Condizioni politiche e amministrative della Sicilia/III/4

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17 dicembre 2011 25% Da definire

§ 67. - Come si presenti in Sicilia il problema del ristabilimento della sicurezza pubblica.

Fino adesso, nell'analizzare e nel misurare le forze che contribuiscono alle attuali condizioni della pubblica sicurezza in una parte della Sicilia, abbiamo sempre considerata la forza dell'autorità pubblica come uguale se non a zero, almeno ad una quantità infinitamente piccola. Quali sono le cagioni che riducono questa forza a siffatte proporzioni? In qual modo agiscono queste cagioni? Avremo luogo nel capitolo quinto di esporre per quali vie influisca sulla scelta dei provvedimenti riguardanti la pubblica sicurezza in Sicilia e sulla loro applicazione, il fatto che il Governo si appoggia sugli elementi locali e s'ispira da loro. Potremo però fin d'adesso, facendo astrazione da siffatta influenza, analizzare questi provvedimenti quali sono attualmente, e i modi in cui sono attualmente applicati, e cercare in quali parti si adattino alle condizioni della Sicilia e in quali no, e così tentar di scuoprire le cagioni della loro inefficacia. I fatti descritti nel primo capitolo di questo lavoro ci renderanno il còmpito più breve e più facile.

Se si vuole considerare isolatamente la questione amministrativa del ristabilimento dell'ordine pubblico in Sicilia, astrazione fatta dalle condizioni sociali che sono prima cagione delle attuali condizioni della pubblica sicurezza; in altri termini, se si vuole studiare separatamente l'ordinamento della polizia e della giustizia in relazione colle attuali condizioni di pubblica sicurezza di una parte dell'Isola, il problema è determinato da ciò che abbiamo detto finora, e si presenta nei seguenti termini, cioè: Trovare i modi coi quali il Governo italiano possa giungere a prevenire per quanto sia possibile i reati, e quando siano commessi, a scuoprirne gli autori, arrestarli, e procurare che siano condannati e posti nell'impossibilità di nuocere ancora, in un paese dove i delitti sono facili e frequentissimi e non sollevano contro di sè lo sdegno dell'universale; dove i delinquenti potentemente organizzati godono una grande autorità sull'opinione pubblica, ed hanno quasi sempre nella classe media o superiore della Società una o più persone direttamente o indirettamente interessate a sottrarli alla giustizia; dove l'azione dell'autorità pubblica è stata sempre miseramente inefficace, e questa inefficacia è stata cagione che il predominio morale dei delinquenti sia rimasto intero, assoluto e indiscusso, e che coloro stessi fra i cittadini che hanno interesse alla scoperta dei delinquenti abbiano ragione di temerli e li temano al punto di contravvenire alle leggi e d'incorrere piuttosto nelle pene dalla legge minacciate che nella vendetta dei delinquenti stessi; per modo che l'autorità, da un lato non può far conto alcuno sulle informazioni e l'aiuto dei cittadini contro i delinquenti, dall'altro è esposta senza riparo ad essere nelle sue ricerche tratta sopra una falsa via da chi ha interesse ad ingannarla. Di fronte ad un tale stato di cose, l'esperienza di quindici anni ha ridotto il Governo italiano a un brutto bivio. Perchè da una parte, quando si è conformato alle forme che impongono le legislazioni moderne per la ricerca, l'arresto e la condanna dei delinquenti, ha ottenuto così pochi frutti, che rimasto come prima impotente, e non avendo acquistato autorità morale, ha mantenuto l'onnipotenza dei delinquenti e confermato nello spirito pubblico l'impressione che questi siano la sola autorità veramente costituita. Per modo che gli effetti reagendo sulle cagioni e viceversa, si mantiene un circolo vizioso infrangibile. Dall'altro lato, allorquando il Governo ha soppresso o nelle leggi o nella pratica la garanzia delle forme sopraccennate, esso è sempre o quasi, caduto in mano ad uno degli interessi locali, ne è diventato l'istrumento, e così, non solo non ha impedito i delitti ma se ne è reso complice. Ora, la questione sta nel sapere se tale riescita dell'uno o dell'altro dei due sistemi era inevitabile, oppure se è stata cagionata dai modi tenuti dal Governo per metterli in pratica. Noi cercheremo di chiarirla adesso, studiando l'amministrazione della pubblica sicurezza e della giustizia in Sicilia, e nelle sue istituzioni, e nel modo in cui queste sono state applicate. Tratteremo prima della polizia, poi della giustizia.


§ 68. - La Polizia.

L'autorità pubblica si trova in Sicilia per la ricerca e l'arresto dei delinquenti, in condizioni molto diverse da quelle dei paesi dove l'ordine pubblico (come è inteso nelle Società moderne), è in stato normale. Difatti, nell'alta Italia per esempio, o in Francia o in altro paese in condizioni analoghe, l'autore di un delitto è conosciuto da un numero di persone ristrettissimo relativamente alla popolazione totale del luogo dove il delitto fu commesso; e la generalità degli abitanti prova un sentimento ostile per il delitto ed il suo autore. Sicchè, per quanto l'indolenza e il timore li renda restii a ricercarlo ed arrestarlo spontaneamente, pure non rifiuteranno nei casi ordinari le informazioni ed anche la loro cooperazione all'autorità pubblica. In Sicilia invece, o almeno in quella parte dove sono comuni i reati, i particolari di ogni delitto, il delinquente, il luogo dove si nasconde, sono noti a quasi tutta la popolazione del vicinato. Ma d'altra parte la popolazione in generale non è disposta ad aiutare l'autorità nè direttamente, nè indirettamente, sicchè rimane libero il campo a coloro che hanno interesse a porla sopra una falsa via. Di più, il numero dei delinquenti per mestiere fra i quali è probabile si trovi l'autore di un delitto, è grandissimo in Sicilia, ristretto nei paesi considerati come in istato normale, sicchè il sorvegliare continuamente i facinorosi noti come tali, può in questi giovare alla scoperta dei colpevoli, in Sicilia molto meno. D'altra parte, lo stato della viabilità dell'Isola pone la forza pubblica in una condizione speciale di fronte ad una specie importantissima di delitti; quelli cioè che si commettono contro i viandanti. Perchè nei paesi dove la rete stradale è completa o quasi, le occasioni di commettere siffatti reati, si presentano ben di rado fuori delle strade ruotabili, e, come il numero di queste è necessariamente limitato, un sistema ben combinato di perlustrazione permette non solo di prevenirli o di scuoprir presto le tracce dei loro autori, ma anche di sorvegliare le campagne vicine alle strade e render più difficili i delitti contro le persone che attendono alla coltura dei loro fondi. In Sicilia invece i sentieri sono molto più numerosi di quello che sarebbero le strade ruotabili di cui tengono il posto, e possono essere fra un luogo ed un altro quattro o cinque, lontani fra loro, ed ugualmente battuti. Il farli perlustrare tutti diventa dunque difficilissimo, senza parlare della maggior difficoltà di sorvegliare un sentiero che una strada maestra. La sorveglianza materiale delle campagne siciliane non sarebbe realmente efficace che quando si potessero disporre per tutta l'Isola a scacchiera ed a portata di voce gli uni dagli altri, dei pelottoni di truppa ognuno abbastanza numeroso per poter reggere almeno per un momento all'assalto improvviso di una banda di malfattori.

Da tutto ciò risulta che le difficoltà e gli ostacoli per la prevenzione dei delitti, e per la scoperta dei loro autori, sono in Sicilia d'indole diversa che nei paesi considerati come in istato normale; ed in conseguenza, che i modi usati per superarli, sperimentati buoni altrove, possono rimanere in Sicilia inefficaci. Inoltre, possono verificarsi molto più gravi in Sicilia quei loro difetti che altrove sono apparsi leggeri.

Ed invero, se da un lato, la sorveglianza materiale delle campagne ha un'importanza molto più secondaria in Sicilia che altrove, e quella dei facinorosi abituali vi è molto più difficile e meno efficace, dall'altro lato, per ciò che riguarda la scoperta dell'autore di un delitto, la difficoltà in altri paesi sta nel trovare chi conosca fatti che possano giovare alle ricerche; in Sicilia invece la difficoltà sta nel trovare chi parli. Il generale silenzio giunge al punto, che difficilmente e tardi pervenga all'autorità la notizia del semplice fatto di un delitto commesso, mentre altrove il clamore pubblico ne sparge rapidamente la fama. Di modo che, se rimane pure ufficio importantissimo dei rappresentanti l'autorità il ricercare, dopo ricevuta la notizia di un delitto, le tracce del colpevole, è però molto più essenziale che essi siano in contatto talmente intimo e continuo con ogni classe della popolazione, da poter sempre, anche quando non sia in corso alcuna inquisizione, anche quando le ricerche non siano dirette a nessun fine speciale, approfittare di tutte le occasioni di ricevere rivelazioni, di scuoprire indizi di qualunque genere. Quando un segreto è conosciuto da una intera popolazione, basta usare una certa vigilanza per esser certi di sorprendere in un luogo od in un altro qualche gesto, qualche parola sfuggita che dia mezzo di scoprirlo. Inoltre, l'amore del lucro, o della vendetta od altri infiniti interessi possono non di rado esser tanto forti, da vincere nell'animo di qualche abitante quel sentimento di ripugnanza per far rivelazioni all'autorità, sentimento che come risulta dall'analisi da noi fatta delle condizioni della pubblica sicurezza(110), è molto meno assoluto che non si creda generalmente, e dipende, più che da ogni altra cagione, dalla riconosciuta impotenza dell'autorità di fronte ai malfattori e dalla potenza di questi, e sparirebbe insieme con questa potenza. Diremo più: l'essere poche le denunzie non dimostra che non sia in molti il desiderio di farne. Anzi, per parte nostra siamo convinti che questo desiderio esiste in molti, e produrrebbe effetti senza il timore delle vendette e della riprovazione di quella specie di opinione pubblica che già analizzammo. Spetta all'autorità l'agire con prudenza e discretezza tali, che il sentimento del timore di una vendetta immediata non faccia tacere chi sarebbe disposto a denunziare. Però le denuncie continueranno ad essere rare come adesso, se l'autorità continua ad aspettarle invece di andarle a cercare. Se non che un contatto intimo e continuo de' funzionarii governativi colla popolazione, è reso difficilissimo dalla ripugnanza di questa ad entrare in relazioni d'indole amichevole con essi, specialmente se non sono Siciliani, e se sono impiegati di polizia. Ripugnanza che ha la sua origine nel medesimo fatto che impedisce le denuncie, cioè nella prevalenza morale dei malfattori. Questo sentimento è molto meno universale che non si creda generalmente, ma ha ormai preso la forma di tradizione, s'impone a coloro che spontaneamente non lo proverebbero, ed allontana spesso dai rappresentanti del Governo quelle persone stesse che sarebbero disposte a far rivelazioni, e non le possono fare perchè manca loro l'occasione di comunicare coll'autorità senza eccitare sospetti. Inoltre, il trar profitto da siffatte rivelazioni è reso molto arduo dalla facilità che hanno i delinquenti di conoscere dove siano dirette le ricerche dell'autorità e di sottrarre a queste le tracce del delitto e di sè stessi appena possano lontanamente sospettarle; facilità dovuta alla complicità stessa dell'intera popolazione. Ciò rende necessaria all'autorità la massima segretezza, rapidità ed energia nell'agire in seguito alle informazioni. Il che implica unità nella direzione e nell'azione.

