Convenzione colla città di Torino riguardo al terreno occorrente per la formazione dello scalo della ferrovia a Porta Nuova

Parlamento del Regno di Sardegna

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Cessione di terreni demaniali alla città di Torino
per la formazione di giardini pubblici.

Progetto di legge presentato alla Camera il 30 gennaio 1854 dal presidente del Consiglio ministro delle finanze (Cavour).

Signori! — Ho l’onore di presentarvi un progetto di legge per l’approvazione d’una convenzione che con scrittura del 23 corrente mese è stata intesa tra le finanze dello Stato e la città di Torino in ordine alla cessione a quest’ultima di terreni demaniali per la formazione di giardini pubblici presso il Valentino.

Questi terreni demaniali fanno parte, per un quantitativo di metri quadrati 79,383 57 (giornate 20 89), della cascina detta l’Ajrale, su cui vi fu negli scorsi anni il progetto, poscia abbandonato, di erigere uno spedale militare divisionario; e per la superficie di metri 8953 (giornate 2 35) riguardano l’area sita tra il viale del Valentino e la sponda sinistra del Po.

Queste due superficie di terreno demaniale, di cui è cenno agli articoli 1 e 2 della suddetta convenzione 23 gennaio corrente, sono designate nel tipo del cavaliere Promis colle date del 24 giugno 1853 e 19 gennaio 1854; parte delle giornate 20 89, compresa nella cascina Ajrale, già figura al numero 98 della tabella annessa alla legge 8 febbraio 1851, di modo che la sua alienazione trovasi autorizzata dalla legge stessa; la vendita della rimanente cascina è stata autorizzata colla legge 25 maggio 1853.

I motivi onde fu tratto il municipio di Torino ad aspirare all’acquisto dei terreni prementovati riassumonsi nel divisamento di procurare alla ognor crescente di lei popolazione un mezzo di circolazione e di ricreazione, a cui ormai più non bastano i così detti Ripari, e nel commendevole pensiero di procacciare, in questi difficili tempi, del lavoro alla classe povera che potrà così provvedere alla sua sussistenza.

A siffatte considerazioni, meritevoli per se stesse di particolare riguardo, altre aggiungevansi di speciale interesse delle finanze onde indurre le medesime a coltivare e ad assecondare il progetto della città.

Giova infatti ritenere al proposito che coll’operare la vendita alla città stessa dei terreni summentovati per ridurli alla condizione di pubblici giardini, quelli che ancora rimangono al demanio vengono ad ottenere un maggior valore, potendo più facilmente venir destinati ad uso di fabbricazione, sia per la loro vicinanza ad un sito che non mancherà di divenire frequentatissimo, sia anche perchè compresi nel progetto d’ingrandimento della città in quella parte per cui il municipio, in vista dell’attuazione del progettato acquisto, si dispone a fare senza ritardo le pratiche opportune per l’approvazione del relativo piano.

Nè inopportuno tornar sembra il riflesso che, sebbene sia è presumersi che, vendendo all’asta pubblica in distinti lotti tutti i terreni consistenti nel podere l’Ajrale, sarebbesi potuto ricavare dalla parte del podere stesso cadente nella cessione colla città progettata qualche maggior prezzo, non si può tuttavia disconoscere che, per giungere all’alienazione della totalità di detto podere richiederebbesi un tempo anzi che no protratto, per cui le finanze sarebbero mai riescite ad incassare, anche in un discreto termine, la somma che la città di Torino corrisponderà in parte subito ed in parte fra due anni avvenire.

Arroge che nell’attuale condizione anormale dei tempi, e ritenuto eziandio il gran numero di fabbriche tanto di recente ultimazione, quanto di quelle tuttora in via di compimento, sarebbe riescito assai difficile alle finanze di vendere un quantitativo di terreno assai rilevante, come è quello della cui cessione si tratta e quello che resta di disponibile al demanio, nel cui interesse ed all’oggetto che nulla venga ad incagliarne la vendita, si è introdotto nell’articolo 1 di detta convenzione la condizione che la città non possa per lo spazio di dieci anni destinare ad uso di fabbricazione per caseggiati, ad eccezione di casini da spettacolo, caffè e simili, la porzione di della cascina Ajrale che si tratta di cederle,

Il prezzo pertanto di lire 550,000 fissato per il quantitativo del terreno da cedersi alla città si presenta, a fronte delle premesse circostanze, assai equo nell’interesse delle finanze, alle quali in questa occasione, ed in aggiunta al prementovato correspettivo, la città fa cessione (articolo 5 della convenzione) del terreno necessario per compiere il progetto dello scalo della ferrovia dello Stato a Porta Nuova, terreno questo che torna indispensabile al Governo per l’ingrandimento di detto scalo, la cui ristrettezza attuale non sta più in rapporto colle esigenze dello scalo stesso.

