Audizioni Commissione d'inchiesta Federconsorzi/23
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SENATO DELLA REPUBBLICA ----------------------------------------------CAMERA DEI DEPUTATI
XIII LEGISLATURA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI __________
RESOCONTO STENOGRAFICO
DELLA
SEDUTA DI MARTEDI’ 23 NOVEMBRE 1999
__________
Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI
I lavori hanno inizio alle ore 19,30 (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)
Presidenza del presidente CIRAMI Comunicazioni del Presidente
PRESIDENTE. In apertura di seduta, consentitemi di rendere alcune comunicazioni.
Il secondo gruppo di lavoro, riunitosi il 28 ottobre 1999, ha esaminato un documento elaborato dagli ufficiali della Guardia di finanza, collaboratori a tempo pieno della Commissione, volto a ricostruire le attività finanziarie e immobiliari poste in essere dalla S.G.R.: si è convenuto che tale documento sia integrato dopo aver richiesto alla S.G.R. ulteriori elementi di conoscenza che consentano di redigere un elenco aggiornato e completo di tutte le partecipazioni, con indicazione percentuale delle quote possedute, del costo storico e del valore di realizzo, nonché di procedere allo sviluppo delle compagini sociali delle cessionarie di maggiore interesse; si è altresì stabilito di approfondire alcune transazioni immobiliari dopo aver acquisito ulteriori elementi in ordine soprattutto alle modalità di formazione del prezzo base d’asta. Facendo seguito alle determinazioni assunte dal secondo gruppo di lavoro ho inviato, il 17 novembre 1999, al direttore generale della S.G.R. richiesta di trasmissione di documentazione integrativa riguardante le partecipazioni e le cessioni immobiliari di S.G.R..
In data 1° novembre 1999, il dottor Pellizzoni, nel restituire il resoconto stenografico corretto della sua audizione, ha ritenuto di dover informare la Commissione che è stato chiesto il suo rinvio a giudizio, come amministratore delegato della Fedital, per presunte irregolari importazioni di formaggio dalla Svizzera nel periodo 1988-1993.
In data 11 novembre 1999, ho inviato ai legali rappresentanti dei consorzi agrari provinciali richiesta di documentazione al fine di raccogliere elementi di valutazione indispensabili sulle vicende di ciascuno di essi. In particolare, sulla base delle indicazioni provenienti dal primo gruppo di lavoro, ho ritenuto opportuno richiedere una relazione scritta contenente la ricostruzione delle condizioni economico-finanziarie ed operative di ogni consorzio dal 1982, l’indicazione delle ragioni strutturali ed economiche del buon andamento del consorzio, nonché la ricostruzione dei rapporti con la Fedit e, per i consorzi non in bonis, l’individuazione dell’epoca di insorgenza e l’indicazione delle cause della crisi, l’esposizione delle determinazioni adottate per fronteggiarla, la ricostruzione dell’evoluzione, delle ragioni, delle modalità e dell’entità dell’indebitamento con la Fedit e con il sistema bancario, l’indicazione delle eventuali comunicazioni indirizzate al Ministero circa le condizioni di irreversibile difficoltà del consorzio e delle determinazioni adottate.
In data 12 novembre 1999, ho autorizzato il professor De’ Giovanni, il dottor Marcucci e il ragionier Picone, nostri collaboratori, a recarsi presso gli archivi della Federconsorzi, situati in località Castelnuovo di Porto al fine di prendere visione, ed eventualmente estrarre copia, dei documenti ivi custoditi e necessari per l’espletamento dell’incarico loro conferito in data 5 ottobre 1999. Il professor De’ Giovanni e il dottor Marcucci, in data odierna, mi hanno informato che il 15 novembre 1999 hanno proceduto all’accesso nei locali della Federconsorzi per esaminare gli atti necessari all’espletamento dell’incarico: trattandosi di un lavoro che richiederà più visite e la consultazione di parecchie carte, l’avvocato Lettera, commissario governativo della Fedit e custode giudiziario degli atti, ha fatto loro presente che su richiesta della Commissione, potrebbe mettere a disposizione personale e mezzi per agevolare la ricerca e l’individuazione della documentazione necessaria.
In data 15 novembre 1999, il direttore generale dell’ABI ha trasmesso copia della documentazione relativa alla vicenda Federconsorzi reperita presso l’Associazione, da noi richiesta in vista dell’audizione dell’avvocato Granata, calendarizzata per giovedì 25 novembre: si tratta di un numero considerevole di atti di notevole interesse per l’inchiesta.
Infine, in data odierna, il sostituto della Repubblica di Roma, dottor Giuseppe Andruzzi, ha finalmente risposto alla nostra richiesta di informazioni sul procedimento penale a lui affidato concernente i rapporti tra l’AIMA e Federconsorzi, precisando che l’indagine riguarda gli aiuti comunitari relativi alle campagne di commercializzazione 1989-1990 e 1990-1991 della produzione di semi di soia e che il suo Ufficio sta valutando, sotto il profilo della dolosità delle condotte, le fonti di prova individuate dalla Polizia comunitaria.
Seguito dell’audizione della dottoressa Gabriella Delle Monache e del dottor Vincenzo Pilo.
PRESIDENTE. La Commissione procede oggi al seguito dell’audizione della dottoressa Gabriella Delle Monache e del dottor Vincenzo Pilo che ringrazio per aver accolto, con cortese disponibilità, il nostro invito.
Prima di dare il via alle domande, avverto che i nostri lavori si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l’articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del nostro Regolamento interno, l’impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Qualora da parte della dottoressa Delle Monache o del dottor Pilo o di colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l’impianto audiovisivo per il tempo necessario.
Preciso inoltre che dell’audizione odierna è redatto il resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell’articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alle persone ascoltate e ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportandovi le correzioni di forma che riterranno, in vista della pubblicazione negli Atti parlamentari.
Vi informo che il dottor Pilo ha inviato, in data 27 ottobre 1999, una breve memoria esplicativa sull’impostazione da lui data alle dichiarazioni rese nel corso della precedente audizione del 5 ottobre, mentre la dottoressa Delle Monache ci ha trasmesso, in data 5 novembre 1999, ulteriore documentazione: in particolare ci vengono inviate la relazione del 18 febbraio 1985 redatta dal gruppo di lavoro sulle cessate gestioni statali di ammasso, le direttive impartite dal Ministero ai consorzi agrari, successivamente al commissariamento della Fedit, talune segnalazioni rimesse al Ministero dai componenti dei collegi sindacali di nomina ministeriale ed infine le richieste di parere inoltrate agli Organi consultivi dello Stato per verificare la legittimità di alcune deliberazioni adottate dagli Organi statutari dei CAP.
Ricordo che, nella scorsa audizione, avemmo modo di porre ai nostri auditi numerose domande inerenti ai rapporti che intercorrevano tra il Ministero, la Federconsorzi e i consorzi. Per quanto mi riguarda rimangono però inesplorati alcuni aspetti, mi riferisco ad esempio al problema della gestione degli ammassi, rispetto al quale, se i colleghi lo consentono, desidererei porre una serie di domande di cui prego i nostri ospiti di prendere nota in modo da poter fornire una risposta globale e complessiva.
Da quale Direzione generale venivano controllate le gestioni degli ammassi? Dove è custodita la relativa documentazione?
Come avvenivano i commissariamenti? Veniva espletata una attività istruttoria? Da chi? Dove si trovano le relative relazioni?
Sono mai stati mossi rilievi alle operazioni di rivalutazione degli immobili di pertinenza dei consorzi? Quale è stato l’atteggiamento della vigilanza a fronte del progressivo aumento dell’indebitamento dei consorzi rilevabile dai bilanci?
Nei bilanci dei consorzi venivano esposti eventuali contributi alle associazioni di categoria? In quale misura? Erano ritenuti legittimi?
Corrisponde al vero che alcuni consorzi agrari erano già in crisi negli anni ’60? Quanti? Quanti ne furono commissariati? Corrisponde al vero che, negli anni ‘60, la liquidazione coatta del consorzio di Napoli era in corso da circa 19 anni?
In base a quali criteri venivano nominati i sindaci che rappresentavano il Ministero presso i consorzi? Esisteva un elenco? Quante volte, mediamente, si recavano presso i consorzi per l’espletamento del loro mandato?
Considerato che un numero rilevante di consorzi fu commissariato prima del 1991 e che i consorzi erano gli unici soci della Fedit, doveva apparire evidente che anche la holding non poteva che essere in gravi difficoltà, salvo che, venendo meno alla sua stessa ragion d’essere, realizzasse profitti in danno dei soci: quali conseguenti determinazioni sono state assunte dal punto di vista amministrativo e, se risulta, dal punto di vista politico?