Il primo provvedimento che una siffatta condizione di cose suggerisce alla mente, è di affidare così la direzione come l'esecuzione in tutto ciò che riguarda la polizia a persone dei luoghi, come più atte di ogni altra a conoscere gl'individui e le località ed a trovar modo di mantenersi in relazioni intime e continue colla popolazione. Ma quelle medesime ragioni che in ogni paese rendono pericoloso l'uso degli elementi locali nella polizia, valgono anche per la Sicilia. Anzi in Sicilia questi pericoli sono molto maggiori che altrove per cagione di quello stato delle cose e degli animi, il quale fa sì che la complicità coi delinquenti, o positiva o negativa, o ultronea o forzata, sia generale. Il partecipare dei funzionari siciliani alla generale condizione morale, e i loro precedenti legami di parentela, amicizia, interesse od altro col rimanente della popolazione possono produrre e producono in moltissimi casi, mali di più d'una specie. La pressione morale dell'ambiente può esser tale da impedirgli di agire energicamente contro i malfattori temuti e in conseguenza simpatici alla popolazione. È probabilissimo il caso che abbiano legami personali coi malfattori, la cosa non deve sorprendere, trattandosi di un paese dove tutti ne hanno: ed allora non solo non li perseguiteranno, ma facilmente daranno loro aiuto. Le loro relazioni colle persone influenti del luogo possono far sì che non solo non ricerchino i delitti fatti nell'interesse di quelli, ma ancora impieghino i poteri che dà loro la Legge a servizio delle loro prepotenze, in modo che in taluni casi gli assassinii o i sequestri di persona per parte dei malfattori, a vantaggio di qualche alto mafioso, si rimpiazzino vantaggiosamente cogli arresti arbitrari per parte degli agenti dell'autorità. Meno sarà stretta la loro disciplina, la loro sorveglianza per parte di autorità che non siano del paese, e più saranno facili ad accadere siffatti inconvenienti. Finalmente, quand'anche si riescisse ad evitarli tutti, rimarrebbe sempre quella mancanza del sentimento della legge e delle garanzie legali, uguali per tutti, che già dicemmo essere a nostro avviso comune alla grandissima maggioranza dei Siciliani. E certamente, un ufficio nell'amministrazione della pubblica sicurezza non è molto atto a far nascere siffatto sentimento negli animi dove non esiste. Quando la polizia in Sicilia fosse in mano di funzionari siciliani, fossero pure onesti, animati del massimo zelo per il bene pubblico, gli arbitrii non troverebbero limite. Non abbiamo bisogno di tornare a dimostrare come siano infiniti e maggiori che in qualunque altro paese i danni che un sistema seguitato di arbitrii cagiona in Sicilia. Lasciamo pure da parte il rischio quasi inevitabile, che nelle attuali condizioni dell'Isola, mancando le garanzie fornite dalle forme legali, la forza pubblica diventi istrumento esclusivo di un interesse locale; pur troppo anche le forme legali, già lo dicemmo, spesso non bastano a schivarlo; questo danno per quanto grande, sarebbe secondario di fronte a quest'altro: che usando un tal sistema, quand'anche si riescisse ad impadronirsi di qualche malfattore, ci si allontana sempre più dallo scopo finale, da quello cioè di ristabilire la pubblica sicurezza durevolmente. E ciò, perchè si mantengono gli animi dell'universale in quelle condizioni stesse che adesso fanno continuamente ripullulare e prosperare i malfattori. Difatti, in un paese dove il criterio del diritto è la forza, e dove a questa si vuol sostituire quegli altri criteri del diritto sui quali si reggono le Società moderne, il modo più diretto e più pronto di riescirvi, è di dare a quelli, che sono diritti, secondo i criterii che si vogliono far prevalere negli animi, la sanzione costante della forza. Potendo disporre di questa, la quistione sta nel constatare quali siano i diritti, a chi spettino, e chi li offenda. Nessun uomo possedendo l'onniscienza, l'infallibilità e l'impeccabilità, non si può affidare all'arbitrio di un uomo lo scoprire questi diritti e il sancirli. L'unico modo che si sia fino adesso scoperto per trovarli colla minor possibile probabilità di errori, è l'osservanza di talune forme, le quali, in conseguenza, sono state sancite per mezzo di leggi. Devono dunque avere la sanzione costante della forza materiale i diritti e le rispettive infrazioni constatati per mezzo di codeste forme legali, se si vuole che negli animi dei Siciliani prevalga a poco a poco il sentimento del diritto come è inteso nelle Società moderne. Se si trattasse di ottenere un risultato passeggero, di sopprimere, per esempio, un certo numero di persone componenti attualmente la classe dei malfattori, sarebbe ammissibile il ricercare se non potrebbe convenire l'uso dell'arbitrio; tratteremo in altro luogo questa quistione. Però, trattandosi non solamente di sopprimere gli attuali malfattori, ma di procurare uno stato di cose tale da impedire che i nuovi, i quali venissero su, trovino le circostanze che hanno favorito quelli di adesso, l'usare l'arbitrio come sistema di governo e di repressione è inefficace e dannoso. Tale sistema può, è vero, secondo il modo in cui si adopera, talvolta impedire talune fra le manifestazioni del male, come accadde quando il Maniscalco dirigeva la polizia; talvolta invece esacerbarlo nelle sue radici e in tutti i suoi fenomeni, come accadde sotto la prefettura militare; potrebbe forse in circostanze eccezionalmente favorevoli sopprimere per un istante tutte le manifestazioni del male, ma il male stesso rimarrebbe quello di prima, quando pure non peggiorasse. Nell'animo delle popolazioni rimarrebbe il sentimento che il diritto è costituito dalla forza materiale senz'altro criterio che la volontà, l'interesse o il capriccio del più forte, sia questo un privato o un rappresentante del Governo. Non crediamo occorra tornare a dimostrarlo dopo tutto ciò che abbiamo detto fino adesso intorno alla sicurezza pubblica in Sicilia.

Dunque, gli elementi locali potranno bensì con profitto essere usati per ottenere informazioni, indizi diretti o indiretti, ma sono fra i meno adattati ad essere adoperati in ogni altro ufficio superiore od inferiore, attinente alla ricerca e all'arresto dei malfattori, a meno che siano sottoposti ad una rigidissima sorveglianza e disciplina che permetta di trar partito dei loro vantaggi, e di rendere inefficaci i loro difetti. Oppure, a meno che siano di quei pochi intelligentissimi, onesti ed energici che, avendo avuto occasione di conoscere le cose del Continente, hanno da quella loro esperienza tratto profitto tale, da sottrarsi del tutto all'influenza delle persone e dei sentimenti dell'Isola. Questi sono istrumenti preziosissimi, superiori a qualunque altro. Siffatti uomini esistono, ma sono ben pochi.

Converrebbe adunque che la gran maggioranza, se non la totalità delle persone impiegate alla ricerca e all'arresto dei delinquenti fossero estranee all'Isola, e converrebbe trovare all'infuori dell'impiego di funzionari isolani qualche altro mezzo per ottenere il contatto continuo dei rappresentanti dell'autorità colle popolazioni, o per lo meno, scuoprire un altro mezzo che conduca al fine che si vuol raggiungere con questo contatto, quello cioè di essere in grado di sorprendere in ogni classe della popolazione i discorsi od altri indizi atti a far rintracciare i delitti e i delinquenti. Per ciò che riguarda il contatto coi cittadini, se la diffidenza per l'autorità impedisce che nasca spontaneamente una gran cordialità di relazioni abituali fra essa e loro, pure non è per l'origine sua tale da impedire ad un funzionario che abbia abilità e tatto, di acquistar la fiducia di molte persone, specialmente della classe agiata, in modo che s'apra dinnanzi a lui un campo di osservazione piuttosto esteso, ed inoltre sia possibile a coloro che gli volessero far denuncie di parlargli senza eccitar la diffidenza altrui, e risvegliare l'attenzione degl'interessati. Inoltre un lungo soggiorno di impiegato nel medesimo luogo, lo porterebbe ad una cognizione così intima delle persone e delle località, da poter trar profitto degl'indizi in apparenza più insignificanti. Ma tutto ciò si riferisce alla scelta del personale ed alle condizioni che gli si dovrebbero fare, e perciò ci contentiamo d'accennarlo, dovendo trattare altrove la questione del personale. Rimane da trovare il modo di tenere informato un funzionario di polizia dei discorsi e degli atti della generalità della popolazione, quando egli non abbia con essa molti contatti. Ma questi, per quanto siano pochi, pure vi sono, e se non si può ottenere che un impiegato solo abbia molte relazioni coi cittadini, la somma totale delle relazioni che possono avere con essi parecchi impiegati e delle informazioni o indizi che ne possono trarre, è considerevole. E quel funzionario il quale riunisse in sè il risultato delle osservazioni di parecchi impiegati di polizia, fosse pure ciascuno di questi nelle condizioni più sfavorevoli per riescire nelle sue ricerche, si troverebbe in possesso di un numero considerevole di fatti e d'indizii più vari, venuti da tutte le parti, e sarebbe per la scoperta dei delinquenti in condizioni di poco inferiori a quelle di quel funzionario, che fosse colla popolazione nelle relazioni più intime e cordiali. I danni della mancanza di queste relazioni sarebbero dunque compensati quando nell'amministrazione della polizia in ogni luogo vi fosse tanta unità d'azione, che tutte le informazioni raccolte da impiegati d'ogni specie, grado od ordine, fossero prontamente riportate ad un solo e medesimo funzionario.

Condotto a questo punto, ci sembra che il problema della ricerca, della scoperta e dell'arresto dei delinquenti in Sicilia si riduca ai termini seguenti:

Trovare un ordinamento ed un personale di polizia tale: che impiegandosi il minimo numero possibile di elementi locali, e questi strettamente disciplinati, gl'impiegati di polizia di ogni ordine siano pure in grado di approfittare in ogni momento delle possibili occasioni di ricevere rivelazioni e scuoprire indizi di delitti dagli abitanti di ogni rango e qualità, e perciò siano in contatto continuo colla popolazione di ogni ceto, oppure suppliscano alla scarsezza di questi contatti con una unità di direzione tale che le informazioni raccolte da tutti gl'impiegati vengano a riunirsi nella medesima persona; che possano questi impiegati di polizia, dietro siffatte rivelazioni e indizi, agire colla massima segretezza, rapidità ed energia possibile, compatibilmente colle forme legali necessarie per evitare le ingiustizie e per distruggere nelle popolazioni il sentimento che il diritto consiste nella forza e non nella Legge. Dunque, sotto ogni aspetto, la questione della scoperta e dell'arresto dei delinquenti in Sicilia, si risolve in quella dell'unità di direzione e dell'abilità, moralità e sicurezza del personale, ed in quella della stabilità degl'impiegati nel medesimo luogo.

Vediamo adesso fino a qual punto queste condizioni siano state ottenute in Sicilia.


§69. - Dualità nell'attuale ordinamento di polizia in Italia.

Nel Regno d'Italia, gli ordinamenti intesi alla ricerca, scoperta ed arresto dei delinquenti, brevemente riassunti, sono i seguenti. La competenza della polizia è divisa in due parti: 1a La polizia generalmente chiamata amministrativa, destinata specialmente a prevenire i delitti, oltrechè a vegliare all'applicazione delle leggi e al mantenimento dell'ordine pubblico(111). 2a La polizia giudiziaria che ha per oggetto di ricercare i reati di ogni genere, di raccoglierne le prove e fornire all'autorità giudiziaria tutte le indicazioni che possono condurre allo scoprimento degli autori, degli agenti principali e dei complici(112). Queste due specie di polizia, le quali del resto hanno un vasto campo comune, sono rispettivamente sottoposte alla direzione di due autorità indipendenti l'una dall'altra. La polizia amministrativa è diretta dal ministro dell'interno, e per esso dai prefetti e sottoprefetti(113), cioè dall'autorità politica. La polizia giudiziaria viene esercitata sotto la direzione e dipendenza del Procuratore generale presso la Corte d'Appello e del Procuratore del Re presso il tribunale correzionale nel quale esercitano le loro funzioni(114), cioè dell'autorità giudiziaria.

Però queste due autorità indipendenti hanno in comune una gran parte del personale. Difatti sono ad un tempo ufficiali di polizia giudiziaria e ufficiali od agenti di polizia amministrativa: I questori, ispettori, delegati ed applicati di pubblica sicurezza, il sindaco o chi ne fa le veci nei Comuni dove non sia un ufficiale di pubblica sicurezza, le guardie di pubblica sicurezza, le guardie forestali, municipali o campestri(115) e l'arma dei reali carabinieri. Tutti gli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza sono pure ufficiali di polizia giudiziaria, e i soli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza, sono i giudici istruttori ed i pretori(116).

Riguardo a questi ultimi, per quanto sia importante e necessario all'andamento della procedura penale la loro qualità di ufficiali di polizia giudiziaria(117), e la loro conseguente dipendenza gerarchica dalle procure regie, è molto più importante ancora, nella parte che prendono alla scoperta e all'arresto dei delinquenti, il loro carattere di magistrati. Difatti, come tali hanno, il giudice istruttore sempre, il pretore in taluni casi, la facoltà di spedire mandati di cattura, comparizione e perquisizione(118). E nella pratica attuale, per la maggior parte dei casi fanno piuttosto da magistrati che da ufficiali di polizia, come lo vedremo fra poco. L'esercito fornisce il sussidio della sua forza materiale agli ufficiali ed agenti di polizia così amministrativa come giudiziaria(119).

Parleremo dopo dell'ammonizione, atto ibrido, che partecipa ai caratteri di provvedimento di polizia amministrativa e di provvedimento giuridico, e del suo accessorio, l'invio a domicilio coatto, provvedimento di polizia amministrativa pura e semplice. Per adesso ci limiteremo all'argomento della scoperta ed arresto dei delinquenti allo scopo di sottoporli a giudizio penale. Questo ufficio è comune alla polizia giudiziaria e all'amministrativa ed è dalla legge dichiarato scopo, della prima esplicitamente(120), e della seconda implicitamente(121), e nel fatto non potrebbe esser diviso per la sua natura stessa fra le due polizie. Abbiamo dunque un medesimo personale, incaricato di un medesimo ufficio, sotto la direzione di due autorità diverse, indipendenti l'una dall'altra. E ciascuna delle due autorità è incapace di raggiungere da per sè sola il suo fine, cioè l'arresto dei delinquenti. Difatti, il diritto di spedire mandati di cattura, comparizione e perquisizione sta nell'autorità giudiziaria ad esclusione della politica(122). D'altra parte i giudici istruttori e i pretori, ancora che ufficiali di polizia giudiziaria sono, nelle condizioni di fatto attuali, impediti dall'indole e dal numero delle loro occupazioni di provvedere nel maggior numero dei casi alla direzione della polizia vera e propria, alla direzione cioè del lavoro continuato e non interrotto di sorveglianza delle popolazioni e della ricerca di tracce e d'indizi di delitti conosciuti e non conosciuti. Essi potranno scuoprire un delinquente nel corso di un'istruzione in seguito ad interrogatorii di testimoni o d'imputati, e talvolta anche per caso in seguito alla loro cognizione personale delle circostanze locali, ma non possono partecipare in modo regolare all'opera del personale di polizia vera e propria. La quale in conseguenza rimane nel fatto sotto la direzione dell'autorità politica. Di modo che il personale di polizia sotto l'autorità politica locale che lo dirige è quello che nel fatto per la massima parte dei casi ricerca i delitti e i delinquenti. Eppure non ha da sè solo potere non solo per arrestarli, ma neanche per ricercarli ovunque liberamente, giacchè fuori dei casi di flagrante reato(123) deve ottenere dall'autorità giudiziaria i mandati di cattura e di perquisizione. Questa divisione di autorità è necessaria. I suoi inconvenienti sono minori di quelli che porterebbe l'assoluto arbitrio dato per gli arresti e le perquisizioni al personale di polizia, e, nelle circostanze ordinarie, probabilmente anche di quelli che porterebbe l'assegnare ad una o più funzioni giudiziarie, il lavoro di polizia vero e proprio. Non è qui luogo di ricercare se, col rendere più intime e continue le relazioni fra le autorità giudiziarie e il personale di polizia per mezzo di leggi, regolamenti e scelta di personale adattato, gli inconvenienti della divisione dei poteri si potrebbero diminuire nelle circostanze ordinarie. Tali non sono quelle dell'Isola che stiamo ora studiando. Ci conviene dunque esaminare adesso gli effetti ottenuti in Sicilia dall'ora esposto ordinamento di polizia, e dal modo in cui vi è stato applicato. Prima di tutto, al personale di polizia già descritto bisogna aggiungere per la Sicilia il corpo, speciale all'Isola, dei militi a cavallo.


