Audizione Casella-Maugeri

../21 ../23 IncludiIntestazione 16 maggio 2008 75% diritto

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SENATO DELLA REPUBBLICA--------------------------------------------CAMERA DEI DEPUTATI

XIII LEGISLATURA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI


RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA DI MERCOLEDI 27 OTTOBRE 1999


Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI


I lavori hanno inizio alle ore 19,10. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Presidenza del presidente CIRAMI

I. Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. In apertura di seduta, consentitemi di rendere alcune brevi comunicazioni. Vi informo di aver richiesto, in data 25 ottobre 1999, al Presidente del Consiglio di autorizzare la Commissione ad acquisire copia del processo verbale della riunione del Consiglio dei ministri nel corso della quale il ministro dell'Agricoltura e delle foreste pro tempore, professor Vito Saccomandi, avrebbe riferito della grave situazione in cui versava la Federconsorzi. Ho ritenuto altresì opportuno indirizzare, in data odierna, una lettera di sollecito alle Procure della Repubblica che non hanno ancora risposto alla nostra richiesta del 7 luglio 1999 volta ad acquisire informazioni circa l'esistenza di procedimenti penali relativi a vicende collegabili alla gestione o al dissesto della Federconsorzi e dei consorzi agrari. Peraltro, in data 22 ottobre 1999, il Comandante generale della Guardia di finanza, Mosca Moschini, ha inviato, in risposta alla nostra lettera del 4 marzo 1999, un quadro di sintesi dei procedimenti penali riguardanti la Federconsorzi e i consorzi agrari: le informazioni in esso riportate non sembrano tuttavia esaustive e devono essere integrate con quelle già acquisite o ancora da acquisire dalle Procure.

Vi informo che sono stati acquisiti agli atti della Commissione i documenti indicati dall'ex senatore Giovanni Robusti, nel corso dell'audizione del 7 ottobre 1999, e conservati presso gli archivi delle Commissioni parlamentari d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sull'AIMA.

Vi comunico infine che, nel corso della riunione del 20 ottobre 1999, l'Ufficio di Presidenza ha stabilito il seguente calendario dei lavori: mercoledì 27 ottobre 1999, ore 19, audizione del dottor Guido Rosa qui presente; martedì 9 novembre 1999, ore 19,30, audizione del dottor Carlo Cocco; mercoledì 10 novembre 1999, ore 19, seguito dell'audizione dei dirigenti del Ministero delle politiche agricole e forestali, responsabili della vigilanza sui consorzi agrari; giovedì 11 novembre 1999, ore 19, audizione del direttore dell'Associazione bancaria italiana.

L'Ufficio di Presidenza, nella stessa riunione, ha altresì accolto la mia proposta di acquisire certezza in ordine ai debiti dello Stato connessi con la gestione ammassi, incaricando il dottor Francesco Paolo Romanelli, consigliere della Corte dei conti e nostro consulente a tempo parziale, di redigere una relazione incentrata sui seguenti aspetti: analisi delle ragioni, della tipologia e dell'ammontare complessivo dei crediti dei consorzi agrari e della Federconsorzi nei confronti dello Stato rimasti insoddisfatti; ragioni, tipologia e ammontare complessivo dei crediti vantati dalla Banca d'Italia rimasti ad oggi insoddisfatti; natura e risultati dei controlli esercitati sui predetti crediti dalla Corte dei conti.

II. Audizione del dottor Guido Rosa, presidente dell'Associazione fra le banche estere in Italia

PRESIDENTE. La Commissione procede oggi all’audizione del dottor Guido Rosa, presidente dell'Associazione fra le banche estere in Italia, che ringrazio per aver accolto, con cortese disponibilità, il nostro invito.

Prima di dare la parola al dottor Rosa per una breve illustrazione del ruolo svolto dalle banche estere nella vicenda Federconsorzi, avverto che i nostri lavori si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l’articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del nostro Regolamento interno, l’impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Qualora da parte del dottor Rosa o di colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l’impianto audiovisivo per il tempo necessario.

Preciso infine che dell’audizione odierna è redatto il resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell’articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alla persona ascoltata e ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportandovi le correzioni di forma che riterranno, in vista della pubblicazione negli Atti parlamentari.

Do ora la parola al dottor Rosa.

ROSA. Il ruolo delle banche estere nel corso degli anni è stato semplicemente quello di provvedere ad effettuare dei finanziamenti in favore della Federconsorzi e della società Agrifactoring. Ciò è avvenuto nelle forme di finanziamento tipiche delle filiali italiane delle banche estere, i cosiddetti finanziamenti fatti in pool - come si dice in termini tecnici -, cioè prestiti sindacati da Londra. Questo è stato il loro ruolo. Al momento della messa in liquidazione della Federconsorzi l'ammontare complessivo dei crediti delle banche estere nei confronti di Federconsorzi era di circa 400 miliardi, mentre il credito nei confronti della società Agrifactoring era di circa 250 miliardi. Questo è il ruolo delle banche estere e la dimensione dei crediti che esse vantavano verso Federconsorzi e Agrifactoring.

PRESIDENTE. Alla data del commissariamento della Fedit, 17 maggio 1991, a quanto ammontavano complessivamente i crediti delle banche estere nei confronti dei consorzi agrari?

ROSA. Nei confronti dei consorzi agrari l'ammontare dei crediti era parecchio inferiore. In realtà abbiamo delle cifre solo indicative; approssimativamente siamo nell'ordine di 30 miliardi per i vari consorzi.

PRESIDENTE. Quando sorsero i principali crediti nei confronti della Fedit e di Agrifactoring?

ROSA. Nel corso degli anni. I finanziamenti delle filiali italiane avevano la forma di scoperti di conto che si rinnovavano di anno in anno. Quindi è difficile indicare le date che, ovviamente, variavano da istituto a istituto. Erano ormai 8-10 anni che le banche straniere avevano contratto questi crediti e d'altronde la presenza delle banche straniere in Italia non è poi così remota.

Per quanto riguarda invece i prestiti sindacati da Londra, non ricordo la data esatta in cui furono negoziati, ma verosimilmente si tratta di prestiti che risalgono a circa 2 o 3 anni prima.

PRESIDENTE. Quali erano le banche che vantavano i maggiori crediti?

ROSA. Sostanzialmente le banche giapponesi e le banche europee.

PRESIDENTE. Quali erano le banche giapponesi?

ROSA. Certamente la Sumitomo e la Mitsubishi che erano le banche capofila dei due prestiti sindacati da Londra. Vi erano poi altre banche come la Dai-Ichi Kangyo e la Sanwa.

PRESIDENTE. Vorrei sapere da quali garanzie erano coperti i crediti e, se non esistevano garanzie, perché non erano state richieste, considerata la rilevanza delle cifre. ROSA. A quanto mi risulta i crediti non erano assistiti da garanzie, nel senso che nessuna entità finanziaria importante aveva concesso una qualche fideiussione a questi prestiti. La ragione è che nell'analisi di queste banche - giusta o sbagliata che fosse - la Federconsorzi veniva considerata un "rischio pubblico" e quindi in caso di insolvenza si contava indirettamente sulla responsabilità dello Stato.

Nel caso di Agrifactoring le ragioni invece erano diverse. Anche per Agrifactoring non esistevano fideiussioni, ma in questo caso le banche straniere facevano affidamento sulla struttura dell'azionariato della società. Il 75 per cento del capitale di Agrifactoring era posseduto dal sistema bancario italiano e la principale banca azionista era la BNL. Ciò faceva sì che agli occhi delle banche straniere vi fosse un coinvolgimento del sistema bancario e soprattutto della BNL che - non dimentichiamolo - allora era la banca del Ministero del tesoro.

PRESIDENTE. Premesso che la Fedit beneficiò di due operazioni di finanziamento eseguite da un pool di banche: la prima, del 12 febbraio 1988, del valore di 200 milioni di Ecu vide nella veste di banca capofila la banca giapponese Sumitomo e in altra veste l'Istituto San Paolo di Torino; la seconda operazione, del 19 gennaio 1990, del valore di 200 milioni di ECU, vide nella veste di banca capofila o agente la banca giapponese Mitsubishi e, nella veste di lender, e cioè di erogatore, la Banca Nazionale del lavoro filiale di Londra. Poiché in entrambi i contratti non sembrano rinvenirsi riferimenti a garanzie ma, al contrario, si rileva l'espressa qualificazione della Fedit come società cooperativa soggetta alle regole ed ai controlli del diritto societario italiano, le pongo i seguenti interrogativi: da chi furono istruite le richieste; come furono presentate alla Fedit; ne furono richiesti, esibiti ed esaminati i bilanci; su che cosa fecero affidamento i due gruppi di banche nell'aprire le due importanti linee di credito; su quali basi in sintesi furono decisi i prestiti; le banche giapponesi si sono dolute dell'operato delle filiali londinesi delle banche italiane, il San Paolo e la BNL?

