Dialoghi marini/8
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8.
Nettuno e Delfini.
Nettuno. Bene, o Delfini, voi siete sempre amici degli uomini. Una volta portaste all’Istmo il figlioletto d’Ino, avendolo raccolto sotto Scironide, donde era caduto con la madre: ora tu t’hai preso sul dorso questo ceterista di Metinna, e l’hai portato al Tenaro con tutto l’abbigliamento e la cetera; e non hai voluto che fosse bruttamente morto dai marinai.
Delfini. Non maravigliarti, o Nettuno, se facciam bene agli uomini; chè noi di uomini or siamo pesci.
Nettuno. Io biasimo Bacco, che dopo di avervi vinti in navale battaglia, vi trasmutò così: dovea bastargli d’avervi soggiogati, come tanti altri. Ma come è andato il fatto di questo Arione, o Delfino?
Un Delfino. Periandro gli voleva gran bene pel suo gran valore nell’arte, spesso mandava per lui, e gli faceva gran doni. E così essendo egli arricchito, sentì un desiderio di tornare a Metinna sua patria per farvi mostra della sua ricchezza. E salito sovra una nave di certi malvagi uomini, si fece vedere che portava molto oro ed argento: onde come furono in mezzo all’Egeo, gli diedero addosso i marinai. Allora egli (io ho udito ogni cosa, chè io nuotava presso la barca) disse loro: Giacchè volete far questo di me, concedetemi solo che io, preso il mio abbigliamento e cantando la mia canzone di morte, mi getti da me stesso in mare. I marinai glielo concessero: egli si abbigliò tutto, e cantò assai dolcemente: e poi cadde in mare, come per morirvi: ma io lo raccolsi, me lo posi sul dorso, e l’ho portato volentieri sino al Tenaro.
Nettuno. Bravo, o delfino! tu ami le opere delle muse. Tu l’hai ben rimeritato della dolce canzone che ti fece udire.