Dialoghi delle cortigiane/2
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Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
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2.
Mirtina, Panfilo e Doride.
Mirtina. Tu sposi, o Panfilo, la figliuola di padron Filone, anzi dicono che l’hai già sposata: e i giuramenti che mi facevi, e le lagrime, in un momento tutto è ito, e già ti se’ dimenticato di Mirtina. E mi fai questo mentre io son gravida d’otto mesi. Ecco il frutto che ho cavato dall’amor tuo, che m’hai fatta questa pancia, e tra poco dovrò allevare un figliuolo, cosa gravissima per una cortigiana. No, io non esporrò il mio parto, specialmente se è maschio, ma gli metterò nome Panfilo, e me lo terrò per consolarmi di questa passione; ed esso dovrà un giorno venire a rinfacciarti che tu fosti infedele alla madre sua sventurata. Sposassi almeno una bella giovane! I’ l’ho veduta testè nelle Tesmoforie insieme con la madre;1 e non sapevo ancora che per colei i’ non vedrò più Panfilo. Guardala anche tu, guardala prima in faccia, come è brutta con quegli occhi bianchi, e guerci, e che si guardano tra loro. Hai veduto mai Filone il padre della sninfia? Se ti ricordi la faccia sua, non t’è più bisogno di veder la figliuola.
Panfilo. Che baie son coteste, o Mirtina? che giovane, che nozze, che padron di barca tu mi conti? Che so io di sposa brutta o bella? Che so io se Filone d’Alopeca (forse parli di lui) ha una figliuola già da marito? Ei non è neppure amico di mio padre: e mi ricorda che una volta c’ebbe una lite per un negozio marittimo, e fu condannato. Egli doveva circa un talento a mio padre, e non glielo voleva dare: ma chiamato innanzi ai giudici marittimi, pagò, ma neppur tutto, come il babbo diceva. E poi s’io avessi voluto tor moglie, non avrei lasciata la figliuola di Demea che l’anno passato fu generale della repubblica, e la è anche cugina di mia madre, per isposar la figliuola di Filone. Ma tu donde hai saputo questo? E come t’è venuta in capo questa vana gelosia per tormentarti?
Mirtina. Dunque tu non t’ammogli, o Panfilo?
Panfilo. Tu se’ pazza, o Mirtina, o sei ubbriaca: eppur ieri non bevemmo assai.
Mirtina. Ecco qui, Doride m’ha così sbigottita. I’ l’ho mandata a comperar certi panni di lana pel ventre, e a fare una preghiera per me a Diana, ed ella m’ha detto che ha scontrata Lesbia..... ma di’ tu stessa, o Doride, ciò che hai udito, se pure non l’hai inventato.
Doride. Possa morire io, o padrona, se ho detta una bugia. Come io son giunta presso al Pritaneo, ho scontrato Lesbia, che così sorridendo m’ha detto: Panfilo vostro oggi sposa la figliuola di Filone. Io non la credeva, ed ella m’ha spinto ad affacciarmi nel chiassetto che è innanzi casa vostra, e vedere tutto parato, e i suonatori, e la folla, e alcuni che cantavano l’imeneo.
Panfilo. E vi ti sei affacciata, o Doride?
Doride. Sì, e ho veduto tutto come ella diceva.
Panfilo. Capisco l’inganno. Non è tutto bugia ciò che t’ha detto Lesbia, e tu, o Doride, hai riferito il vero a Mirtina. Ma vi siete turbate per nulla: le nozze non sono in casa nostra. Ora mi ricordo che iersera quando mi ritirai da voi, la mamma mi disse: O Panfilo, il figliuolo d’Aristeneto nostro vicino, Carmide che ha l’età tua, già prende moglie, e mette il capo a partito: e tu fino a quando starai con l’amica? I’ la lasciai dire, chè avevo gran sonno. Stamane sono uscito di casa per tempo, e non ho veduto niente di ciò che Doride ha veduto più tardi. Se non mi credi, ritornavi, o Doride; e guarda non solo il chiassetto, ma le porte, vedi quale è parata; e troverai che è quella de’ vicini.
Mirtina. Tu m’hai resuscitata, o Panfilo: i’ mi sarei impiccata se fosse stata questa cosa.
Panfilo. Oh, non potev’essere: ed io non sarei così pazzo da scordarmi di Mirtina, che è gravida, e dovrà farmi un bel naccherino.
Note
- ↑ Le Tesmoforie feste in onore di Cerere Tesmofora cioè leggidatrice.