ROSA. Mi è impossibile dire quali sono stati i ragionamenti delle singole banche: ognuna ha un suo modo di analizzare i clienti e i crediti ed io non conosco le procedure delle varie banche e per quali ragioni abbiano deciso di dare questi affidamenti. Vale quanto ho precisato in precedenza: la Federconsorzi era vista dalla comunità finanziaria internazionale come un ente pubblico perché svolgeva un ruolo pubblico nell'ambito del settore agricolo italiano, quindi si supponeva che, comunque, ci sarebbe stato l'appoggio dello Stato. Non dimentichiamo che in quegli anni lo Stato italiano era un grande prenditore di fondi sui mercati internazionali attraverso varie entità, quali ENEL, ENI; la Repubblica italiana stessa, e quindi, in sostanza, il rischio Italia era abbastanza conosciuto dal sistema bancario estero. Il problema è che in questo caso si assimilò il rischio Federconsorzi ad un rischio Repubblica italiana. Questo avvenne per alcuni, altri non ebbero la stessa percezione del rischio ed è probabilmente la ragione per cui non parteciparono a questi sindacati e prestiti.

Per quanto riguarda l'originatore di questi crediti posso dire soltanto: non lo so. Non so se sia stata Federconsorzi che ha preso l'iniziativa ed è andata a chiedere i soldi alle singole banche o se non sono state piuttosto le altre banche, come si fa normalmente attraverso una serie di visite nei confronti dei potenziali clienti, che sono andate a visitare Federconsorzi e poi, nel corso di questi contatti, si sono sviluppate le opportunità di prestito. Certo però è che la stessa Federconsorzi lasciava intendere che comunque era un ente il cui rischio poteva in qualche modo essere assimilato e paragonato ad un rischio pubblico.

Per Agrifactoring il ragionamento è stato un po’ diverso e, in realtà, c'è una serie di banche creditrici addirittura più numerosa delle banche che erano in Federconsorzi. Ho vissuto queste vicende in prima persona perché quello di Federconsorzi è stato un caso molto delicato: è stato infatti il primo caso di grave insolvenza di un rischio che era considerato pubblico sul mercato internazionale e quindi suscitò molto scalpore nel mondo della finanza internazionale. Ma uno scalpore maggiore da parte delle grandi banche internazionali lo suscitò il caso Agrifactoring in quanto, mentre per Federconsorzi poteva valere il ragionamento se si trattasse o meno di rischio pubblico, non si poteva ammettere che una società di questo genere fosse lasciata cadere avendo un azionariato che era il sistema bancario italiano e soprattutto avendo come principale azionista la banca del Tesoro.

PRESIDENTE. Sono quattro i motivi per cui le banche estere potevano ritenere di avere sufficienti garanzie di investimento: il ruolo svolto dalla Federconsorzi nel settore agricolo, il controllo pubblico cui era soggetta, la procedura di nomina dei dirigenti e il legame tra la Fedit e i Ministri dell'agricoltura. Vorrei sapere se da parte delle banche estere queste considerazioni erano il frutto di loro autonome e originali valutazioni o erano indotte.

ROSA. Indotte nel senso che Federconsorzi lasciava credere questo?

PRESIDENTE. Federconsorzi o le banche che si fecero mediatrici del finanziamento tra le banche estere e il sistema Federoconsorzi. Insomma, chi accreditò le banche straniere facendo anche credere, per usare il suo linguaggio, che Fedit avesse queste garanzie?

ROSA. È difficile dirlo perché avrei dovuto essere presente nel momento in cui Federconsorzi presentava i propri bilanci, le proprie cifre, la propria linea d'azione alle banche. Non so rispondere a tale domanda perché non ero presente, non ho partecipato in prima persona alla negoziazione di questi prestiti, anche perché la mia funzione è quella di Presidente di un'Associazione che ha un compito di coordinamento, ma mai e poi mai l'Associazione si è sostituita, nel giudizio di credito, alle singole banche. Pertanto, mi risulta assolutamente difficile poter dire in quale circostanza di negoziazione dei prestiti è stato fatto credere dalla Federconsorzi alle banche che c'era protezione da parte dello Stato o se, invece, questa non fosse un'interpretazione lato sensu delle banche che in realtà vedevano, per le ragioni che il Presidente ha elencato, comunque in Federconsorzi - ciò è assolutamente vero - una funzione pubblica e quindi, per deduzione, pensavano che, assolvendo Federconsorzi ad una funzione pubblica, era in qualche modo un dovere da parte dello Stato, del Governo, quello di assisterla. Preciso anche che sapevamo tutti - questo sì - che Federconsorzi era sotto il patrocinio del Ministero dell'agricoltura, che aveva anche un compito di supervisione delle attività di Federconsorzi e su questo si faceva conto. Si metta nei panni di comunità estere che funzionano in un certo modo: il fatto che ci fosse questa supervisione da parte del Ministero dell'agricoltura era considerato una garanzia di buon funzionamento e in qualche modo di intervento, semmai si fosse giunti ad un momento di insolvenza, come è stato, da parte dello stesso Ministero e quindi del Governo italiano, il che invece non si è assolutamente verificato.

PRESIDENTE. I crediti delle banche giapponesi nei confronti di Agrifactoring e della Fedit sono stati soddisfatti? Come, quando e in quale misura?

ROSA. I crediti sono stati soddisfatti in maniera parziale tramite il rimborso della procedura concorsuale, che è tuttora in atto, così come è avvenuto per le banche italiane: nessuna preferenza, e giustamente, è stata assegnata dalla liquidazione alle banche straniere rispetto a quelle italiane. Ad oggi, l'ammontare complessivo dei rimborsi è dell'ordine del 40 per cento, il famoso 40 per cento che era stato indicato per avere la liquidazione. Il rimborso è avvenuto nel corso del tempo: a partire dal momento della messa in liquidazione fino all'ultima ripartizione decisa dalla procedura mi sembra 4 o 5 mesi fa.

PRESIDENTE. Possiamo avere un quadro dei rimborsi avvenuti nel tempo?

ROSA. Certamente, sicuramente la procedura è in grado di fornirlo.

Per Agrifactoring la percentuale di rimborsi è superiore perché c'era stato un abbandono di crediti - questo eravamo riusciti ad ottenerlo - da parte della Banca Nazionale del lavoro e delle banche italiane per cui si è arrivati oggi ad un rimborso complessivo dell'ordine del 70 per cento. A ciò però naturalmente bisognerebbe aggiungere, e questo è l'obiettivo che l'Associazione si sta ponendo oggi, anche quei famosi 1.000 miliardi, che sono ancora i crediti che il sistema dei consorzi agrari vanta nei confronti del Ministero dell'agricoltura a seguito di tutta una serie di funzioni per la politica degli ammassi che erano state svolte da Federconsorzi. Questi sono crediti accertati, sicuri, che noi continuiamo a chiedere che vengano pagati non direttamente, naturalmente, ma alla procedura, perché adesso è la procedura che è creditrice. Purtroppo finora, pur avendo il Ministero dell'agricoltura ed il Ministero del tesoro riconosciuto la bontà, l'essenza, la ineluttabilità del credito, non si sono reperiti questi 1.000 miliardi da pagare alla procedura. Se questi 1.000 miliardi dovessero essere pagati, allora naturalmente le percentuali di rimborso sia di Federconsorzi che di Agrifactoring migliorerebbero sensibilmente.

Per quanto riguarda poi Agrifactoring, vi è stata una postergazione volontaria da parte delle banche italiane nei confronti delle banche estere. Questo era stato concordato allora proprio perché Agrifactoring era stato il caso di maggiore sensibilità per le banche straniere, e quindi in sostanza le banche italiane avevano deciso volontariamente di fare questa postergazione di una parte dei crediti con un meccanismo un po’ complicato a favore solo delle banche straniere. Questa postergazione però entrerà in funzione solo al termine della procedura, cioè il pagamento da parte delle banche.

PRESIDENTE. C'è una relazione tra la postergazione dei crediti e l'operazione S.G.R.?

ROSA. No.

PRESIDENTE. Questo perché le banche straniere non hanno voluto far parte del pool di S.G.R.? Qual è il motivo?