Quali effetti ha cominciato a produrre l’entrata in vigore della nuova legge sui consorzi agrari? Si sta procedendo a delle nomine?
Questa è sostanzialmente la prima serie di domande che desideravo porre, successivamente mi riservo di sottoporre alcune questioni anche al dottor Pilo.
DELLE MONACHE. Signor Presidente, la gestione degli ammassi ed i consorzi agrari - al riguardo il mio ricordo va solo da un certo periodo in poi - venivano controllati dalla stessa direzione generale che in origine era la Direzione generale dell’alimentazione. Nel 1977, successivamente alla soppressione di questa direzione, le relative competenze furono trasferite alla Direzione generale della produzione agricola a cui sono rimaste in carico fino al 1994 e cioè quando fu soppresso il Ministero dell’agricoltura e fu istituito il Ministero delle risorse agricole. Pertanto, ad espletare tale funzione di controllo era la Direzione generale per l'alimentazione fino al 1977; la Direzione generale della produzione agricola dal 1977 al 1994; dal 1994 a tutt'oggi, noi. In ultimo, accennerò ad alcuni aspetti della recente legge.
Una gran parte della documentazione di controllo si trova nell'archivio Federconsorzi del commissario governativo; un'altra parte è nell'archivio del Ministero.
Lei ha poi chiesto come avvenivano i commissariamenti, se veniva espletata un'attività istruttoria e da chi, e dove si trovano le relative relazioni. Sicuramente per espletare un'attività istruttoria c'è una proposta del commissario, ma anche una indicazione dei sindaci; per gli anni addietro dovrei fare una ricerca particolare, ma negli ultimi anni i commissariamenti avvenivano a seguito di indicazioni dei sindaci e di relazioni degli uffici su elementi anomali, con le relative istruttorie. Questo è il sistema attuale, ma non ricordo come avvennero i commissariamenti negli anni '60,'70 e '80. Le relazioni sono negli archivi e tutte quelle che abbiamo ve le possiamo dare; considerate che ci sono stati traslochi da via Sallustiana a via Torino e qualcosa potrebbe non esserci. E' possibile comunque raccogliere un campione significativo di un certo numero di anni.
PRESIDENTE. Vi ho poi chiesto se sono mai stati mossi dei rilievi alle operazioni di rivalutazione degli immobili di pertinenza dei consorzi, ai fini della loro valutazione in bilancio, e quale è stato l'atteggiamento della vigilanza a fronte del progressivo aumento dell'indebitamento dei consorzi rilevabile dai bilanci.
I bilanci venivano portati in pareggio attraverso una rivalutazione degli immobili; raggiunto quel tetto, si procedette alla liquidazione. Da parte della vigilanza sono stati mossi rilievi sulla rivalutazione degli immobili, ai fini della stesura dei bilanci?
PILO. Questo elemento dei bilanci dei consorzi agrari richiamato dal Presidente è uno di quelli che con maggior frequenza veniva considerato e spesso osservato dagli uffici in sede di esame dei bilanci e degli atti sottoposti all'approvazione o alla verifica del Ministero. Ricordo che in alcuni casi proprio a questo riguardo si aprivano discussioni accese con i consorzi, proprio tenendo conto di quanto ha sottolineato poc'anzi il Presidente: infatti, una rivalutazione abnorme degli immobili poteva consentire di far quadrare bilanci che diversamente non potevano essere portati a pareggio. Era questo, in effetti, uno dei momenti di controllo più intensi, sui quali mi sono soffermato nella precedente audizione. Anche in tale caso, dall'esame degli atti, si evince in quali circostanze l'amministrazione è intervenuta col passare del tempo.
PRESIDENTE. Nei bilanci dei consorzi venivano esposti eventuali contributi alle varie associazioni di categoria e in quale misura? Erano legittimi?
PILO. Allo stato, non sono in grado di rispondere a questa domanda; dovrei poter acquisire alcuni elementi conoscitivi.
PRESIDENTE. Ci risulta che alcuni consorzi agrari erano già in crisi negli anni '60; ricordate quanti e quanti ne furono commissariati? E' vero che la liquidazione coatta del consorzio di Napoli era in corso da almeno 19 anni?
PILO. Ho trovato alcuni documenti in particolare copia delle relazioni che producevano via via gli uffici, sia in occasione del parere che l'amministrazione esprimeva sul bilancio dei consorzi agrari, sia durante l'esercizio, relazioni che servivano a chiarire al Ministro le diverse situazioni. Riguardo alla domanda postami dal Presidente ho un appunto dell'allora Direzione generale competente sulla situazione operativa dei consorzi agrari provinciali, che porta la data del 22 febbraio 1969, che desidero leggere integralmente in alcune sue parti: "I Consorzi agrari provinciali, sottoposti alla vigilanza di questo Ministero, sono 84, tra cui 7 costituiti in consorzi agrari interprovinciali (Massa-Lucca, Bari-Brindisi, Treviso-Belluno, Genova-Savona-La Spezia, Chieti-Pescara, Gorizia-Udine, Rieti-Terni). Inoltre è in corso il procedimento per la formazione di altri Organismi a carattere interprovinciale (Napoli-Salerno ed eventualmente Potenza-Matera)". "Dei consorzi sottoposti alla diretta vigilanza di questo Ministero: 1 si trova in liquidazione coatta amministrava, 9 in gestione commissariale e 64 in gestione ordinaria". Con riferimento particolare al consorzio di Napoli, l'appunto, dopo alcune righe, così prosegue: "Con decreto ministeriale 5 marzo 1952 il consorzio fu posto in liquidazione coatta amministrativa per insufficienza dell’attivo con l'autorizzazione al commissario liquidatore all'esercizio provvisorio dell'impresa". Alla fine dell'appunto si legge: "Poiché il Consorzio, però, non ha potuto dimostrare mediante l'esercizio provvisorio di essere in grado di assicurare alla propria gestione un sufficiente grado di autonomia economica tanto che il suo disavanzo patrimoniale al 31 dicembre 1967 risultava di 480 milioni, è stato ritenuto valido il parere espresso dalla Federconsorzi che la costituzione di un organismo interprovinciale, ai sensi dell'articolo 6 del D.L. 7 maggio 1948, n.1235, mediante la fusione per incorporazione del Consorzio in quello limitrofo di Salerno, fosse la sola possibile soluzione atta a determinare la chiusura della liquidazione.
A seguito, quindi, dell'impegno da parte del Consorzio di Salerno di assumersi la metà del disavanzo patrimoniale mediante la registrazione del relativo importo in un conto infruttifero, e dell'accredito al Consorzio da parte della Federconsorzi della restante metà, con D.M. 28 dicembre 1968 è stata disposta la revoca della liquidazione coatta amministrativa e la nomina di un Commissario governativo.
Allo stato delle cose il Commissario liquidatore, avvalendosi dei poteri dell'Assemblea dei soci conferitigli con il citato decreto ministeriale ha deliberato la fusione per incorporazione del Consorzio in quello di Salerno per la costituzione dell'organismo interprovinciale "Consorzio agrario interprovinciale di Salerno e Napoli".
La delibera commissariale è stata approvata con nota n.IV/458 del 17 febbraio 1969".
A quella data, quindi, è stato costituito un organismo interprovinciale, a seguito dell’approvazione della delibera commissariale, e terminava l’autonomo esercizio del consorzio di Napoli.
PRESIDENTE. Lo stato di liquidazione coatta durò quindi fino al 1968; fu poi revocato e subentrò il commissariamento. Quindi, i 19 anni di cui parlavo si riducono a 16 o a 17. Riguardo alle domande formulate in materia di consorzi commissariati negli anni ’60, qualora avvertiate l’esigenza di effettuare delle verifiche, potrete provvedere ad inviarci la documentazione successivamente.
Un’altra domanda riguardava i criteri di nomina dei sindaci che rappresentavano il Ministero nei consorzi. Esisteva un elenco in proposito?
DELLE MONACHE. La legge prevedeva la nomina dei sindaci da parte dell’assemblea, poi sulla base dell’articolo 44 del decreto legislativo n.1235 del 1948 è stata prevista un’integrazione dei collegi sindacali con tre sindaci ministeriali normalmente appartenenti ai ministeri del Tesoro, dell’Agricoltura e del Lavoro. Non esistevano elenchi dei sindaci né nel nostro, né negli altri ministeri, pertanto per ricoprire questa funzione venivano scelti funzionari che avevano competenze specifiche nel settore.
PRESIDENTE. Dottoressa Delle Monache, quante volte i sindaci si recavano presso i consorzi per l’espletamento del loro mandato? Si trattava solo di un fatto formale e quindi questo impegno si limitava ad una visita un volta l’anno?
DELLE MONACHE. No, le visite erano più numerose.
PRESIDENTE. Questo le risulta con certezza?
