4. Menelao e Proteo

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Luciano di Samosata - Dialoghi marini (Antichità)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
4. Menelao e Proteo
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4.

Menelao e Proteo.1


Menelao. Che tu diventi acqua, o Proteo, non è incredibile, perchè sei marino: che diventi albero, può passare: che ti trasmuti in leone, ti si può credere; ma che tu possa diventar fuoco, stando tu nel mare, questa è maraviglia, e non la credo.

Proteo. Non è maraviglia, o Menelao: divento fuoco io.

Menelao. L’ho veduto cogli occhi miei, ma parmi, a dirla fra noi, che tu ci metta un po’ di magia, che tu inganni gli occhi altrui, e che non ti muti nè diventi niente di questo.

Proteo. Ma che inganno ci potria essere in cose sì chiare? Non hai veduto ad occhi aperti in quante cose mi son trasformato? Se non credi, se ti pare una menzogna, una illusion della vista, quand’io divento fuoco, appressami la mano, e saprai se io solamente paio, o se allora so anche bruciare.

Menelao. Non è sicura questa prova, o Proteo.

Proteo. Mi pare, o Menelao, che tu non hai veduto mai il polpo, nè sai la natura di questo pesce.

Menelao. Ho veduto il polpo; ma non so la sua natura, e volentieri l’udirei da te.

Proteo. A qualunque pietra attacca le sue boccucce, e l’afferra tra le sue branche, si fa simile a quella, trascolora la pelle mutandola nel color della pietra, e così si nasconde ai pescatori non trasmutandosi nè comparendo qual’è, ma sembrando simile alla pietra.

Menelao. Così dicono: ma il fatto tuo è più maraviglioso, o Proteo.

Proteo. I’ non so, o Menelao, a chi altro crederesti, quando non credi agli occhi tuoi.

Menelao. L’ho veduto, sì: ma è troppo gran prodigio che uno diventi acqua e fuoco.


Note

  1. Per intendere questo dialogo leggi il IV Canto dell’Odissea.