ROSA. Il motivo è il seguente. Quando venne alla luce la proposta della costituzione di S.G.R., le banche straniere avevano risposto in maniera favorevole all'idea della costituzione di S.G.R.. Questo perché sapevamo tutti che se ci fossimo affidati esclusivamente alla procedura concorsuale, probabilmente ci avremmo impiegato 10 o 15 anni per arrivare alla liquidazione degli attivi. E sapevamo, peraltro, che la differenza fra il caso Federconsorzi e molti altri casi era che nel caso Federconsorzi c'erano degli attivi che valevano. Il problema naturalmente, dal punto di vista pratico, era quello di dare un valore a questi attivi e soprattutto di cederli in maniera sufficientemente rapida perché non passasse troppo tempo. Quindi la costituzione di S.G.R. era stata vista in maniera abbastanza favorevole dalle banche estere. Le banche estere, peraltro, avevano deciso di non partecipare all'azionariato di S.G.R., quindi di non trasformare i propri crediti in azioni di S.G.R., ma di rimanere come creditori chirografari della liquidazione, sapendo naturalmente che questo avrebbe portato ad un rimborso di circa il 40 per cento, come è avvenuto, e che non ci sarebbero forse state le opportunità di maggiore rimborso dei crediti, che era quello che in fondo si ponevano come obiettivo le banche italiane aderenti e S.G.R..

La ragione per la quale le banche estere hanno in qualche modo accettato il progetto, ma non hanno partecipato all'azionariato di S.G.R., è perché francamente non è un business, non è un tipo di attività che si può fare da Londra, che la City, o la Chase, o una banca giapponese può fare, perché diventava praticamente difficile per loro partecipare ad una procedura liquidatoria attraverso una società di questo genere. Quindi fu una decisione di tipo assolutamente pratico. Tra l'altro c'erano anche problemi di lingua, di presenza, eccetera; insomma, le banche estere all'unanimità decisero per il no. Esse preferirono rimanere creditori chirografari, assumendo però il vantaggio che naturalmente con il pagamento di S.G.R. si sarebbe accelerato di molto il rimborso fino al 40 per cento.

PRESIDENTE. Questo discorso mi convince fino ad un certo punto. Negli scritti delle banche giapponesi si legge che vi fu una sorta di minaccia di ritorsione per il mancato pagamento da parte dello Stato dei debiti, sotto forma di chiusura delle richieste di credito di enti pubblici italiani da parte dei mercati internazionali. Quali erano in quel momento gli enti pubblici interessati ai finanziamenti esteri? Vi fu una ritorsione? E se non vi fu, come fu scongiurata? Vorremmo capire se le banche ebbero soddisfazione per questa ritorsione che hanno prospettato, sia pure in forma larvata.

ROSA. In realtà la ritorsione era un modo di fare pressione sullo Stato italiano perché intervenisse, mettendo dei quattrini, in sostanza, per soddisfare in pieno i crediti. Il modo di pressione era proprio quello di dire: attenzione, se voi non pagate i debiti di Federconsorzi, noi sistema delle banche estere faremo in modo di far scattare le cosiddette clausole di cross default. E' un termine tecnico che significa che in tutti i contratti di prestito degli enti pubblici italiani vi è una clausola per cui in realtà se l'ENI - faccio solo un esempio - in un suo prestito avesse fatto default, cioè non l'avesse ripagato, le stesse banche avrebbero avuto il diritto di far giocare la clausola di richiesta di rimborso anticipato anche ad altri prestiti di enti pubblici italiani. Questo era il meccanismo. Naturalmente questo è un meccanismo assolutamente consolidato quando c'è la certezza di poter fare riferimento allo stesso ente pubblico. Nel caso di Federconsorzi era stato usato come minaccia, ma oltre al cross default si diceva: attenzione, perché comunque sia il sistema pubblico italiano avrà sempre bisogno di fondi sui mercati finanziari internazionali, e se voi non ripagate Federconsorzi la comunità finanziaria internazionale ne terrà conto. Ma fu una ritorsione di pressione, di parole, perché poi in realtà, come lei sa, le cose andarono in un certo modo. Certamente però questa ritorsione fu abbastanza forte nel caso di Agrifactoring perché molte banche straniere decisero, almeno temporaneamente, di chiudere le linee di credito alla BNL.

PRESIDENTE. Questa ritorsione come fu scongiurata? Voglio capire, dato che io non sono un tecnico della materia: è agevole sospettare o ritenere che questa ritorsione avesse indotto delle banche italiane, che si erano fatte garanti di questi investimenti delle banche estere in Italia, a saldare esse stesse, e la ripartizione successiva negli anni divenisse poi una specie di partita di giro?

ROSA. Non c'erano garanzie delle banche italiane a favore delle banche straniere.

PRESIDENTE. Ma le operazioni furono mediate. Quindi per la banca giapponese Sumitomo l'istituto erogatore era il San Paolo di Torino, per la Mitsubishi era la BNL. Si ha motivo di ritenere che dette banche, di fronte a minacce di ritorsione, abbiano liquidato i crediti alle banche straniere, anche se formalmente esse risultavano ancora creditrici. La somma liquidata sarebbe poi rientrata nel tempo alle banche italiane che avevano anticipato il tutto.

ROSA. Lo escludo fermamente.

PRESIDENTE. Il sospetto però resta. Avanzare una minaccia senza poi attuarla fa pensare che qualcuno l'abbia voluta tacitare.

ROSA. Spiego il meccanismo. Il fatto che alcune filiali italiane avessero un ruolo di Conduit Bank da Londra non aveva nulla a che vedere con la garanzia che queste banche offrivano agli istituti di credito stranieri. Era una ragione strettamente fiscale. L'Italia, all'epoca, era l'unico paese al mondo ad applicare una ritenuta sui prestiti erogati dall'estero a favore di un residente italiano, escluso il caso in cui il prestito fosse erogato dalla filiale estera di una banca italiana.

ALOI. Questa ritenuta nasceva da una forma di diffidenza, da fatti storici o da altro?

ROSA. A quanto mi risulta era una disposizione fiscale in vigore da almeno vent'anni. Oggi con l'introduzione della moneta unica e con l'unificazione dei sistemi fiscali questi meccanismi vanno scomparendo, ma all'epoca ogni paese aveva la tendenza a porre barriere di carattere valutario o finanziario tra se stesso e il mondo della finanza internazionale. Era in vigore quindi la disposizione fiscale sopra menzionata in base alla quale qualsiasi prestito, sindacato o no, proveniente dall'estero e a favore di un residente italiano scontava questa ritenuta sugli interessi. Nella disposizione però si stabiliva anche che se il prestito veniva erogato al residente italiano da una filiale estera di banca italiana tale ritenuta scompariva. In considerazione di ciò si era costruito un sistema per cui l'erogatore del prestito era la filiale londinese di una banca italiana che firmava il prestito con l'imprenditore italiano; dietro poi c'era un altro contratto, del tutto legale, tra la stessa banca e le altre partecipanti in base al quale tutti i benefici e i rischi del prestito venivano ripartiti pro quota tra le banche partecipanti. Il fatto che il San Paolo di Torino avesse erogato una certa somma alla Federconsorzi non implicava affatto che l'Istituto dovesse poi subirne le perdite o i vantaggi in quanto essi automaticamente si ripercuotevano su tutte le banche partecipanti.

Si tratta di un meccanismo - e lo affermo con assoluta certezza - pensato non solo per Federconsorzi, ma per tutti i prestiti di natura fiscale. Prova ne è che le banche straniere attuarono una forte protesta nei confronti del Governo italiano. In termini di business, infatti, ciò portava via lavoro alle filiali estere delle banche estere a favore di quelle italiane.

PRESIDENTE. Un altro dei nostri sospetti è che la postergazione dei crediti di BNL e Banca di Roma nei confronti di quelli esteri possa essere stata una simulazione. In sostanza, il vantaggio offerto volontariamente alle banche Sumitomo e Mitsubishi dalla Banca di Roma e dalla BNL non può essere interpretato come una sorta di privilegio non dovuto?

ROSA. No, la postergazione si aveva solo nel caso di Agrifactoring. Quella postergazione in generale la negoziai io stesso tramite un importante banchiere. Il caso Agrifactoring era stato considerato dalle banche estere un affronto, un'offesa notevole. PRESIDENTE. Le banche straniere ritenevano forse che Agrifactoring fosse controllata dalla BNL?

ROSA. Certo, del resto lo era.

PRESIDENTE. Lei afferma ciò con assoluta certezza. Ma tale controllo fu verificato? Qualcuno infatti lo mette in dubbio.

ROSA. C'era l'azionariato a dimostrarlo. Che io sappia vi erano la BNL, il Banco di Santo Spirito e la Banca del Cimino.

PRESIDENTE. Mi pare che la settimana scorsa il dottor Clemente della Banca d'Italia escludesse addirittura questa circostanza. E' questo il motivo per cui le chiedo se il controllo di Agrifactoring da parte della BNL fu in qualche modo verificato.

