Conti di antichi cavalieri
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PROLOGO
Autor che soficientemente sì ha detto sor le dette vertù e ’l modo e a che intenzione omo dea operare e parlare, questo soltanto di dire ha: saver cioè apprendere basta a bono volere, per cui solo quello che detto è sse dirà. Se scrive ancora per diletto e per più nostro amaestramento in tanto contare d’alte operazioni e valorose e detti saggi e belli e di gran sentimento a cciò che sempre inviamento bono ne possa avere e ppigliare ciascuno cui governa.
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Conto de Ector de Troia.
Li grandi savii ed auctori pusero che Etor fo solo el più vertuoso cavaliere e valoroso ch’al mondo êllo suo tempo fosse, né d’esso, come de li altri, non se scrive per li auctori: «Cotale cosa fece»; ma insomma dicono ch’ê•llui fo onne bontà compitamente. E quello che fece Alixandro testemonia ben ciò, ché, passando esso per lo paese de Troia e trovando lo pilo de Ector, comandò che tucto l’oste suo albergasse e facesse onore al pilo de lo megliore cavaliere che mai fosse issuto al mondo. Ed esso scavalcò e fece onore e reverentia grande al pilo suo. Certe cose enfra l’altre, le quale fuoro molte, mostrano el senno e valore suo e cortesia.
Largezza e gran francezza sua senno suo mostra. Dico che la cosa che magiurmente a rattezza move è engiura, e specialmente quello che specta al padre de l’omo. Unde quando el padre, li fratelli e li altri de Troia tucti voleano cominciare contra li Greci guerra, Etor, cognoscendo el senno, la forza e la bona cavallaria de Gretia, non volse alora de li Greci la guerra, ma volea apparechiarse de navi e guardare tempo tale che cominciare non tornasse a mala fine. De ciò non fo creduto, unde fo Troia distructa. Apresso è prova del senno e grande suo cognoscimento che, essendo capetano e signore de la gente di Troia e de bene cento milia cavalieri e più, e facendose temere più che signore mai facesse alcuno (ch’esso dicea: «Quelli che fugerà de la batallia non fugerà da li cani», ché le sue carni facia a li mastini mangiare), e facendo ciò, sì savio portamento esso facea che ciascuno de lui se contentava, né alcuno invidia a lui portava, né desideravano altro signore che lui; ma per amore de lui se sforzava ciascuno più de mellio fare. Ed esso fo sì cortese e di tanto cognoscimento fino che sempre, quando tornava de la batallia e ciascuno altro die, andava a li alberghi de li cavalieri, a l’infermi vedere e fare servire, ed onorare e servire onne altro cavaliere co’ convenia. Largo fo tanto che, sì co’ ’l libro dice, che se l’oro tucto el mondo stato fosse suo, sì l’averia donato a bona gente. Et nota che apo lui oro né cosa alcuna remanea che solamente lo suo bon volere. Ed esso fo solo d’arme el più sicuro e ’l megliore cavaliere, e che i magiori e più valorosi facti de cavalaria fece, che fosse en el suo tempo alora e fose mai.
E ciò credere se dia, ché sovr’a Troia fo tucta la megliore e magiure e più possente e ricca cavallaria del mondo, e per lo senno e valore suo sì loro contrastava che, mentre vivo fo, d’onne batallia aveano quasi ei Greci el pegiore, e, se esso visso solo più uno anno fosse, averiano in tucto li Greci perduto. Ed elli fo solo in Troia el cavaliere più amato ch’al mondo fosse mai. E sempre quando Etor tornava da la batallia, non remanea en Troia né donna né donzella né cavaliere che non traesse a vedere lui, e li più, de l’alegrezza de lui vedere e de l’amore ch’a lui aveano, piangeano, dicendo ad alto li plusori: «Quelli porta el fiore supr’a tucti ei melliori e quelli è la speranza e la defensione nostra»; pregando Deo come bisogno loro era lui defendesse.
Né esso mai per gioia né per ira non fo menato iust’a medire. E lo re Priant dicea ch’eli non vedea che Etor potesse esser figliolo d’omo carnale, ma de li dii propriamente.