Condizioni politiche e amministrative della Sicilia/III/2

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17 dicembre 2011 25% Da definire

§ 52. - Caratteri speciali dell'industria del delitto a Palermo e suoi dintorni. Loro cagioni.

Per chi abbia un poco seguito durante questi ultimi anni la discussione nel Parlamento e nella stampa sulla questione della pubblica sicurezza in Sicilia, è cosa ormai conosciuta che la mafia ha il suo tipo più perfetto e le sue manifestazioni più energiche in Palermo e nei suoi dintorni. Anzi, a questo proposito, conviene notare che molte descrizioni dove si credono generalmente esposte le condizioni di Sicilia tutta, dovrebbero invece riferirsi esclusivamente a Palermo e a quel territorio che la circonda ed è in relazioni immediate e continue colla città. Nell'analisi che ora cercheremo di fare del fenomeno, terremo dunque più specialmente in vista le sue manifestazioni in codesto angolo dell'Isola. Le particolarità che a prima vista lo distinguono dalle altre parti di Sicilia dove pure predomina la violenza, sono specialmente le seguenti. Una estrema facilità ai delitti di sangue in gran parte degli abitanti, la quale produce una quantità straordinaria, anche per la Sicilia, di facinorosi per mestiere, avuto riguardo al numero della popolazione e all'estensione del territorio. Questo primo fatto rende possibile l'esistenza delle altre caratteristiche speciali che ci presenta Palermo e i suoi dintorni, cioè, il grandissimo numero dei casi dove questi facinorosi prendono occasione per esercitare la violenza, da relazioni fra persone non appartenenti alla classe dei malfattori e l'infinita varietà degli interessi propri e altrui che fanno valere per mezzo della medesima; il che ha non di rado per effetto che vari mafiosi abbiano interessi opposti, e siano in lotta fra di loro.

La gran facilità al sangue della popolazione della città e dell'agro palermitano, ha, secondo l'opinione generale, la sua origine in talune cagioni che, quantunque siano in parte ipotetiche, pure hanno un gran carattere di verità. Le principali sono: il gran numero di bravi che i signori residenti in Palermo tenevano a loro servizio e i cui discendenti hanno conservato la tradizione di famiglia; la forte mistura di sangue arabo e sopratutto berbero negli abitanti; l'essere stati ad ogni nuova conquista respinti da Palermo nei dintorni tutti gli elementi di resistenza e di malcontento. Inoltre, la popolazione senza mezzi regolari di sussistenza, che abbonda in ogni capitale, sopratutto dove l'industria e il commercio siano scarsi, è stata in Palermo molto accresciuta dopo il 1860 dalla soppressione di molti uffici governativi, che sotto il Borbone avevano sede in Palermo, e sopratutto dalla soppressione dei conventi che assicuravano l'esistenza di un numero infinito di persone in mille maniere, o cogli impieghi nelle loro amministrazioni, o colle elemosine. Non aggiungeremo a queste cagioni quella del clima, giacchè quando si ammettesse, rimarrebbe difficile a spiegare la dolcezza dei costumi della gran massa della popolazione nella provincia di Siracusa. E nemmeno adopereremo la nota figura rettorica del suolo vulcanico: la maggior parte delle popolazioni che abitano le falde dell'Etna sono fra le più tranquille dell'Isola.

La straordinaria agglomerazione dei malfattori ha potuto dare all'industria del delitto in Palermo e suoi dintorni, le caratteristiche speciali cui abbiamo or ora accennato, per essere Palermo un centro importante, avuto riguardo alla Sicilia, di affari di ogni specie. Inoltre, si trova riunito in quella città un gran numero di membri della classe dominante, più che altrove disposti ad usare la violenza per raggiungere i loro fini. Però, giova ripeterlo, qualunque sia l'origine prima delle cagioni che imprimono all'industria del delitto in codesto territorio le sue caratteristiche speciali, queste cagioni sussistono ed operano i loro effetti, perchè da un lato hanno trovato le condizioni sociali cui già accennammo, dall'altro non hanno incontrato forza alcuna, estranea alla società siciliana, che le combattesse. Difatti, i numerosissimi facinorosi trovandosi in un centro importante di relazioni d'interessi di ogni genere quale può essere una grande città, porto di mare, contornata da un territorio dove predomina la piccola coltura esercitata da affittuari; e d'altra parte vedendosi intorno una popolazione pronta ad accettare come legittima ogni autorità privata in qualunque modo acquistata, pronta a sottomettersi con rassegnazione alla violenza del più forte; assicurati di non trovar mai da combattere nel seno della Società dove vivevano contro alcuna forza sociale che non fosse la violenza; certi dell'impotenza dell'autorità governativa (e ne diremo più sotto la ragione), avevano tutte le circostanze propizie per intromettersi in tutte le faccende, sia per loro esclusivo profitto, sia a vantaggio di chi li compensasse del loro aiuto. E così fecero. La grande quantità delle occasioni di esercitare siffatta industria fa sì che molti trovino la loro convenienza a darcisi, e che il numero dei facinorosi si mantenga, anzi, cresca sempre, e sia per crescere continuamente finchè non sopravverrà una forza estranea alla società siciliana che colla energia nella repressione dei delitti faccia in modo che cessi il tornaconto a prendere il mestiere di commetterli.