ROSA. Certamente non sono andato a verificare i libri societari di Agrifactoring, comunque era una questione di dominio pubblico, un fatto incontestabile. Tutti sappiamo che certe società sono di proprietà di qualcuno perché ciò viene ammesso pubblicamente, senza che sia necessario verificare i libri societari. Sono certo che la BNL fosse tra le banche che controllavano Agrifactoring. PRESIDENTE. Le banche estere esercitarono pressioni nei confronti della BNL per ottenere la soddisfazione dei loro crediti? ROSA. Non c'è dubbio.

PRESIDENTE. Si può dire che la BNL ne abbia risposto, vale a dire che abbia soddisfatto la garanzia del credito?

ROSA. No. Le banche straniere fecero un'enorme pressione sulla BNL e sul sistema bancario italiano. Ritenevano infatti che nel sistema bancario mondiale non si fosse mai verificato che alcune banche lasciassero cadere una propria società, anche senza aver concesso la fideiussione. Era una questione deontologica, tanto più che la BNL era la banca del Ministero del Tesoro; ciò rendeva il tutto ancora più inammissibile. Quindi, fu esercitata una forte pressione sulla BNL affinché si assumesse la responsabilità del pagamento di tutti i crediti. In realtà poi queste banche azioniste, BNL, Banco di Santo Spirito e le altre, accettarono di postergare i loro crediti in favore degli altri creditori, anche perché loro stesse erano finanziatrici di Agrifactoring, e ciò fu considerato un primo passo verso la riconciliazione del sistema bancario internazionale nei confronti della BNL.

PRESIDENTE. Secondo lei fu un atto di considerazione voluto o imposto?

ROSA. E' difficile dirlo. Posso solo affermare che noi lo avevamo richiesto con grande forza. Tutto il sistema delle banche internazionali chiese che le banche italiane si assumessero l'onere di rimborsare i crediti, al punto che molte banche estere avevano unilateralmente interrotto i rapporti con la BNL arrivando perfino a sospendere certi crediti. Una volta che la BNL e le altre banche accettarono e avviata la procedura si ristabilirono rapporti di lavoro corretti.

PRESIDENTE. Possiamo affermare che, da un lato, c'è stata una pressione nei confronti dello Stato italiano per quanto riguarda la Fedit, dall'altro, c'è stata una pressione su BNL per quanto riguarda Agrifactoring. Vorrei sapere se in tutto ciò sia intervenuta, e in caso affermativo da quale parte, una mediazione politica. Vorremmo capire, infatti, i motivi della ritorsione e della resistenza alla quale non crediamo che la BNL abbia fatto fronte spontaneamente, perché altrimenti l'avrebbe evitata fin dal principio.

In sostanza vorremmo capire qual è stato l'intervento che ha permesso questa rappacificazione.

ROSA. Non ci sono stati interventi precisi. Per quanto riguarda Federconsorzi in realtà la pressione nei confronti delle autorità pubbliche fu fatta soprattutto attraverso la minaccia di una chiusura alle richieste di credito di enti pubblici italiani. Nel caso di Agrifactoring l'intervento fu fatto direttamente su BNL. Naturalmente, nel caso di Federconsorzi da parte delle banche estere si era accettato il fatto che la Federconsorzi fosse stata messa in liquidazione coatta amministrativa. La costituzione di S.G.R. e il fatto che questa avrebbe pagato il 40 per cento, un ammontare tale che consentiva alla liquidazione di pagare almeno il 40 per cento in tempi molto più brevi rispetto ad una procedura concorsuale normale, fu visto positivamente dalla banche estere, anche se decisero di non partecipare al capitale. Non ci fu assolutamente alcuna mediazione politica, fu una negoziazione tra creditori, che era il sistema bancario, e debitori.

Per quanto concerne Agrifactoring il momento di distensione dei rapporti, che io sappia, avvenne quando le banche decisero di postergare i propri crediti e quando anche le altre banche italiane, che non erano azioniste di Agrifactoring, decisero di postergare, in parte, i loro crediti in favore delle banche estere.

PRESIDENTE. Non la consideri una petulanza, ma ho qui la corrispondenza intercorsa tra l'ambasciatore Raniero Vanni d'Archirafi e i Ministri dell'agricoltura e delle foreste e degli esteri. In una lunga lettera l'ambasciatore sollecitava questa pressione segnalando che il Ministero dell'agricoltura aveva tenuto continui contatti con la Presidenza del consiglio, il Ministro del tesoro, la Banca d'Italia e l'ABI. Il Ministro dell'agricoltura affermava, a sua volta, di aver ricevuto una folta rappresentanza delle banche estere con la quale si era intrattenuto, con completa apertura, su tutti gli aspetti del problema. Quindi, un'intermediazione politica, nel senso di interessamento degli organi politici dello Stato, c'è stata: non è stato un problema che si è risolto tra banche. In proposito vogliamo capire il peso di questa intermediazione politica che avrebbe poi "costretto" le banche o al privilegio della postergazione o a chi sa cosa altro. Abbiamo avuto lagnanze di questo tipo: le banche hanno premuto, attraverso S.G.R., per rientrare in possesso del loro denaro, ma le banche estere si sono astenute da richieste di questo tipo. Non ci risulta infatti che, al momento, le banche estere possano vantare crediti in forma giudiziale, non sono state fatte richieste giudiziali, istanze per le liquidazioni dei crediti e sono già trascorsi diversi anni.

ROSA. Le banche estere sono creditrici normali della liquidazione, del concordato preventivo Federconsorzi. C'è l'elenco …

PRESIDENTE. Sì, ma vorrei capire se si è trattato di una richiesta formale perché i loro crediti magari erano stati soddisfatti per le pressioni che avevano esercitato; cioè, l'iscrizione come creditori nell'amministrazione giudiziale di Federconsorzi è formale, nel senso che le loro quote ritorneranno a chi ha già liquidato i crediti in partenza? Le faccio un esempio banale: può essere accaduto che BNL o altre banche abbiano soddisfatto per intero i crediti lasciando immutata l'iscrizione dei crediti delle banche estere presso l'amministrazione giudiziale, per cui, quando i crediti vengono liquidati per tranche, tornano alle banche che li hanno anticipati?

ROSA. Per quanto ne sappia, la risposta è assolutamente no. Il meccanismo è stato assolutamente diverso: che le banche estere abbiano fatto pressione nei confronti del Governo affinché si assumesse la propria responsabilità questo è vero, ma faceva parte della normale pressione che un creditore esercita nei confronti di chi crede essere il debitore per ottenere la soddisfazione dei propri crediti e fu naturalmente fatto anche nel caso di Agrifactoring. Il meccanismo delle postergazioni è assolutamente alla luce del sole e, tra l'altro, è stato verificato dal punto di vista legale. Per quanto riguarda Agrifactoring il meccanismo di postergazione delle banche non azioniste entrerà in funzione solo alla fine della liquidazione. Ripeto, che io sappia non ci sono state assolutamente soddisfazioni sotto banco di alcune banche straniere da parte di banche italiane. È stata condotta sempre una negoziazione del tipo che abbiamo descritto, alla luce del sole, nei confronti delle autorità pubbliche per quanto concerne Federconsorzi e nei confronti delle banche italiane azioniste per quanto riguarda Agrifactoring. Certamente, fu fatta pressione anche nei confronti del Ministero del tesoro perché la Banca Nazionale del lavoro era la banca del Tesoro. Certamente in alcuni casi furono fatti intervenire i rappresentanti commerciali delle ambasciate di alcuni paesi.

PRESIDENTE. Vorrei sapere se è in condizione di consegnarci lo stato dei crediti delle banche straniere nei confronti sia di Federconsorzi che di Agrifactoring per quanto riguarda il credito iniziale, i vari rimborsi e quanto rimane da soddisfare.

ROSA. Certamente sì, non al momento, ma non mancherò di farlo.

CARUSO Antonino. Vorrei sapere come votarono le banche straniere al concordato preventivo di Federconsorzi.

ROSA. Non glielo so dire in quanto naturalmente il credito era in testa ad ogni singola banca e non all'Associazione, per cui non le so neanche riferire se votarono o no.

CARUSO Antonino. La questione del tipo di voto da esprimere al concordato, ovvero se esprimerlo o meno, non fu oggetto del coordinamento assicurato dall'Associazione fra le banche estere nei confronti dei singoli istituti creditori?