DELLE MONACHE. I dati a cui faccio riferimento sono sempre abbastanza recenti e, per quanto riguarda questa fase, i controlli certamente non si limitavano a una sola volta l’anno. In ogni caso, al fine di una maggiore precisione, provvederò ad effettuare delle verifiche.
PRESIDENTE. In una delle ultime domande, dopo aver premesso che un numero rilevante di consorzi fu commissariato prima del 1991, che i consorzi erano gli unici soci della Fedit, ed altresì che appariva evidente che anche la holding non poteva che essere in gravi difficoltà, ho chiesto quali conseguenti determinazioni fossero state assunte dal Ministero dal punto di vista amministrativo e politico.
Ripeto, vorrei sapere quali furono le conseguenze sul piano amministrativo della decozione o dell’iter di decozione di alcuni consorzi agrari in stato di commissariamento o di liquidazione, anche perché immagino che questo stato di cose, dovesse necessariamente riflettersi sulla Federconsorzi. Ebbene, quali furono, dal punto di vista politico ed amministrativo, la determinazione del Ministero nei confronti della Federconsorzi?
PILO. Signor Presidente, in risposta alla questione da lei sollevata, se mi è consentito, vorrei leggere un passo di un appunto relativo alla situazione dei consorzi agrari provinciali evidenziata dai risultati di gestione dell’esercizio 1989 contraddistinto con il riferimento "Segreteria 61". Tale documento era stato predisposto in data 14 marzo 1991 dall’allora direttore generale pro tempore.
PRESIDENTE. Mi sembra di ricordare che a quella data il ministro fosse l’onorevole Saccomandi. Inoltre, chi ricopriva la carica di direttore generale?
PILO. Sì, signor Presidente, infatti c’è una notazione che fa riferimento al ministro Saccomandi. Il direttore generale era invece il dottor Incoronato.
Do quindi lettura di due periodi fondamentali dell’appunto: "Per quanto attiene ai Consorzi agrari sottoposti alla vigilanza di questo Ministero, si osserva che, oltre a quelli in liquidazione coatta amministrativa o in gestione commissariale, presenta situazioni del tutto insoddisfacenti un gruppo di 12 Consorzi che hanno chiuso il bilancio 1989 con una rilevante perdita di esercizio. Precisamente trattasi dei seguenti Consorzi: Arezzo, Bari-Brindisi, Cuneo, Foggia, Forlì, Imperia-Savona-Genova-La Spezia, L’Aquila, Novara, Pavia, Pesaro, Salerno e Taranto. Alcuni di essi hanno utilizzato anche rivalutazioni immobiliari.
Altri 10 Consorzi hanno, invece, chiuso il bilancio in pareggio, ricorrendo però a rivalutazioni di immobili o a conguagli monetari, in alcuni casi veramente notevoli. E’ il caso dei Consorzi di Alessandria, Ferrara, Latina, Lecce, Macerata, Modena, Nuoro, Roma-Frosinone, Venezia e Viterbo".
Nel testo dell’appunto compare inoltre il dato relativo al numero dei consorzi commissariati (10) e a quelli in liquidazione coatta amministrativa (9) il cui elenco si può evincere dalla tabella allegata all’appunto stesso che consegno agli atti.
PRESIDENTE. Nell’ultima serie domande ho chiesto quali effetti a vostro avviso abbia cominciato a produrre l’entrata in vigore della nuova legge sui consorzi agrari (la n. 410 del 1999) e se si stia già procedendo alle nomine.
DELLE MONACHE. Dopo l’entrata in vigore della legge non vi sono state nomine. La legge entra in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e quindi posso dire che non vi sono stati periodi di vacatio. Per quanto mi riguarda, mi sono recata presso il Ministero del lavoro proprio per avere dei chiarimenti sulle modalità con cui effettuare la vigilanza.
Abbiamo inoltre già provveduto ad informare i consorzi circa la decadenza dei sindaci ministeriali, secondo quanto previsto dalla legge. Inoltre abbiamo preso accordi con il direttore generale del Ministero del lavoro, il dottor Di Iorio, per valutare quale documentazione fornire in via prioritaria per poter cominciare ad operare, considerato che le carte da trasferire sono tantissime e quindi questa operazione richiederà certamente del tempo.
Abbiamo altresì invitato tutti i consorzi in bonis ad inviare una copia dell’ultimo bilancio ed una relazione in cui evidenziare i problemi più significativi affinché il Ministero del lavoro possa subentrare rapidamente, riservandoci di fornire via via tutte le spiegazioni e la documentazione in nostro possesso.
Tengo comunque a sottolineare che vi sono dei dubbi interpretativi circa le modalità con cui dovrà essere effettuata la vigilanza nel caso di consorzi in liquidazione coatta. Di questo problema si è discusso ancora in via informale, tra l’altro si è ipotizzato di richiedere un parere al Consiglio di Stato.
Per quanto riguarda la gestione degli ammassi, ci siamo rivolti al Ministero del tesoro, a cui personalmente ho inviato una lettera in cui si descrive la situazione facendo anche presente che la normativa non stabilisce in che modo debbano essere calcolati gli interessi.
Abbiamo inoltre provveduto ad inviare anche la relazione al disegno di legge stilata dal ragioniere generale dello Stato, dottor Monorchio. In tale relazione vengono poste una serie di ipotesi, in quanto la somma stanziata consente una copertura abbastanza ampia e quindi, dalla lettura di tale documento, ci sembra di percepire che più di una ipotesi è sostanzialmente possibile, ma al contempo ritengo che non sia da considerare quella che prevede in termini percentuali il 4,40 in più. In tal senso abbiamo interessato il Ministero del tesoro al fine di avere dei chiarimenti su questi aspetti.
In conclusione queste sono le prime iniziative che abbiamo preso, ve ne sono altre tuttora in corso, ma posso assicurare che per il momento non è stato possibile fare di più.
PRESIDENTE. Dottoressa Delle Monache, le saremmo grati se volesse inviarci la documentazione relativa a tutte le iniziative da lei descritte.
DELLE MONACHE. Signor Presidente, provvederò a inviarla via fax entro domani.
PRESIDENTE. Per quanto mi riguarda avrei esaurito le domande che intendevo porre in merito alla gestione degli ammassi. Ora, se i colleghi me lo consentono, desidererei sottoporre al dottor Pilo due ulteriori quesiti.
Nella precedente audizione lei, dottor Pilo, ha parlato delle relazioni al Ministro relative agli esercizi 1987 e 1988 della Fedit. A tale riguardo vorrei pertanto sapere: chi ne fu l’autore? Quali erano le conclusioni di quelle relazioni? A quale Ministro furono consegnate? Quali sono state le determinazioni adottate? Dove avvennero gli asseriti incontri con Pellizzoni e quale fu l’esito? La questione fu riferita al Ministro? Esistono relazioni scritte? Dove sono?
PILO. Ho con me le copie delle relazioni del 1986, 1987 e 1988 che pure consegno agli atti e che, come detto, analizzano la situazione del sistema così come nell’appunto-relazione anzidetto del 1989. In particolare, la relazione che porta la data del 14 gennaio 1987 si riferiva al bilancio 1985, in quanto, voglio precisare, le relazioni venivano stese sia immediatamente alla chiusura dell'esercizio, con un primo riscontro su tutti i bilanci dei consorzi agrari, offrendo così una prima valutazione al Ministro, sia in tempi successivi, sciogliendo la riserva di svolgere un lavoro di analisi organica sui bilanci. Considerando infatti il periodo di tempo necessario per la ricezione di tutti i bilanci, nonché il tempo necessario per la loro analisi, si arrivava alla fine dell'anno immediatamente successivo o ai primi giorni dell'anno seguente, appunto il 14 gennaio, in questo caso. L'appunto sul quale ora mi soffermo è chiosato dal ministro Pandolfi, con un messaggio diretto al Gabinetto. In particolare, il ministro Pandolfi, come ho ricordato nella precedente audizione, chiedeva al Gabinetto la valutazione dell’Ufficio legislativo del Ministero in merito alla portata della vigilanza. In quell'appunto - che ho già consegnato agli atti - si fa un'analisi di dettaglio delle situazioni così come allora erano emerse.
Analogamente, sul bilancio 1987 lascio un appunto del 15 febbraio 1989 mentre il bilancio 1986 è accompagnato da una copia d'ufficio di un appunto senza data. Verosimilmente, quest’ultimo, risale o alla fine del 1987 o all'inizio del 1988.