§ 53. - Caratteri speciali delle relazioni fra facinorosi a Palermo e dintorni.

Inoltre, la straordinaria agglomerazione di facinorosi per mestiere in uno spazio relativamente ristretto, è stata cagione che quasi tutti i malfattori di Palermo e dintorni avessero comodo d'incontrarsi e di conoscersi personalmente, in modo che fosse più intima e più efficace che in qualunque altra parte di Sicilia, quella relazione continua e necessaria di cui già cercammo spiegare le cagioni(101) la quale unisce i malfattori fra di loro. In conseguenza, vi è molto maggiore che in altre parti dell'Isola, la facilità a formarsi delle associazioni di malfattori vere e proprie. Per citare un esempio, si sono formate colla massima facilità le associazioni di cui abbiamo già parlato, dei Mulini e quella della Posa. Il medesimo esempio ci mostra come queste associazioni godano a siffatte circostanze di una elasticità straordinaria. Gli scopi si moltiplicano, il campo di azione si allarga, senza bisogno che si moltiplichino gli statuti; l'associazione si suddivide per certi scopi, rimane unita per altri. Parte dei suoi membri si dedicano all'industria d'imporre fittaiuoli e guardiani per gli agrumeti, altri a quella delle camorre nelle aste pubbliche, vi è chi si intromette come paciere nelle famiglie e cerca di persuadere ad un parente ricco di pensionare un suo congiunto bisognoso, pena la distruzione delle vigne o degli agrumi, ed ognuno è sempre assicurato del soccorso degli altri per il caso di bisogno, senza che occorra mettersi d'accordo sulle regole di condotta per difendersi dall'autorità.

Del resto l'organizzazione della intiera industria, la disciplina di coloro che l'esercitano è così perfetta, che laddove le imprese non implichino contrasto d'interessi, è difficile determinare a qual punto finisca l'associazione e principino le relazioni ordinarie tra gli esercenti la professione. Questo ordinamento superiore in Palermo e suoi dintorni ci sembra dovuto anche per molto alla parte che hanno nell'industria persone della classe media.


§ 54. - Facinorosi della classe media.

Imperocchè la città e l'agro palermitano ci presentano un fenomeno a prima vista incomprensibile e contrario alla esperienza generale e alle opinioni ricevute. Ivi l'industria delle violenze è per lo più in mano a persone della classe media. In generale questa classe è considerata come uno elemento d'ordine e di sicurezza, specialmente dov'è numerosa, come lo è infatti in Palermo. Noi stessi abbiamo più sopra notato come il suo scarso numero in Sicilia fosse una delle principali cagioni della condizione dell'Isola(102). Questa contraddizione però è solamente apparente. Invero, quando la classe media non ha preso in un paese una preponderanza di numero e d'influenza tale da assicurare ad una legislazione uguale per tutti il sopravvento sulla potenza privata, l'osservanza delle leggi, la condotta regolare e pacifica non è più un mezzo di conservare le proprie sostanze e il proprio stato. Ora, la caratteristica essenziale che fa sì che codesta classe sia in generale un elemento d'ordine, è per l'appunto il timore che domina in chi la compone di perder ciò che ha acquistato, e la ripugnanza di correr rischi per acquistare di più. Per modo che, quando per le condizioni sociali da un lato, per l'impotenza dell'autorità dell'altro, il rischio non è maggiore a usar violenza che a non usarla, cessa ogni cagione per i membri della classe media, di sostenere l'ordine. Anzi, per poco che abbiano intelligenza, energia e desiderio di migliorare il proprio stato, (e in quella parte del territorio dove la classe media sarà più numerosa, saranno pure più numerose le probabilità che si trovino nel suo seno uomini dotati di siffatte qualità), niuna industria è per loro migliore di quella della violenza. Perchè portano nell'esercizio di questa tutte le doti che distinguono la loro classe, e, in altri paesi, la fanno prosperare nelle industrie pacifiche: l'ordine, la previdenza, la circospezione; oltre ad una educazione ed in conseguenza una sveltezza di mente superiore a quella del comune dei malfattori. Perciò l'industria delle violenze è, in Palermo e dintorni venuta in mano di persone di questa classe. A quelle deve la sua organizzazione superiore; l'unità dei suoi concetti, la costanza dei suoi modi di agire, la profonda abilità colla quale sa voltare a suo profitto perfino le leggi e l'organizzazione governativa dirette contro il delitto; l'abile scelta delle persone, dalle quali conviene accettare la commissione d'intimidazioni o di delitti; la costanza colla quale osserva quelle regole di condotta, che sono necessarie alla sua esistenza anche nelle lotte che non di rado insorgono fra coloro i quali la praticano.