ROSA. In un certo qual modo c'era stato un coordinamento e un dibattito. Quest'ultimo sostanzialmente verteva su questi due aspetti: se in qualche modo aderire alla procedura concorsuale o se non era il caso di fare ulteriori pressioni, comunque esse fossero, nei confronti delle autorità per arrivare ad una messa in liquidazione volontaria di Federconsorzi. Il dibattito era tra una procedura concorsuale ed una possibile eventuale liquidazione non concorsuale. Avevamo dovuto spiegare che la procedura concorsuale in Italia richiede sfortunatamente molto tempo e quindi eventualmente una procedura di liquidazione volontaria, anche se aveva il difetto di mancanza di trasparenza, aveva comunque il merito di una maggiore accelerazione. Comunque da quanto ricordo le banche straniere optarono per la soluzione del concordato preventivo, anche se - allora non si sapeva ancora di S.G.R. - si riconosceva come procedura più lenta e macchinosa, ma forniva maggiori garanzie di trasparenza e correttezza e ciò è stato considerato un elemento fondamentale da parte delle banche straniere. Quindi, detto questo dovrei veramente verificare come hanno poi votato in quel momento le singole banche; è una cosa che non ricordo. Ma il sentimento generale era quello di aderire, pur senza grande entusiasmo.

CARUSO Antonino. Noi sappiamo che le banche estere non erano certamente non provvedute nella loro assistenza legale in Italia; ad esempio, se non ricordo male, la società Mitsubishi era assistita dallo studio Graziadei. Quindi ad esse non poteva sfuggire che, da un punto di vista giuridico, la procedura concorsuale, il concordato preventivo, era una procedura obbligatoria, nel senso che è obbligatorio per tutti il concordato se vengono raggiunte le maggioranze prescritte dalla legge. Quindi, il problema da lei evocato, cioè che le banche estere preferivano esercitare pressioni nei confronti del Governo, si può collocare solamente nel breve periodo che intercorse tra il commissariamento di Federconsorzi e l'ammissione alla procedura. Lei ci ha espresso una criticità di sentimento da parte delle banche estere nei confronti delle autorità italiane in genere, che è senz'altro permanente, per esempio nel momento in cui viene proposto alle banche estere di entrare a far parte del capitale di S.G.R.. Siamo quindi in una fase in cui la fase del voto concordatario è stata temporalmente superata. La mia domanda tendeva a capire come è conciliabile questa posizione di risentimento con un voto eventualmente favorevole, quando viceversa l'imponenza e la rilevanza del credito delle banche estere poteva essere fatta pesare facendo venir meno le maggioranze prescritte dalla legge.

ROSA. Quello che io ricordo e che era il fatto sostanziale era se le banche dovevano fare pressione sul Governo italiano per trovare un'altra strada, o in qualche modo accettare questa ipotesi. Il sentimento generale, obtorto collo, era comunque quello di accettare eventualmente questa liquidazione, riservandosi pur sempre di intervenire in qualche modo nei confronti delle autorità perché potessero ad un certo momento intervenire a soddisfare i crediti.

CARUSO Antonino. Ho ben compreso i distinguo che lei ha operato rispondendo alla domanda del Presidente, affermando che lei svolgeva un ruolo di tipo coordinatorio attraverso l'Associazione. Mi sembra in effetti sorprendente che l'Associazione in questa sua attività di coordinamento non si sia espressa in un momento cruciale: votiamo compatti sì al concordato preventivo o votiamo compatti no al concordato preventivo. Ritengo abbastanza sorprendente che il fattore mutualistico, il fattore solidale rappresentato dall'Associazione si sia espresso in tante vicende e non in questa.

ROSA. Potrei darle una risposta: è un mondo molto complesso. Lei deve pensare che innanzitutto vi è una grande differenziazione tra prestiti sindacati a Londra e prestiti italiani. Il meccanismo dei prestiti sindacati a Londra è un meccanismo di per sé abbastanza complesso. Qualsiasi decisione che viene presa dalla banca capofila deve essere a sua volta sottoposta al voto delle altre banche. Quindi, naturalmente, c'erano parecchie banche, alcune con esposizioni grosse, altre con esposizioni piccole, con interessi diversi rispetto a questo. Anche perché naturalmente le banche che avevano esposizioni modeste avevano probabilmente la tendenza a chiudere la questione recuperando qualcosa, considerato che tenere aperte queste partite a livello internazionale rappresenta sempre un grosso costo di monitoraggio per le banche. Quelle che invece avevano esposizioni più consistenti, cioè le banche giapponesi, tendevano naturalmente ad essere più aggressive. Con l'ulteriore aggravante che le banche giapponesi avevano obiettivamente una certa difficoltà a comprendere i meccanismi di funzionamento…

CARUSO Antonino. L'avvocato Graziadei li capiva benissimo.

Le sottoporrò ora domande simili a quelle che le ha già posto il Presidente, ma con un angolo visuale diverso. Il senatore Cirami le ha chiesto se era Federconsorzi che chiedeva alle banche estere il credito, o se erano le banche estere che si rivolsero a Federconsorzi. Chi furono gli intermediari? Quali furono le valutazioni di rischio che le banche fecero? Lei ha risposto al Presidente di aver esaminato il problema come Associazione. Io le chiedo, proponendole nuovamente queste identiche domande, come si condusse Société Générale in questa vicenda. Ricevette richiesta di affidamento o lo propose? Quali rischi valutò? Perché escluse le garanzie? Come gestì il credito, una volta erogato, e come gestì il rientro?

ROSA. Per quanto riguarda Société Générale, l'unica esposizione che aveva era nei confronti di Agrifactoring. Con Federconsorzi avevamo un'esposizione minima, di 4-5 milioni di lire o 10, comunque una sciocchezza. Quindi posso rispondere che la valutazione nei confronti del rischio Agrifactoring fu fatta esattamente facendo affidamento all'azionariato Agrifactoring.

CARUSO Antonino. Per quale ragione Société Générale partecipò alla riunione del 22 maggio 1992 nella sede del Banco di Santo Spirito in cui si discusse essenzialmente della partecipazione delle banche estere in S.G.R. e in ogni caso della imminenza delle decisioni da assumere, con riferimento ad un rinvio che era stato accordato, che fu richiesto appositamente dal tribunale di Roma, perché fosse appunto rinviata la sentenza di omologazione?

ROSA .Lei fa riferimento alla riunione nella quale venne presentato il progetto S.G.R.?

CARUSO Antonino. Nella quale venne discusso il progetto S.G.R., che era già stato presentato.

ROSA. Vorrei capire. Io avevo sempre il duplice cappello di Presidente dell’Associazione e di direttore della Société Générale. Allora non so se in quella riunione io ero lì come Presidente…

CARUSO Antonino. Nel verbale della riunione compaiono i nomi dei rappresentanti delle aziende e, a fianco di ognuno, sono riportate le aziende che rappresentavano: il signor Brambillasca, per la Bank of Tokio, il dottor Cavatorta per la Fiat…

ROSA. E per la Société Générale?

CARUSO Antonino. Lei. ROSA. E allora io lì probabilmente rappresentai Société Générale nella veste di direttore. Comunque, in realtà, allora la Société Générale, non aveva titolo per discutere di crediti Federconsorzi, visto che non aveva crediti per quanto concerne Federconsorzi.

CARUSO Antonino. Io ho inteso l’inverso, per la verità. Io non so se Société Générale aveva crediti…

ROSA. No.

CARUSO Antonino. … e lo scenario dei creditori. Avevo desunto che avesse titolo.

ROSA. La Société Générale aveva titolo a partecipare a qualsiasi riunione perché era creditrice di un ammontare minimo, ma lo era. In ogni caso mi sembra di poter dire che, se io c’ero ero in veste di Presidente dell’Associazione.

CARUSO Antonino. Quindi quello a cui ho fatto riferimento potrebbe essere un verbale di riunione interna senza evidenza esterna. Di conseguenza poteva essere stata sommariamente verbalizzata la sua presenza.

