Così parlò Zarathustra/Parte prima/Della castità
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Della castità.
«Io amo il bosco. Nelle città si vive male: ci son troppi lussuriosi.
Non è forse meglio cadere nelle mani d’un assassino, che nei sogni d’una donna lasciva?
Osservate questi uomini: il loro occhio lo dice — essi non sanno far di meglio in terra che giacere presso una donna.
Nel fondo della loro anima è fango; e guai se il lor fango possiede dello spirito!
Almeno foste animali perfetti! Ma privilegio dell’animale è l’innocenza.
Vi consiglio io forse la morte dei sensi? No, ma l'innocenza dei sensi.
Vi consiglio io la castità? La castità, in alcuni è una virtù, in altri poco meno d’un vizio.
Costoro si astengono, è vero; ma la cagna, che si chiama sensualità, si manifesta in loro con l’invidia che traspare da ogni atto.
Persino nella sublimità delle loro virtù e nella saggezza delle meditazioni quel mostro irrequieto li segue.
E con quanta grazia la cagna sensualità sa medicare un briciolo di spirito, se altri le ricusa un pezzo di pane!
Voi amate le tragedie e tutto ciò che spezza il cuore. Ma io diffido della vostra cagna.
Voi avete occhi troppo crudeli, e con lo sguardo ardente andate in cerca di sofferenti. La vostra voluttà non s’è forse messa la maschera della compassione?
Ed anche questa sentenza dedico a voi: non pochi di coloro che volevano cacciare il diavolo si sono cacciati essi nei porci.
La castità è da sconsigliare a colui al quale è dura; affinchè non diventi la via dell’inferno — cioè del fango e della lussuria dell’anima.
Parlo di cose sconce? Ma questa non mi sembra la peggiore delle cose.
Non già quando la verità è sucida, bensì quando è poco profonda quegli che ha intendimento esita a tuffarsi nella sua acqua.
Invero v’hanno certuni che sono casti in fondo: essi son più miti di cuore, essi amano ridere più volentieri e più frequentemente di voi.
Essi ridono anche della nascita e chiedono che cosa essa sia.
«La castità non è forse una follia? Ma questa follia venne a cercar noi; non già noi la cercammo.
«Noi abbiamo offerto un asilo ed un cuore a quest’ospite: ora egli dimora in noi — ci rimanga finchè vuole».
Così parlò Zarathustra.