§ 70. - I Militi a cavallo.

Questo, dopo varie vicende sotto il Governo borbonico e sotto l'italiano, è adesso sottoposto al regolamento del 25 gennaio 1871. A tenore di questo, i militi a cavallo sono agenti di pubblica sicurezza nelle campagne (art. 20). Non hanno però qualità di ufficiali di polizia giudiziaria a norma dell'art. 57, Codice di Procedura Penale. Dipendono dal Ministero dell'Interno e ricevono immediatamente gli ordini dai prefetti, sottoprefetti e questori (art. 37). Possono essere requisiti colle debite forme dalle autorità che hanno diritto di chiedere l'aiuto della forza armata. Ogni circondario ha una sezione di militi a cavallo. Quello di Palermo però ne ha due, una orientale, l'altra occidentale (art. 2). Ogni sezione si può dire autonoma sotto il proprio comandante (articoli 3 e 25) salva la dipendenza dalle autorità politiche e dal questore, giacchè l'ispettore preposto a tutte le sezioni di militi di ciascuna provincia ha funzioni più che altro amministrative (articoli 30 e 23). Le sezioni nei circondari infestati dai malfattori sono di circa trenta uomini. I militi a cavallo di ogni grado sono pecuniariamente e solidamente responsabili entro i limiti del rispettivo circondario, delle grassazioni, rapine, furti, (compresi gli abigeati) e dei guasti sulle vie pubbliche e nelle campagne per motivi di sequestro di persone avvenute in campagna (art. 27). Così almeno in teoria. Le somme destinate a cuoprire questa responsabilità sono costituite da cauzioni versate dai comandanti per 5000 lire ciascuno (art. 14) e dalle ritenzioni sulle paghe di tutti i componenti il corpo (art. 32). Il comandante dovrebbe versare per intero la cauzione entro due mesi dalla sua nomina e dovrebbe reintegrarla entro un mese dopo che fosse stata in tutta od in parte alienata, sotto pena della dimissione (art. 15).

Qualunque sia l'ammontare dei danni avvenuti durante un anno in una sezione, e garantiti in teoria, dalla responsabilità dei militi, la somma totale colla quale vengono risarciti non eccede l'ammontare delle ritenute operate durante l'anno sugli stipendi dei componenti la sezione, più l'ammontare della cauzione del comandante, cioè 5000 lire, più quella parte della ritenuta sullo stipendio dell'ispettore che spetta alla sezione. Se siffatta somma è inferiore al valore dei danni da risarcire, ne viene fatta la repartizione per contributo in via amministrativa fra gli aventi diritto senza che questi possano elevare pretese a maggiori compensi (articoli 31 e 32). Da ciò appare quanto sia illusorio il far conto esclusivamente sulla responsabilità pecuniaria per assicurare il fedele adempimento degli uffici dei militi. Se non sono d'altronde trattenuti da un ritegno morale, hanno interesse materiale a favorire qualunque delitto che possa procurar loro un guadagno maggiore dell'ammontare delle ritenute sugli stipendi di un anno e delle cauzioni. Del resto, il risarcimento dovendosi ottenere per via dei tribunali (articoli 28 e 29) è lungo e difficile a conseguirsi. Ed inoltre accade non di rado che il comandante stato scelto non sia in grado di versare la cauzione(124).

I militi devono portar divisa. Questo articolo è da qualche tempo osservato, almeno nelle sue parti essenziali. Lo era meno l'articolo corrispondente (articolo 12) del regolamento 30 settembre 1863. I militi a cavallo non sono considerati come militari, non vi è obbligo di saluto fra essi e i militari dell'esercito (art. 42). Non sono accasermati e vivono alle proprie case, sicchè manca affatto nel corpo la disciplina militare e la sorveglianza dei superiori sugli inferiori, anche fuori del tempo in cui sono isolati in perlustrazione(125).

Attualmente, nei 13 circondari più infestati dai malfattori i militi sono mobilizzati con un soprassoldo di lire 2.95 (se non erriamo), per giorno(126), ed armati di carabine Remington, armi molto superiori a quelle dei reali carabinieri. È rimasto lettera morta nel regolamento in discorso il n° 5 dell'art. 8 sui requisiti per l'ammissione nel corpo dei militi. Fino adesso, l'essere di onesta condotta non è stato stimato, nella pratica, requisito necessario per essere arruolati, anzi, buon numero degli attuali militi sono antichi malfattori, e arruolati perchè tali; e naturalmente non hanno rotto ogni relazione cogli antichi colleghi. Ne risulta che quelli fra loro che vorrebbero fare il loro dovere ne sono impediti dagli altri, materialmente e anche moralmente perchè questi fanno prevalere nel corpo lo spirito dell'omertà. Adesso, nel più dei casi, è innegabile che i militi a cavallo sono più utili ai malfattori che all'autorità che li paga e li arma. Naturalmente non mancano le eccezioni. Parecchie brillantissime operazioni sono state eseguite dai militi, ma sono eccezioni.

È egli possibile rendere utile questo corpo locale e trar profitto della sua conoscenza dei luoghi e delle persone depurandone il personale e sottoponendolo a stretta disciplina coll'accasermarlo? Niuno può rispondere con certezza, giacchè l'esperienza non è mai stata fatta. Però le possibilità di riescita sono sufficenti perchè torni il conto a tentarla. Potremmo citare una sezione di militi che, sciolta e ricomposta con persone non legate coi malfattori, tratte per lo più dalla classe media inferiore, contribuì potentemente a migliorare la pubblica sicurezza del circondario. È vero che nello sciogliere l'antica sezione convenne sottoporre all'ammonizione una parte dei suoi componenti, e che la nuova, fra le sue prime operazioni, eseguì l'arresto di una porzione degli altri per grassazioni ed altri delitti commessi dopo il loro licenziamento. L'accasermamento e la stretta disciplina sarebbero necessarie per inculcare nei militi uno spirito di corpo che li garantisse dalle seduzioni di ogni genere alle quali sono esposti da tutte le parti(127). La responsabilità pecuniaria dovrebbe naturalmente essere del tutto soppressa, giacchè, fare del mantenimento dell'ordine pubblico l'oggetto di una impresa d'indole quasi privata con scopo pecuniario, è adoperare un mezzo in contraddizione col fine(128). Si esita attualmente ad operare una depurazione in massa del corpo dei militi per timore di rendere al malandrinaggio il numeroso personale che ora vive dello stipendio in questo corpo. Ma se da un lato ciò dovesse produrre un peggioramento momentaneo nella pubblica sicurezza, dall'altro si acquisterebbe un mezzo di distruggere i malfattori nuovi e antichi, mentre adesso il corpo dei militi non solo non contribuisce a distruggerli, ma anche ne favorisce l'esistenza. Nelle attuali condizioni della Sicilia, l'impiegato di pubblica sicurezza che non lavora efficacemente per l'ordine è quasi inevitabilmente l'alleato dei malfattori e li favorisce, volontariamente o no. È quasi impossibile ch'egli si limiti ad essere semplicemente inutile. Tutto ciò che abbiamo detto fino adesso intorno all'Isola, ci sembra lo dimostri sufficentemente.


§ 71. - I sindaci ufficiali di Polizia. Le guardie campestri. Per questa medesima cagione, il dare in Sicilia ai sindaci la qualità di ufficiali, e alle guardie campestri ed altri dipendenti dai sindaci quella di agenti di pubblica sicurezza ci sembra di sommo danno. Ciò che già dicemmo sulle relazioni sociali nei Comuni dell'interno, ciò che avremo occasione di dire intorno alle amministrazioni comunali, ci dispensa adesso dal dilungarci molto sopra questo argomento. Diremo solamente che il sindaco, nei Comuni divisi in fazioni, è capo, o istrumento del capo di uno dei partiti; nei Comuni sottoposti alla tirannia di uno o di alcuni tutti fra loro d'accordo, è il tiranno del luogo, oppure lo rappresenta. Da questi fatti il lettore trarrà da sè le conseguenze riguardo alla pubblica sicurezza, dopo ciò che già dicemmo altrove. Nei Comuni fuori dell'una e dell'altra delle dette categorie, il sindaco è per lo meno vittima dei malfattori. Accade spesso che i sindaci di taluni Comuni chiamati dall'autorità pubblica non osino presentarsi per timore di essere da quelli sospettati di aver fatte denunzie. Come faranno siffatte persone a rifiutare informazioni ai malfattori stessi se richiesti? Eppure, in virtù dell'art. 5 capov. 3 della legge di pubblica sicurezza del 1865, gli agenti di pubblica sicurezza hanno obbligo, nei luoghi dove manchino altre autorità di polizia, di informare i sindaci di tutti gli avvenimenti interessanti la polizia, ed i carabinieri specialmente avrebbero obbligo siffatto in forza di una decisione del Ministero dell'interno del 3 marzo 1866.

Delle guardie campestri già avemmo occasione di parlare. Nella parte dell'Isola infestata da malfattori, è ben raro che non siano malfattori anch'essi(129). In generale, si può dire che le guardie campestri rispondono in tutto alle condizioni del Comune cui servono. In parecchi Comuni il brigadiere delle guardie è il più tristo uomo dei contorni, ma è devoto al sindaco, alla famiglia di lui, e naturalmente nessuno in Giunta o in Consiglio oserebbe proporne il licenziamento. Quando l'autorità governativa tentasse di provvedere d'ufficio o d'imporre al Comune il licenziamento degli elementi impuri, i mali del Comune si aggraverebbero rapidamente, le distruzioni di colture, le grassazioni, gli omicidii andrebbero spesseggiando sempre più, e i proprietari, volenti o nolenti, verrebbero a protestare che si andava meglio quando si chiudeva un occhio. Da questo è facile vedere che il personale delle guardie campestri non può non esser sempre pessimo qualunque sia l'autorità incaricata della scelta loro, sia pure la governativa. Imperocchè il Governo deve pure per la scelta degl'individui ricorrere per informazioni alle persone del luogo, ed allora corre grave pericolo di essere "ingannato tristamente con false assicurazioni di moralità e rettitudine a riguardo di persone che agognano non pure a sottrarsi al rigore delle leggi, ma a divenir niente manco che depositari di parte del pubblico potere(130)". In conseguenza, il dare alle guardie campestri autorità di agenti di pubblica sicurezza non può, in regola generale, giovare ad altri che ai malfattori, qualunque sia il sistema di scelta e di nomina. Ben lungi dal dar loro siffatta qualità, converrebbe farli strettamente sorvegliare dalla polizia, laddove si lasciassero sussistere come semplici guardie municipali.

Rimane la quistione se si debbano lasciar sussistere anche in questa qualità. Nello stato attuale della pubblica sicurezza in parte della Sicilia, l'istituzione di un corpo di guardie campestri nominate e dirette dall'autorità comunale, non può, nella migliore ipotesi, essere altro che un modo di pensionare le persone più pericolose per la proprietà campestre, di pagare loro una tassa in cambio della quale si astengano almeno fino a un certo punto, da recar danni se non a tutte, ad una parte delle proprietà. In conseguenza, quando cessasse il sistema di transazioni col quale è stata fino adesso dal Governo amministrata la polizia in Sicilia, e quando si trovasse un modo efficace per impadronirsi dei malfattori, finchè questo mezzo non fosse giunto al suo risultato finale, a quello cioè di toglier via quasi la totalità di quelli esistenti, la soppressione pura e semplice delle guardie campestri, porterebbe vantaggi incomparabilmente maggiori dei danni. A meno che non si giudicasse praticamente opportuno il lasciarle sussistere, come si lasciano aperte certe bettole, ritrovi di malfattori, per dar maggior facilità all'autorità di polizia di conoscere dove deve cercare i facinorosi e le persone pericolose; imperocchè la qualità di guardia campestre sarebbe un indizio che la persona rivestitane dev'esser tenuta d'occhio. Ma se questo vantaggio si verificasse nella pratica insufficente a compensare il danno della facoltà che hanno le guardie campestri municipali di girare ufficialmente la campagna in bande armate, non esiteremmo a proporne la soppressione pura e semplice. Tutt'al più rimarrebbe da studiarsi la opportunità di un corpo di polizia governativa, incaricato specialmente della sorveglianza contro i furti campestri, scelto dal Governo, comune a tutta l'Isola e diviso poi fra i municipi, militarmente disciplinato, composto di elementi anche estranei alla Sicilia, o per lo meno presi indistintamente in tutta l'Isola, e non nel Comune dove devono prestar servizio, e senza dipendenza gerarchica dalle autorità comunali. Queste dovrebbero intervenire nell'azione di questo corpo esclusivamente col fornire informazioni. Noi proponiamo che sia studiato, non ammesso questo provvedimento, il quale ad ogni modo ci sembra d'importanza molto secondaria, come è secondaria di fronte alle attuali condizioni della pubblica sicurezza, la quistione dei furti campestri semplici, non commessi da malfattori di mestiere.