Nella fiducia d’aver con questi brevi cenni dimostrato la convenienza che presenta alle finanze la convenzione di cui si tratta, io vi prego, o signori, di accordarmi la vostra approvazione dichiarando d’urgenza il relativo progetto di legge mentre, come prima sia questo sanzionato da tutti i poteri dello Stato, è intenzione del municipio di far porre mano alle opere per la formazione dei giardini pubblici onde venire con tal mezzo in sollievo della classe indigente.

PROGETTO DI LEGGE.

Art. 1. È approvata la convenzione in data del 23 gennaio 1854 seguìta fra le finanze dello Stato e la città di Torino, in virtù della quale le finanze cedono alla città una porzione dei terreni della cascina demaniale detta l’Ajrale, regione del Valentino presso Torino, del quantitativo di metri settantanove mila trecento ottantatrè e centimetri cinquantasette (giornate 20, tavole 89), nonchè l’area demaniale sita fra il viale del Valentino e la sponda sinistra del Po, di metri ottomila novecento cinquantatrè (giornate 2 55), mediante il corrispettivo per parte di detta città alle finanze di lire cinquecento cinquanta mila e la cessione del terreno necessario per compiere il progetto dello scalo della ferrovia dello Stato a Porta Nuova, chiuso dal perimetro colle lettere L, N, E, M, di cui nel piano Maus del 28 ottobre 1853.

Questa convenzione verrà ridotta in atto pubblico.

Art. 2. Per gli effetti della presente legge è derogato ad ogni disposizione in contrario.

CONVENZIONE.

L’anno del Signore mille ottocento cinquantaquattro, ed al ventitrè del mese di gennaio, in Torino, alle ore nove di sera, ed in una sala del Ministero di finanze.

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Si premette che la città di Torino, per la circostanza che l’attuale giardino pubblico, posto sui così detti Ripari, più non corrisponderebbe allo sfogo della ognora crescente di lei popolazione, sia entrata nel divisamento di formare altro luogo di ricreazione in sito che per capacità presenti maggiori mezzi di circolazione e per giacitura offra una bella prospettiva;

Che essa città, avendo riconosciuto ché questi due elementi si troverebbero nella cascina demaniale detta l’Ajrule, presso Torino, abbia intraprese trattative colle finanze dello Stato all’oggetto che le si faccia la cessione del terreno necessario per la formazione di detti nuovi giardini pubblici, posto a destra ed a sinistra del viale del Valentino tra il regio castello di questo nome ed il ponte sospeso sul fiume Po;

Che in risultato di queste trattative, e dopo seguite apposite conferenze tra í rappresentanti le finanze dello Stato e quelli del municipio, siansi intesi i seguenti capi di convenzione, la quale non s’intenderà valida ed esecutiva se non dopo che sarà stata approvata per legge, e quindi ridotta in atto pubblico;

Epperò si sono personalmente costituiti avanti di me direttore di divisione nel Ministero di finanze, ed alla presenza dei signori Giovanni Berutti e Pietro Ferrero, gl’illustrissimi signori conte Camillo Benso di Cavour, presidente del Consiglio, ministro delle finanze, per parte delle finanze, ed avvocato cavaliere Giovanni Notta, sindaco della città di Torino, per parte della stessa città, appositamente incaricato dal Consiglio delegata con deliberazione del 21 gennaio 1854, i quali hanno inteso e convenuto quanto infra:

