Della ragione di stato (Settala)/Libro I/Cap. II.
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Capitolo II
Che cosa sia ragion di stato, secondo il parere d’alcuni.
Giá abbiamo mostrato, che cosa significa ragion di stato, e che due cose con tal nome ci si rappresentano: e la facoltá, arte, o scienza, che insegna i mezzi e i modi con li quali ogni prencipe può conservar se stesso e la forma del suo dominio, quale si è eletta o possiede; e l’abito con il quale tal cosa si ottiene e opera; e che la prima è una parte della politica. Ora resta il ritrovare la diffínizione della seconda, cioè che cosa sia la ragion di stato, cioè l’abito dell’animo nostro, con il quale si opera quello che dalla scienza abbiamo imparato, cioè con il quale quello, che domina, conserva se stesso nello stato del dominio nel quale si trova, o per successione o per elezione o per acquisto. Sono adunque alcuni che, non facendo tale distinzione, dissero la ragione di stato esser la medesima cosa che il governo, o arte di governare: e per questo avendosi proposto di trattare della ragion di stato, di ogni altra cosa si son messi a discorrere che di quella; ogni lor pensiero volgendo alle cose appartenenti al governo, lasciando però molte cose ancora in quello necessarie. Ma dovevano questi tali considerare, che il governo e l’arte di governare riguarda principalmente il ben publico; e la ragion di stato piú s’indrizza a coloro che sono capi della republica. Quella, oltre la prudenza di cui governa, è appoggiata alle leggi, che per il piú riguardano il bene de’ privati; questa in alcun modo di governo può alcuna volta contravenire alle leggi, riguardando piú il bene di cui regge. Quella si governa con la prudenza politica tutta, consultatrice, legumlatrice e giudiziale: questa, come dimostreremo, è quasi tutta appoggiata alla consultatrice; ma non ancora però abbraccia tutte le cose, che cadono sotto la prudenza consultativa, ristringendosi quasi solo alle cose, che servono ai mezzi con li quali si conserva la forma di tal republica.