Il fin qui detto intorno alle guardie campestri municipali si applica a più forte ragione alle private. Già dicemmo fra qual razza d'individui siano generalmente scelti alcuni fra i campieri di ciascun feudo. Non esitiamo dunque a proporre che almeno nelle parti di Sicilia infestate dai malfattori, sia per regola generale ed assoluta rifiutato loro il porto d'armi, molto più la qualità di agente di pubblica sicurezza. Il danno immediato che ne riceverebbero taluni privati sarebbe incomparabilmente minore del vantaggio del pubblico, e, a lungo andare, di quei privati stessi. Insomma, proponiamo la soppressione di qualunque forza speciale, comunale o privata diretta contro i ladri campestri semplici e non altrimenti pericolosi. Riguardo alla repressione dei malfattori che esercitano l'abigeato, o pei quali il furto campestre semplice è una industria accessoria, queste forze non sono altro che dannose, e provvederebbe l'ordinamento generale della polizia(131).

Naturalmente, qualunque riforma e provvedimento intorno ai militi a cavallo, alle guardie campestri municipali e private, è subordinato ad una ricostituzione del rimanente dell'amministrazione della pubblica sicurezza, che la renda realmente efficace, e che metta l'autorità in grado di abbandonare quel sistema di transazioni di cui sono precisamente le manifestazioni più evidenti la qualità del personale dei militi a cavallo e le guardie campestri, a una riforma, insomma, che permetta al Governo di sopprimere la classe dei malfattori, invece di stare eternamente cercando un modus vivendi con lei. Altrimenti questi provvedimenti farebbero molto male, o niun bene.

Adesso, eliminate le precedenti quistioni, esamineremo precisamente come l'ordinamento di pubblica sicurezza del rimanente del Regno, riesca inefficace in Sicilia.


§ 73. - Il personale addetto alla polizia in Sicilia. Fino al 1874 è invalso il sistema di mandare in Sicilia il peggior personale amministrativo del Regno, specialmente per la polizia(132). Non è difficile imaginare quale riescita dovessero fare cotali impiegati in un paese, nel quale sarebbero state necessarie in loro qualità eccezionali, e dove viveva da tempo immemorabile la tradizione di fare la polizia per mezzo dei malfattori. Gl'impiegati di pubblica sicurezza si appoggiarono in regola generale sugli elementi locali, e specialmente sui malfattori, sulla mafia(133). L'applicazione di questo sistema ha il suo tipo più perfetto dopo il 1860 nell'amministrazione del questore Albanese sotto la prefettura Medici. Abbiamo già cercato di descriverne gli effetti generali e non ci torneremo sopra. L'influenza di siffatto sistema, specialmente sul personale di pubblica sicurezza, anche se questo fosse stato perfetto, non poteva non essere pericolosissima. Fu micidiale sopra un personale già troppo disposto alla debolezza e anche talvolta alla corruzione. La facilità di sgravarsi da cure, pericoli o responsabilità, fece ricercare l'aiuto dei malfattori anche dove sarebbe stato facilissimo farne a meno. Le relazioni continue coi malfattori diedero agio a questi non solo di essere adoperati, ma anche di adoperare gl'impiegati di pubblica sicurezza. La sorveglianza dei superiori sopra siffatte relazioni anche quando si fosse voluta esercitare, era impossibile. Con modi di procedere e con tradizioni ben diverse, il corpo dei carabinieri rimaneva isolato dal personale direttamente sottoposto alle questure. La infusione di una dose troppo forte di elemento siciliano gli nocque(134), già esponemmo in tesi generale il perchè(135), non gli tolse però quello spirito di corpo che lo poneva quasi in antagonismo col personale dipendente dalle questure. Del resto, anche all'infuori di questa circostanza, è opinione espressa da molte persone competenti, che i regolamenti dei carabinieri ne impacciano l'azione in modo da renderla quasi infruttuosa in Sicilia(136). Non ci avventureremo a portare un giudizio in una questione esclusivamente tecnica come questa, e dove validi argomenti possono probabilmente essere addotti pro e contro siffatti regolamenti; ci contentiamo di constatare il fatto. I pretori, perno e fondamento dell'ordinamento di polizia, mal scelti e mal pagati, sottostavano a tutte le intimidazioni e le corruzioni delle influenze locali. In siffatte condizioni, la quistione dell'ordinamento e degl'inconvenienti della divisione di autorità, spariva di fronte a quella del personale. L'amministrazione della pubblica sicurezza, qualunque fossero le leggi che la regolavano, non poteva non esser pessima. Nel 1874 principiò il miglioramento del personale delle questure e delle autorità politiche dirigenti. Ed allora hanno cominciato a farsi manifesti e stringenti i danni della divisione delle autorità. Non essendo stato migliorato nel medesimo tempo il personale dei pretori, l'iniziativa e l'attività nella persecuzione dei delitti viene ad essere quasi tutta negli agenti del potere esecutivo, e accade non di rado che questi debbano esercitare pressioni sull'autorità giudiziaria, perchè proceda efficacemente contro i delinquenti, con non piccolo danno pubblico presente e futuro. Perchè le popolazioni mancanti del sentimento della Legge, si avvezzano ad associare nelle loro menti l'idea della Legge con quella, non del potere giudiziario, ma dell'esecutivo. Ed acquista fondatamente autorità morale un sistema di pressioni pieno di pericoli, facile ad essere in seguito adoperato per fini dannosi all'interesse pubblico ed anche privato. Insomma il potere esecutivo assume una specie di autorità gerarchica sul giudiziario, in qualità di rappresentante del diritto, e lo fa non per prepotenza, ma costrettovi. Il mezzo col quale si fa prevalere il diritto è in contraddizione col fine. È facile imaginare quanto riesca difficile in siffatte circostanze agli impiegati di pubblica sicurezza di conciliare l'adempimento del loro ufficio coll'osservanza delle forme legali, secondo le quali il diritto di arrestare senza mandato dell'autorità giudiziaria è concesso loro nel solo caso di flagrante reato. Questa difficoltà sarebbe stata grandissima ovunque, ma è maggiore che altrove in Sicilia, dove le condizioni di fatto sono tali, che un agente dell'autorità non può cogliere un delitto in flagranza se non lo vede compiere coi propri occhi. Difatti, all'infuori di questo, tutti gli altri casi nei quali l'articolo 47(137) del Codice di Procedura Penale considera un reato come flagrante, si presentano ben di rado in Sicilia. Nel caso di reato poco prima commesso, le tracce del colpevole spariscono così presto in mezzo alla connivenza generale, che può commettersi un omicidio con arma a fuoco in una strada piena di gente senza che gli agenti di polizia possano trovare un minuto dopo sul luogo, altra traccia del delitto che il cadavere della vittima; il clamore pubblico non insegue quasi mai il colpevole, molto meno lo insegue la parte offesa, giacchè l'omicidio si commette sempre per agguato, e la vittima, quando non è freddata sul colpo e si può muovere, pensa piuttosto a sottrarsi a nuovi colpi. Inoltre è ben difficile che il colpevole si lasci sorprendere in tempo vicino o no al reato, con oggetti valevoli a farnelo presumere autore o complice, giacchè ha troppa facilità di nasconderli o depositarli ovunque voglia. Nè è meno difficile a cogliere in flagranza il reato speciale di banda armata costituita(138). Bastano ben pochi minuti perchè una banda di briganti nasconda le armi e si faccia vedere in mezzo a pacifici contadini, magari a lavorare la terra con loro. E così accade ogni qualvolta la forza armata abbia lasciato sospettare il suo avvicinarsi.


§ 73. - Necessità di una stretta unità d'azione fra la magistratura inquirente e il personale di polizia. Da ciò appare inoltre che, ancora quando fosse il personale dei pretori pari alle circostanze, ciò gioverebbe poco, se non fossero cogl'impiegati di pubblica sicurezza d'ogni genere in relazioni strette e continue, tali insomma che la spedizione dei mandati di cattura, comparizione o perquisizione potesse seguire immediatamente la scoperta, per parte di questi, dei più lievi indizi. Altrimenti la facilità con la quale sono dispersi gl'indizi materiali, e combinate le deposizioni da farsi all'autorità, rende ogni opera infruttuosa. Avvegnachè, se è possibile anche cogli ordinamenti attuali, di ottenere effetti potentissimi in qualche singolo caso concentrando sopra un dato punto tutti gli sforzi del meccanismo di polizia e giudiziario quale è adesso(139), questi sono per la stessa loro indole eccezionali, perchè si fa servire ad uno scopo parziale, una forza che deve esser sufficiente ad ottenere risultati generali. Di fronte alla mancanza di unione fra l'azione dell'autorità giudiziaria locale e di quella di polizia, i provvedimenti meglio imaginati recano pochi frutti, è secondario l'inconveniente pure gravissimo della poca unità d'azione fra le varie categorie del personale di pubblica sicurezza, ed il rimediare a questo solamente serve a poco. Difatti, furono limitatissimi i risultati del provvedimento col quale si è cercato di dare unità in tutta l'Isola alla direzione della forza militare contro il malandrinaggio, e di porre in relazioni strette e continue le autorità dirigenti la polizia fra di loro e colla forza militare. Colle istruzioni per il servizio di repressione del malandrinaggio in Sicilia emanate dai Ministri dell'interno e della guerra in data del 1° settembre 1874(140) il territorio della Sicilia è diviso a seconda della divisione amministrativa in province e circondari, in zone e sottozone militari, ognuna con un comandante, e tutte sotto la direzione suprema del Comando generale di Palermo, il quale è arbitro della distribuzione delle forze fra le varie zone. In ciascun capoluogo di provincia e di circondario, cioè per ogni zona e sotto-zona, è istituita una Commissione di pubblica sicurezza, composta del prefetto o sotto-prefetto presidente, del comandante della zona o sotto-zona, del comandante i reali carabinieri nella provincia o circondario, e di un segretario, uffiziale di pubblica sicurezza scelto dal prefetto o sotto-prefetto. Queste Commissioni si possono considerare costituite in permanenza, giacchè si devono riunire ogni giorno ed anche più volte al giorno quando ne riconoscano la necessità (paragrafi 1, 2, 3, 5, 6). Senza entrare a studiare questo provvedimento nei suoi particolari, ci limiteremo alle seguenti osservazioni: Esso ha per unità territoriale il circondario, e si fonda sopra un ordinamento militare di fronte al quale quello della polizia è secondario e ausiliare (vedi specialmente i paragrafi 3, 4, 8, 14, 21)(141). L'estensione relativamente grande del circondario è cagione che quei vantaggi che si possono aspettare dall'unione fra le autorità di pubblica sicurezza (e in questo caso il Comandante militare della zona o sotto-zona si può considerare come una di esse) sono scemati dalla inevitabile lentezza colla quale le informazioni possono giungere a queste autorità da punti lontani dal capoluogo, e gli ordini tornare ai medesimi. Non intendiamo da ciò conchiudere che si dovesse stabilire una sotto-zona per ogni mandamento, la cosa è praticamente impossibile, e del resto nei paesi non capoluoghi occupati da truppa, l'ufficiale che la comanda può sempre intendersi coll'ufficiale di pubblica sicurezza se vi è. Ci limitiamo a costatare il fatto. D'altra parte ci sembra difficile l'ottenere che con l'ordinamento in discorso (vedi i già citati paragrafi 3, 4, 8, 14, 21) la base del servizio non sia militare, quantunque nella nota del Ministero dell'Interno 9 settembre 1874(142), sia detto "che la direzione del servizio, alla cui buona riescita è indispensabile il concorso dell'elemento militare, ma che riposa anzi tutto su di un largo ed intelligente impiego di mezzi di polizia, rimane sempre affidato ai signori prefetti e sotto-prefetti, i quali.... ecc.". E quantunque nell'applicazione dell'ordinamento in discorso le istruzioni ministeriali fossero "eseguite ed attuate con perfetta armonia di vedute cementate da ottimi rapporti personali delle autorità civili e militari(143)," risulta necessariamente dalla preponderanza dell'elemento militare nel servizio, che questo viene naturalmente ordinato di comune accordo anche colle autorità civili, piuttosto nell'interesse delle operazioni militari contro le bande di malandrini, che nell'interesse delle ricerche di polizia per scuoprire tracce di manutengoli e di colpevoli non palesi. Per poter sorprendere una banda di malandrini in armi, l'opera della polizia è certamente importantissima, ma secondaria e subordinata. Che le cose siano andate generalmente in questo modo lo provano i risultati. Si sono eseguite e si eseguiscono tuttora brillanti operazioni militari contro le bande di malfattori; l'attiva sorveglianza delle pattuglie in perlustrazione impedisce di quando in quando qualche reato, ma il nuovo ordinamento ha giovato ben poco contro la mafia(144). Ad ogni modo, quand'anche nel provvedimento ora descritto si fosse data la preponderanza alla polizia, e si fosse resa più rapida la trasmissione delle informazioni e degli ordini, la guerra campale contro il malandrinaggio sarebbe stata più efficace, ma nulla di più sarebbe stato ottenuto, finchè nelle Commissioni dirigenti le operazioni non fosse stato introdotto l'elemento giudiziario. Se non si vogliono sospendere le garanzie sancite dallo Statuto intorno alla libertà individuale e all'inviolabilità del domicilio, la ricerca dei delinquenti in Sicilia non può essere efficace se non quando sia fondata, in ogni unità territoriale non troppo estesa, sull'azione delle autorità locali, giudiziaria e di polizia talmente unite fra di loro da esser quasi confuse. Ciò naturalmente senza pregiudizio dei provvedimenti atti a facilitare la combinazione fra le varie unità territoriali, dell'azione delle forze dirigenti ed esecutive che sono in ciascuna. Non neghiamo la difficoltà di congegnare un siffatto ordinamento il quale deve unire requisiti fino ad un certo punto contraddittorii. E prima di tutto, in qual modo dovrà disporsi in ogni unità territoriale il servizio di polizia, affinchè l'autorità giudiziaria e quella di polizia vi confondano la loro azione? L'unità territoriale più adattata per il servizio della polizia giudiziaria ci sembra il mandamento, la cui superficie è generalmente abbastanza ristretta per permettere grandissima rapidità nella trasmissione delle informazioni e nell'esecuzione degli ordini(145). Inoltre il mandamento è dalle leggi vigenti provvisto dell'organo secondo noi essenziale per il servizio della polizia giudiziaria in Sicilia, cioè il pretore.