Art. 1. Le finanze dello Stato, nella persona del prefato signor conte Camillo di Cavour, hanno ceduto e rimesso, come colla presente cedono e rimettono alla città di Torino, per essa accettante il sunnominato signor avvocato cavaliere Giovanni Notta, sindaco della stessa città, in modo irrevocabile ed allo scopo di farvi i giardini pubblici, e colla condizione che per lo spazio di dieci anni non possa destinarla ad uso di fabbricazione per caseggiati, ad eccezione di fabbricazioni per casini da spettacoli, caffè e simili, quella porzione della cascina detta l’Ajrale sita presso Torino, la quale è limitata a sera dall’asse proseguita dalla via del Belvedere, a notte, giorno e mattino, dal getto dei fossi circondanti esteriormente il viale del Re; da un quarto del rondò del ponte sospesi; da tre tratti successivi del viale del Valentino; da metà del rondò di questo nome, e da un tratto del viale di San Salvario sino al capo sud-est dell’asse anzidetto della via del Belvedere; quale porzione di detta cascina è della superficie all’incirca di metri quadrati 79,383 57 (corrispondenti a giornate venti, tavole ottantanove) come risulta dal piano d’ingrandimento presso il Valentino, proposto dalle finanze pei terreni demaniali, sottoscritto Promis in data 22 giugno 1853, colle modificazioni in data del 19 gennaio 1854.

Art. 2. Le finanze cedono parimente alla città di Torino l’area demaniale sita tra il viale del Valentino e la sponda sinistra del Po, segnata nel suddetto tipo colle lettere X, Y, Z, del quantitativo di giornate due, tavole trentacinque.

Art. 3. Le finanze nel vendere come fabbricabile la rimanente area demaniale a sera, si obbligano di tenere la linea frontale delle fabbriche prospicienti a mattino sui giardini pubblici, a distanza di metri 6 dall’asse proseguito dalla via del Belvedere in tutta la sua nuova estensione.

Questa striscia larga metri 6 compresa tra i viali del Re e di San Salvario sarà dalle finanze gratuitamente lasciata alla città per uso di strada pubblica.

Art. 4. In correspettivo della cessione che le finanze le fanno delle due aree di terreno di cui è cenno agli articoli 1 e 2, la città di Torino pagherà alle medesime la somma di lire cinquecento cinquantamila, ripartita come segue: cioè lire duecentomila al momento della riduzione in atto pubblico della presente convenzione; lire duecentomila prima della fine dell’anno mille ottocento cinquantacinque; e le restanti lire cento cinquantamila prima della fine dell’anno mille ottocento cinquantasei, senza corrispondenza d’interessi, avuto riguardo al maggiore compenso di cui all’articolo seguente.

Art. 5. Oltre alla somma suindicata di lire cinquecento cinquantamila per correspettivo di dette due aree, la città di Torino ha ceduto e cede alle finanze tutto il terreno necessario per compiere il progetto dello scalo della ferrovia dello Stato a Porta Nuova, a tenore del piano dell’ispettore onorario del Genio civile signor cavaliere Maus in data del 28 ottobre ultimo scorso, di cui si unisce alla presente uno stralcio autentico per la porzione relativa allo scalo di cui si tratta.

Questo terreno unitamente a quello distinto in tinta gialla, e la porzione occupata dalla stazione provvisoria distinta in tinta rossa, quella in tinta verde occupata per il caffè e giardino, ed in fine quella in tinta violacea per magazzini e tettoie, comporranno riunite l’intiero rettangolo chiuso dal perimetro L, N, E, M, di cui nel precitato piano Maus.

Art. 6. La città di Torino viene surrogata nei diritti e negli oneri dipendenti dal contratto di locazione in corso della cascina Ajrale acconsentita al signor Deodato Decavero il 16 luglio mille ottocento quarantasette, alla cui risoluzione dovrà quindi essa provvedere mediante le indennità stabilite dal vigente Codice civile, giusta la facoltà alle finanze riservata coll’articolo 9 dei capitoli condizionali che regolano detto contratto di locazione.

E richiesto io direttore di divisione, ho ricevuto la presente, in piè della quale, fatta per doppio originale, si sono le parti coi testimoni tutti conosciuti, meco sottoscritti.

C. Cavour. — Notta Giovanni.

Berutti Giovanni. — Ferrero Pietro,
Teodoro Barnato
, direttore di divisione

.


Relazione fatta alla Camera il 14 febbraio 1854 dalla Commissione composta dei deputati Despine, Michelini G. B., Tegas, Cavour Gustavo, Menabrea, Lisio, e Torelli, relatore.

Signori! — Il 30 dello scorso gennaio il signor ministro delle finanze vi presentava un progetto di legge tendente ad ottenere l’approvazione di un contratto di vendita di alcuni terreni demaniali alla città di Torino per la formazione di giardini pubblici dietro il corrispettivo di lire 550,000.