Tutti i cosiddetti capi mafia sono persone di condizione agiata. Sono sempre assicurati di trovare istrumenti sufficentemente numerosi a cagione della gran facilità al sangue della popolazione anche non infima di Palermo e dei dintorni. Del resto sono capaci di operare da sè gli omicidii. Ma in generale non hanno bisogno di farlo, giacchè la loro intelligenza superiore, la loro profonda cognizione delle condizioni della industria ad ogni momento, lega intorno a loro, per la forza delle cose, i semplici esecutori di delitti e li fa loro docili istrumenti. I facinorosi della classe infima appartengono quasi tutti in diversi gradi e sotto diverse forme alla clientela dell'uno o dell'altro di questi capi mafia, e sono uniti a quelli in virtù di una reciprocanza di servigi, di cui il resultato finale riesce sempre a vantaggio del capo mafia. Il quale fa in quell'industria la parte del capitalista, dell'impresario e del direttore. Egli determina quell'unità nella direzione dei delitti, che dà alla mafia la sua apparenza di forza ineluttabile ed implacabile; regola la divisione del lavoro e delle funzioni, la disciplina fra gli operai di questa industria, disciplina indispensabile in questa come in ogni altra per ottenere abbondanza e costanza di guadagni. A lui spetta il giudicare dalle circostanze se convenga sospendere per un momento le violenze, oppure moltiplicarle e dar loro un carattere più feroce, e il regolarsi sulle condizioni del mercato per scegliere le operazioni da farsi, le persone da sfruttare, la forma di violenza da usarsi per ottenere meglio il fine. È propria di lui quella finissima arte, che distingue quando convenga meglio uccidere addirittura la persona recalcitrante agli ordini della mafia, oppure farla scendere ad accordi con uno sfregio, coll'uccisione di animali o la distruzione di sostanze, od anche semplicemente con una schioppettata di ammonizione. Un'accozzaglia od anche un'associazione di assassini volgari della classe infima della società, non sarebbe capace di concepire siffatte delicatezze, e ricorrerebbe sempre semplicemente alla violenza brutale.


§ 55. - L'omertà.

Ma questa potente organizzazione della classe dei facinorosi, per quanto sia efficace a far riescire le imprese comuni a parecchi fra di loro, non potrebbe da sè sola bastare a salvare la classe dallo sfacelo nei casi numerosissimi a Palermo e dintorni, dove le imprese dei suoi membri implicano interessi contradittorii, e nei quali adoperano gli uni contro gli altri quelle medesime violenze che usano contro il rimanente della popolazione. Se non che, siccome i malfattori, anche nel contrasto dei loro interessi momentanei, conservano sempre comune e identico per tutti l'interesse al libero e sicuro esercizio della loro industria, la classe dei facinorosi della città e dell'agro palermitano è stata dal sentimento della conservazione portata a promuovere quest'interesse che potremmo chiamare sociale, astrazione fatta dagl'interessi individuali e momentanei dei suoi membri. Laonde è invalso fra di loro un vigoroso spirito di corpo più forte di qualunque odio o rivalità personale. Ora, l'interesse della classe dei facinorosi per mestiere essendosi ormai imposto come il più forte di ogni altro alla Società in Palermo e dintorni, ne è risultato il fatto di cui già ragionammo(103), che, cioè, questo interesse si è imposto agli animi, all'opinione pubblica insomma, come interesse dell'intera società, e così, le regole che si sono imposte agli animi della popolazione come regole di virtù, di moralità e di onore, sono quelle che favoriscono l'esistenza di codesta classe. Vogliamo parlare di quell'assieme di norme in virtù delle quali è proibito ricorrere alla legge contro la violenza, pena non solo la morte ma anche il disonore. Queste regole sotto il nome di codice dell'omertà sono in Palermo e dintorni più che nel rimanente di Sicilia precise e stringenti nella popolazione, perchè qui l'interesse che colla forza si è imposto materialmente e moralmente è quello di una classe intera, mentre in altre parti dell'Isola, come avremo più sotto occasione di esporlo, si può dare e si dà effettivamente il caso che abbia assunto il predominio sopra l'opinione pubblica la preponderanza di un numero limitato di persone, e perciò il loro interesse individuale fa legge, per modo che contro di loro non sia permessa la denuncia, ma a loro favore sia ammessa dall'opinione pubblica non solo la denuncia, ma la denuncia calunniosa. Nè può, secondo noi, l'autorità morale del codice dell'omertà attribuirsi a cagione diversa da quella ora accennata: non all'odio tradizionale contro il Governo e la legge, avanzato dal dominio borbonico, perchè più di una volta, una parte della mafia ha cooperato, a suo modo è vero, ma pur cooperato col Governo alla polizia. Nei militi a cavallo, corpo di polizia più o meno sicuro, ma pure corpo di polizia, prepondera nel più dei casi, l'elemento mafioso. E nemmeno si può attribuire tale autorità a un sentimento d'indipendenza e d'insofferenza di ogni giogo per parte della popolazione in generale, il quale, quantunque male inteso, pure sarebbe segno di una certa energia di carattere; giacchè mai nella popolazione si manifestò segno alcuno di sdegno o d'impazienza contro la società dei mulini che aveva imposto col terrore un rialzo fittizio sul prezzo delle farine. E pure sarebbe lungo a contarsi nella storia di Palermo il numero delle sedizioni popolari per il caro prezzo del pane. Ma bisognò che l'autorità facesse conto sulle sue sole forze ed attività per sgominare cogli arresti la società dei mulini, ed ottenere per tal modo da un giorno all'altro un ribasso nel prezzo di molenda di L. 1.50 a salma per le farine, e di L. 2.50 a salma per le semole, e nel prezzo di vendita delle paste di cent. 6 il rotolo.