§ 74. - L'ordinamento della polizia giudiziaria in Sicilia dovrebbe fondarsi sul pretore. Sopra questo funzionario, a noi sembra, dovrebbe fondarsi in Sicilia tutto l'ordinamento della polizia giudiziaria senza pregiudizio naturalmente di una rigorosa unità nella direzione suprema. Nè per ciò occorrerebbe mutare molto la legislazione esistente. Il pretore è ufficiale di polizia giudiziaria, e ha diritto di richiedere l'aiuto della forza armata(146). Come magistrato può ricevere querele o denuncie, assumere informazioni, ed in caso d'urgenza, fare tutti gli atti necessari d'istruzione penale anche fuori della sua giurisdizione(147). Come magistrato, ha diritto che gli ufficiali di polizia giudiziaria gli forniscano tutte le indicazioni riguardanti i delitti commessi(148). Finalmente il pretore, anche quando la cognizione del reato non sia di sua competenza, deve, nei luoghi dove non risiede il giudice istruttore, procedere senza indugio a tutti gli atti d'istruzione occorrenti all'accertamento del reato e dell'autore di esso(149). Ma (e qui occorrerebbe una mutazione della legge) la legge non dà al pretore poteri sufficenti per compiere efficacemente questa istruzione preliminare, giacchè, se egli ha facoltà di citare testimoni(150) non ha quella di spiccare mandato di cattura e neanche di comparizione contro l'imputato, meno il caso di pericolo imminente di fuga(151). Di più, anche se con mezzi così insufficenti riesce a mandare avanti l'istruzione, se non giunge a compierla in 15 giorni, deve interromperla per mandare gli atti al procuratore del re(152), il quale li trasmette al giudice istruttore del tribunale correzionale. E tutte queste limitazioni del potere del pretore nell'istruire, si risolvono finalmente in perdita di tempo pura e semplice giacchè nella maggior parte dei casi, il giudice istruttore, valendosi dell'art. 81, capov. 2, del Codice di Proc. Pen. delega al pretore stesso l'incarico di istruire completamente il processo insieme con tutti i suoi poteri(153). Se dunque, secondo la proposta del commendatore Calenda (vedi la nota) si attribuissero al pretore senza bisogno di delegazione tutti i poteri dell'istruttore, compreso quello di spedire mandato di cattura, il pretore avrebbe per legge, senza che nulla fosse mutato nel fatto all'andamento della procedura penale, tutte le facoltà per dirigere la polizia nelle ricerche di ogni specie di delinquenti, di farli arrestare, e di radunare gli elementi necessari per inviarli al giudizio. Ma all'atto pratico, sarebbe egli possibile ai pretori di provvedere non solo all'istruzione dei processi, ma anche alla direzione delle indagini di polizia? Le difficoltà sono molte. Prima di tutto, le infinite occupazioni di questi magistrati riguardo alla giurisdizione civile, alla volontaria e ai delitti minori o contravvenzioni di loro giurisdizione vera e propria. Nel 1873 nel Circondario della Corte d'Appello di Palermo, le contestazioni civili portate davanti i pretori furono 13,374(154); i provvedimenti di giurisdizione volontaria da loro emessi furono 4872(155), i delitti minori e le contravvenzioni di loro competenza propria furono 12,837(156), al che conviene aggiungere le 14,190 istruzioni per crimini o delitti compiute nell'anno medesimo(157), le quali, se venissero adottate le nostre proposte, incomberebbero per la massima parte ai pretori. Quando tornasse realmente il conto a fare del pretore il fondamento della polizia indagatrice, questa difficoltà si potrebbe a parer nostro togliere, dividendo dalla competenza penale la civile, ed affidando questa in ciascun mandamento, sia ad un vice-pretore, sia ad un altro pretore. Ma tolta questa, le difficoltà si affollano, e si complicano da tutte le parti.


§ 75. - Come convenga porre in Sicilia il personale di polizia sotto una stretta dipendenza dell'autorità giudiziaria. Se la direzione locale della polizia indagatrice deve stare nel pretore, quali dovranno essere le relazioni con lui dell'autorità locale di pubblica sicurezza? come si potranno conciliare queste relazioni coll'unità nella direzione suprema della polizia in tutta l'Isola o in buona parte di essa? Perchè il problema sia solubile, occorre, prima di tutto, che venga posto un funzionario di pubblica sicurezza in ogni mandamento. Questo provvedimento è del resto richiesto da tutti i prefetti delle province mal sicure di Sicilia nelle loro già citate relazioni. Per il rimanente, noi sappiamo che le proposte che siamo per fare parrebbero, nelle circostanze ordinarie, per lo meno discutibili, ma, fuori del caso che si voglia sospendere lo Statuto, ci sembra talmente indispensabile per la scoperta e l'arresto dei delinquenti, l'unione fra le autorità locali giudiziarie e di polizia, stretta al punto di farne una potestà sola, che se la pratica dimostra che sia necessario per raggiungere siffatto scopo, il porre l'autorità di pubblica sicurezza del mandamento sotto la dipendenza gerarchica vera e propria del pretore, non esitiamo a proporre di farlo. Per conciliare la sottoposizione all'autorità giudiziaria dell'impiegato di pubblica sicurezza nel mandamento, colla sua dipendenza dalle autorità superiori di questura, converrebbe che in tutti i gradi della gerarchia fossero simili le relazioni fra i funzionari di pubblica sicurezza e l'autorità giudiziaria rappresentata dai Procuratori del Re presso i tribunali correzionali, e, sopra tutti dal Procuratore Generale alla Corte di Appello presso il quale risiederebbe la questura. Per ottenere l'unità nella direzione suprema, converrebbe mutare in Sicilia la circoscrizione delle Corti di Appello. E quando si chiarisse impossibile nella pratica il metterne una sola per tutta l'Isola e stabilire in tal modo un ordinamento che provvedesse al possibile estendersi delle cattive condizioni della pubblica sicurezza alle parti attualmente tranquille, almeno togliere dalla dipendenza di quella di Palermo, la tranquilla provincia di Siracusa, e rimpiazzarla coi circondari delle province di Messina e Catania presentemente infestati dai malfattori. Con un siffatto ordinamento, le istruzioni penali per le quali tutti gli elementi sussistessero nel territorio di un mandamento o nelle sue immediate vicinanze, verrebbero compiute dal pretore. Quando questi elementi fossero sparsi sopra un più vasto territorio, si farebbero dai giudici istruttori sotto la direzione rispettivamente dei procuratori del Re circondariali o della procura Generale secondo i casi. Per le istruzioni penali che venissero sotto la direzione di quest'ultima, rimarrebbe la quistione esclusivamente pratica, se gl'istruttori dovessero esser presi dal Tribunale Correzionale della residenza della Corte d'Appello, oppure dalla sezione d'accusa della Corte stessa, e diventerebbero forse necessarie alcune modificazioni al Libro II, Titolo 3, Capo 1 del Codice di Procedura Penale. Quando nel corso dell'istruzione venissero fuori elementi sparsi sopra un più vasto territorio, il processo si potrebbe trasmettere dall'autorità inferiore alla superiore perchè continuasse l'istruzione in quanto a lei spetterebbe. Converrebbe inoltre ordinare le relazioni fra i pretori in modo da rendere rapide e continue le comunicazioni fra di loro, e da rendere facile a ciascuno di essi di iniziare istruzioni anche per delitti commessi in mandamenti limitrofi, quando in questo modo si potesse ottenere rapidità maggiore. Quest'ultima sarebbe piuttosto opera di regolamento che di legge, poichè questa ha già provveduto al caso(158). Per i delitti commessi nelle grandi città comprendenti parecchie preture come Palermo, Catania e Messina, l'ordinamento di polizia si fonderebbe sull'unione del questore e del Procuratore del Re. Naturalmente il provvedimento che stiamo proponendo, e che viene a mettere l'amministrazione della polizia nell'arbitrio dell'autorità giudiziaria, dovrebbe esser subordinato ad una depurazione radicale di quest'ultima in tutti i suoi gradi, depurazione che le nostre leggi attuali rendono difficilissima, fuorchè per i pretori che sono amovibili in virtù dell'art. 69 dello Statuto. Ma tolte pure quelle difficoltà, ne rimarrebbero due capitali. Da un lato, è egli possibile togliere all'autorità politica la direzione della pubblica sicurezza? Dall'altro, la qualità di capo di polizia, è essa compatibile in pratica con quella di magistrato? Evidentemente, coll'ordinamento che proponiamo, l'autorità politica potrebbe bensì richiedere l'opera del personale di pubblica sicurezza, ma il suo servizio sarebbe subordinato a quello dell'autorità giudiziaria, e di più il sottoporre alla suprema autorità giudiziaria di Palermo circondarii dipendenti dall'autorità politica di Catania e Messina complicherebbe ancora più le relazioni, a meno che si modificasse la circoscrizione amministrativa dell'Isola insieme colla giudiziaria. Ma quando il personale giudiziario fosse scelto in modo da poter dirigere efficacemente la polizia indagatrice, l'opera dell'autorità politica nella pubblica sicurezza, si ridurrebbe a ben poco, e sarebbe ausiliare. Per ciò che riguarda gli uffici di bassa polizia e gli annessi provvedimenti amministrativi, i funzionari di pubblica sicurezza potrebbero rimanere sottoposti alle autorità politiche. Per ciò che riguarda i pericoli per la sicurezza dello Stato, congiure politiche ec., pericoli che del resto si presentano ben di rado in Sicilia, basterebbe a parer nostro la continuità delle relazioni fra potere giudiziario e politico. Del resto i fatti di Palermo nel 1866 hanno dimostrato come la dipendenza diretta delle questure dalle autorità politiche sia molto meno efficace di quel che si crede generalmente a scoprir le congiure o a prevenire le rivolte di qualunque genere. Basterebbe dunque che i regolamenti determinassero le relazioni riguardo alla polizia fra le autorità giudiziarie e politiche in modo da renderle intime e continue, e prevedessero il maggior numero possibile di casi di conflitto, a fine di eliminarli e così rendere queste relazioni anche cordiali. D'altronde, già lo vedemmo, la dualità delle autorità soprintendenti alla polizia è inevitabile; e ci sembra che in Sicilia i danni che ne derivano sarebbero minori, quando i poteri di queste due autorità fossero distribuiti come lo proponiamo, invece di esserlo come adesso nel modo inverso. Riguardo ai pericoli morali che correrebbe la magistratura coll'esser posta alla testa della polizia, ci sembra che non siano molto grandi, quando si tratti della polizia strettamente giudiziaria e della sorveglianza preventiva che essa implica, a condizione naturalmente che il Governo non tentasse mai d'impiegare la polizia per fini politici ed elettorali. Osserveremo peraltro che l'ufficio che noi proponiamo di dare ai magistrati è di semplice sorveglianza, e non implica arbitrii, mentre la legislazione in vigore affida ai pretori l'arbitrio importantissimo dell'inflizione dell'ammonizione. Del resto, per questo, come per tutto il rimanente, molti inconvenienti quando si presentassero, dipenderebbero non dalle istituzioni, ma dal personale. E dal personale giudiziario di ogni grado l'elemento siciliano dovrebbe essere escluso. D'altra parte, la direzione della polizia locale affidata a un magistrato, sarebbe cagione che avesse minore occasione di manifestarsi quell'ombroso spirito di corpo dei Carabinieri, il quale, per quanto possa talvolta nuocere all'unità di azione, pure ha grandi vantaggi. Affinchè l'unità nella direzione della polizia mandamentale raggiungesse nella pratica tutta la sua efficacia, sarebbe indispensabile che un medesimo locale racchiudesse la pretura, l'ufficio di pubblica sicurezza e la caserma della forza armata di pubblica sicurezza, guardie, carabinieri od altri. Questa condizione per quanto possa sembrare a prima vista accessoria, è d'importanza capitale per ottenere rapida trasmissione delle informazioni e degli ordini, contatto continuo, segretezza e rapidità nel preparare le operazioni. Per ciò che riguarda la parte esecutiva del servizio di polizia, la forza armata di pubblica sicurezza destinata al servizio in campagna dovrebbe esser tutta a cavallo. Il radunare informazioni e il seguir tracce di qualunque genere in un paese dove i luoghi abitati sono lontani gli uni dagli altri è assolutamente impossibile senza una grande rapidità di movimenti(159). Naturalmente, qualunque sia l'ordinamento della polizia, non è meno necessaria in Sicilia, almeno per adesso, una numerosa forza militare distribuita in modo da esser pronta a qualunque richiesta delle autorità di pubblica sicurezza. Nè è meno indispensabile l'unità di comando di questa truppa in tutta la Sicilia, per poter provvedere rapidamente alla distribuzione della forza nei vari luoghi e nelle varie parti dell'Isola a seconda dei bisogni. Per questa medesima ragione è utilissimo l'ordinamento in zone e sotto-zone, purchè però non abbia una rigidità tale da impedire le autorità locali di polizia di valersi dei soldati senza ricorrere prima al capo-luogo della sotto-zona.