I vostri uffici erano in massima favorevoli al progetto, salvo però ai commissari il precisare meglio che non faceva la relazione che accompagnava il progetto ministeriale, il valore che potevasi realmente attribuire ai terreni da cedersi, non che quello che dal municipio stesso veniva alla sua volta ceduto alle finanze in prossimità dell’attuale scalo della strada ferrata dello Stato. Qualora un più minuto esame avesse dimostrato che l’interesse dell’erario poteva ritenersi leso con questo contratto, dovevasi rifiutarne la sanzione.

L’attenzione della vostra Commissione dovette quindi concentrarsi su questo punto, il che si trovò agevolato dalla dettagliata analisi che venne fatta del prezzo medesimo, nella [p. 1017 modifica] relazione dell’ingegnere Promis unita a corredo degli atti.

Parte questa dalla base che qualora quei terreni si trovassero nelle condizioni eguali ai terreni circostanti destinati alla fabbricazione, il valore che loro potrebbesi attribuire oggigiorno sarebbe di lire 731,000 in ragione cioè di lire 12 50 al metro quadrato.

La vostra Commissione, sentito anche dal signor sindaco di Torino come sia ora subentrato un notevole rallentamento nell’acquisto di terreni per fabbricare, del che ne addusse in prova l’esempio dei 30 lotti presso Porta Nuova che vennero posti in vendita e dei quali 8 soli si poterono realmente esitare, convenne che la base d’onde partiva l’ingegnere Promis era ammessibile, notandosi che questa base partiva alla sua volta dalla stima di quei terreni fatta per conto delie finanze medesime dall’ingegnere Tonta nell’aprile del 1852 colla deduzione del quinto per le anzidette cambiate circostanze, e questa stima valutava il metro quadrato a lire 16. Posta così la base essa procedette nell’esame dei motivi che portarono la cifra anzidetta a quella assai più ristretta di lire 550,000.

Primo fra questi motivi si è la circostanza che quei terreni che si valutarono al primo citato prezzo di lire 731,000 non si trovano nelle condizioni analoghe dei terreni circostanti, per la ragione che dessi formano un altopiano in parte naturale ed in parte prodotto dallo scavo e sterro eseguito otto anni sono, allorchè si ridusse a livello il suolo già destinato per l’ospedale militare divisionario ivi finitimo, altopiano che converrebbe togliere qualora quel terreno si destinasse alla fabbricazione.

Tale operazione (come dalle dettagliate misure che accompagnano la relazione) si estende allo spazio già destinato per otto isolati, e varia dai metri 0 40 a metri 2 70 e così in media forma un rialzo di metri 1 53. La cubatura intera della superficie ivi descritta si eleva a 99,392 metri cubi di ghiaia e terra che dovrebbe essere trasportata, onde sistemare quel terreno giusta le livellette, e porlo in condizioni altimetriche identiche con quelle dell’area dell’ospedale e sue adiacenze. Il trasporto di questo materiale è valutato ad una lira per metro cubo, per la circostanza che per ordine municipale devesi trasportare il materiale al disotto della chiusa Michelotti, e quindi nel totale a circa 400,000 lire, con che la base di partenza di lire 731,000 verrebbe ridotta a lire 631,000.

Un secondo motivo che farebbe diminuire il valore di quei terreni sarebbe ravvisato in ciò che l’ingegnere Tonta aveva supposto che tutta quell’area potesse essere destinata a fabbricati, ma è d’uopo osservare che si avrebbe una estensione di otto ettari e più, tutto di fabbricati; cosa che il municipio non potrebbe ammettere dovendosi in tanta superficie comprendere una chiesa ed una piazza almeno, e prova ne sia che nell’area a giorno dell’antica piazza d’armi, la quale è di soli sette ettari, il municipio nel tracciare il disegno vi comprese una chiesa e due piazze.

Un terzo motivo venne ravvisato da quell’ingegnere nel maggior valere che acquistano i terreni demaniali prospicienti verso il giardino pubblico, e siccome questo vantaggio si estende ad una lunghissima linea di 478 metri lineari e comprende cinque isolati profondi in media metri 41 80; egli valutò a lire 3 di benefizio per metro quadrato la superficie che verrebbe così avvantaggiata, e per tal modo si avrebbe un totale benefizio di lire 62,500 che ridurrebbe la cifra delle 631,000 a 588,500.