Riassumendo i ragionamenti fin qui fatti sulle condizioni della sicurezza pubblica in Palermo e dintorni, possiamo dire: Che le cause occasionali del predominio della violenza in quella regione, sono quelle tradizioni non interrotte e quelle circostanze in parte storiche, le quali imprimendo alla gran massa della popolazione un carattere violento e sanguinario, hanno fatto sì che fosse possibile alla prepotenza di esercitarsi col mezzo della violenza materiale;

Che l'esercizio della violenza vi ha assunto caratteri speciali per l'esistenza e l'organizzazione eccezionalmente perfetta di una classe di facinorosi indipendente e con interessi suoi propri, dovute a cagioni in parte storiche, comuni ad altre province di Sicilia per una parte, e speciali a Palermo e dintorni per l'altra. L'influenza di questa classe ha reagito sopra quei costumi che ne avevano resa possibile l'esistenza, determinandone meglio i caratteri.

Ma la cagione che ha rese efficaci tutte queste cause secondarie, è lo stato sociale comune a tutta la Sicilia, il quale fa sì che la potenza privata sia in grado di predominare nella società, e che quella forza che ha assunto il predominio, sia per consenso generale accettata come legittima. Questo stato è cagione che gli elementi di violenza, appena hanno acquistato una certa importanza, non rimangono isolati, ma diventano un elemento della vita sociale e un istrumento per tutti gl'interessi e tutte le pretese. In quella guisa che una goccia d'olio, cadendo sopra una tavola di marmo, rimane quello che era prima di cadere, e si può facilmente asciugare, ma se sopra un pezzo di carta, principia a imbeverlo, si estende, s'immedesima colla sua materia in modo da fare con esso una cosa sola, e non si può estirpare che con energici reagenti chimici; così in un paese di condizioni diverse dalle siciliane, se vi sono, per esempio, cento malfattori, l'autorità trova dinnanzi a sè cento malfattori e nulla di più. Ma in Sicilia, se non riesce a sopprimerli appena comparsi, e lascia loro il tempo di insinuarsi nelle relazioni sociali, l'autorità trova dinanzi a sè tutta una organizzazione sociale, e per estrarre dalla società l'umore malsano ha necessità di una energia e di una abilità, che sarebbero superflue in circostanze ordinarie.

Certamente, anche le cause occasionali sono elementi necessari delle cattive condizioni della sicurezza. Così, quando il numero delle persone capaci di commettere delitti di sangue fosse limitato, per quanto queste si fossero insinuate nella vita sociale, pure il giorno in cui l'abilità eccezionale di un funzionario o altre circostanze speciali avessero reso possibile all'autorità d'impadronirsi di quelle persone, le violenze cesserebbero. Questo accadde in Messina, dove la massa della popolazione è più mite che nella provincia di Palermo, dopo la cattura della massima parte della banda Cucinotta, e della mafia cittadina sua alleata. Inoltre, dove scarseggiano per l'indole della popolazione le persone capaci di commettere in circostanze ordinarie dei delitti di sangue, la violenza non sarà nelle tradizioni, e non si userà se non quando qualche persona influente o intelligente voglia adoperarla a suo vantaggio, cerchi gl'istrumenti adattati e prepari le circostanze favorevoli. Così avviene attualmente nelle parti tranquille delle province di Catania e di Siracusa. In quelle parti la potenza privata si fa valere con altri mezzi che avremo occasione di analizzare in seguito.


§ 56. - La classe dominante è cagione prima e fondamento dello stato della pubblica sicurezza in Palermo e dintorni.

Se lo stato morale dell'intera popolazione siciliana fosse solamente proprio di una parte della società, una autorità regolarmente costituita in condizioni ordinarie, potrebbe, pure con grandi sforzi, appoggiandosi sopra forze locali, vincere il male. Ne abbiamo un esempio in Romagna, dove la classe dei malfattori, che pure aveva imposto al senso giuridico delle classi inferiori, specialmente nei centri di popolazione, le regole che sono condizioni della sua esistenza, pure non si era insinuata nella vita delle classi abbienti ed influenti, se si tolgono alcuni individui che si appoggiavano su di essa per amore di popolarità e per sostenere la loro ambizione personale. Ma in Sicilia, nessuna classe può sfuggire agli effetti della costituzione sociale. Diremo più: come lo abbiamo già esposto, per le condizioni speciali dell'Isola, la società vi è tutta ordinata a vantaggio esclusivo della classe abbiente e delle persone che dividono con essa la preponderanza. E questa classe per le medesime cagioni, è pur essa ordinata a vantaggio di coloro che hanno in essa acquistato il predominio. Perciò, come tutte le altre forze sociali, così la violenza riesce in ultima analisi ad utile di quella classe o piuttosto di coloro che in quella classe preponderano, ed in conseguenza fa, in ultimo, capo a loro e sopra di loro si fonda. Molto più dopo che, per il sistema di governo portato nel 1860, quelle stesse persone, che prima per la forza delle cose godevano l'autorità di fatto, ora hanno ricevuto anche l'autorità legale nell'ordine giudiziario, amministrativo e politico.