Questa riunione si svolse il 22 maggio 1992, ma il signor Takahashi, rappresentante della Dai-Ichi Kangyo Bank Ltd, intervenendo problematicamente sulla proposta illustrata dal professor Capaldo, sulla bontà del progetto S.G.R., richiamava una riunione precedente, in cui si era discusso - sempre che il verbale sia rappresentativo della realtà - del piano S.G.R. o comunque del piano di realizzo dei beni Federconsorzi. Il signor Takahashi lamentava che la percentuale di recupero da parte dei creditori fosse precipitata dal 73,9 per cento al 41 per cento. A mio avviso è interessante la data in cui il signor Takahashi colloca questa riunione antecedente, vale a dire il gennaio del 1992. Vorrei sapere quali furono le trattative che riguardarono la partecipazione o meno delle banche estere in S.G.R. e con quale collocazione nel tempo. ROSA. Mi è difficile collocare nel tempo le varie riunioni, anche perché ve ne furono parecchie e di ogni genere. Il progetto S.G.R. fu presentato alle banche estere che, pur decidendo di non partecipare assolutamente all'azionariato di S.G.R., aderirono all'idea generale. Di fatto però non vi furono negoziazioni tra banche estere e S.G.R. sull'ammontare dei crediti da rimborsare. In realtà la S.G.R. fu presentata come una società costituita dalle banche che accettavano di trasformare i propri crediti in azioni S.G.R.. Si ritenne che lasciar giacere, troppo a lungo non gestiti, attivi di un certo valore - e una prima difficoltà fu proprio quella di darne una valutazione precisa - avrebbe causato una svalutazione dei beni. Quindi le banche disponibili ad effettuare l'operazione potevano accettare di trasformare i loro crediti in azioni S.G.R. con l'obiettivo di arrivare perfino ad un rimborso superiore a quanto si poteva ipotizzare attraverso una gestione attiva di S.G.R.. CARUSO Antonino. Mi scusi dottor Rosa ma - come lei forse immagina - la sua audizione si colloca in uno scenario più ampio di persone ascoltate dalla nostra Commissione. Si pone per noi la necessità di operare riscontri con le affermazioni rese da altri auditi. Mister Takahashi esprime perplessità circa il conseguimento di risultati soddisfacenti per i creditori, tenuto conto che la percentuale promessa a gennaio in ragione del 73,9 per cento sembra essersi ridotta a 41 per cento. ROSA. Promessa a chi? CARUSO Antonino. Sto leggendo il verbale della riunione del 22 maggio 1992, cui parteciparono Brambillasca, Ishika, Sibrak, Petrelli, Martucci, Martinez, Vico, De Montmaren, Mike, Kurzinger, Grego, Takahashi, Negrini, Mitamura, Beltrand, Gallo, Staiti, Mancini, De Palma, Sussi, Gatti, Vesce, Grande, Cavatorta, Rosa, Capaldo, Geronzi e Casella. ROSA. Francamente non ricordo proprio a cosa facesse riferimento Takahashi. Mi scuso, ma non lo ricordo. CARUSO Antonino. Poco fa lei ha affermato che il progetto S.G.R. doveva realizzarsi attraverso un conferimento dei crediti vantati dai singoli istituti nei confronti della Federconsorzi e la loro trasformazione in capitale S.G.R.. In realtà la S.G.R. è una società che ha costituito un proprio autonomo capitale, poi sottoscritto dai creditori. ROSA. Mi riferisco alla versione presentata alle banche estere. CARUSO Antonino. Quindi lei afferma che la prima versione del progetto consisteva nel convertire i crediti in azioni della costituenda società destinata ad acquistare gli assetts di Federconsorzi. ROSA. Certo. Se non ricordo male la costituzione avveniva nel seguente modo: un nucleo di banche italiane costituivano la società e portavano liquidità sottoscrivendo l'ammontare iniziale del capitale (non ne ricordo la consistenza, ma doveva trattarsi di un ammontare sufficiente a dar vita alla società ma non abbastanza da aiutare la liquidazione). Successivamente, alle banche che originariamente non avevano sottoscritto il capitale della società ma che intendevano aderire a questo schema fu proposto di trasformare i loro crediti in azioni S.G.R.. Le due cose quindi sono entrambe vere. CARUSO Antonino. Da più parti risulta che il professor Capaldo si occupò delle vicende Federconsorzi nel biennio anteriore al suo commissariamento fornendo delle consulenze, reiterate nel tempo, che furono rese anche a titolo gratuito. Le risulta che il professor Capaldo, in forza della sua statura e autorevolezza professionale o in funzione del ruolo ricoperto in un istituto di credito, nell'ultimo biennio anteriore al commissariamento, abbia in qualche maniera procurato l'accesso di Federconsorzi a prestiti internazionali? ROSA. Non lo so assolutamente. CARUSO Antonino. Le banche estere erano a conoscenza di un documento interno di BNL in cui Agrifactoring era collocata come società controllata di diritto o di fatto? ROSA. Nei bilanci pubblici di BNL era contenuto, come consuetudine, l'elenco delle varie partecipate e Agrifactoring rientrava non in una partecipazione totalitaria, ma in una categoria che in qualche modo riavvalorava l'idea che BNL fosse responsabile della sua gestione. CARUSO Antonino. Torniamo alla riunione del 22 maggio 1992. Poco fa leggendo l'elenco dei partecipanti mi sono soffermato sul rappresentante della Fiat, il dottor Cavatorta. Vorrei sapere se il dottor Cavatorta in quella riunione, nella quale incidentalmente si parlò di Agrifactoring, sollevò una certa questione. Mi riferisco al fatto che la Banca Nazionale del Lavoro scrivendo alla società Fiat Geva (una delle società collegate alla Fiat) pare avesse dichiarato che Agrifactoring era una propria controllata. Nel clima da lei così efficacemente descritto, vorrei sapere come la BNL rispose alla contestazione di aver mandato a picco una propria società. Inoltre, vorrei sapere se qualcuno dei partecipanti a quella riunione, a conoscenza del fatto che BNL aveva scritto che Agrifactoring era una sua controllata (tant'è che gli garantiva patronage), abbia sollevato la questione. In caso affermativo vorrei che ci riferisse la reazione della BNL. ROSA. Francamente se il problema fu sollevato in quella riunione non lo ricordo. CARUSO Antonino. E perché Banca Nazionale del lavoro non voleva rispondere di Agrifactoring? ROSA. Banca Nazionale del lavoro affermava di essere un creditore di Agrifactoring e quindi anch'essa vittima del dissesto Federconsorzi. Questa era la linea di difesa della Banca Nazionale del lavoro: non è stata BNL a mandare a picco Agrifactoring ma quest'ultima è vittima di Federconsorzi. In realtà, Agrifactoring era creditore in larga misura di Federconsorzi e il dissesto di Agrifactoring in larga misura è connesso a quello di Federconsorzi. Quella dunque era la linea di difesa: il vero responsabile era dunque il caso Federconsorzi e non Banca Nazionale del lavoro. Noi dicevamo invece che questo era troppo comodo: è vero che Agrifactoring era largamente creditrice di Federconsorzi ma, comunque sia, BNL, istituto di credito che ha consuetudine con le analisi di credito e che sempre richiede la responsabilità degli azionisti, deve assumersi le proprie responsabilità. CARUSO Antonino. La premessa doverosa è che Banca Nazionale del lavoro era azionista di Agrifactoring. Non sappiamo in che misura (lei ci ha riferito il 50 per cento) non avendo controllato i libri contabili, ma fatto manifesto era che Banca Nazionale del lavoro aveva indicato 4 amministratori su 5 di Agrifactoring. Pertanto, se avesse preso in prestito dei soldi da Sumitomo o da Mitsubishi e poi li avesse dati a Federconsorzi e quest'ultima non avesse rimborsato Banca Nazionale del lavoro, immagino che questa avrebbe sopportato la perdita e mai avrebbe detto a Sumitomo che la colpa era di Federconsorzi che non pagava. Pertanto, con riferimento ad Agrifactoring, che differenza vi era? Lei evocava uno scenario complessivo assai grave, la perdita di credibilità di un istituto quale BNL nella grande società delle banche internazionali. ROSA. La differenza è sostanziale. Nel caso ipotetico che le banche straniere avessero fatto un prestito a Banca Nazionale del lavoro è chiaro che questa sarebbe responsabile primaria. In questi affidamenti in genere è buona norma chiedere a qualsiasi creditore cosa ne fa dei soldi che vengono prestati, anche se poi la responsabilità della gestione è sua, per cui in questo caso non ci sarebbe stato neanche il dibattito: Banca Nazionale del lavoro sarebbe la responsabile primaria. Il caso di Agrifactoring è diverso perché i soldi non erano stati prestati direttamente a Banca Nazionale del lavoro, bensì ad una società controllata e partecipata da BNL per cui la responsabilità di quest'ultima è di secondo grado rispetto al caso che lei evocava, rispetto al quale non vi sarebbe stato alcun tipo di discussione. CARUSO Antonino. Chi era il banchiere che mediò la postergazione del credito? ROSA. Il credito di chi? Nel caso di Agrifactoring, delle banche azioniste? CARUSO Antonino. Da parte di BNL e così via. ROSA. Come ho già detto, vi furono due tipi di postergazione: quella delle banche azioniste e quelle volontaria delle banche italiane non azioniste. Nel primo caso non mi sembra che ci fu un banchiere, si trattò del risultato della pressione da parte delle banche straniere e dell'associazione. Allora avevamo chiesto e fatto riunioni con la Banca d'Italia, con il Ministero del tesoro, evocando gli argomenti che prima ho riferito. A convincere BNL e le banche italiane a postergare i propri crediti nei confronti non solo delle banche straniere ma di tutti i creditori fu il risultato della nostra azione. Il secondo tipo di postergazione fu invece fatto soltanto a favore delle banche straniere. CARUSO Antonino. Chi fu il banchiere che mediò questa postergazione? ROSA. Per quanto riguarda questa seconda postergazione fu il dottor Marengo, amministratore delegato del Credito italiano. ALOI. Abbiamo avuto il piacere di ascoltare il dottor Rosa con grande attenzione e lo abbiamo molto atteso perché gran parte delle audizioni erano funzionali al discorso delle banche straniere. Infatti, da parte di parecchi responsabili di banche, di vari settori si è detto che, stranamente, ad un certo punto per quanto attiene alle banche straniere si passa da un atteggiamento di grande adesione, di grande fiducia, di apprezzamento per le garanzie che Federconsorzi e Agrifactoring certamente fornivano in quanto si era stabilita una implicita equazione con lo Stato italiano, ed una volatilizzazione delle stesse banche straniere attraverso uno stranissimo e improvviso mutamento che viene registrato nell'arco di ventiquattrore. In questo poco spazio di tempo si assiste, infatti, ad un mutamento quasi genetico della posizione delle banche straniere. Vorrei sapere dunque se questo elemento dipende dal fatto che è emersa una sfiducia immediata anche in riferimento alla mancata adesione alla costituzione di S.G.R.. Da parte delle banche straniere ci si è posti infatti in termini piuttosto critici, se non di rifiuto, nei confronti di un'adesione che poteva ovviamente consentire anche una forma di recupero. Le chiedo se il fatto che, a un certo punto, le banche straniere abbiano deciso di assumere una certa posizione di rifiuto, parlavo di mutamento genetico, è determinato dalla preoccupazione improvvisa che quelle garanzie relative alla presenza dello Stato - si chiami Federconsorzi, Banco di Napoli, Banca Nazionale del lavoro - ad un certo punto vengono meno o c'è qualcos'altro? Mi sembra che il dottor Rosa nella parte espositiva abbia indubbiamente risposto ad alcuni nostri quesiti, ma è la parte conclusiva che ci preoccupa fortemente: quali pressioni ci sono state, c'è una valutazione di ordine tecnico, finanziario e bancario o c'è dell'altro? E qui fa ingresso ovviamente il discorso politico. Cioè a dire: le pressioni ci sono state? In che misura ci sono state? E' cambiata la strategia di valutazione nei confronti della situazione garanzie dello Stato italiano perché certamente l'equazione Federconsorzi e Agrifactoring uguale Stato italiano è venuta meno? E perché? E' bastato, per chiudere il discorso, che S.G.R. veniva a costituire quasi una realtà diversa, e quindi vi era una adesione a questa nuova società? Ma non può esserci dell'altro? Ecco la preoccupazione. La mia non è una domanda retorica, ci sono delle serie perplessità che discendono da tutta una serie di audizioni che hanno posto veramente la questione banche straniere, con un cambiamento radicale di atteggiamento che crea serie perplessità. ROSA. Il momento del cambiamento dell'atteggiamento delle banche straniere, a mio modo di vedere, se ricordo bene, deve essere fatto coincidere con il commissariamento di Federconsorzi. Nel momento in cui Federconsorzi è stata commissariata, e due mesi dopo è stata poi avviata la procedura, le banche straniere hanno completamente cambiato atteggiamento semplicemente perché si sono rese conto che lo Stato italiano non aveva intenzione - come loro avevano erroneamente interpretato - di pagare i debiti di Federconsorzi. Quello è stato il momento; è stata una pura valutazione di rischio. Ci si è risvegliati in maniera improvvisa e ci si è accorti che non era vero quello che si pensava, cioè che Federconsorzi fosse in qualche modo un'entità pubblica e che quindi lo Stato italiano avrebbe risposto dei suoi debiti. ALOI. Non può essere anche un fatto semplicistico, lo dico senza voler fare nessuna dietrologia? Non si è posto un problema più ampio ed organico, che possano esserci state anche pressioni di altro tipo, con delle preoccupazioni che si sono ingenerate conseguentemente? ROSA. Che io sappia, la risposta è esattamente quella che le ho dato. Anche perché bisognerà collocare questa vicenda in un periodo storico nel quale le banche internazionali avevano una fortissima attività di prestiti, e soprattutto le banche giapponesi, nei confronti delle entità pubbliche in genere, e soprattutto delle entità pubbliche italiane, perché erano grandi creditrici sul mercato internazionale. L'analisi era sempre quella di pensare che, al di là della valutazione dei bilanci e dei conti economici, era un rischio pubblico, e quindi lo Stato italiano avrebbe provveduto comunque a pagarlo. Nel momento in cui Federconsorzi è stata commissariata, e dopo addirittura avviata la procedura concorsuale, ci si è resi conto che quella assunzione non era vera, e quindi si è avuto un atteggiamento completamente diverso. Non dimentichiamo poi che questa vicenda deve essere collocata in un momento di grande crisi del rating, o comunque della valutazione di rischio dello Stato italiano: siamo negli anni '90. Certamente allora furono fatte molte pressioni sui Ministeri. Per dare un esempio di come poi le cose siano andate in maniera diversa, voglio ricordare il caso dell'EFIM, che ho personalmente vissuto anni dopo. Nel caso dell'EFIM, c'era un passivo molto forte, e in quel caso lo Stato italiano (ricordo molto bene tutte le riunioni che si svolsero al Ministero del tesoro) decise di intervenire e di pagare i debiti di EFIM. E poi, attenzione: erano le banche straniere che facevano molto attivismo di convincimento e di pressione sulle autorità italiane, sia nel caso Federconsorzi che poi di EFIM, ma mai e poi mai è stato chiesto un trattamento particolare delle banche straniere. Tant'è vero che poi per EFIM tutti i creditori sono stati pagati in conto capitale e in conto interessi. ALOI. Non è parso molto chiaro il sistema dei collegamenti delle banche straniere con l'ABI; mi pare che questa sia una storia un po’ in chiaroscuro e sarebbe opportuno fare chiarezza su questo strano tipo di rapporto. ROSA. Devo dire che non ci furono molti rapporti, o contatti, o coordinamento di azioni tra ABI e Associazione banche estere. I motivi erano semplicemente perché la comunità internazionale poteva avere argomenti più forti in termini di pressione sull'autorità di quanto non potessero avere le banche italiane, proprio evocando il problema dell'immagine internazionale e della credibilità del sistema Italia nei confronti della comunità internazionale. PRESIDENTE. Ma proprio per impedire questa mancanza di credibilità sul piano internazionale, quale fu l'atteggiamento politico da parte dei Ministeri interessati, del Parlamento, eccetera? Sortì qualche effetto, e quale tipo di effetto? Infatti, questa credibilità doveva essere salvata. Fu salvata? Come fu salvata? Pare che sia un mistero. Ad un certo punto parrebbe che tutto si sia ricomposto senza che la mediazione politica, che poi era quella che doveva intervenire per recuperare sul piano internazionale la credibilità dello Stato italiano, abbia fatto niente.