PRESIDENTE. A parte l'appunto autografo del ministro Pandolfi, sappiamo che esito hanno sortito le altre determinazioni? PILO. Ho con me la copia del documento, che vedo già acquisito agli atti della Commissione, in cui appare come il ministro Pandolfi e l’Amministrazione affrontarono a fondo la questione, al punto da costituire un gruppo di lavoro formato, fra l’altro, dal consigliere Antonio De Matthaeis, direttore generale nonché ex capo di Gabinetto del Ministero, dal dottor Giuseppe Faraone, che allora mi pare fosse già presidente di sezione della Corte di cassazione, nonché ex capo dell’Ufficio legislativo del Ministero, da un altro consigliere della Corte dei conti, il consigliere Giuliano Mazzeo. Con la costituzione di questo gruppo di lavoro, istituito con decreto del 28 gennaio 1985, il Ministro voleva ricostruire come si era sviluppata la vicenda delle pendenze relative alle gestioni di ammasso; in che modo avvenivano le rendicontazioni; quale era il livello di controllo e di corrispondenza tra le rendicontazioni e i prodotti che venivano movimentati, insomma tutti gli elementi della questione. Relativamente alla richiesta rivolta dal Ministro al suo Gabinetto, abbiamo cercato nei giorni scorsi in archivio la risposta dell'ufficio legislativo ma non è stata rintracciata. Questo non significa che non si possa riuscire a trovarla in futuro, visto che l'archivista sta continuando a verificare altre possibilità di reperimento.
Per quanto riguarda le altre relazioni, personalmente non ho ricevuto alcuna particolare ricaduta dal Ministro pro tempore. Abbiamo presentato ulteriori relazioni, verbalmente sono state chieste delucidazioni, ma non ho cognizione personale di quello che è stato il seguito. Mi riferisco alle relazioni relative agli anni 1988 e 1989, quando allora era ministro l'onorevole Mannino.
PRESIDENTE. Dove avvennero gli incontri con Pellizzoni? Quanti furono? Quale ne fu l'esito?
PILO. Gli incontri, che in tutto furono due, avvennero nel mio ufficio. L'esito fu quello che ho illustrato nel corso della precedente audizione. Convenimmo sul fatto che occorreva adottare delle decisioni drastiche (che peraltro avevano costituito la sostanza dell'appunto degli uffici al Ministro); prevedere una nuova e diversa collocazione del sistema; adottare accorgimenti non solo con riferimento alla rete commerciale ma anche alla rete dei servizi. Ma il fatto più positivo, come ho già ricordato, fu che Pellizzoni mi confermò la circostanza che la Federconsorzi era pronta a far certificare il bilancio.
PRESIDENTE. Come venne riferito al Ministro degli incontri con Pellizzoni, oralmente o con una relazione? Come segnalò al Ministro i risultati a cui eravate pervenuti dopo gli incontri con Pellizzoni?
PILO. Sicuramente non predisposi un apposito appunto scritto, non vi era motivo, ma, come ho detto, un appunto generale (ripreso anche negli anni successivi); peraltro, data la rilevanza delle questioni, è possibile che almeno una volta a voce io possa aver riferito al Ministro.
PRESIDENTE. Nel 1989 lei avrebbe inoltrato una lettera alla Fedit contenente segnalazioni dei timori sulle gestioni di cui lei ha parlato nella precedente audizione. Dove si trova? Ricorda se fu protocollata?
PILO. Trattandosi di una lettera ufficiale, che grosso modo sintetizzava l’appunto anzidetto, è stata protocollata. Ho chiesto di rintracciarla in archivio (archivio movimentato più volte) ma non è stato possibile trovarne una copia. La lettera – come già ho ricordato - fu predisposta a seguito degli incontri con Pellizzoni e doveva essere intesa come una sorta di riepilogo e di memoria sulle cose che si era deciso di portare avanti.
PRESIDENTE. A conclusione degli incontri avuti con Pellizzoni, che allora era stato nominato direttore generale della Federconsorzi, come mai era scaturita la necessità che la riunione avuta con Pellizzoni fosse trascritta in un documento diretto alla Federconsorzi?
PILO. Va premesso che vi erano già degli intendimenti dell’amministrazione circa, ad esempio, la costituzione di consorzi interprovinciali o, ancora, la cancellazione di quelle agenzie che non raggiungevano un tetto determinato di fatturato; si trattava, infatti, di alcuni degli elementi cruciali per la vita del sistema che erano stati più volte rappresentati all’attenzione della Federconsorzi e degli stessi consorzi agrari, tanto è vero che, sempre a titolo di esempio, si segnalarono quali ipotesi di lavoro - anche in relazione alle diverse note scritte dall’amministrazione - alcune fusioni e relative costituzioni di consorzi interprovinciali.
Vi erano poi altre questioni più generali che avevamo valutato congiuntamente con il dottor Pellizzoni. Con la stesura della lettera più volte richiamata non si trattava quindi di redigere un verbale della riunione, ma di una puntualizzazione di impegni concertati che l’amministrazione riteneva fattibili e che rappresentava come direttiva operativa alla Federazione e quindi, indirettamente, ai consorzi agrari.
PASQUINI. Signor Presidente, volevo rivolgere alla dottoressa Delle Monache due domande in ordine alla rendicontazione.
Nella precedente audizione lei ha fatto riferimento ad alcuni decreti approvativi relativi a questi rendiconti; al riguardo vorrei pertanto sapere innanzi tutto di che cosa si tratta, a quali rendiconti e a quali gestioni essi si riferiscano e se esistano ulteriori decreti approvativi relativi ad altri rendiconti.
Seconda domanda. Desidererei che la dottoressa ci spiegasse il significato della seguente dichiarazione che leggo testualmente dal resoconto stenografico: "Ci sono attestati di regolarità della Corte dei conti".
Considerato che non si tratta di decreti registrati, ci vuole chiarire che cosa siano questi "attestati di regolarità della Corte dei conti"?
Infine, a quali gestioni si riferiscono le rendicontazioni afferenti alla Fedit per le quali non c’è definizione? Le ricordo che tali rendicontazioni sono state da lei citate nel corso della precedente audizione.
DELLE MONACHE. Ricordo che nella precedente audizione ebbi modo di parlare dei rendiconti relativi ai crediti dei consorzi agrari in parte ceduti alla Fedit, mi riferisco in sostanza a quelli inseriti in 89 decreti di contabilità unificata previsti in base alla legge n. 410 del 1999.
I suddetti rendiconti, approvati con decreti ministeriali, sono stati inviati alla Corte dei conti, ma non registrati. Infatti, tale documentazione inviata, se ben ricordo, alla Corte dei conti alla fine degli anni 80, è stata restituita intorno agli anni 94/96, quando non era più previsto il controllo preventivo della Corte, tuttavia quest’ultima ha provveduto a restituirli con attestati di regolarità che posso esibire.
Considerato l’elevato numero di questi rendiconti, la Corte ha provveduto a restituirli in momenti successivi, gli ultimi sono stati quelli relativi al 1996.
Come ho già detto, i rendiconti a cui faccio riferimento sono quelli relativi in parte ai crediti rimasti ai consorzi agrari, secondo quanto previsto dalla legge che tra l’altro stabilisce che ai consorzi andranno titoli di Stato nella misura in cui si deciderà di dare gli interessi.
Gli altri crediti sono stati ceduti alla Federconsorzi e non sono considerati dalla legge. Riguardo a questa situazione vi è una causa in atto e mi risulta che entro il prossimo gennaio dovrebbe tenersi una udienza decisiva.
Vi è poi un altro gruppo considerevole di rendiconti che riguardano i cereali esteri, che sono stati tutti approvati con decreti ministeriali e restituiti dalla Corte dei conti soltanto con un rilievo concernente il calcolo degli interessi.
Il commissario governativo sta provvedendo a rieffettuare i conteggi, onde poterci fornire gli importi esatti in considerazione degli interessi ridotti. Anche per quanto riguarda questi rendiconti c’è una causa in atto; il TAR ha pronunciato la sentenza a luglio, ma ad oggi non è ancora in nostro possesso e quindi non sappiamo se questi rendiconti siano stati accettati così come presentati dalla Federconsorzi, oppure se a quegli importi si debbano ridurre gli interessi nella misura dello 0,50 per cento, rispetto alla percentuale dell’8,50 per cento prevista nei rendiconti.
Vi è poi una serie di altre gestioni Fedit cui rendiconti sono solo in parte definiti perché il commissario governativo sta incontrando difficoltà enormi dal punto di vista della documentazione. In ogni caso, considerato che si tratta di un numero di gestioni assai considerevole, mi riservo di farvi avere un appunto dettagliato proprio per evitare di fornirvi dati imprecisi.
PASQUINI. Dottoressa Delle Monache, basandosi sui suoi ricordi, non rammenta a quali altre gestioni si riferissero i rendiconti?
DELLE MONACHE. Ad esempio ad una gestione "olio" che presenta dei conteggi formulati in base alla percentuale del 4,40 per cento, per un importo che alla data di oggi è di circa 600 miliardi.
