Della congiura di Catilina/LXI
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Traduzione dal latino di Vittorio Alfieri (1798)
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Finita la battaglia, visto avresti allora davvero, di quale e quant’animo fosse stato l’esercito di Catilina. Quasi ogni soldato, quel luogo stesso che avea vivo nella battaglia occupato, morto copriva. Que’ pochi dalla pretoriana coorte disordinati, benchè non ai lor posti, non caddero perciò feriti da tergo. Ma Catilina, assai lungi da’ suoi, fu trovato nel mezzo dei nemici cadaveri ancor palpitante; e tuttavia nell’esangue volto ritenea la prisca ferocia. Tra tanta moltitudine, in somma, niun libero cittadino nè combattendo nè fuggendo fu preso; sì fattamente tutti per aver l’altrui vita avean data la loro. La sanguinosa vittoria all’esercito del Romano popolo riuscì poco lieta, essendo i migliori tutti rimasti, o morti sul campo, o mortalmente feriti. Quelli, che per curiosità o per amor di preda a rivolger venivano i nemici cadaveri, chi l’amico, chi l’ospite, chi il congiunto, e chi pur anche il proprio privato nemico vi ravvisano. Perciò, tripudiare a vicenda ed affliggersi, gioire vedevansi e lagrimare.