§ 76. - Come debba mantenersi più rigorosamente il segreto delle denunzie ricevute dall'autorità, e quello delle istruzioni penali. Ma quando pure i provvedimenti ora proposti ottenessero il loro intento, rimarrebbe da assicurare la segretezza delle denunzie e delle istruzioni penali indispensabile in Sicilia più che altrove. Finchè il segreto non sarà assicurato ai denunciatori, questi saranno rarissimi(160); e si ode spesso lamentare in Sicilia che denuncie pericolose per i loro autori siano venute a cognizione degli interessati. La segretezza delle istruzioni penali non esiste che di nome. È frequentissimo il caso che taluno riceva avviso del suo imminente arresto a tempo per poter fuggire. Per rimediare a ciò, è necessaria una prudenza molto maggiore dell'attuale nelle autorità quando ricevano denuncie. Tutte le lettere ed altri documenti concernenti rivelazioni non dovrebbero esser conosciuti che dai funzionari per i quali sono assolutamente indispensabili. È necessario che questi funzionari non siano esposti a subire pressioni di specie alcuna che li inducano a palesarle, e perciò il minor numero possibile di loro deve esser siciliano. Conviene che siano soppresse talune formalità, anche se perciò si debba rinunziare alle garanzie contro abusi di altra specie. Si è dato il caso che fosse da alcuni interessati risaputa una denuncia, perchè al suo autore fu fatta firmare la ricevuta della taglia pagatagli in ricompensa dall'autorità. Esso venne ucciso tre giorni dopo. Ma il mezzo principale col quale vengono palesati i segreti degli uffici di polizia e di istruzione è il basso personale di siffatti uffici, quasi tutto composto di Siciliani: uscieri, scrivani ec. Anche se questi impiegati non hanno per conto loro relazioni colla mafia esiste nelle città principali una classe di avvocatucoli, il cui mestiere consiste nell'accattare siffatti segreti. Il solo rimedio sarebbe non lasciare un solo basso impiegato siciliano negli uffizi di pubblica sicurezza ed in quelli dei tribunali, e disporre il servizio in modo da poter fare a meno degli scrivani temporanei. Naturalmente il bisogno comune a tutta Italia di una riforma nella procedura delle istruzioni penali la quale le renda più rapide, è, più che in ogni altra parte, stringente m Sicilia. Lasciamo agli specialisti il trattare siffatto argomento(161). Nè ci dilungheremo qui su tutte le riforme particolari colle quali si toglierebbe facilità a commettere taluni delitti o si renderebbe più facile lo scuoprire i colpevoli.


§ 77. - La giustizia. - Il giurì. Ma quando pure si fossero arrestati tutti i delinquenti dell'Isola rimarrebbe il farli giudicare e condannare in giudizio pubblico e col giurì. Crescono le difficoltà per far parlare i testimoni, nasce quella di far parlare i giudici. Principieremo col trattare di questi. Nelle condizioni attuali della Sicilia non esitiamo ad affermare che il giurì, comunque composto, non può che impedire l'azione della giustizia(162). Non staremo a citare assoluzioni scandalose, numerosissime specialmente in Sicilia; non staremo ad analizzare le statistiche ed a cercarvi per quali specie di reati sia stata pronunziata l'assoluzione e per quali la condanna. Se le relazioni sociali nell'Isola sono realmente quali le abbiamo descritte in questo lavoro, e pochi, crediamo, lo negheranno, è lecito conchiudere senza esitazione che un colpevole, per poco che abbia aderenze, protezioni od influenze di qualunque specie, è certo di essere assoluto. Dove non valgono la corruzione o le intimidazioni, valgono le relazioni d'amicizia, di clientela, di riconoscenza. In ogni caso vale l'opera di quegli avvocati che hanno per industria speciale la fabbricazione dei giurì. Essi s'informano dei particolari più intimi riguardanti ognuno dei giurati, e così scuoprono i modi più opportuni d'influenzarli o corromperli. Una statistica che non segnasse nemmeno una assoluzione, non proverebbe nulla, se non che i colpevoli influenti non sono stati mai sottoposti al giudizio dei giurati, sia perchè la procura del Re, certa di non ottenere testimonianze, ha dovuto perfino rinunziare ad iniziare l'istruzione(163), sia perchè nel corso della medesima "le prove più palmari si dileguano e sfumano, a così dire, fra le mani dei magistrati, dimodochè le più di tali procedure cominciate sotto ottimi auspici, si chiudono con un non farsi luogo a procedere per mancanza di prove(164)." La soppressione del giurì in Sicilia recherebbe per tutti i versi infiniti benefizi(165). Nulla impedirebbe di mantenerlo per quelle cause nelle quali il giudicabile potrebbe giustificatamente temere pressioni governative sui magistrati, per i delitti politici, cioè, e per quelli di stampa.


§ 78. - Reticenza dei testimoni al dibattimento pubblico. Ma quand'anche fosse tolto di mezzo il giurì, rimarrebbe la difficoltà di far parlare i testimoni al giudizio pubblico. Questo è il punto del problema di soluzione più difficile ed incerta. Riguardo a questo, rimangono da sperimentare due mezzi con qualche probabilità di buona riuscita: 1° quando si fosse ottenuta una polizia indagatrice realmente efficace, profonda conoscitrice dei luoghi e delle persone e rapida nella sua azione, si potrebbe per tutti i delitti aventi connessione fra di loro per motivo del fine, degli autori, dei complici o d'altro, scuoprire ed arrestare tutte le persone che avessero con questi delitti attinenza lontana o vicina, arrestarle ed istruire contro di loro, in modo che al momento in cui il processo trasmesso alla sezione di accusa della Corte d'appello, ha un principio di pubblicità perchè comunicato agli avvocati della parte civile (quando vi sia) e dell'imputato(166), rimanessero pochi o punti fuori di carcere per intimidire i testimoni. Veramente, i legami fra i delinquenti sono talmente estesi nelle province malsicure di Sicilia, che, per ottenere siffatto risultato, converrebbe fare un gran colpo, preparato di lunga mano, e per mezzo del quale venisse arrestata la maggior parte dei delinquenti pericolosi dell'Isola. La riescita di una siffatta operazione sarebbe del resto il fine pratico al quale tenderebbero tutte le riforme che stiamo proponendo, e dipenderebbe in gran parte dal mantenimento durante l'istruzione, di quel rigoroso segreto di cui parlavamo or ora.


§ 79. - Arbitrio del giudice istruttore per l'arresto e la libertà provvisoria. - Legge del 30 giugno 1876. Ad ogni modo, per ottenere questo effetto sarebbe necessaria una larga facoltà nel magistrato istruttore di rilasciare mandati di cattura, di confermare gli arresti fatti in flagranza di reato e di rifiutare la libertà provvisoria(167) anche per i delitti o per i crimini che per una ragione od un'altra siano di competenza del Tribunale correzionale. Lo studio di quistioni così difficili e complicate non è compatibile coll'indole generale del presente lavoro. Ma riguardo ai limiti posti all'arbitrio del giudice nel concedere o no la libertà provvisoria, limiti resi più stretti ancora dalle modificazioni portate al Codice di Procedura Penale colla legge del 30 giugno 1876, ci permetteremo solamente di sottoporre un dubbio al lettore. Ha l'esperienza dimostrato che il numero e la complicazione dei controlli, e le limitazioni imposte dalla legge all'arbitrio del magistrato, bastino a compensare i danni prodotti dall'essere il personale giudiziario in parte impari all'ufficio suo, e il servizio della polizia giudiziaria inefficace al punto di prendere per colpevoli gl'innocenti in un grandissimo numero di casi? E più specialmente per ciò che riguarda lo stato di fatto che ha provocato la legge 30 giugno 1876, può una legge generale prevedere e distribuire in categorie l'infinita varietà di circostanze che presentano i processi per delitti non leggerissimi, e stabilire anticipatamente quando il giudice abbia facoltà d'assicurarsi della persona dell'imputato e quando no? Nessuno al mondo potrà certamente criticare la legge in discorso in quelle parti dove all'obbligo sostituisce la facoltà di rilasciare il mandato di cattura (come per esempio nella modificazione portata all'art. 183 del Cod. di Proc. Pen.). Ma dove l'arbitrio del giudice viene ristretto, è forse lecito di temere che sia stato chiesto alla legge di fare ciò di cui sono capaci solamente le persone incaricate d'applicarla. Era senza dubbio indispensabile ed urgente il provvedere agl'inconvenienti che provocarono questa legge, ma il modo efficace di provvedervi ci sembra sia di modificare non la legge, ma il personale giudiziario, il personale e l'ordinamento di polizia. In ogni istituzione politica vi ha un punto dopo il quale la sua riescita non può dipendere altro che dalle qualità delle persone cui n'è affidata l'applicazione, e dove ogni nuovo provvedimento legislativo diventa non solo inutile, ma dannoso. Perchè, volendo sottoporre ad una regola generale e prestabilita fatti infinitamente vari, si corre grave rischio, per schivare un male, di cadere nel male opposto; e soprattutto perchè chi governa, credendo di aver provveduto sufficentemente, si mette l'animo in pace, e lascia sussistere e crescere la cagione vera del male ritenendola per un inconveniente secondario. E a chi dicesse che il fondare un'istituzione sulle qualità di una categoria di funzionari è darle una base incerta e precaria, non potremmo rispondere altro se non che l'aver base incerta e precaria, è natura di tutte le cose umane e delle istituzioni politiche più di qualunque altra, e che le garanzie dei sistemi costituzionali hanno per iscopo di restringere questa incertezza e precarietà, non di toglierle.


§ 80. - Invio delle cause criminali alle corti di Assise del Continente. 2° Quando, per causa delle leggi vigenti o delle difficoltà pratiche riescisse impossibile il compiere una vasta operazione di polizia giudiziaria che conducesse in potere della giustizia gli autori e i complici della maggior parte dei delitti commessi durante gli ultimi tempi nelle parti di Sicilia infestate dalla mafia, rimarrebbe, per indurre i testimoni a parlare, il mezzo già impiegato nel processo pel furto del Monte di pietà in Palermo. Il mezzo cioè di avocare le cause gravi a Corti d'assise dell'Italia alta o media, togliendo via con una legge il dubbio espresso da alcuni, se sia lecito il sottoporre un processo criminale a giudizio fuori della circoscrizione della Corte di Cassazione dove il delitto fu commesso(168). Non neghiamo che il provvedimento sia costoso, ma probabilmente pagherebbe le spese. Ai due provvedimenti adesso proposti per ottenere deposizioni dai testimoni, e soprattutto al primo si potrebbe giustamente obbiettare che, quando pure siano praticabili, essi esigono per tutti i versi un tale sforzo, da non potere essere che temporaneo. Difatti all'operazione di polizia giudiziaria da noi accennata occorrerebbe un numero straordinario di funzionari giudiziari e di polizia, tutti d'intelligenza, d'energia e di onestà eccezionale; ed anche da questi richiederebbe una spesa di forze morali, intellettuali e fisiche la quale non potrebbe durar molto. A questo rispondiamo che basterebbe la riescita di due o tre grandi cause, perchè da un lato fosse tolta di mezzo buona parte dei malfattori e mafiosi, e dall'altro fosse rotto l'incanto del terrore che tien chiusa la bocca a tutti coloro ai quali il predominio dei malfattori reca maggiori danni che vantaggi immediati. Sarebbe in gran parte sciolto il problema della pubblica sicurezza in Sicilia il giorno che fosse entrato negli animi della popolazione la convinzione che la legge e l'autorità pubblica possiede forza materiale maggiore di quella dei malfattori. Allora quello stesso modo di sentire che adesso è a danno dell'autorità, si volterebbe a suo vantaggio. Sparirebbero o scemerebbero molto quelle forze, cagioni di disordine, che sfuggono all'azione diretta di ogni legge. Così perderebbe ogni importanza l'intimidazione. La quale spesso non può cadere sotto alcuna definizione giuridica, ma, coll'arresto dei facinorosi di mestiere, sparirebbe da sè, giacchè, specialmente in Sicilia, non basta di volere intimidire per riescirvi, bisogna esser riconosciuto capace di commettere un delitto violento, od essere pubblicamente in relazione con chi è capace di commetterne. Di più, cresciuta l'efficacia del servizio di polizia, ed il rischio per i delinquenti di essere arrestati e condannati, scemata la garanzia dell'omertà, la repressione sarebbe anche una forza preventiva, e diminuirebbero i delitti per vendette di cose futili in quegli uomini che se non sono già facinorosi per mestiere, non hanno, per parte loro, niuna difficoltà a diventarlo. Ottenuti siffatti risultati, il mantenimento dell'ordine in Sicilia, pur richiedendo maggior sforzo che nel rimanente d'Italia, sarebbe però incomparabilmente più facile che adesso.