Poi vi sono le gestioni delle quote unificate che presentano alcuni problemi; in proposito ci siamo rivolti anche all’Avvocatura dello Stato per capire in che modo procedere.
Vi è infine una serie di altre gestioni meno importanti, come ad esempio quella dei sacchi.
In ogni caso, mi riprometto di farle avere delle informazioni più precise sulla base di dati oggettivi, in quanto basandomi soltanto sulla memoria rischierei di dire delle imprecisioni. Riassumendo, i rendiconti ormai definiti sono gli 89 di contabilità unificata, a cui ho fatto prima riferimento e che riguardano rispettivamente i crediti restati ai consorzi, quelli ceduti alla Federconsorzi ed in parte quelli previsti dalla legge; per quanto riguarda un altro gruppo di rendiconti, come ho già detto, vi è una causa in corso. Poi vi sono le gestioni riguardanti i cereali esteri in merito alle quali vi è un contenzioso aperto ed infine la gestione "olio" che è definita, ma che comunque rappresenta una situazione che dovrà essere regolarizzata.
In relazione a tutte queste gestioni esiste un carteggio presso il Ministero del tesoro; tra l’altro si è parlato più volte di definire transattivamente la questione, ma evidentemente non è possibile parlare di transazione finché non si saprà l’esatta situazione delle gestioni per quanto riguarda sia i crediti che i debiti. Come ho già detto, mi riservo di farvi avere al più presto la documentazione proprio per mettervi al corrente dell’esatta situazione delle gestioni.
PILO. Se mi è possibile vorrei aggiungere una breve notazione. Cioè desidero richiamare l’attenzione sul fatto che nella menzionata relazione del 1985 vengono riportati proprio tutti questi dati, gestione per gestione, anche per quanto riguarda le quantità; infatti, nell’incarico affidato al gruppo di lavoro, fra l’altro, era proprio il compito di ricostruire tutte le situazioni, compresi gli elementi di verifica che il comitato consultivo ministeriale effettuava sulla base dei rendiconti forniti dagli ispettorati agrari e dagli altri organismi di controllo che avevano il compito della verifica sulla specifica attività dei consorzi agrari.
CARUSO Antonino. Signor Presidente, desidero porre sostanzialmente due domande.
La prima riguarda la vicenda della richiesta di concordato preventivo. Nel corso della precedente audizione la dottoressa Delle Monache affermò che, al momento dei fatti, non occupava la posizione che attualmente riveste presso il Ministero e che comunque non le risultava che la questione della scelta della procedura di concordato preventivo fosse stata trattata da funzionari del Ministero. Desidero quindi chiederle se, nel frattempo, ha avuto modo di verificare se qualcuno presso il Ministero si sia occupato di quale dovesse essere la sorte della Federconsorzi. La seconda questione che desidero porre riguarda un argomento trattato nel corso dell’audizione del dottor Pellizzoni il quale dichiarò di aver operato - nel corso della sua permanenza alla direzione generale della Federconsorzi - una epurazione dal bilancio della Federconsorzi di ingenti crediti che erano vantati nei confronti di questa struttura. Per effettuare quest’operazione il dottor Pellizzoni incaricò una società di revisione, che analizzò questo ingente complesso di crediti - si trattava, lo ricordo, di circa 500 miliardi - che era vantato da terzi nei confronti della Federconsorzi, che veniva annotato dalla stessa Federconsorzi nei propri bilanci come partite di debito, che fu in quell'occasione azzerato. Il Ministero, considerato l'ingente rilievo della somma, era a conoscenza di tale evento? Come lo spiegò? Come valutò il fatto che numerosi soggetti fossero creditori di circa 500 miliardi di lire nei confronti della Federconsorzi e non ne facessero rivendica? Come vennero azzerate le partite?
DELLE MONACHE. Per quanto riguarda la prima domanda, confermo la non risposta dell'altra volta, in quanto non mi risulta. Il direttore generale dell'epoca era il dottor Incoronato che può essere audito da voi, ma a me non risulta che a livello di direzione sia stata trattata una simile questione, anche se potrebbe essere accaduto. Io, comunque, non ho questa informazione.
PILO. La mia risposta è uguale a quella della dottoressa Delle Monache, ma, se mi è consentito, facendo affidamento alla mia memoria e alle notizie comparse sulla stampa, quando i mass media furono interessati dalla richiesta di rinvio a giudizio degli attori della vicenda, proprio questo aspetto concorreva a costituire il contesto sul quale i giudici di Perugia hanno avviato la procedura giudiziaria.
Infatti la questione dei crediti, secondo la notizia diffusa nei mesi di aprile o di maggio del 1999 colpì in modo particolare: risultavano chiusi in cassaforte cambiali ed altri titoli di credito per circa 800 miliardi che non erano compresi nei bilanci. Probabilmente, il modello si riferiva a quello. Furono sottratti dal bilancio.
CARUSO Antonino. Mi riferivo ad una specifica ammissione del dottor Pellizzoni che, a un certo punto, analizzando il bilancio della Federconsorzi, si avvide che vi erano partite debitorie della stessa Federconsorzi per circa 500 miliardi (ma forse anche meno, non ricordo esattamente). Tutto ciò significa che esistevano in Italia soggetti creditori della Federconsorzi per circa 500 miliardi di lire e, almeno da quanto emergeva dal bilancio della Federconsorzi, che non avevano reclamato il pagamento di questi loro crediti. Il dottor Pellizzoni nominò una società di revisione la quale concluse, dicendo che i crediti erano da cancellare. Non devo certamente dirle quanto di inquietante possa evocare una situazione del genere: nella Federconsorzi vi era una disponibilità di 500 miliardi che erano frazionabili in qualunque maniera, in quanto erano appostati in maniera fittizia e seminati in tutti i bilanci. È una vicenda che presenta caratteristiche patologiche, sulla quale desidero rivolgere una domanda ai funzionari del Ministero, proprio in ragione della sua rilevanza economica. Una cifra di circa 500 miliardi relativa a debiti fittizi della Federconsorzi, nella revisione generale dello stato di bilancio della Federconsorzi, doveva essere stata valutata; quanto meno doveva essere stata valutata nel momento in cui i miliardi furono epurati. Nella revisione dei bilanci precedenti, il revisore del Ministero poteva ragionevolmente, se non facendo un'indagine a campione, nulla rilevare sul fatto che la Federconsorzi risultava debitrice di vari soggetti. Ma nel momento in cui la Federconsorzi aprì lo scenario su questa molteplicità dei propri debiti, azzerandoli, il problema doveva emergere con la massima evidenza.
PILO. Non ho vissuto quel momento, in quanto all'epoca non ero io il direttore generale.
PRESIDENTE. Non destò attenzione - per non usare altri termini - il fatto che un azzeramento così repentino avvenne in maniera indolore, senza che nessuno se ne fosse lamentato e senza che nessuno l'avesse rilevato? È possibile questo? Il silenzio - il senatore Antonino Caruso ha esposto il concetto in maniera sottaciuta ma io desidero esprimerlo con chiarezza - alimenta sospetti di qualsiasi genere e natura. Si poteva trattare di poste di bilancio fittizie o fasulle. Non è possibile che venga azzerata una partita debitoria così vasta senza che nessuno lo rilevi o se ne lamenti. È una considerazione logico-deduttiva. Questa operazione, che il dottor Pellizzoni ha collocato intorno al 1989, non ha destato sorpresa, curiosità o attenzione nel Ministero? OCCHIONERO. Il dottor Pilo, consegnando alcuni documenti, ha parlato di appunti sui bilanci dei consorzi. Sono stati redatti da lei o da qualcuno che all'interno del Ministero ha studiato i bilanci? PILO. La divisione competente è citata negli appunti. Il direttore in questi casi li imposta e coordina, controlla se tutti i dati sono chiari e logici, ma il contenuto è controllato dalla Divisione. OCCHIONERO. Finalmente è ricomparso il documento della Commissione ministeriale d'indagine del 1964, coordinata dall'allora ministro dell'agricoltura Ferrari Aggradi, istituita dal presidente del Consiglio Moro, dove si evince con forza che il problema della doppia rendicontazione…
PRESIDENTE. Onorevole Occhionero, dove è ricomparso questo documento?
OCCHIONERO. È ricomparso al Servizio Studi-Dipartimento Agricoltura della Camera dei deputati, dove se ne può prendere visione, ma non lo si può fotocopiare.
PRESIDENTE. Si riferisce a quel documento di cui furono diffuse tremila copie, delle quali fu poi ordinata la distruzione da parte dell'onorevole Moro?
OCCHIONERO. Si tratta di quel documento di cui dieci copie sono rimaste al Ministero dell'agricoltura. Da quel documento è stato poi redatto un libro che è stato consultato da vari deputati. Di quell'inchiesta è stato suggerito di analizzare le pagine dove si parla di doppia rendicontazione e di doppio conto corrente per la vendita, gli stoccaggi e gli ammassi. La dottoressa Delle Monache da quanti anni lavora al Ministero dell'agricoltura?
