Decadenza e rinnovazione dell'Arte
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Una delle più gravi ragioni del tanto proclamato e sì poco studiato decadimento dei nostri studi e del poco o nessun frutto che danno in Italia gli studi in generale, e i letterari e filosofici in ispecie, è il dissidio non casuale nè affatto involontario, ma necessario fino a un certo segno, come effetto delle condizioni religiose e politiche d'ltalia sotto i passati reggimenti, e volontario, non ostante le ipocrite asserzioni in contrario, fra la coltura intellettuale e la coltura morale, fra la scienza e i costumi, fra la letteratura e la civiltà, fra la scuola, insomma, e la vita.
E di questo dissidio è d' attribuirsi la causa principale, non già al metodo positivo o realistico, ma alla grettezza lagrimevole di coloro che lo vanno applicando agli studi letterari, uomini per lo più di scarso ingegno, di misero cuore, orbi d'ogni raggio d'ideale, lontani per meschinità d'indole e per istinto e per industria paurosa da tutte le agitazioni morali e sociali del luogo e del paese in che vivono.
E però privi di quelle passioni che fanno sentire la vita, e senza il cui fuoco diventa la letteratura una vana pompa di retoriche istituzioni, una pretenziosa vacuità di parole, una suppellettile pomposa di notizie disgregate, utili soltanto a coprire e panneggiare con ricchezza da palcoscenico le vanità che paiono persone.
Si grida e si sbraita da tutte le parti: realismo, positivismo, naturalismo; si svergogna l'Italia con la maligna e interessata querimonia sul decadimento dei nostri studi, e non ci si vuole accorgere che per essere realisti e positivisti e naturalisti bisogna accostarsi anzitutto alla realtà, alla natura, alla vita; e non si vuol capire che per rialzar gli studi bisogna prima d'ogni cosa rialzare gli animi, nobilitare i caratteri, armonizzare l'istruzione e l'educazione, far dell'insegnamento e dell'arte e dell'opera degli scrittori una missione e un apostolato di moralità, di civiltà, di umanità.