ROSA. Nel caso specifico di Federconsorzi, la necessità di mantenere una credibilità del sistema italiano veniva evocata dal sistema delle banche estere come argomento di pressione nei confronti delle autorità italiane. Di fatto, poi, ci fu un periodo, dal '90 al '95, in cui il rating della Repubblica italiana fu addirittura diminuito da parte delle agenzie internazionali, non solo per problemi di bilancio, di deficit pubblico, eccetera, ma anche per il comportamento delle autorità italiane in certe vicende. Per cui l'argomentazione nel caso di Federconsorzi fu quella che dicevo. Certo, devo dire con estrema onestà che le argomentazioni che venivano evocate nel caso di EFIM erano molto più forti, proprio da un punto di vista sostanziale, delle argomentazioni che venivano evocate per quanto concerne Federconsorzi. Questo perché la natura giuridica ed il coinvolgimento dello Stato italiano erano più dubbi che nel caso EFIM. Quindi in realtà le autorità italiane rispondevano: ma signori, nessuno vi ha dato delle garanzie. E' vero, lo Stato italiano non aveva dato garanzie per Federconsorzi; c'erano prestiti sul mercato che erano garantiti dalla Repubblica italiana, come l'ENEL, e lì non c'era assolutamente nessuna discussione. Nel caso specifico lo Stato italiano diceva: siete voi che avete in qualche modo interpretato il coinvolgimento dello Stato italiano, ma non è così di fatto. Onestamente nel caso di Federconsorzi l'analisi era dubbia, tant'è che alcune banche straniere importanti, come potete dedurre dall'elenco, non ebbero rapporti con Federconsorzi. Evidentemente la loro analisi dei rischi fu diversa da quella delle banche che parteciparono.