DELLE MONACHE. Dal 1965.
OCCHIONERO. In quali Divisioni ha svolto le sue funzioni? Ha seguito il dibattito che si è svolto intorno alla vicenda degli ammassi in questi trent'anni? Ha rilevato, anche per la funzione che oggi svolge, se ha avuto l'accortezza o la premura di andare a consultare questa documentazione, qualcosa per noi rilevante? Vorrei poi rivolgere ai funzionari una terza ed ultima domanda. La dottoressa Delle Monache ci ha detto di averne parlato con il Ragioniere generale dello Stato e che la somma di 1.100 miliardi è adeguatamente sufficiente a garantire anche altri eventuali creditori.
DELLE MONACHE. Non ho detto questo.
OCCHIONERO. Dal momento che lei è a conoscenza degli 89 decreti emanati, vorrei sapere se abbia effettuato la somma dei crediti e quindi verificato a quanto ammonti la somma richiesta dai consorzi agrari.
DELLE MONACHE. Certamente, posso assicurarle che abbiamo provveduto a fare tutte le somme.
Al momento della predisposizione della legge abbiamo effettuato per l’ufficio legislativo tutta una serie di conteggi per calcolare i crediti in tutti i modi possibili e cioè: sulla base della capitalizzazione semestrale, con il t.u.s. più il 4,40 per cento e con la capitalizzazione annuale. I dati ottenuti sono stati poi forniti all’ufficio legislativo, tra l’altro mi sembra che fossero stati raccolti anche in una relazione. Tengo comunque a precisare, onorevole Occhionero, che non ho assolutamente affermato che la somma di 1.100 miliardi sia sufficiente a far fronte a tutte le esigenze. Mi sono limitata a dire che la legge parla di crediti non ceduti di cui i consorzi agrari siano titolari alla data di entrata in vigore della legge medesima; ora, per quanto riguarda questi crediti la somma stanziata consente fino al 1997 ogni tipo di calcolo. Voglio dire che la somma stanziata nella legge…
OCCHIONERO. Si sta riferendo alla somma relativa agli 89 decreti conteggiata in base a tutte le ipotesi di calcolo da voi effettuate?
DELLE MONACHE. Esatto. Sto parlando dei crediti non ceduti alla Federconsorzi e questa somma ammonta a circa 1.000 miliardi, in ogni caso va tenuto presente il tipo di calcolo che si adotta. Nel momento in cui sono stati proposti i vari disegni di legge abbiamo provveduto ad effettuare per l’ufficio legislativo tutti i conteggi a valere fino al 1997, a seconda delle varie ipotesi di calcolo e cioè considerando: la capitalizzazione semestrale, il t.u.s. più il 4,40 per cento; oppure, la capitalizzazione semestrale più il t.u.s.; oppure, capitalizzazione annuale più t.u.s.; ed infine, ultima ipotesi, capitalizzazione annuale e interessi legali. Ribadisco, quindi, che da parte nostra è stata formulata ogni possibile ipotesi di calcolo. In ogni caso la cifra cui facevo prima riferimento consente di coprire al 1997 – sempre per quanto riguarda i consorzi agrari perché la legge fa riferimento ai crediti non ceduti alla Federazione – quanto risulta dal calcolo effettuato sulla base del t.u.s., la capitalizzazione semestrale e la percentuale del 4,40 per cento.
PRESIDENTE. Dottoressa Delle Monache, desidero porle una domanda che forse le sembrerà ingenua. Avete dato una interpretazione certa ai crediti cosiddetti "ceduti". Con questo termine ci si riferisce ai crediti ceduti e poi retrocessi oppure a quelli mai ceduti? La legge n. 410 parla di "crediti non ceduti", tuttavia tale espressione si può interpretare sia nel senso che si tratti di crediti che non sono stati mai ceduti e quindi sono rimasti nella disponibilità dei consorzi, sia di crediti che sono stati ceduti e poi retrocessi e quindi che rientrano ancora una volta nella disponibilità dei consorzi. Quale è l’interpretazione che avete dato?
DELLE MONACHE. I crediti non ceduti sono quelli che i consorzi agrari non hanno ceduto alla Federconsorzi…
PRESIDENTE. Probabilmente non mi sono spiegato con sufficiente chiarezza.
DELLE MONACHE. Per quanto mi riguarda, intendo riferirmi al momento della emanazione della legge, se poi nel tempo questi crediti sono rientrati nella disponibilità dei consorzi agrari…
PRESIDENTE. Per maggior chiarezza: nel passato può darsi che questi crediti siano stati ceduti e poi retrocessi; ebbene, la retrocessione dei crediti ceduti vale a reintrodurli tra i crediti non ceduti visto che sono rientrati in possesso dei consorzi agrari? Questa è in sostanza la questione rispetto alla quale vorrei conoscere la vostra interpretazione.
DELLE MONACHE. Noi facciamo riferimento ai crediti che sono in possesso dei consorzi agrari.
PRESIDENTE. E questo vale indipendentemente dal fatto che vi sia stata una cessione o una retrocessione?
DELLE MONACHE. Certamente, perché si tratta dei crediti di cui è titolare il consorzio agrario al momento in cui entra in vigore la legge che, tra l’altro, in proposito mi sembra molto chiara. In ogni caso, torno a ripetere che in base all’interpretazione degli uffici legislativi si tratta di crediti che sono restati nella titolarità dei consorzi al momento dell’entrata in vigore della legge.
CARUSO Antonino. Dottoressa Delle Monache, mi tolga una curiosità, perché avete sentito l’esigenza di effettuare il calcolo sulla base degli interessi semestrali?
DELLE MONACHE. Fino agli anni 1995-1996 la Commissione consultiva ha provveduto ai conteggi utilizzando sempre lo stesso tipo di calcolo e cioè prendendo in considerazione la capitalizzazione semestrale, il t.u.s. e la percentuale del 4,40 per cento; tale modalità è stato seguita anche dalla Corte dei conti fino al 1982, ossia fino a quando ha registrato i decreti singoli, successivamente conglobati negli 89 decreti della contabilità unificata. L’ipotesi di utilizzare anche sistemi di calcolo diversi ha cominciato a profilarsi nel 1996, a questa data, infatti, mi sembra risalga una prima presa di posizione del commissario governativo proprio in merito alla validità della famosa nota riassuntiva del 1971 - a firma Natali - che ribadiva le suddette modalità di calcolo.
In ogni caso, torno a ribadire, che questa tipologia di conteggio è stata sempre tenuta presente nell’ambito delle varie rendicontazioni con attestazioni anche da parte della Commissione consultiva che ha avuto appunto il compito di effettuare il calcolo degli ammassi; ricordo, tra l’altro, che, oltre alla relazione cui ho fatto riferimento, ne sono state redatte anche delle altre. Torno quindi a ribadire che questo sistema di calcolo non è venuto fuori così da un momento all’altro e questo è confermato dall’analisi dei rendiconti approvati dalla Corte dei conti – riscontro che ho effettuato personalmente – fino al 1982, ossia alla data in cui si ferma l’attestazione da parte della Corte, anche se ovviamente l’attività di rendicontazione non è finita e al riguardo desidero precisare che nel 1964 la gestione era passata all’AIMA.
Ripeto, quindi che dal 1964 al 1982 il calcolo è questo. Non è una cosa strana, è stato sempre così. Ci sono varie relazioni della Commissione consultiva che seguono questo tipo di calcoli.
PRESIDENTE. Per quanto concerne gli 89 decreti, esisteva una documentazione di supporto? Vorrei conoscere il senso dell'attestazione di regolarità da parte della Corte dei conti. In base a quali elementi e su quale base la Corte dei conti ne ha verificato la regolarità?
DELLE MONACHE. Attraverso la documentazione di supporto che veniva trasmessa alla Corte dei conti. RUBINO Paolo. Non sono un economista né un giurista, come altri membri della Commissione. Ho sentito parlare di 500 miliardi in bilancio che compaiono e scompaiono. È possibile fare giochi di prestigio all'interno di un documento contabile? Abbiamo già deciso di pagare 1.100 miliardi, ma abbiamo la certezza che questi crediti siano tali? In altre parole, facciamo bene o male a pagare una simile cifra? Dal punto di vista della certezza dei debiti, è giusto questo? Vorrei avere una risposta dalla dottoressa Delle Monache in virtù della sua esperienza.
PRESIDENTE. Desidero prevenire la risposta della dottoressa Delle Monache. Quando la Commissione - non è stato quindi un atto arbitrario del Presidente ma una decisione dell'intera Commissione - ha invitato la Camera dei deputati a compiere un atto di riflessione, è stata aggredita, e così risulta dal resoconto stenografico.
