rivederci in breve. Così sia!
25 marzo
La Madonna Annunziata a cui votammo un Tempio per ottenere la pace! E proprio oggi il paese volle dedicare preghiere speciali per ottenere la pace. Lunedì Santo era, e lo santificammo davvero! Stamane Comunione generale, alle 10 Messa solenne con la esposizione del SS Sacramento e Vespro. Al pomeriggio Adorazione dalle 2 alle 5.30. Sono proprio contenta di questo giorno! È il terzo che trascorro con la letizia nel cuore!
26 marzo
Ho fatto scuola, ma poca lezione. Ho narrato la Passione di Gesù ai miei bimbi che m’ascoltarono commossi e riverenti. Anche oggi vi fu molta gente alla Santa Comunione e alla Messa, e stassera all’Esposizione del SS Sacramento. È commovente vedere tutti quegli uomini che si accostano a ricevere Gesù, che cantano in coro. Anche Pietro di zia Regina viene sempre ed è un forte aiuto per i cantori.
Egli è fuggito da Cordenons ed è stato sempre chiuso in casa, mentre erano i tedeschi. Ora gli austriaci gli han dato il permesso di riprendere le sue abitudini e tornare al lavoro dei campi. Ancora giovedì ha cominciato ad uscire. Ne ho piacere perchè è proprio un buon uomo.
27 marzo
Ho congedato i miei scolaretti per le vacanze, che si prolungano fino a martedì dopo Pasqua, il 2 aprile. In tal giorno inizierò l’insegnamento anche alla prima classe e farò lezione due ore per ciascuno. Dalle 8 alle 10 la terza, dalle 10 alle 12 la seconda, dalle 15 alle 17 la prima: tanto per accontentare tutti. Stamattina il postino mi ha chiamato per avvertirmi di preparare la risposta alle cartoline ricevute.
Quella di Attilio, siccome arrivò a Maniago, ripartì per Maniago stamattina stessa: le altre due stassera. Ad Attilio scrissi: "Noi tutti benissimo. Siamo lieti di avere tue notizie. Auguri. Saluti carissimi". A Pietro: "Sono felice di saperti sano. Grazie di tue care nuove. Noi stiamo benissimo; nulla ci manca. Desideriamo presto tue notizie. Saluti affettuosi". Chissà. quando le riceveranno! Forse alla fine di aprile, nella ipotesi più ottimista ...
28 marzo
Giovedì Santo! Ricordo la Messa solenne della nostra parrocchia, la Santa Comunione generale e poi la mesta e commovente funzione vespertina! Giovedì Santo: il più triste della mia vita! Lo passai gran parte in Chiesa: stamattina ci trattenemmo fino alle undici e mezza e giungemmo a casa ad ora di pranzo. Nel pomeriggio è venuto il sagrestano a spazzare il camino; io e Maria abbiamo cucito nel salotto fino alle cinque e mezza. Sono stata in cerca di uova, poi ho cenato in fretta e siamo andate al Mattutino. Per fortuna la mia vicina di Chiesa è ricca sì da poter accendere una candela quando fa buio, sicchè posso seguire, leggendo, i cantori: cosa che non feci mai.
29 marzo
Venerdì Santo! Giorno di mestizia profonda. Fui alla cosiddetta "Messa dei Presantificati" stamane ed assistetti ad una funzione del tutto nuova per me che in questo giorno non andavo in Chiesa al mattino. Stassera il parroco, commemorando Gesù crocefisso, ricordò e osservò che anche la nostra croce presente è ben dolorosa. Oh, se è dolorosa! E pesante pure! È necessario chiedere forza a Dio per non lasciarsi sopraffare dalla disperazione.
30 marzo
I cuori dovrebbero aprirsi a letizia: il mio, invece, si restringe vieppiù in un dolore senza nome a cui manca il sollievo del pianto. I miei occhi bruciano, ma non danno lagrime. Come è possibile rammentare la letizia degli anni scorsi e non sentirsi spezzare l’anima considerando l’immane sventura presente? Ogni giorno, ogni giorno picchiano alla nostra porta dei poveri bimbi, i profughi dal Piave, che domandano la carità di un pugno di farina! È ben doloroso veder queste scene!
Ogni giorno partono dei paesani alla ricerca di biada; fanno cinquanta, sessanta miglia per strade impraticabili, attraversando fossi e greti, comperano il granturco al prezzo di 70 o 80 lire il quintale, e poi ... quando credono di giungere in porto con la loro provvista, vengono sorpresi da guardie austriache che sequestrano loro la roba e li accompagnano a casa senza nulla.
Anche oggi sono ritornati quattro di loro a mani vuote: erano stati a comperare la biada, trenta miglia sotto Portogruaro ... 280 lire avevano speso, e sono quattro poveri diavoli con tanti figli. E le nuove che ci giungono? Requisizione di bestiame, arrivo di truppa a riposo, sequestro dei raccolti ... e avanti su questo tono. Intanto ... intanto domani è Pasqua.
31 marzo
Pasqua! Misericordia! Gli anni scorsi ricordo mi svegliavano le campane e quel din—don festoso mi rallegrava. "È Pasqua!" diceva Maria, e balzava dal letto e veniva a darmi un bacio e a farmi gli auguri, ancora in camicia da notte. E ci vestivamo e poi correvamo a fare gli auguri a mamma, babbo e tutti, rinnovando tante belle promesse di ubbidienza, operosità, bontà, che uscivano sincere in un giorno così bello, reso più fulgido dal sole d’aprile.
Pasqua, quanto diletto nel preparare le uova dipinte per i giochi, quanta letizia nell’abbigliarsi per la Messa solenne nella Basilica! Avevamo sempre invitati al pranzo di mezzogiorno i nostri padrini e tra un piatto e l’altro ed ai dolci si brindava allegri alla salute di tutti. Quanto erano felici babbo e mamma di averci tutti attorno a loro, di rimirarci vispi e sani, soddisfatti di quanto ci avevano dato.
Santi cari genitori miei, quanto sarete tristi ora! ora che l’avversità vi spinse lontani dalla casa! Dove siete? Quante lagrime sgorgheranno dai vostri occhi in questo dì! Ed Attilio? Ah, amare lagrime sono anco le mie! Amarissime sono perchè riconosco di esservi causa di grande dolore! E volesse il Cielo che questa fosse l’ultima Pasqua di lagrime e di sangue!