PIATTI. Lei giustamente ricordava come sull'operazione S.G.R. sia scattato un atteggiamento critico delle banche estere che aderirono all'idea, ma non parteciparono all'azionariato, motivando la decisione con la gestione commissariale della Fedit e quindi con un'evoluzione negativa della vicenda e un relativo innalzamento dei margini di rischio. Pur comprendendo la fiducia nelle garanzie statali, mi domando secondo quali procedure fu effettuato il prestito di 400 miliardi alla Federconsorzi e di 250 miliardi ad Agrifactoring. Mi chiedo, inoltre, quale fu la vostra valutazione di rischio aziendale. Il tutto avveniva all'interno di singoli progetti, di piani industriali? Al di là della fiducia riposta nello Stato, a suo giudizio non c'è stata forse una errata valutazione dei rischi non supportata da strumenti aziendali e professionali coerenti?

ROSA. Ogni banca segue delle proprie procedure di analisi del credito e diversi uffici sono a ciò preposti. Normalmente queste valutazioni avvengono attraverso l'analisi dei bilanci, dei conti economici e dell'attività dell'azienda e - quando è possibile - attraverso lo studio dei piani aziendali. Questo è vero soprattutto per i prestiti a medio termine in relazione ai quali cerchiamo di conoscere le proiezioni future dell'azienda. Mi è difficile parlare per conto di tutte le banche, perché ognuna segue un proprio sistema di analisi dei crediti, quindi mi è impossibile dire quali siano le ragioni che hanno spinto la Sumitomo a dire no e un'altra banca invece a dire sì. Tuttavia nel caso specifico credo che sia stata - così come per altri settori pubblici - una combinazione di fattori: analisi dei bilanci e dei conti economici, valutazione del contesto operativo generale e via di seguito. Se per i prestiti in favore di aziende private questa analisi vale meno (in quei casi si considera solo la capacità indipendente di rimborso della società), per il caso Fedit nell'analisi delle banche - ma questa è una mia estrapolazione - fu data maggiore enfasi e credibilità al contesto generale (funzione pubblica, monitoraggio del Ministero dell'agricoltura) nel quale operava la Federconsorzi per equipararlo ad un rischio cosiddetto pubblico. Ripeto, si tratta di una mera valutazione che però non è stato possibile contestare da un punto di vista strettamente giuridico. Non c'erano garanzie da parte dello Stato. Era una valutazione delle banche che si è rivelata errata. Ed è stato proprio questo che ha fatto scattare il diverso atteggiamento delle banche straniere.

DE CAROLIS. Ho ascoltato attentamente una serie di quesiti che le sono stati rivolti e alcune risposte che mi hanno lasciato molto perplesso. Nel valutare l'azione delle banche nel periodo precedente il commissariamento della Fedit, consistito poi nell'affidare la Federconsorzi senza valutare adeguatamente lo stato di dissesto del sistema consortile, i più, quelli generosi, nelle precedenti audizioni riferendosi al sistema creditizio hanno parlato di imprudenza, di negligenza o di imperizia. Lei esclude con certezza che vi sia stata violazione di norme penali?

Ritiene inoltre che una condotta più accorta da parte del sistema bancario avrebbe potuto concorrere a provocare quei cambiamenti nella gestione della Federconsorzi necessari ad evitare il dissesto totale?

Agli atti risulta che alla vigilia del commissariamento, di fronte ad un panico crescente diffusosi presso l'intero sistema creditizio (non solo italiano), il Credito Italiano aveva in corso di perfezionamento un'operazione di finanziamento di 250 miliardi, mentre fin dal giorno successivo al 17 maggio 1991 tutte le banche italiane ed estere avevano già assunto un atteggiamento difensivo. Lei esclude o conferma l'ipotesi, ventilata in diversi settori, che tra le banche e il Ministro Goria, anche per il ruolo da lui ricoperto in passato al Ministero del tesoro, fosse stato raggiunto un accordo in vista del commissariamento?

ROSA. Quanto alla prima domanda escludo categoricamente che vi sia stata violazione di norme penali per quanto riguarda le banche straniere. Come rappresentante delle banche estere propendo certamente verso l'analisi critica che esse fecero all'epoca; ma questo perché l'ho vissuto in prima persona. Forse è stata imprudenza ma - mi scusi Presidente se torno sullo stesso argomento - sicuramente la Federconsorzi era valutata come un rischio pubblico perché c'erano fatti incontestabili che portavano ragionevolmente a ritenere ciò.

Quanto al Credito Italiano è una questione della quale sono venuto a conoscenza solo successivamente e quindi non le so dire nulla.

CARUSO Antonino. Intervengo per un'ultima breve domanda, peraltro complementare a quella rivolta poc'anzi dal senatore De Carolis. Il Ministro Goria il 14 giugno 1991 inviava ai commissari governativi della Federconsorzi una lettera con cui, in definitiva, conferiva ad essi i poteri, anche assembleari, necessari all'adozione delle deliberazioni prospettate e al compimento dei conseguenti atti volti alla realizzazione del complessivo programma concordato. L'autorizzazione che il Ministro Goria dava formalmente ai commissari governativi era di procedere alla deliberazione e alla presentazione di ricorsi per la sottoposizione delle società controllate dalla Federconsorzi a procedure di amministrazione controllata.

Questa lettera veniva scritta dal ministro Goria ai commissari governativi da lui nominati alla guida della Federconsorzi sulla base di un presupposto preciso e cioè la relazione che i commissari governativi stessi avevano fatto circa la disponibilità delle banche, che era stata rappresentata nel corso di una riunione appositamente tenuta dal comitato esecutivo di ABI, a partecipare alla costituzione di una società con lo scopo di rilanciare le attività di Federconsorzi, dopo che le stesse erano state ristrutturate ovvero destrutturate. La domanda è questa: l'Associazione fra le banche estere fu resa partecipe di questo progetto del ministro Goria? Fu interpellata dallo stesso o dai commissari governativi Federconsorzi per conto del ministro Goria?

ROSA. No.

PRESIDENTE. Esistono documenti interni dell'Associazione sulla vicenda?

ROSA. Non tenevamo neanche i verbali. Affinché i commissari non si meraviglino vorrei spiegare che l'Associazione tra le banche estere in Italia è costituita da un consiglio, composto da 8 direttori generali di banche estere, e da un Presidente; solo da tre anni, c'è un segretario a metà tempo; l'Associazione non ha alcuna struttura di tipo organizzativo, non ha niente a che vedere con ABI, per esempio. Pertanto, anche la documentazione ha sofferto di questa mancanza di strutture. Non ci sono documenti, non tenevamo verbali delle riunioni tra banche estere anche perché molto spesso non erano di tipo formale, ma soltanto conversazioni.

PRESIDENTE. La costituzione di S.G.R. fu una novità o il risultato della pressione delle banche estere?

ROSA. Non avvenne per la pressione delle banche estere, fu una novità della quale ebbi conoscenza, almeno nella sua idea originale, fin dall'inizio perché, se ricordo bene, veniva dal dottor Roveraro, che allora era presidente di Akros. Spa - Milano.

CARUSO Antonino. In che epoca?

ROSA. Dopo il commissariamento, ne sono certo; la storia di S.G.R. viene fuori dopo il commissariamento e dopo la decisione della messa in liquidazione.

PRESIDENTE. La costituzione di S.G.R. non fu preannunciata in sede politica?

ROSA. Ricordo che fummo convocati a questa riunione dal professor Capaldo e dal dottor Geronzi che ci annunciarono l'idea della costituzione di S.G.R..

PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Rosa per la sua disponibilità. Nel caso ci fosse la necessità, ci permetteremo di disturbarlo ancora.

ROSA. Senz'altro. Pongo all'attenzione della Commissione anche il fatto che, oltre alla mia funzione di Presidente e quindi di rappresentante degli interessi, per ognuna di queste vicende, l'Associazione fra le banche estere aveva costituito un comitato di tre banche che seguiva nei dettagli l'evoluzione di Federconsorzi e di Agrifactoring. Ora c'è un comitato solo ancora in essere perché sfortunatamente la vicenda non è conclusa.

CARUSO Antonino. Chi ne fa parte?

ROSA. Ne fanno parte la Dresdner Bank, la BNP e la ING Bruxelles Lambert.

PRESIDENTE. Ringraziamo di nuovo il dottor Rosa.

Dichiaro conclusa l'audizione e rinvio il seguito dell'indagine ad altra seduta.

I lavori terminano alle ore 20,55.