Degli edifizii/Libro quinto/Capo I
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Traduzione dal greco di Giuseppe Compagnoni (1828)
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CAPO PRIMO.
Tempio di S. Giovanni evangelista in Efeso.
Granai nell’isola di Tenedo.
Abbiamo nell’antecedente libro esposti per quanto potemmo gli edifizii di Giustiniano Augusto in Europa. Ora dobbiamo passare alle parti dell’Asia omesse. Di sopra parmi, è vero, di avere fatta menzione delle fortificazioni di città e castelli, e d’altre cose ch’egli costruì nell’oriente dal confine persiano sino alla città di Palmira, posta nella Fenicia soggetta al Libano. Presentemente prendo a dire degli edifizii di lui nella rimanente Asia, e nell’Africa; delle città cinte di mura; delle provvidenze date per rimediare o a strade difficili e piene di pericoli, perchè poste su precipizii di monti, o perchè andanti sull’orlo di fiumi, da cui facilmente cadendo i passeggieri rimanevano sommersi; o a tante calamità, a cui erano le città esposte. Incomincio adunque.
Era presso la città di Efeso un luogo aspro per situazione, non di buon terreno capace di frutto, se con industria si fosse coltivato, ma dirupato affatto e sassoso. Ivi anticamente gl’indigeni aveano fabbricato un tempio ad onore dell’apostolo Giovanni, soprannominato il Teologo, per aver ragionato della divina natura cose superiori alla umana intelligenza. Ora quel tempio, piccolo assai, e non più resistente alla forza degli anni, Giustiniano imperadore demolì tutto; ed invece lo rifabbricò sì grande e sì splendido, che, per dir tutto in breve, riuscì somigliantissimo, e pari affatto a quello, che nella regia città consacrò a tutti gli Apostoli, conforme ho detto ne’ libri antecedenti.
In Efeso dunque vedesi questa opera del nostro Principe. Quella ch’egli eresse nell’isola di Tenedo, è mirabilmente utile alla regia città, e ai Parcenevoli, che navigano a cagione di commercio: il che dimostrerò facilmente, una cosa sola esponendo. Strettissimo è il mare nell’Ellesponto, poichè ivi si avvicinano quasi ad unirsi le due coste de’ continenti, e danno principio al canale presso Sesto ed Abido. Le navi colà giunte, qualunque esse sieno, che muovano verso Costantinopoli, approdate a quella spiaggia, non possono discostarsene se non soffiando l’austro. Per lo che, ove il naviglio, carico di frumento, procedente da Alessandria ivi sia giunto, se quelli che intendono a tale mercatura, hanno propizio il vento, in breve giungono a Costantinopoli; ed ivi scaricato quanto portavano, ne partono per ritornare ad un secondo, ed anche a un terzo carico prima che giunga l’inverno. E chi di loro vuol caricare altre merci da smaltire in Alessandria, tanto meglio fanno i fatti loro nell’accennato ritorno. Ma accadeva pur anche, che se nell’Ellesponto spirava contrario vento, ivi pel ritardo della navigazione le navi e il frumento grandemente pativano. Giustiniano Augusto dando pensiero a questi casi, ben dimostrò, come col coraggio e colla provvidenza sua l’uomo può far molto anche ad onta di grandi difficoltà. Edificò egli adunque nell’isola di Tenedo, prossima al canale suddetto, vasti granai, capaci di contenere tutto il frumento dai navigli trasportato; e furono essi larghi non meno di novanta piedi, lunghi dugento ottanta, ed alti sommamente. Perciò dopo che quella grande opera è stata compiuta, se contrarii venti sorgano a ritardare la navigazione, i conduttori de’ frumenti, giunti ivi, ne scaricano le navi, e li trasportano in que’ granai, non imbarazzandosi più nè di borea, nè di zeffiro, nè di altro vento contrario, che senza punto turbarsi lasciano soffiare a lor modo; e intanto si accingono a ritornare per nuovo carico colà, d’onde sono venuti. Altre navi poi, quando sia comodo, da Tenedo portano le provvigioni a Costantinopoli, le quali hanno appunto questa incumbenza.