Difatti, per quanto l'industria della violenza, la sola che per adesso prosperi realmente in Sicilia, abbia acquistato interessi ed in conseguenza ragioni d'essere sue proprie ed indipendenti, pure la forza che le ha permesso di porsi in questa condizione e che la fa sussistere, sta nella classe dominante. Questa, se si mettesse in animo di distruggere siffatta industria, disporrebbe di mezzi materiali e di autorità morale molto superiori al bisogno, e per schiacciare materialmente la classe facinorosa, e per distruggere il suo predominio sull'opinione pubblica per mezzo del proprio. E ciò, indipendentemente da qualunque organizzazione governativa. Nè vale opporre che le transazioni alle quali i membri della classe dominante vengono colla classe facinorosa, i danni che occasionalmente ne ricevono e i loro lamenti, sinceri nella maggior parte dei casi, sulla preponderanza da essa acquistata, provano che quest'ultima ha preso ormai la mano su di loro. Perchè coloro che predominano, se vogliono adoperare la classe facinorosa ai loro fini, devono pur permetterle di curare i suoi interessi particolari e indipendenti. Le relazioni fra la classe dominante e quella dei facinorosi, sono come qualunque altro fatto sociale, un fenomeno complesso, dove i singoli fatti sono non di rado in contraddizione apparente coll'indirizzo generale. Certamente, quelli stessi fra i membri della classe dominante che, per acquistare o mantenere l'influenza loro, sarebbero pronti perfino a dare il mandato per un omicidio, deplorano sinceramente quanto il più zelante questore, i delitti quando non sono commessi a loro vantaggio. Il loro ideale sarebbe di avere istrumenti che eseguissero le violenze per il loro servizio, e niente di più. Ma gl'istrumenti di violenza, nelle condizioni attuali, non possono esistere che come classe di facinorosi indipendente, la quale in conseguenza esercita violenza anche per conto proprio. Coloro che hanno un interesse principale ad aver pronti in caso di bisogno siffatti istrumenti, devono dunque rassegnarsi, pur lamentandolo, al danno secondario dei delitti commessi da questi per conto proprio. Questi delitti rappresentano il prezzo pagato da coloro che predominano per avere sempre a disposizione dei mezzi di violenza. Naturalmente, trovano il prezzo gravoso, e direbbero volentieri come quel giudice in una commedia di Beaumarchais ad una persona che si scandalizza perchè si vendono le cariche nella magistratura: "On ferait bien mieux de nous les donner pour rien. Farebbero meglio a regalarcele". Noi non sappiamo se vi siano nella classe dominante in Palermo persone che partecipano direttamente ai guadagni che fa la classe dei facinorosi nell'esercizio della sua industria indipendente. Che questa classe mantenga degli agenti perfino a Roma e li mandi su e giù per i Ministeri a spiare, intrigare e intercedere, è indubitato; ma ignoriamo se questi emissari siano faccendieri di bassa sfera, oppure se siano di condizione, se non di carattere, rispettabile. Ad ogni modo, di questi non intendiamo ragionare. Il loro numero necessariamente ristretto rende la loro influenza sulla prosperità di questa classe secondarissima di fronte a quella del ceto dominante in generale. Ed è la parte di quest'ultimo nell'esistenza della industria indipendente dei malfattori, che intendiamo qui analizzare.


§ 57. - Come sia generalmente possibile in parte della Sicilia valersi dell'aiuto dei malfattori senza dar mandati per delitti.

Il vantaggio che un membro della classe dominante può trarre dall'esistenza del ceto dei malfattori è, nel massimo numero dei casi, indiretto. Ben di rado egli ha bisogno di dare un mandato per omicidio, ed anche per minaccia. Nel corso ordinario della vita, perch'egli possa impunemente imporre la sua volontà, basta la fama ch'egli è alleato colla mafia. Come la mafia è la forza più rispettata, così chi l'adopera è certo di vincere chiunque usi altri mezzi di violenza, e fra coloro che l'adoperano, è sicuro di predominare chi è unito alla frazione più temuta di essa. Inoltre, la mafia non ha bisogno di adoperare attualmente la violenza o l'intimidazione diretta se non nel minimo numero dei casi in cui usa la sua autorità. Essa ha ormai relazioni d'interesse così molteplici e variate con tutte le parti della popolazione; sono tanto numerose le persone a lei obbligate per la riconoscenza o per la speranza dei suoi servigi, che essa ormai ha infiniti mezzi d'influire all'infuori del timore della violenza, per quanto la sua esistenza si fondi su questa. Di più, quando pure quei suoi altri mezzi non bastino, la riputazione d'efficacia e di inevitabilità delle sue vendette è stabilita talmente bene, che basta la fama ch'essa s'interessi ad un affare perchè ognuno si sottoponga in quello alle sue voglie.

