Seguito dell'esame della proposta di relazione finale

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SENATO DELLA REPUBBLICA CAMERA DEI DEPUTATI

XIII LEGISLATURA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI



RESOCONTO STENOGRAFICO 53a SEDUTA MARTEDI' 27 FEBBRAIO 2001


Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI


I lavori hanno inizio alle ore 16

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Presidenza del presidente CIRAMI

SULLA PUBBLICITA' DEI LAVORI

PRESIDENTE. Propongo che sia attivato, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del Regolamento interno, il collegamento audiovisivo a circuito chiuso. Non facendosi osservazioni, il collegamento è attivato.

Seguito dell'esame della proposta di relazione finale

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, in questo momento sono convocate sia l'Assemblea del Senato sia quella della Camera dei deputati e questo ci costringe a conciliare i nostri impegni con quelli dei senatori e dei deputati. Devo dare atto che, quando abbiamo fissato le date delle nostre sedute, lo abbiamo fatto in base alla conoscenza dei calendari dei lavori delle due Assemblee che non prevedevano questa straordinarietà di impegni.

Comunico inoltre che l'onorevole Gaetano Veneto ha depositato questa mattina una nota intitolata :"Note conclusive, modificative, integrative e sostitutive della proposta di relazione finale presentata dal relatore, senatore Melchiorre Cirami". Sono sgomento delle conclusioni dell'onorevole Veneto e non so neppure quali parti della proposta di relazione secondo lui dovrebbero essere sostituite. Ritengo giusto comunque disporre che la nota dell'onorevole Veneto sia allegata al resoconto stenografico della seduta di oggi.

A questo punto, in considerazione dei concomitanti impegni parlamentari, il seguito dell'esame della proposta di relazione finale è rinviato alla seduta prevista per domani, mercoledì 28 febbraio, alle ore 9,30.

I lavori terminano alle ore 16,05.

NOTE CONCLUSIVE MODIFICATIVE, INTEGRATIVE E SOSTITUTIVE DELLA PROPOSTA DI RELAZIONE FINALE PRESENTATA DAL RELATORE SENATORE MERLCHIORRE CIRAMI.

Dopo attenta lettura critica dell'intera proposta di relazione finale, così come elaborata e documentata, con dovizia di supporti documentali e di collaborazioni consulenziali, del più diverso genere, dal Presidente della Commissione, senatore Melchiorre Cirami, si ritiene di proporre quanto in appresso.

A - Preliminarmente, come giustamente si riconosce nel primo capitolo della proposta, l'esiguità del tempo a disposizione della Commissione non ha permesso di approfondire adeguatamente le problematiche connesse al dissesto della Fedit, così da poter puntualmente soddisfare a quanto insieme previsto e richiesto dalla legge 2 marzo 1998, n.33.

I limiti di tempo e, dato di non poco conto, di mezzi organizzativi e finanziari che hanno soffocato il respiro di indagine e ricerca della Commissione (si pensi, fra tutti, ai problemi posti dall'esigenza di far analizzare ai consulenti centinaia di bilanci di consorzi agrari provinciali per vari decenni) rendono estremamente precaria la possibilità di un giudizio, insieme particolareggiato e globale, su eventuali responsabilità sulle relazioni fra bilanci falsi Fedit, basati, a loro volta, su crediti non escussi dai consorzi, nonché sulla globale effettiva consistenza patrimoniale della Federazione, anche ai fini della conseguente valutazione di congruità delle cifre, volta a volta, determinate da esperti e consulenti per la cessione del credito concordatario.

B - Un discorso più generale va fatto sullo "strabismo" palesemente rilevabile in tutti i passaggi valutativi nella relazione: questo difetto ottico induce, in sostanza, a ritenere Confagricoltura e, soprattutto, Coldiretti protagonisti quasi esclusivi della storia ed insieme della tragedia della Fedit. Sempre seguendo tale ottica valutativa, in sostanza, registi dell'intera operazione (più o meno dolosa) sfociata nel dissesto, con costi per la collettività di varie migliaia di miliardi, sarebbero, in ordine e responsabilità crescente, i vari direttori generali e presidenti Fedit, i responsabili Confagricoltura e, primo fra tutti, il presidente della Coldiretti, nelle varie fasi storiche, con particolare riguardo all'onorevole Arcangelo Lobianco.

La tesi, suggestiva quanto semplicistica, può essere ribaltata sol che si pensi agli enormi condizionamenti che la Democrazia cristiana (e in parte nettamente, se non infinitamente, inferiore, gli altri partiti di maggioranza al governo), sin dalla fine degli anni quaranta, ha esercitato nel selezionare e promuovere a Ministri dell'agricoltura e del lavoro, a presidenti di Confragricoltura e Coldiretti, a dirigenti e responsabili di tutti gli uffici pubblici (non esclusi quadri superiori e vertici perfino delle magistrature di merito e legittimità, della Corte dei conti, nonché della stessa Banca d'Italia), così da creare e portare a compimento un sistema, insieme corrotto e corruttore, non a caso messo in discussione e profondamente scosso, in non casuale sintonia negli anni 1992-1993, dalla tangentopoli milanese al tracollo appunto della Federconsorzi.