OCCHIONERO. Anche la Commissione agricoltura del Senato, che era stata preavvertita, ha votato un minuto prima.
PRESIDENTE. Era una riflessione che si imponeva al Parlamento. Desideravo sottolinearlo in quanto la nostra diligenza è arrivata a quel punto; non voleva essere prevaricatrice ma c'è stata una presa di cognizione della Commissione che, molto garbatamente, aveva sottolineato al Parlamento l'esigenza di un approfondimento maggiore riguardo ad una spesa di 1.100 miliardi. La Commissione era ed è in possesso, infatti, di elementi da cui si evince che gli ammassi, nel tempo, hanno generato parecchie truffe, lo dico con molta franchezza. Scopriremo certamente altre ipotesi.
OCCHIONERO. Perché noi e non i funzionari del Ministero dell'agricoltura? Sono funzionari che hanno svolto una funzione precisa ed hanno manifestato buone capacità professionali nel corso di questi anni. Dove è stato l'intoppo? Se è vero che c'era una doppia contabilità, che c'erano due conti correnti, se è vero che la vendita avveniva in un certo modo, che gli introiti di vendite nei confronti dello Stato venivano accumulati nell'arco di decenni, come mai uomini di grande esperienza, di grande intelligenza, di grande professionalità e diligenza non hanno nutrito il benchè minimo dubbio? Ci sono state prima l'inchiesta Moro, poi le altre denunce pubbliche, poi una campagna di stampa che è durata anni, in ultimo…
PRESIDENTE. Aggiunga anche il naufragio di precedenti disegni di legge o decreti-legge in materia.
OCCHIONERO. Sono stati decine. Mi sono meravigliato che il Parlamento si sia bloccato sugli articoli 8 e 9 per due giorni ma nessun giornale italiano, nessuna emittente televisiva privata e pubblica, abbia minimamente accennato al fatto che la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla Federconsorzi aveva chiesto al Presidente della Camera dei deputati di soprassedere, non di non votare la legge, ma di soprassedere. È mai possibile che voi, che avete una lunga tradizione all'interno del Ministero dell'agricoltura, non vi siete posti nell'arco degli anni un simile dubbio? Quale volontà ha prevaricato? Il clima politico, l'influenza politica di quel tempo, i Ministeri che all'epoca svolgevano una accentuata funzione di Governo? Non è possibile che tutti abbiano nutrito dubbi ma che la dottoressa Delle Monache, che è una dirigente…
DELLE MONACHE. Che cosa c'entro io?
OCCHIONERO. Lei c'entra in qualità di dirigente e di funzionario del Ministero.
DELLE MONACHE. Questo non glielo posso permettere. Ho parlato di rendiconti che sono stati fermi al 1982 e che la Corte dei conti ha restituito nel 1995 e nel 1996 attestandone la regolarità. Nella legge si parla solo di quelli. La Corte aveva i documenti e li ha giudicati positivamente. Se 89 rendiconti sono stati portati alla Corte dei conti con la documentazione allegata e la Corte dei conti ne ha attestato la regolarità, per me sono a posto.
OCCHIONERO. La Corte dei conti ha detto che gli atti erano regolari, non è entrata nel merito. Inoltre, la Corte dei conti, per quattro o cinque volte nell'arco di 15 anni, ha sollecitato la rendicontazione che veniva consegnata alla stessa Corte dei conti in una sola paginetta, dove risultava la somma complessiva del debito. Quando poi la somma complessiva è stata divisa per capitoli e per decreti, la Corte dei conti l'ha giudicata regolare. Regolare comunque come presentazione, non come contenuto, solo come supporto cartaceo.
DELLE MONACHE. Non credo si sia trattato solo di questo perché la Corte dei conti non ha registrato alcuni casi o non li ha dichiarati regolari. La rendicontazione è stata data. Lei, in ogni caso, non deve attribuire a me rendiconti che sono stati presentati tantissimi anni fa, che la Corte dei conti ha restituito nel 1995 e 1996, solo perché per caso in quegli anni io ero in quell'ufficio. Se la Corte li ha dichiarati regolari, per me sono tali, non vedo cosa ci sia di strano, quale sia il problema. Il conteggio che è stato fatto è stato controllato dalla Corte dei conti ed era quel famoso conteggio con quel tipo di interessi cui ho fatto cenno.
OCCHIONERO. Lei era a conoscenza che c'è stata un'indagine parlamentare negli anni '60, che nel 1963 c'era una richiesta della Corte dei conti per la rendicontazione, che c'era una partita doppia per la contabilità?
DELLE MONACHE. Non so queste cose perché in quegli anni non c'ero.
OCCHIONERO. Ma ha il libro.
DELLE MONACHE. Non avevo il libro perché il libro è stato ritrovato soltanto di recente. Questo libro "famoso" mi è stato richiesto qualche tempo fa ed ho fatto un'indagine, cercando ovunque e ritrovandone una copia nell'archivio deposito.
PRESIDENTE. A quale libro famoso si riferisce? Alla relazione di Ferrari Aggradi?
DELLE MONACHE. Si. Il libro mi è stato richiesto, in un momento in cui il Ministro era il senatore Pinto. Ho la nota in cui risulta che l'ufficio ha trovato quel libro e l'ha dato all'ufficio legislativo. Quando poi è stato richiesto dal Servizio Studi della Camera dei deputati, l'ho dato, ma è un documento del 1960, non di oggi.
PRESIDENTE. Vorrei tentare di chiarire quello che vuole dire l'onorevole Occhionero. Una cosa è la regolarità cartacea… Scusate se mi intrometto, ma credo di poter interpretare quanto intende dire il collega Occhionero. Infatti, una cosa è la regolarità degli atti cartacei, altra è il merito che sta alla base di quegli stessi atti.
La Corte dei conti vista la regolarità formale dei documenti cartacei ad essa trasmessi, ma non può accertare se essi nascondano qualcosa. Il Ministero, invece, ha la possibilità di indagare e controllare il merito di questi atti attraverso ispezioni, controlli o indagini conoscitive; ora, considerato che la relazione Ferrari Aggradi aveva già lanciato un segnale d’allarme riguardo alla situazione, mi domando come mai il Ministero non abbia prestato una maggiore attenzione.
DELLE MONACHE. Lei sta parlando degli anni ’60?
PRESIDENTE. Mi riferisco agli anni ’60 e a quelli successivi.
PILO. Signor Presidente, alla fine del 1986 - di fatto nel 1987 – mi insediai presso la direzione generale del Ministero che in quel momento aveva fra le competenze la trattazione di questa materia.
La prima iniziativa che presi, per capire a fondo questa vicenda, è stata la lettura della documentazione in nostro possesso, in particolare la citata relazione del gruppo di lavoro che ha operato nel 1985.
Peraltro, talvolta ho avuto la sensazione che si ipotizzi per la vicenda "ammassi" una condotta un po’ superficiale a carico degli Uffici ministeriali e per di più al di fuori di quanto previsto dalla normativa in materia di contabilità generale dello Stato e di rendicontazioni per le spese pubbliche. Ebbene, vi posso assicurare che così non è, che è stata seguita pedissequamente ogni specifica disposizione di legge e che minuto per minuto venivano controllate le rendicontazioni, attraverso ispezioni e verifiche effettuate fra gli altri, da parte degli ispettorati agrari che avevano ad esempio anche la responsabilità di controllare il carico dei singoli natanti addetti al trasporto di prodotti. Tenete presente che quelli non erano anni facili, lo dimostrano alcune segnalazioni contenute nei documenti in cui si parla, ad esempio, di una imbarcazione carica di grano (acquisito in base al Piano Marshall) che dovendo attraccare al porto di Civitavecchia, fu dirottata invece su quello di Livorno perché era giunta notizia dalla Capitaneria che nel porto di destinazione vi erano mille persone in attesa di saltare addosso alla nave con tutte le difficoltà che siffatti eventi determinavano a livello di rendicontazione. Quello che intendo sottolineare è che magari al porto di Livorno non c’era nessuno in grado di prendere in consegna la documentazione del comandante perché l’arrivo dell’imbarcazione non era previsto. Questo è il modo nel quale talvolta sono state effettuate le rendicontazioni.
Faccio inoltre presente che ha sempre funzionato la Commissione consultiva centrale – alla quale ha fatto riferimento anche la dottoressa Delle Monache – che verificava scrupolosamente ogni aspetto della gestione. Se poi a Larino - onorevole Occhionero - si è verificato quanto lei ci ha raccontato durante la precedente audizione, certo non poteva saperlo né l’ispettorato agrario, né la Commissione consultiva.