Parimente, la perfetta organizzazione della classe dei facinorosi è cagione che essa possa assumere qualunque impresa per così dire, a cottimo, in modo che chiunque le dà un incarico non abbia da occuparsi dei mezzi che essa adopera per raggiungere il fine desiderato, e possa perfino ignorarli. Può benissimo darsi che sia commesso anche un assassinio nell'interesse di uno che si appoggi sulla mafia, non solo senza che questi lo sappia, ma anche quando sia uomo da riprovarlo ed impedirlo se lo sapesse. Non è che le cose avvengano sempre in questo modo. Più di un membro della classe dominante è direttamente responsabile di aver dato mandato per omicidii o per intimidazioni. Ma molti, e forse la maggior parte non hanno e probabilmente non avranno mai intenzione diretta di far commettere un assassinio; si contentano di conoscere in genere che se ne commettono, e si rassegnano a malincuore alla dura necessità che sia da altri usato siffatto mezzo per raggiungere direttamente o indirettamente i propri fini, od anche, nel risolversi ad approfittare di quella forza che trovano bell'e preparata per servirli, non si rendono ben conto dei mezzi che questa adopera, e non prevedono che saranno forse usati in loro servigio. Ma se tutti coloro i quali proteggono la mafia non sono complici diretti dei suoi misfatti, tutti, senza eccezione, contribuiscono a porla in grado di commetterli, adoperando tutti i mezzi di cui dispongono per mantenerla in vita prospera e rigogliosa, per proteggere i malfattori e sottrarli alla giustizia. Il dar loro ricovero, il nasconderli dalle ricerche dell'autorità, il dar loro vitto, vesti, armi, sono, fra i mezzi usati, i meno efficaci, e per così dire i più negativi; molto più che questi fatti, considerati isolatamente, caso per caso, si possono in gran parte giustificare col timore di una vendetta. Ma l'alleato della mafia, protegge i malfattori, aiutandoli a fuggire se arrestati, intrigando presso la magistratura o l'autorità coi potenti mezzi di cui dispone per impedire le condanne, sollevando al bisogno la cosiddetta opinione pubblica, per mezzo dei giornali di cui dispone, contro i funzionari che li fanno arrestare, e contro il Governo che sostiene quei funzionari(104). Certamente i rappresentanti del Governo non di rado prestano il fianco a siffatti attacchi, col non attenersi alle prescrizioni delle leggi; ma è cosa strana che quelle medesime persone le quali accolgono col silenzio, talvolta anco con l'approvazione, certe mostruose illegalità di funzionari governativi, che si distinguono difficilmente da delitti veri e propri, sollevano poi mari e monti quando qualche autorità, pure cogliendo nel segno, abbia commesso qualche violazione delle forme legali non giustificabile, ma spiegabile colla straordinaria difficoltà delle circostanze.


§ 58. - Come il predominio della violenza rechi danno alla maggioranza, e nonostante non possa da questa venire distrutto. Certamente, dove domina la violenza, la sola minoranza ne trae maggiori vantaggi che danni; e così nella città e nell'agro palermitano, la gran massa della popolazione è sacrificata alla parte di essa che esercita il delitto; e nella classe dominante stessa, all'infuori del numero limitato di persone che si sono acquistate sul rimanente una preponderanza costante ed assoluta, e sono in relazioni continuate e regolari col principale istrumento di questa, la mafia, tutti gli altri sarebbero in una società di tipo moderno in condizioni materiali e morali molto migliori delle attuali, per quanto adesso possano dalla violenza trarre occasionalmente vantaggi. Eppure, non è prevedibile per parte di nessuna classe della Società una reazione efficace contro l'attuale forma delle relazioni sociali.

Difatti, nel volgo, il senso giuridico e il sentimento dell'onore, quali esistono, si impongono brutalmente. Le persone di quella classe, non sono in grado di imaginare uno stato sociale differente da quello in cui vivono; se capita loro addosso una prepotenza o una coltellata, ne incolperanno magari il loro santo protettore o sè stessi, per essere stati poco svelti o poco vigilanti, oppure si rassegneranno alla forza ineluttabile delle cose. Le persone più colte sono incapaci, anche quando lo desiderino, di reagire contro le forze sociali che li contornano, e di modificarle. Perchè l'organizzazione della società in mezzo alla quale vivono, s'impone a loro. Non solo riesce loro quasi impossibile, di resistere coi mezzi legali alla violenza, ma nemmeno possono sfuggire alla necessità di usarla essi stessi, almeno indirettamente. Se devono provvedere ad un loro interesse di qualche importanza, comprare o vendere terra, derrate, o altro, è ben difficile che non trovino una camorra che si sia impadronita della partita, e in mano alla quale debbano affidarsi. Ora, tutte le camorre per ultima ratio, hanno l'assassinio a protezione del loro monopolio. Se taluno esercita una industria di cui si è impadronita una camorra, il rifiuto di entrare a farne parte e di partecipare in conseguenza, almeno indirettamente, alle sue violenze, è punito colla morte(105). Così può accadere che una persona che sarebbe disposta a grandissimi sagrifizi per far cessare il dominio della violenza, sia costretta a sostenerlo, a dargli forza e ad associarvisi. A chi entri nella gara delle ambizioni politiche o locali, rimane assolutamente impossibile sottrarsi ai contatti con persone che debbono la loro influenza al delitto. L'uomo che abbia il più grande orrore per la violenza e per il sangue, si trova presto o tardi inevitabilmente costretto a valersi di quell'influenza e di quella autorità che dà la fama di essere in buona relazione con gente potente per il timore che ispira. E dato pure che uno abbia tanta abnegazione da tenersi fuori da qualunque affare o da soffrire i soprusi in quelli indispensabili, da rinunziare a qualunque ambizione di qualsiasi genere, può giungere il momento che, aggredito e minacciato, si veda costretto a ricorrere all'opera dei violenti per proteggere la propria vita. A ricorrere alla legge non può pensare, poichè le probabilità di ricevere una schioppettata per chi faccia una denunzia sono troppo numerose perchè egli vi si esponga facilmente. Così le circostanze esteriori s'impongono a chiunque, qualunque sia l'indole dell'animo suo. Si è perfino dato il caso di uomini che sul Continente erano ottimi carabinieri, mentre facevano parte di associazioni mafiose palermitane, e arrestavano i ladri e gli assassini, mentre ricevevano ogni giorno la loro quota dei guadagni della associazione, frutto se non di assassinii, almeno del timore di quelli. Non mancano i Palermitani, cui le condizioni di Palermo fanno orrore, e che, pur costretti ad abitarci, sono esposti a dovere, da un momento all'altro, far uso in un modo o in un altro, di quella violenza che vorrebbero sopprimere. Nè servirebbe l'associarsi contro di essa, chè la Società è troppo perfettamente organizzata nella sua forma attuale, e la violenza si è impadronita troppo bene delle menti e degl'interessi di tutti perchè sia possibile a forze private di trovarne il punto debole per romperla e sgominarla. Un'associazione a questo scopo non avrebbe nemmeno il tempo di formarsi completamente, che già qualcuna delle persone interessate al mantenimento dell'attuale stato di cose, informata con uno degli infiniti mezzi di sorveglianza di cui dispongono, sarebbe in grado con due o tre uccisioni abilmente distribuite di incutere un salutare terrore agli aspiranti riformatori. Non parliamo poi delle calunnie, delle distruzioni di sostanze, dei libelli pubblicati nei giornali. Affinchè riescisse una tale associazione, bisognerebbe che fosse numerosa e composta tutta di persone decise a sacrificare per il loro fine le sostanze, la riputazione, la vita loro e delle famiglie. E questo è impossibile in qualunque paese del globo. Vi sono però casi di resistenza isolati; delle proteste eroiche e continuate, di cui l'ardire stesso ha salvato gli autori, tanto è certo che il loro esempio non è pericoloso, perchè nessuno lo imiterà, e difatti, fino adesso è stato ammirato, ma non seguìto.