Per ultimo accennavasi qual motivo favorevole alle finanze quello della vendita che si fa con un solo contratto di 36 lotti che a spilluzzico non si potrebbero vendere che assai difficilmente ed in tempo più o meno remoto, ma non certo nelle attuali circostanze.

Secondo le conclusioni del signor ingegnere Promis questi motivi avrebbero fatto discendere il prezzo dei terreni a lire 440,000 e si fu sopra quello che realmente vennero aperte le trattative col signor ministro delle finanze. La Commissione se anche non potè a meno di riconoscere la sussistenza reale di quei motivi, non potè convenire nell’estensione data dal suo autore per rapporto al prezzo, perché se il primo citato, ossia quello del trasporto del terreno ammette un calcolo preciso, tutti gli altri lasciano una latitudine e non è certo a meravigliare se l’ingegnere municipale ne usò in senso favorevole a municipio. Tuttavia qualunque siasi il grado che si può attribuire a tutte quelle cause, la loro sussistenza è certa e l’aumento fatto di lire 100,000 sulla base delle lire 450,000 parve alla vostra Commissione poter realmente compiere quella troppa latitudine di calcoli che aveva fatto l’ingegnere municipale, e che la somma complessiva di lire 550,000 combinata col signor ministro delle finanze rappresenti un corrispettivo equo ed onesto per entrambi le parti contraenti, perchè la ragione segnatamente del maggior valore che vengono ad acquistare i lotti che rimangono di proprietà demaniale è di una evidenza incontrastabile, e quando si considera che rimangono ancora 46 lotti a vendersi, non si può illudersi supponendo che vi possa essere una grande affluenza per l’acquisto dei 72 che comprende l’intiera superficie. Preso poi ad esame anche il valore del terreno che dal municipio verrebbe ceduto all’erario pubblico per l’ingrandimento dello scalo di Porta Nuova, risulta di sole lire 30,000 per la ragione che nel piano già approvato della città quello spazio era già destinato ad essere piazza, senza di che il suo valore sarebbe almeno del quadruplo.

Le lire 30,000 possano rappresentare gli interessi che avrebbe dovuto pagare il municipio sulla somma che non esborsa al momento, e per la quale venne accordata una dilazione senza corrispettivo d’interessi.

Le altre condizioni di minore importanza non presentarono soggetto di discussione; solo quella all’articolo 1 che prescrive che l’area ceduta non potrà per lo spazio di 10 anni venire destinata ad uso di fabbricazione per caseggiati; parve alla vostra Commissione che potesse essere modificata nel senso di portare il lasso ivi citato di 10 anni ad anni 20, e ciò per il motivo che, prima che si verifichi il caso che realmente si fabbrichi all’ingiro del futuro giardino, passeranno probabilmente tre o quattro anni, e quindi la garanzia che non si potrebbero elevare fabbricati di fronte a quelli circostanti al giardino, si ridurrebbe a soli 6 anni. Quando invece la si estendesse a 20 rimarrebbero sempre nel caso citato 16 anni di assicurato benefizio e ne verrebbe naturalmente da questa sicurezza un maggior valore ai terreni circostanti demaniali. Interpellato il signor sindaco in proposito avendo detto che non credeva che tale condizione avrebbe incontrato ostacolo, la Commissione l’ammise qual condizione a modificazione del contratto d’approvarsi.

Prima di chiudere questa relazione debbo, per incarico speciale ed unanime avuto dalla Commissione, far osservare che nell’istrumento di convenzione all’articolo 2, laddove parlasi dell’area demaniale situata fra il viale del Valentino e la sponda sinistra del Po, nel fissare la misura si è fatto uso esclusivamente della misura antica in contravvenzione alla legge 11 settembre 1845 che prescrive l’adozione del sistema metrico decimale, e per cui si richiama l’attenzione [p. 1018 modifica] del Ministero sa questa prescrizione. Sperando che non siano più per rinnovarsi simili dimenticanze, e ritornando all’argomento della legge e ritenuto il menzionato cambiamento a farsi all’articolo 1 del capitolato che stabilisce a 20 anni il termine ivi prescritto di 10, ho l’onore di proporvi dietro l’unanime avviso della Commissione l’approvazione del progetto di legge formulato nel seguente modo.