§ 81. - Carceri. Ma arrestati e condannati i malfattori, non sarebbe ancora del tutto rotta la loro unione nè fiaccata la loro potenza, finchè rimanessero nelle carceri dell'Isola. In Sicilia le comunicazioni fra i carcerati e l'esterno sono continue e facili, e la mafia s'impone al paese anche dalla prigione. Sarebbe dunque essenziale che tutti i condannati al carcere per un tempo non molto breve, fossero colla maggior prontezza, dopo la loro condanna, trasportati nell'alta e media Italia, e che in conseguenza l'amministrazione centrale delle carceri si tenesse sempre al corrente dei processi in corso in Sicilia, onde provvedere locali sufficenti per quanti fossero per esser probabilmente condannati. Le difficoltà per siffatto provvedimento sarebbero solamente pecuniarie e di pratica amministrativa.


§ 82. - Ammonizione e domicilio coatto. Qualunque possa essere la efficacia dei provvedimenti da noi proposti sta il fatto che adesso i delinquenti sottoposti a processo sono pochi, e meno i condannati. Nella pratica si è cercato di supplire a questa impotenza coll'uso dell'ammonizione e del suo accessorio l'invio a domicilio coatto(169). I quali per tal modo sono spesso diretti in Sicilia, ad impadronirsi di quei delinquenti che è stato impossibile condannare per le vie legali, piuttosto che a sorvegliare più efficacemente, ed a porre nell'impotenza di nuocere quelle categorie di persone che per presunzione della legge sono più facili di altre a commettere delitti o contravvenzioni. I primi del resto sono pure fra coloro che la legge sottopone ad ammonizione come diffamati per crimini o per delitti contro le persone e le proprietà(170). Se non che, e la legge e il personale incaricato di applicarla sono poco adattati all'uso che principalmente se ne vuole fare in Sicilia. Lasceremo da parte la definizione dell'ammonizione di valore esclusivamente teorico data dall'art. 47 del Codice Penale(171), per occuparci delle disposizioni della legge di Pubblica Sicurezza del 20 marzo 1865 modificata in alcuni articoli colla legge del 6 luglio 1871(172). Secondo questa legge, l'ammonizione s'infligge per tre cagioni principali. S'infligge cioè: 1° Agli oziosi e vagabondi (art. 70 capov. 1)(173); 2° Ai sospetti per furti di campagna o per pascolo abusivo (art. 97); 3° Ai sospetti come grassatori, ladri, truffatori, borsaiuoli, ricettatori, manutengoli, camorristi, mafiosi, contrabbandieri, accoltellatori, e tutti gli altri diffamati per crimini e delitti contro le persone o la proprietà (art. 105). L'ammonizione è pronunziata dal pretore: contro gli oziosi e vagabondi e i sospetti di furti campestri, sulle denuncie dell'autorità di pubblica sicurezza ch'egli deve verificare, ovvero anche senza denunzia, in seguito della pubblica voce o notorietà (articoli 70, 98); contro i sospetti grassatori ec., e diffamati per crimini o delitti, dietro denuncia dell'autorità di pubblica sicurezza, verificate dal pretore stesso con informazioni assunte (articoli 105 e 106 capov. 1). La contravvenzione all'ammonizione è punita (articoli 71 e 106 capov. 2), colle pene sancite dal Codice Penale per gli oziosi e vagabondi cioè col carcere da tre a sei mesi, più la sorveglianza speciale della polizia. La pena è aggravata in caso di recidiva(174). Inoltre può essere all'ammonito proibito dal prefetto di abitare in dati luoghi, e può il Ministro dell'Interno inviarlo a domicilio coatto per un termine da sei mesi a due anni, dopo una prima condanna per contravvenzione, e dopo una seconda, per un termine da uno a cinque anni(175). L'ammonizione quantunque pronunziata da un magistrato, è stata dalla giurisprudenza considerata come provvedimento amministrativo, e perciò inappellabile in via giudiziaria(176) e non soggetto a ricorso in Cassazione. È incerta la quistione di competenza per la sentenza di contravvenzione all'ammonizione, essendo la giurisprudenza contradittoria(177). Talune decisioni l'attribuiscono al pretore, talune altre al tribunale correzionale. Però la Corte di Cassazione di Palermo l'ha dichiarata di competenza del tribunale correzionale. L'invio a domicilio coatto è provvedimento esclusivamente amministrativo, ma subordinato per legge, alla condanna per contravvenzione all'ammonizione. Riguardo ai fatti che possono giustificare l'ammonizione, la legge lascia pieno arbitrio al pretore col solo obbligo di prendere informazioni(178). Riguardo ai fatti che possono giustificare una sentenza di contravvenzione all'ammonizione, la legge è molto indeterminata in quanto spetta agli ammoniti per oziosità e vagabondaggio e soprattutto agli ammoniti come sospetti di grassazioni, ec. e diffamati per delitti contro la proprietà o le persone. Difatti, in quanto riguarda gli oziosi e vagabondi gli estremi della contravvenzione sono stabiliti, ma molto vagamente dai termini nei quali il pretore deve pronunziare l'ammonizione(179). Per i sospetti di grassazione, ec. o diffamati per delitti, gli estremi della contravvenzione non sono affatto stabiliti. La giurisprudenza non ammette che si facciano a questa categoria di ammoniti nemmeno i precetti medesimi che agli oziosi e vagabondi s'impongono in virtù dell'art. 70, capov. 1, della legge di Pubblica Sicurezza(180). Per modo che, secondo la legislazione attuale, le persone più pericolose sono quelle che, per quanto menino vita irregolare e diano luogo a più fondati sospetti, possono più difficilmente essere convinte di contravvenzione all'ammonizione e condannate in conseguenza; essere cioè incarcerate e sottoposte alla sorveglianza della polizia(181) in virtù dell'alt. 437 del Codice Penale; e inviate a domicilio coatto. Quando poi si pensi che la condanna per contravvenzione è una sentenza pronunciata da un tribunale e in conseguenza subordinata a un certo rigore di prove, non sarà necessario grande sforzo di mente per intendere che la legge, non permettendo che sia data a questa sentenza quando diretta contro i sospetti grassatori ec. e i diffamati per crimini e delitti altra base che una persistenza di sospetti, mette il tribunale incaricato d'infliggerla in una strana posizione: perchè se la pronuncerà, agirà contrariamente alla sua natura di corpo giuridico, se non la pronuncerà, renderà inutili ed illusorie le disposizioni di legge intese a far sorvegliare questa categoria di persone e ad impedirle di commettere reati. Riguardo agli oziosi e vagabondi questi inconvenienti quantunque grandi ancora, sono minori per la maggior precisione della legge. Riguardo alle persone sospette di furti campestri e pascolo abusivo, la difficoltà quasi non esiste per la maggior determinatezza della legge a loro riguardo(182). Ora, conviene considerare che in Sicilia le persone che è essenziale di sorvegliare sono i sospetti e i diffamati per crimini e delitti; preme tener d'occhio gli oziosi e vagabondi solamente in quanto sono pericolosi, e si possono comprendere nella precedente categoria. La prevenzione dei delitti minimi, come quelli che vengono generalmente commessi dagli oziosi e vagabondi inoffensivi, e i furti campestri (che nel più dei casi sono una sola e medesima cosa) è un lusso che si possono dare le società in cui la pubblica sicurezza è in ben altre condizioni, e che possono disporre delle loro forze per fini secondari. Le leggi italiane sull'ammonizione sono dunque siffattamente ordinate, che dànno all'autorità in Sicilia i mezzi più efficaci per prevenire quei disordini che sono tollerabili. Ma gli inconvenienti della legge crescono ancora per il modo della sua applicazione. In Sicilia non si può parlare del caso che le persone da ammonire siano denunziate dalla voce pubblica. Rimane la denuncia delle autorità di pubblica sicurezza fatta in seguito agli indizi che queste, per l'ufficio loro, sono state in grado di raccogliere, seguendo l'individuo passo a passo per delle settimane e dei mesi. Ma queste denunzie non bastano. Il pretore per legge è obbligato a formarsi personalmente una convinzione sull'argomento. Siccome egli non interviene per nulla nel servizio di polizia, egli è costretto a ricercare gli elementi della sua convinzione per altre vie che quelle tenute dagli agenti di pubblica sicurezza, e non ha altro che le testimonianze dei cittadini. Già dicemmo quanto poco numerosi sieno i cittadini capaci di rifiutarsi a firmare un attestato di buona condotta per un malfattore temibile(183). Chi non lo può ottenere, è il delinquente minore. Ben più: taluni dei capi mafiosi, più noti e più ribaldi di Palermo e dintorni, denunciati per l'ammonizione, trovarono non di rado per perorare la loro causa presso le autorità, persone considerevoli non solo per la loro ricchezza e per la loro influenza nell'Isola, ma anche per la loro posizione ufficiale. Di fronte a tali informazioni, le sole sulle quali, nelle condizioni attuali, il pretore possa fondare la sua convinzione legale, sarà ben difficile che esso infligga l'ammonizione al malfattore più palese, se si rammenta di esser magistrato, per quanto sia onesto, coscenzioso, coraggioso fino all'eroismo, insomma inaccessibile alle influenze di ogni genere. Ma questo non è il caso per la maggior parte dei pretori di Sicilia, lo abbiamo già detto nel primo capitolo. Ne risulta che essi da un lato non avendo altri limiti al loro arbitrio nello scegliere le persone da ammonire fuorchè quelli imposti dalla loro coscenza, dall'altro essendo sottoposti a pressioni ed influenze di ogni genere, si sfogano ad ammonire sospetti di furti campestri, oziosi e vagabondi inoffensivi, e di quando in quando qualche malfattore che abbia poche aderenze. Quando poi altre influenze riescano a vincere quelle locali ed il pretore principii a distribuire le ammonizioni senza tanti riguardi, si espone a rimetterci la vita, come l'infelice pretore di Alcamo. Del resto, in questa cattiva scelta delle persone da ammonire hanno una gran parte di colpa anche gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza per la troppa facilità nel far le denunzie. Da questa larga e cattiva distribuzione delle ammonizioni sono risultate grandi sofferenze, ingiustamente sofferte da quella classe infima che in Sicilia non ha voce per farsi sentire ed è vittima di tutti. Ed inoltre il gran numero degli ammoniti, rendendo impossibile il sorvegliarli tutti insieme, ha fatto sì che in molti casi l'ammonizione si limitasse a una sorveglianza intermittente dei condannati che fa soffrire gli ammoniti senza avvantaggiare l'autorità. Del resto, quand'anche le leggi sull'ammonizione, la scelta del personale dei pretori e della pubblica sicurezza, la loro unione e le istruzioni loro impartite fossero tali da impedire per un momento le soverchie ammonizioni, dubitiamo che tali mezzi potessero avere efficacia per lungo tempo. Gli arbitrii di polizia non trovano nelle qualità del personale quelle medesime garanzie che gli arbitrii nei provvedimenti giudiziarii. Il giudice, che di sua autorità ordina un arresto o rifiuta la libertà provvisoria, trova la condanna o l'approvazione del suo provvedimento nel risultato definitivo della procedura. S'egli ha usato il suo arbitrio in modo eccessivo, la sua coscenza, quando l'abbia retta e sensibile, riceve un avvertimento che lo riconduce entro i giusti limiti. Nulla di simile nei provvedimenti di polizia. In questi, nessuna forza morale si oppone a quella tendenza che ha ogni uomo di attenersi ai mezzi più facili per raggiungere il suo intento. Entro un tempo più o meno lungo i pretori più rigidi si troverebbero, senza avvedersene, trascinati dalle forze ineluttabili della natura umana a sbrigarsela con una ammonizione, deve sarebbe stata possibilissima una procedura regolare per delitto poco grave. Il già detto riguardo alla ammonizione, si deve a più forte ragione dire per il domicilio coatto, quantunque colpisca un numero di persone molto minore. Coll'attuale legge può accadere, ed accade talvolta che porti due anni di domicilio coatto il sospetto di azioni le quali, se fossero giudizialmente provate, procurerebbero al loro autore poche settimane di carcere. Di fatti gli ammoniti per vagabondaggio o per sospetto di furti campestri, in seguito a sentenza di contravvenzione, possono essere e sono talvolta inviati a domicilio coatto per due anni con infinito danno di loro e delle famiglie non solo, ma anche dell'intera società. Giacchè l'uomo più inoffensivo alla partenza, torna quasi inevitabilmente mafioso e malfattore dal domicilio coatto nelle isole. Nulla potrebbe esser più demoralizzante del genere di vita che vi menano i condannati. La sola regola disciplinare cui siano astretti, è di presentarsi ogni sera all'appello, e di dormire in certi cameroni che la loro indolenza lascia orribilmente sporchi. Durante la giornata sono liberi. Il Governo passa loro un pagliericcio e una coperta che nell'isola di Ustica (la sola sulla quale abbiamo informazioni precise) vengono mutati quattro volte all'anno per esser lavati. Hanno inoltre 60 centesimi al giorno; del resto, sono lasciati interamente a sè stessi. Pochi s'impiegano a lavorar la terra nelle piccole proprietà dell'isola. Gli altri vivono nell'ozio il più assoluto e si dànno al giuoco che, proibito nei cameroni, non si può impedire fuori di essi. Si giuocano i pochi denari che ricevono dalle famiglie e perfino gli abiti. I delitti di sangue sono frequenti. Vorremmo poterci maggiormente dilungare sul doloroso argomento del domicilio coatto. Ma il tempo che ci stringe ci obbliga a venire alle conclusioni intorno a questo e alla ammonizione. Abbiamo detto che, a parer nostro, sarebbe difficile alla lunga di evitare il rinnovarsi degli attuali inconvenienti nell'uso dell'ammonizione per quanto si cercasse di garantirsene. Ma con ciò non abbiamo inteso dire che si dovesse adesso sopprimerla in Sicilia, e molto meno rimandare a casa i domiciliati coatti. Anzi, riguardo a questi, è spesso tale il pericolo che porta per l'ordine pubblico il loro ritorno in patria dopo lo spirar della pena, che spesso di necessità conviene sorvegliarli strettamente per trovar presto cagione di ammonirli, convincerli di contravvenzione all'ammonizione, poi rinviarli alle isole. Intendiamo dire che, supposto che si voglia a qualunque costo ricondurre la pubblica sicurezza in Sicilia ad uno stato relativamente normale, ottenuto questo fine, o coi mezzi che proponiamo o con altri, e tolti via o resi impotenti i malfattori, l'uso dell'ammonizione e dell'invio a domicilio coatto dovrebbe ridursi ad essere considerato come un espediente eccezionale. Fintantochè non si sia giunti ad un così bel risultato conviene cercare che questi provvedimenti raggiungano in Sicilia il fine che ne giustifica l'uso sopra larga scala: la soppressione cioè di quei malfattori di ogni grado che non si possono condannare per le vie legali; e per questo, i mezzi adattati ci sembrerebbero i seguenti: Prima di tutto adoperare in Sicilia l'ammonizione e il domicilio coatto contro i soli sospetti di crimini o delitti gravi, ad esclusione dei semplici ladri campestri e degli oziosi e vagabondi inoffensivi. Quando le condizioni del rimanente d'Italia non permettessero di sancire siffatta disposizione con una legge generale, e non si volesse fare una legge speciale per l'Isola, si potrebbe ottenere l'intento per mezzo d'istruzioni ai funzionari competenti. Il derogare ad una legge con istruzioni, potrà sembrare a molti cosa scandalosa, ed è certamente pericoloso; ma da un lato, siffatte istruzioni non allargherebbero, bensì ristringerebbero l'applicazione della legge, e d'altra parte, dietro a tali istruzioni, le autorità farebbero per le ammonizioni ciò che fanno adesso nel caso di molte contravvenzioni minori. Difatti, se gli agenti della pubblica sicurezza dovessero far processo verbale per tutte le contravvenzioni, per esempio all'obbligo di tener la notte lanterne alla porta delle osterie ed altre prescrizioni simili, non rimarrebbe più tempo per correr dietro ai malfattori. E magari, fossero queste sole in Sicilia e in tutta Italia le leggi di cui l'autorità pubblica non cura l'applicazione! Ristretta in tal modo l'applicazione della legge, si farebbe però più che mai sentire il bisogno di determinare i criteri secondo i quali si dovesse ai sospetti o diffamati infliggere l'ammonizione, o per lo meno la condanna per contravvenzione alla medesima. Ma questo è un caso in cui l'indole stessa del provvedimento costringe a far conto esclusivamente sulle qualità personali di coloro cui ne vien affidata la esecuzione. Riguardo all'ammonizione, una osservazione lunga e paziente delle abitudini dei malfattori, dei luoghi che frequentano di preferenza, può forse in altri paesi, permettere di stabilire a priori qualche criterio benchè molto vago. In Sicilia la cosa è molto più difficile, perchè i malfattori sono generalmente troppo confusi col rimanente della popolazione. Converrebbe fidarsi all'onestà, alla energia e alla perspicacia del pretore locale per infliggere l'ammonizione. Le medesime ragioni per le quali è impossibile stabilire in una legge i criteri, secondo i quali si deve infliggere l'ammonizione, impediscono pure di stabilire con una regola generale gli estremi della contravvenzione alla medesima. Perchè fosse possibile dare un fondamento giuridico alla sentenza, converrebbe dunque attribuire al pretore facoltà di imporre agli ammoniti quei precetti che per le loro circostanze speciali giudicasse più efficaci a porli nell'impotenza di nuocere, affinchè la contravvenzione, quando si verificasse, fosse costituita da fatti. Anche in questo caso, la garanzia non si può cercare in provvedimenti legislativi, ma nella scelta del personale e nella posizione che gli venga fatta, tale da renderlo per quanto sia umanamente possibile inaccessibile alle pressioni e alle corruzioni locali. Ad ogni modo, le esigenze dell'ammonizione così ridotta renderebbero più che mai necessaria una larga partecipazione dei pretori alla direzione della polizia indagatrice, affinchè questi potessero farsi un'opinione personale indipendente sul conto delle persone sospette, per mezzo delle loro proprie informazioni ed osservazioni giornaliere, senza dover ricorrere dopo la denuncia dell'autorità di pubblica sicurezza ad una specie d'istruzione fondata sulle informazioni fornite dai cittadini, e fossero per tal modo in grado di sfuggire all'alternativa della quale parlavamo or ora, di dovere o andar contro allo spirito del loro ufficio di magistrati condannando all'ammonizione senza avere adoperato i mezzi indicati dalla legge per formare la loro convinzione sui fatti che la giustificano, oppure lasciare in piena balìa di sè stesse persone pericolose. Riguardo alla competenza per i giudizi di contravvenzione, vi sono due fini fra loro contraddicenti da conseguire. Da un lato, il lasciar siffatti giudizi in balìa del pretore, è render più grande che mai quel pericolo degli arbitrii di polizia cui accennavamo or ora(184). Dall'altro, l'affidarli ai tribunali correzionali, lascia il tempo all'imputato di darsi alla latitanza. Si potrebbero conciliare ambedue le cose, dando al tribunale la competenza per il giudizio, e al pretore la facoltà di arrestare l'imputato di contravvenzione nel momento che è presentata al tribunale stesso la denuncia per la medesima. Quando la contravvenzione consistesse nell'infrazione di determinati precetti, il caso di accusa e conseguente arresto non giustificati, sarebbe raro. Per evitare il rischio di troppo lunga prigionìa preventiva, converrebbe nel medesimo tempo trovar modo di distribuire i lavori dei tribunali in maniera che una o più adunanze per settimana, secondo il bisogno sperimentato, fossero consacrate ai processi per contravvenzione all'ammonizione(185).