Tuttavia, in tal modo e passo dopo passo, veniva prodotta un’organica rendicontazione, che veniva inviata, quasi in tempo reale, alla Corte dei conti in forma completa, così come previsto dalla normativa sulla contabilità dello Stato. Non venivano pertanto trasmessi dei singoli pezzi di carta, o singole tabelle (come qui si è affermato) ma dei veri propri atti in tutta la loro completezza, nello stesso modo in cui si fa oggi per qualsiasi rendicontazione; immaginate soltanto che cosa sarebbe successo se gli adempimenti svolti non fossero andati in questi termini!
In questo modo fino alla data del 1962 furono messi a punto 3.174 decreti di liquidazione; infatti, fino a quell’anno diverse leggi di finanziamento avevano consentito di far fronte al pagamento sia dei crediti, sia degli oneri di gestione che ugualmente gravavano sul bilancio dello Stato. Mi riferisco, ad esempio, alla spesa per la gestione dei silos, per la movimentazione del grano anche affinché non ammuffisse, per la distribuzione e il relativo trasferimento alle Agenzie di zona dei consorzi agrari. In Sardegna, per esempio, non c’era grano tenero, ma un esubero di grano duro e quindi andava fatta una compensazione tra i due prodotti, il che ovviamente determinava dei costi che andavano sostenuti.
Dal 1962 in poi non furono più messi a disposizione i fondi necessari per il finanziamento delle operazioni di ammasso e quindi non ebbero copertura economica ben 1.227 decreti di rendicontazione che sono poi quelli di cui stiamo discutendo. Ovviamente la Corte dei conti rifiutò la registrazione dei relativi atti (e dunque la loro liquidazione!) perché non vi era copertura di spesa; tuttavia, fu proprio la procura generale della Corte dei conti che, nel 1964, stabilì che venisse comunque completata la rendicontazione attraverso l’atto di registrazione, disponendo che, successivamente, una volta reperite le risorse finanziarie, si sarebbe fatto fronte alle liquidazioni.
Pertanto i famosi 89 decreti, di cui si è tanto discusso, in realtà rappresentano quello che viene comunemente definito "il conto della serva" e cioè la sommatoria dei 1.227 decreti, accorpati in modo riepilogativo consorzio per consorzio. L’errore forse è stato – ma era consentito dalla normativa – quello di aggiungere ai singoli riepiloghi un importo, credo, pari al 5 per cento di spese di finalizzazione, spese che dovevano consentire alla Federconsorzi di ristorare gli oneri per interessi, per la gestione, per la movimentazione, per la tenuta della contabilità e così via. Pertanto, dal momento che era stata fatta quella integrazione del 5 per cento, la Corte dei conti non volle inizialmente ammettere la registrazione degli 89 decreti, salvo poi arrivare alla situazione descritta precedentemente dalla dottoressa Delle Monache. Quindi, onorevole Occhionero, non siamo in grado di entrare nel merito di quanto è avvenuto a Larino e, forse, di altri analoghi casi, ma in ogni modo questa era la documentazione a nostra disposizione e un funzionario - lei ha messo in dubbio anche la nostra capacità professionale - non può non basarsi che sugli atti a propria disposizione. OCCHIONERO. Dottor Pilo, non ho messo assolutamente in dubbio la vostra professionalità, al contrario.
PILO. Quanto ho esposto è diffusamente illustrato nella relazione del 1985, acquisita dalla Commissione, e questa documentazione, signor Presidente, rappresenta una specie di libro della verità. Quello che comunque mi chiedo è se - in caso contrario - sia possibile che un presidente di sezione della Corte di cassazione, un presidente di sezione della Corte dei conti, nonché ex direttore generale ed ex capo di Gabinetto, un altro consigliere della Corte dei conti, ecc., siano tutti degli sprovveduti.
PRESIDENTE. Desidero precisare che non siamo qui per alimentare o fomentare polemiche in quanto il nostro sforzo è proprio quello di capire.
Ora è probabile che questo impegno a volte si possa tradurre in una vis polemica che può anche essere considerata eccessiva ma che non deve essere assolutamente interpretata come un attacco alle persone. Ripeto, si tratta dello sforzo di capire.
Personalmente non ho ben compreso l’episodio della nave che portava il frumento a Civitavecchia. Al riguardo, ad esempio, non è ipotizzabile che a Livorno sia stata compilata una rendicontazione fasulla o comunque diversa da quella che avrebbe potuto essere se fosse stata redatta a Civitavecchia?
PILO. Signor Presidente, ovviamente tutto è possibile!
PRESIDENTE. Dico questo perché mi sembra che queste movimentazioni in passato siano state assai numerose, magari anche formalmente giustificate – non dico di no – però, ripeto, non è possibile che, spostando il luogo della rendicontazione, laddove non si era predisposti ad effettuare questa operazione, si ottenesse come effetto una rendicontazione più sommaria? Naturalmente si tratta di un sospetto e non di una certezza.
OCCHIONERO. Per chiarire, desidero precisare che non ho mai minimamente dubitato della professionalità dei nostri auditi, al contrario li considero delle persone capaci e degli ottimi dirigenti dello Stato.
Credo anche che il dottor Pilo, anche se indirettamente, in realtà abbia risposto alla questione che avevo posto, affermando che le carte sono quelle che conosciamo e che il compito del funzionario e del dirigente non può che essere quello di regolarizzarle.
Ritengo però che le stesse mie perplessità siano da voi condivise anche perché all’epoca c’erano un clima politico e una direzione politica del Ministero – attraverso i vari Ministri che si sono succeduti da Segni in poi – che hanno permesso una situazione che definirei, assumendomene la responsabilità, "di irregolarità". Tuttavia, questo aspetto non lo addebito a voi che avete fatto il vostro dovere fino in fondo, pur avendo dubbi che oggettivamente ponevano le condizioni per non arrivare ad una legge come quella approvata dal Parlamento, che ha permesso di sanare una situazione che sanabile non era.
CARUSO Antonino. Desidero chiedere una precisazione alla dottoressa Delle Monache. Purtroppo, non avendo con me il taccuino degli appunti, mi scuso anticipatamente se i miei riferimenti a nomi e fatti non saranno precisi.
La dottoressa ha fatto riferimento a un "libro ritrovato", messo a disposizione di chi ne avesse fatto richiesta. Mi risulta che sono tre gli oggetti scomparsi: un libro pubblicato dal segretario di un rappresentante delle associazioni professionali, ritirato dal commercio e distrutto; un libro mai pubblicato, un dattiloscritto di tipografia, redatto da un giornalista che era addentro a tali questioni, il quale "autonomamente" decise poi di non procedere alla stampa e alla diffusione; una relazione, non un libro, predisposta da un Ministro, che potrebbe essere l'onorevole Ferrari Aggradi, che fu stampata in 3.000 copie e che fu distrutta su disposizione del Presidente del Consiglio dell'epoca, che mi pare fosse l'onorevole Moro.
Che cosa abbiamo adesso? Il primo libro, il secondo o la relazione?
DELLE MONACHE. La relazione.
PRESIDENTE. Credo che tutte e tre le cose riguardino un unico oggetto.
CARUSO Antonino. Lo so bene.
PRESIDENTE. Per essere chiari, è la stessa cosa. La relazione è l'atto ufficiale mentre i due libri sono derivati. La relazione della quale vennero in possesso il senatore Robusti e il giornalista Bassanelli di "Terra e Vita", che è deceduto, l'abbiamo cercata presso gli eredi del giornalista Bassanelli e presso Robusti. Nel corso dell'audizione, sembrava che lui ne avesse una copia. Pare che adesso la copia della relazione sia in possesso del Ministero e la dottoressa Delle Monache ci ha assicurato che entro domani ce la farà recapitare. Da dopodomani sarà a disposizione della Commissione. Questa relazione è stata poi utilizzata da alcuni per farne una pubblicazione, da altri per farne un libro, ma comunque si tratta della stessa cosa.
RUBINO Paolo. Non vorrei che, a conclusione di tutta questa storia, si dicesse che l'unico colpevole era qualche Ministro o qualche funzionario del Ministero che nel frattempo è deceduto. Pavento una simile conclusione. Mi auguro che il nostro lavoro possa farci capire meglio la vicenda nella sua complessità.
PRESIDENTE. Tutti faremo il massimo sforzo - come abbiamo dimostrato fino ad oggi - per ricostruire vicende sulle quali dobbiamo rispondere al Parlamento.
Ringrazio la dottoressa Delle Monache e il dottor Pilo per il contributo fornito ai lavori della Commissione e dichiaro conclusa l'audizione.
Avverto che la Commissione tornerà a riunirsi giovedì 25 novembre 1999, alle ore 19,30, per procedere all'audizione dell'avvocato Enrico Granata, direttore centrale dell'ABI.
I lavori terminano alle ore 21,05.