Riconducendo, pertanto, ad un diverso equilibrio i rapporti ed i condizionamenti Fedit-Coldiretti, da un lato e DC, dall'altro, può anche più facilmente comprendersi la, forse tradiva, ma significativa, operazione di sganciamento della Coldiretti dalla DC, proprio in prossimità del dissesto Fedit. Se è vero che l'onorevole Lobianco proclama la fine del collateralismo della DC solo il 21/23 maggio 1991 (assemblea generale Coldiretti), è altresì vero che ormai da un paio di anni un ferreo asse lega i potenti della maggioranza nel tempo. Il CAF, pur tra tensioni e fibrillazioni volta a volta segnalanti i mutamenti di equilibrio, ha omologato il sistema politico del tempo, così da espungere qualsivoglia forma di autonomia o condizionamento al suo interno. La Coldiretti, in quel momento, ridottisi altresì progressivamente gli spazi ed i ruoli di effettivo peso nell'economia del settore agricolo, andava emarginata. Così quest'ultima, secondo una nota regola, finiva col fare di necessità virtù.

C - Ulteriore considerazione critica e di necessario ridimensionamento della pur valida e ponderosa proposta di relazione finale va presentata in ordine ad alcune ricostruzioni, ictu oculi, troppo "personalizzate". Fuor di metafora, mentre non può che consentirsi sulle parti della proposta di relazione che si sono spogliate della "strada giudiziale" all'interpretazione del dissesto Fedit, si deve guardar con preoccupazione, non consentendovi, a ricostruzioni di posizioni di alcune figure, pur rilevanti nella commedia, anzi tragedia, recitata a soggetto per il caso Fedit. E' il caso per esempio, delle diverse "letture" delle posizioni dei ministri Pandolfi, Mannino, Saccomandi e Goria. Premesso che poco interessa, ai fini della Commissione, giudicare gli uomini, specie nel "foro interno", la lettura di Mannino è, a dir poco, "affettuosa", ove si pensi che lo stesso, come ministro della Repubblica, ha operato proprio nel periodo massimo di avventurosità gestionale Fedit-Coldiretti.

D - Un discorso a parte, ma centrale nella valutazione critica della proposta, va fatto a proposito del giudizio ampiamente positivo sull'"atto-quadro", fonte ed insieme effetto di operazioni certamente radicalmente contestabili in ordine alla valutazione e cessione del patrimonio Fedit alla SGR.

In proposito, la relazione mette in secondo piano, rispetto alla effettiva gravità, i contenuti economici dell'operazione, privilegiando al contrario, in parallelo, valutazioni tecniche positive sull'"atto" o giudizi, anch'essi tecnici e debordanti dai compiti di questa Commissione, sull'operato dei giudici penali, a loro volta impegnati dal sindacato sull'azione, ritenuta criminosa, del presidente Ivo Greco. L'analisi, così come condotta nella proposta, pur pregevole sul piano dello sforzo logico-ricostruttivo, appare perdere di vista l'obiettivo posto dal legislatore nella promulgazione della legge 33/98. Il Parlamento della Repubblica italiana era ed è interessato a conoscere le ragioni economiche e politiche del dissesto Federconsorzi, le ragioni e i protagonisti dell'"operazione" SGR, con le eventuali connessioni con poteri, occulti e non della politica, dell'economia e del sistema finanziario nazionale ed infine ragioni, responsabilità e nomi in ordine al "filo che lega i regressi dissesti dei consorzi agrari".

Se è pur vero che non mancano "tocchi" o brevi "affreschi", che segnalano responsabilità di partiti e/o di governi, è altrettanto vero che, nella ciclopica opera di raccolta documentale e nella prolissa proposta di relazione si finisce col perdere pregnanza e specificità nelle responsabilità della protagonista quasi assoluta della storia Fedit: la Democrazia cristiana, fino alla sua estinzione, nel 1992-1993 appunto.

E - Infine, last but not least, il ruolo del sistema bancario (e finanziario, più in generale), con le precise responsabilità di istituti e uomini. Se è vero, in proposito, che il professor Pellegrino Capaldo appare il naturale pendant di Lobianco-Coldiretti, è altrettanto vero che non risulta del tutto approfondita, anzi si stempera notevolmente, la necessaria rigorosa analisi delle gravissime responsabilità delle banche (e, non molto da meno di Bankitalia), nell'intrecciare con la Democrazia cristiana, e quasi esclusivamente con essa, il "balletto" dei fidi facili, dei tassi di interessi incontrollati, della totale assenza di garanzie e di controlli, riuscendo persino a far perdere ogni immagine di credibilità al nostro sistema bancario sul piano internazionale. Anche in questo caso, pur con la considerazione dei tempi limitati, l'operazione condotta nella proposta appare nettamente riduttiva rispetto all'esigenza di condanna inappellabile di istituti e uomini dell'economia, della finanza e della politica fino a tutto il 1992.