Riguardo al genere di vita dei domiciliati coatti nelle isole, il problema è più difficile. È quistione di denari e di colonie penitenziarie in Italia, o in un luogo di deportazione. Non ci dilunghiamo su questo argomento, perchè pur troppo per adesso, ogni proposta sarebbe oziosa.

In ciò che abbiamo detto adesso intorno all'ammonizione, abbiamo proposto di affidare ai pretori straordinario arbitrio di polizia, e ciò dopo aver dichiarato quanto poco valessero a lungo andare contro il loro abuso anche le qualità personali dei funzionari. Ma tutte le nostre proposte si fondano sulla presunzione che allo stato anormale della pubblica sicurezza in Sicilia si voglia ad ogni costo provvedere entro un tempo non troppo lungo, rinunziando assolutamente al sistema delle mezze misure e delle transazioni. Quando ciò non sia, queste e le altre nostre proposte non hanno niun significato, e, faccia o no buona riescita la prova di affidare arbitrii ai pretori o ad altri, stiano gli ordinamenti come adesso o diversamente, poco importa.


§ 83. -È necessario in Sicilia un personale giudiziario e di polizia con qualità eccezionali.

Ad ogni modo, non solamente quest'ultima nostra proposta, ma tutte quelle da noi fatte, hanno, per condizione indispensabile e per fondamento principalissimo la scelta di un personale di pubblica sicurezza, giudiziario e politico non solo d'intelligenza, di energia, di coraggio e d'onestà eccezionali, ma ancora inaccessibile a qualunque influenza locale, anche alle più lecite. Nè diverso potrebbe essere il fondamento di qualunque proposta diversa che altri facesse. Per dimostrarlo dovremmo riassumere tutto il già detto in questo libro fin dalla prima parola; non crediamo sia necessario il farlo.

È adunque necessario prima di tutto, (già lo dicemmo dimostrandone il perchè) che nell'amministrazione della pubblica sicurezza, come in tutti i gradi della gerarchia giudiziaria, il personale sia estraneo all'Isola, eccettuata una parte della bassa forza di polizia, e anche quella, colle condizioni cui già accennammo. Le difficoltà per imparare il linguaggio, per capire i gesti, per conoscere le abitudini e le persone, le località, si risolvono in una quistione di tempo ed in conseguenza di misura nelle traslocazioni. Non ci fermeremo qui sui mezzi per ottenere siffatto personale, perchè avremo luogo di parlarne a proposito di tutti gli impiegati d'ogni ordine e grado in Sicilia. Diremo solamente che andrebbe scelta con maggior cura quella parte precisamente che adesso è più negletta; i pretori cioè, poichè, almeno a parer nostro, dovrebbero esser la base e il perno di tutto l'ordinamento di polizia e giudiziario in Sicilia. Ma finchè il personale giudiziario inferiore e superiore, sarà qual'è adesso in gran parte, finchè si potrà dare il caso che una persona contro cui è iniziato processo per mandato di omicidio possa venire a Palermo, fare pubblicamente gli affari suoi con tutto comodo per due o tre giorni, poi, la sera verso le dieci, montare in carrozza a due cavalli, escire di città per una delle porte principali e sparire; ed essere contro di essa rinnovato il mandato di cattura il giorno dopo la sua partenza dal magistrato istruttore invano sollecitato per otto giorni, il parlare di migliorare la pubblica sicurezza o di provvedere a qualunque altro male in Sicilia è uno scherzo di cattivo genere. Abbiamo finito per adesso coll'argomento della pubblica sicurezza siciliana, e dovremo tornarci solamente quando avremo da parlare del sistema generale di governo tenuto in Sicilia dal 60 fino ad oggi. Per ora ci rimane solamente da parlare delle ragioni le quali, a parer nostro, sono causa che le condizioni sociali e morali, uguali in tutta l'Isola, producano solamente in una parte di essa sulla pubblica sicurezza quegli effetti che abbiamo adesso descritti. Già le abbiamo in massima parte accennate nel corso dei nostri ragionamenti. Adesso ci contenteremo di riassumerle.

Nelle parti dell'Isola dove la sicurezza pubblica è migliore, la generalità della popolazione d'indole molto mansueta, almeno nelle circostanze ordinarie, non basterebbe a fornire un numero di reclute sufficiente alla classe dei facinorosi. In gran parte per questa cagione stessa, manca nella classe dominante di queste province, la tradizione, l'abitudine e la necessità di usare la violenza a sostegno della loro autorità privata. Per la prima di queste cagioni non ebbe occasione di nascere la classe dei facinorosi. Per la seconda non ha avuto luogo di perpetuarsi e soprattutto di fiorire in quei luoghi dove sia nata spontaneamente(186). Siccome in tutti i fenomeni sociali la forma influisce sulla sostanza, così è innegabile che il non esservi tradizioni di violenza nelle province delle quali adesso parliamo, influisce sui costumi in generale, dispone meglio le menti ad accettare miglioramenti di ogni genere, e soprattutto rende più agevole l'introdurli ad una forza estranea all'Isola. Ma, quantunque il non esser nelle tradizioni l'uso della violenza, come mezzo di prevalere, faccia sì che sia più difficile che ad alcuno venga in mente d'impiegarla, nonostante, già lo dicemmo, quando alcuno vi si risolvesse, troverebbe gli elementi pronti. Troverebbe istrumenti in quei malfattori che, in numero più o meno grande, si trovano in qualunque paese. Potrebbe adoperarli con libertà e sicurezza per quelle medesime cause che già descrivemmo a proposito delle altre province dell'Isola. Giacchè in qualunque parte di questa, la forza sociale del Governo non ha potuto affermarsi, e la forza privata con qualunque mezzo manifestata, s'impone negli animi nel medesimo modo. In tutta l'Isola, la violenza usata più o meno spesso nell'atto pratico, pure è ritenuta un mezzo legittimo d'imporsi ed in conseguenza di difendersi. Difatti, il colpevole di delitto violento trova nelle parti più tranquille di Sicilia non solo chi lo nasconda e lo soccorra, ma anche chi interceda per lui presso le autorità, gli dia al bisogno falsi attestati di presenza in un dato luogo, e, appoggiato in tal modo, sa farsi temere abbastanza per impedire non di rado i testimoni di parlare e i giurati di condannarlo. Del resto, per questi ultimi, dove non valgono le intimidazioni valgono le arti già descritte di certi avvocati che fioriscono principalmente nelle parti più tranquille dell'Isola. La differenza principale, sotto questo aspetto, fra le parti tranquille e quelle che non lo sono, sta in ciò, che in quelle è possibile una repressione più rapida del male soprattutto se còlto nel suo principio; pur sempre però coi medesimi mezzi.