PROGETTO DI LEGGE.

Articolo unico. È approvata la convenzione in data 25 gennaio 1854 seguita fra le finanze dello Stato e la città di Torino in ordine alla vendita di terreni per la formazione di giardini pubblici presso il Valentino, con che il termine, di cui all’articolo 1 relativo alla proibizione imposta al comune di non fabbricare sui terreni ceduti, sia portata da 10 a 20 anni.


Relazione del presidente del Consiglio ministro delle finanze (Cavour) 6 marzo 1854, con cui presenta al Senato il progetto di legge approvato dalla Camera nella tornata del 16 febbraio 1854.

Signori! — Nel duplice scopo di provvedere all’ampliazione delle pubbliche passeggiate, richiesta dal seguito aumento di popolazione, e di venite ad un tempo in sollievo della classe indigente coll’attivazione dei lavori all’uopo occorrenti, il municipio di Torino entrava in divisamento di acquistare dalle finanze dello Stato alcuni terreni che formano parte del podere demaniale detto l’Ajrale presso il Valentino.

La convenzione a cui riescivano le trattative a tale riguardo intavolatesi, essendo stata nella tornata del 16 febbraio ultimo approvata dalla Camera elettiva, colla modificazione (dettata nel mero interesse delle finanze) della sola clausola riguardante la proibizione imposta alla città di fabbricare sui terreni cadenti nella cessione, che da termine prima fissato di dieci anni, sarebbesi estesa a venti, io mi onoro, o signori, di sottoporre in oggi alle deliberazioni del Senato il relativo progetto di legge.


Relazione fatta al Senato il 17 marzo 1854 dall'ufficio centrale composto dei senatori Della Marmora A, Audiffredi, Galli, D'Azeglio Massimo, e Sauli, relatore.

Signori! — Il vostro ufficio centrale ha esaminato attentamente il progetto di legge concernente alla cessione di terreni demaniali alla città di Torino per la formazione di giardini pubblici, il quale si appresenta sotto il solo aspetto di provvedimento finanziario, indiritto a sancire l’alienazione e lo scambio di una porzioncella del pubblico demanio, e non può per conseguenza dar luogo a grave discussione.

Ma affinchè la sua relazione non riuscisse troppo arida e poco corrispondente perciò a legge di così vago argomento, il vostro ufficio centrale ha stimato di non dover pretermettere questa occasione, senza commendare altamente la civica amministrazione del pensiero destatosi in lei di essere cortese di ombre amene e di dilettevole convegno alla ognora crescente popolazione della capitale, e di aggiungere questo nuovo comodo ai tanti altri di cui va già a gran dovizia fornita. Nè degno di minore lode gli parve il pensiero col quale, additando il nuovo diporto come semplice ampliazione, fa manifesto di voler conservare l’attuale pubblico giardino posto sopra i ripari, il quale, e per la bellezza del sito e per quel po’ di elevazione che rende alquanto ondeggiante il suolo della città, togliendogli il carattere di monotona e fastidiosa pianura, è uno dei suoi principati ornamenti; e che, per la maggior vicinanza, riesce maravigliosamente appropriato agli innocenti trastulli della gioventù, non che al grato riposo della vecchiezza. Quindi è meritevole di gratitudine la civica amministrazione che intende salvarlo dai pericoli ai quali esporre lo potrebbero quelli che, cresciuti in paese già stretto in angusto confine dove le case per necessità si combaciavano una coll’altra, non vedrebbero di mal occhio togliersi questo salutifero, ma per essi incomodo intervallo tra l’antico ed il moderno abitato, Ognuno sa quanto si allieti la superba Parigi pei larghi e sontuosi giardini che la dividono in due parti. Nè deve andar perduto l’esempio dato già dall’immortale duca Emanuele Filiberto, vero istitutore della monarchia sabauda che, nella formazione del famoso parco, il quale servì al gran Torquato di modello alla descrizione degli incantati giardini di Armida, vietò non si abbattessero gli alberi pei quali serbava un quasi religioso rispetto, dicendo di aver egli potenza bastante per innalzare torri e superbi edifizi, ma venir meno ogni sua facoltà a far crescere in un batter d’occhio antiche piante capaci di spargere all’intorno un’ombra gradita.

Il vostro ufficio centrale è di unanime avviso che da voi si approvi la legge quale vi fu dal Ministero proposta.