§ 59. - Come la classe dominante sia fatalmente portata a proteggere i malfattori.

Per ciò che riguarda più specialmente la classe dominante, a queste difficoltà materiali si aggiungono le morali, più irrimediabili ancora perchè esistenti nell'animo stesso di coloro, che dovrebbero operare la reazione. Figuriamoci un uomo a cui il nome e la ricchezza permettono di aspirare ad un'alta posizione fra i suoi concittadini. Egli è giovane, ha ingegno, è ambizioso. Gli si presenta un'occasione di acquistare autorità e riputazione: saranno elezioni politiche od amministrative od altro. Un individuo che ha fama d'influente sulla popolazione viene ad offrirgli i suoi servigi; egli sa che altri si appoggiano sopra costui o su di altri simili a lui; sa che l'opinione pubblica non riprova il farlo. Ha ben sentito dire che quest'uomo ha commesso qualche omicidio, ma l'uccidere un uomo non è disonorante, talvolta anzi può esser prova di coraggio e di sentimento d'onore. Quegli omicidii stessi hanno procurato stima e riputazione al loro autore. D'altronde, egli è certo che per conto suo omicidii non ne saranno mai commessi; perchè non userebbe un istrumento simile a quelli che tutti usano? Egli ha ben sentito deplorare le condizioni di pubblica sicurezza di Palermo, le deplora egli stesso, forse ne ha avuto a soffrire nei suoi interessi, ma non percepisce ben distintamente il nesso di queste condizioni coll'atto ch'egli è per fare, ed in ciò, partecipa del resto allo stato di mente di buona parte dei suoi concittadini. Accetta il concorso offerto. Da quel momento in poi, è entrato nella gara delle rivalità e delle ambizioni: nè lui, nè altri può dire dove si fermerà nella scelta dei mezzi; l'abitudine, la passione potrà portarlo anche ad usare gli estremi. La riescita dipenderà dalla sua abilità, dalla sua energia, dalle circostanze; sarà forse di quelli, cui il predominio della violenza, tutti i conti fatti, riesce vantaggioso, ma il caso contrario è più probabile. Ad ogni modo egli è ben difficile che una volta agguantato dal vortice, voglia escirne, o, anche volendo, vi riesca. Perchè la mafia, come qualunque altra classe facinorosa, ha indole e modi di procedere tali, che difficilmente chi abbia avuto relazione con lei, può mai romperli del tutto. Rimane sempre l'addentellato di cui essa ha interesse e occasione di valersi, se non altro ad ogni nuovo arresto d'uno dei suoi membri. Ciò che abbiamo adesso descritto accade in gradi e sotto forme diverse a chiunque della classe dominante voglia approfittare della propria posizione. Parte lo fanno senza conoscere le ultime conseguenze cui vanno incontro, parte, sapendole benissimo. Taluni lo fanno per interesse personale, per esser posti a capo di qualche amministrazione, che fornisca loro guadagni leciti od illeciti; altri invece cercano autorità ed influenza per sincero amore del bene pubblico. Quasi tutti non capiscono che l'usare quei mezzi che si presentano a loro è la cagione prima dei mali che essi stessi deplorano e di cui talvolta sono i primi a soffrire. Se alcuno, superiore per ingegno, profondo conoscitore di altri paesi, lo intende, ed ha ripugnanza a contribuire ad un tale stato di cose, rimane fuori del tutto dagli affari pubblici, ed il più possibile dagli affari privati, spesso va a stabilirsi sul Continente, oppure vi passa buona parte dell'anno; oppure, se per necessità o per attività di mente non riesce a tenersi fuori dagli affari locali, si rassegna ad usar dei mezzi che gli sono imposti con una rabbia mal contenuta, che prorompe alla prima occasione in lamenti amari e spesso molto coraggiosi. Abbiamo avuto occasione di udirli più di una volta. Altri rimangono fuori dagli affari per una specie di ripugnanza istintiva per i mezzi che vedono adoperare: sono stati sul Continente, o nell'esercito, e sentono la differenza degli ambienti senza spiegarsela. Così tutti gli elementi di resistenza o si allontanano o se ne stanno neghittosi.

Ma il sentimento comune a quasi tutti della classe dominante, il quale è, se non l'appoggio, almeno la salvaguardia la più efficace per la classe facinorosa di fronte all'autorità pubblica, è quella passione di cui abbiamo così spesso parlato, di esercitare l'autorità privata, e di provare la sua potenza; passione tradizionale nell'aristocrazia specialmente; e questo fa sì che un signore richiesto della sua alta protezione non la rifiuta mai anche al più feroce assassino. Più il malfattore sarà pericoloso e conosciuto, più sarà grande il rischio che corre di essere arrestato o condannato, maggiore sarà la smania nel signore di affermare la sua potenza, proteggendolo o salvandolo anche quando non vi abbia nessun interesse materiale. Naturalmente, il malfattore così salvato diventa l'uomo del suo protettore nel senso feudale della parola; ha in certo modo ricevuto da lui in feudo la vita, e, d'allora in poi, è pronto ai suoi servizi. E colle tradizioni di violenza ancora in vigore, col piccolo valore dato alla vita dell'uomo, quel signore avrebbe una forza d'animo più che umana, se, ricevendo danno od offesa, non adoperasse per la sua vendetta l'istrumento che ha sotto la mano.

Questo spirito di alta protezione e reciprocamente di clientela che è uno dei più significativi fra i caratteri medioevali e feudali rimasti nella società siciliana, è più speciale alla città di Palermo, perchè è stato ognora ed è pure adesso il centro principale dell'aristocrazia siciliana, ed il luogo dove la sede principale del Governo ha richiamato le gare e le rivalità fra i suoi membri. Quest'ultimo fatto ci sembra pure una delle ragioni per cui le tradizioni di prepotenza e di violenza reciproca siano rimaste più vivaci nei membri della classe dominante residente in Palermo, che in quelli i quali abitavano altrove, specialmente nelle grandi città della costa orientale dell'Isola.

Ad ogni modo, e qualunque ne siano le cagioni, questi sentimenti di prepotenza e questa facilità alla violenza nella classe che è fondamento di tutte le relazioni sociali in Sicilia, fa sì che non solo essa non possa usar la forza che sola avrebbe, di distruggere l'autorità materiale e morale della classe facinorosa, e d'impedire in generale l'uso della violenza, ma ancora ch'essa sia cagione diretta per cui la pubblica sicurezza persista nelle sue condizioni attuali. La forza che deve dar la prima spinta al mutamento di queste condizioni deve dunque essere assolutamente estranea alla società siciliana, e venire di fuori: deve essere il Governo. Ma il Governo appoggiandosi, come lo abbiamo già detto, e come avremo luogo di dimostrarlo, principalmente su quella classe dominante stessa, si trova in una posizione singolare. Da un lato il suo fine più immediato ed importante è di sopprimere la violenza; dall'altro, per i principii stessi che lo informano, si regge sulla classe dominante, e l'adopera come consigliera e in parte come istrumento nella legislazione e nella pratica di governo. Di modo che ha in mano dei mezzi che sono in contraddizione col suo fine, e conviene che rinunzi o al suo fine, o all'aiuto, e all'appoggio della classe dominante locale. Non avendo fino adesso rinunziato a questo, ha, per necessità, sacrificato quello. Quando ragioneremo delle relazioni del Governo cogli elementi locali e colla sedicente opinione pubblica siciliana, avremo occasione di esporre in particolare, le vie per mezzo delle quali l'influenza di questi elementi agisca sul modo di procedere del Governo. Ma fino da ora possiamo dire che questa influenza e la sua incompatibilità col fine immediato e principale del Governo in Palermo, col ristabilimento cioè della pubblica sicurezza, è fra le prime ragioni della fiaccona e della noncuranza di questo nella ricerca e l'applicazione dei provvedimenti contro il delitto.

Dunque, nelle presenti condizioni di fatto e coll'attuale sistema di governo che si appoggia sulla classe dominante, la cagione prima e il fondamento, non della esistenza, ma della persistenza delle condizioni di pubblica sicurezza in Palermo e dintorni, è la parte diretta ed indiretta che ha in queste condizioni la classe dominante. Oppure, se vogliamo considerare il fatto sotto un altro aspetto: nelle presenti condizioni di fatto e colla partecipazione della classe dominante alle condizioni di pubblica sicurezza in Palermo e dintorni, la cagione prima e fondamentale della persistenza di queste condizioni è il fatto che il Governo si appoggia, per reggere il paese, su questa classe dominante. Del resto, ciò non è speciale a Palermo e dintorni, ma comune a tutta quella parte di Sicilia in cui lo stato della pubblica sicurezza, considerato al punto di vista di una società moderna, è anormale.