Codice penale/Libro I/Titolo V
Questo testo è completo. |
◄ | Libro I - Titolo IV | Libro I - Titolo VI | ► |
Capo I: DELLA MODIFICAZIONE E APPLICAZIONE DELLA PENA
Art. 132 Potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena: limiti
Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi che giustificano l’uso di tale potere discrezionale. Nell'aumento o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati dalla legge.
Art. 133 Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena
Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente, il giudice deve tenere conto della gravità del reato, desunta: 1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione; 2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa. Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta: 1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; 2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; 3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; 4) delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
Art. 133 bis Condizioni economiche del reo; valutazione agli effetti della pena pecuniaria
Nella determinazione dell'ammontare della multa o dell'ammenda il giudice deve tener conto, oltre che dei criteri indicati dall'articolo precedente, anche delle condizioni economiche del reo. Il giudice può aumentare la multa o l'ammenda stabilite dalla legge sino al triplo o diminuirle sino ad un terzo quando, per le condizioni economiche del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa.
Art. 133 ter Pagamento rateale della multa o dell'ammenda
Il giudice, con la sentenza di condanna o con il decreto penale, può disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato, che la multa o l'ammenda venga pagata in rate mensili da tre a trenta. Ciascuna rata tuttavia non può essere inferiore a euro 15. In ogni momento il condannato può estinguere la pena mediante un unico pagamento.
Art. 134 Computo delle pene
Le pene temporanee si applicano a giorni, a mesi e ad anni. Nelle condanne a pene temporanee non si tiene conto delle frazioni di giorno, e in quelle a pene pecuniarie, delle frazioni di euro.
Art. 135 Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive
Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione di euro 250(1), di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.
(1) così sostituite dall’art. 32, comma 62, della L. 15 luglio 2009, n. 94.
Art. 136 Modalità di conversione di pene pecuniarie
Le pene della multa e dell'ammenda, non eseguite per insolvibilità del condannato, si convertono a norma di legge
Art. 137 Custodia cautelare
La carcerazione sofferta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile si detrae dalla durata complessiva della pena temporanea detentiva o dall'ammontare della pena pecuniaria. La custodia cautelare è considerata, agli effetti della detrazione, come reclusione od arresto.
Art. 138 Pena e custodia cautelare per reati commessi all’estero
Quando il giudizio seguito all'estero è rinnovato nello Stato, la pena scontata all'estero è sempre computata tenendo conto della specie di essa; e, se vi è stata all'estero custodia cautelare, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente.
Art. 139 Computo delle pene accessorie
Nel computo delle pene accessorie temporanee non si tiene conto del tempo in cui il condannato sconta la pena detentiva, o è sottoposta a misura di sicurezza detentiva, né del tempo in cui egli si è sottratto volontariamente alla esecuzione della pena o della misura di sicurezza.
Art. 140 Articolo abrogato dall’art. 217 delle disposizioni di coordinamento del codice di procedura penale.
Capo II: DELLA ESECUZIONE DELLA PENA
Art. 141 Articolo abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.
Art. 142 Articolo abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.
Art. 143 Articolo abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.
Art. 144 Articolo abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.
Art. 145 Remunerazione ai condannati per il lavoro prestato
Negli stabilimenti penitenziari, ai condannati è corrisposta una remunerazione per il lavoro prestato. Sulla remunerazione, salvo che l'adempimento delle obbligazioni sia altrimenti eseguito, sono prelevate nel seguente ordine:
- 1) le somme dovute a titolo di risarcimento del danno;
- 2) le spese che lo Stato sostiene per il mantenimento del condannato;
- 3) le somme dovute a titolo di rimborso delle spese del procedimento.
In ogni caso deve essere riservata a favore del condannato una quota pari a un terzo della remunerazione, a titolo di peculio. Tale quota non è soggetta a pignoramento o a sequestro.
Art. 146 Rinvio obbligatorio della esecuzione della pena
L'esecuzione di una pena, che non sia pecuniaria, è differita:
- 1) se deve aver luogo nei confronti di donna incinta;
- 2) se deve aver luogo nei confronti di madre di infante di età inferiore ad anni uno;
- 3) se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale, ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trova in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.
Nei casi previsti dai numeri 1) e 2) del primo comma il differimento non opera o, se concesso, è revocato se la gravidanza si interrompe, se la madre è dichiarata decaduta dalla potestà sul figlio ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, il figlio muore, viene abbandonato ovvero affidato ad altri, sempreché l'interruzione di gravidanza o il parto siano avvenuti da oltre due mesi.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 1, comma 1, della L. 8 marzo 2001, n. 40.
Art. 147 Rinvio facoltativo della esecuzione della pena
L'esecuzione di una pena può essere differita:
- 1) se è presentata domanda di grazia, e l'esecuzione della pena non deve esser differita a norma dell'articolo precedente;
- 2) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica;
- 3) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni.(1)
Nel caso indicato nel n. 1, l'esecuzione della pena non può essere differita per un periodo superiore complessivamente a sei mesi, a decorrere dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, anche se la domanda di grazia è successivamente rinnovata. Nel caso indicato nel numero 3) del primo comma il provvedimento è revocato, qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla potestà sul figlio ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, il figlio muoia, venga abbandonato ovvero affidato ad altri che alla madre. (2) Il provvedimento di cui al primo comma non può essere adottato o, se adottato, è revocato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti. (3)
- (1) Numero così sostituito dall’art. 1, comma 2, della L. 8 marzo 2001, n. 40
- (2) Comma così sostituito dall’art. 1, comma 3, della L. 8 marzo 2001, n. 40
- (3) Comma aggiunto dall’art. 1, comma 4, della L. 8 marzo 2001, n. 40
Art. 148 Infermità psichica sopravvenuta al condannato
Se, prima dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale o durante l'esecuzione, sopravviene al condannato una infermità psichica, il giudice, qualora ritenga che l'infermità sia tale da impedire l'esecuzione della pena, ordina che questa sia differita o sospesa e che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia. Il giudice può disporre che il condannato, invece che in un manicomio giudiziario, sia ricoverato in un manicomio comune, se la pena inflittagli sia inferiore a tre anni di reclusione o di arresto, e non si tratti di delinquente o contravventore abituale o professionale o di delinquente per tendenza. La disposizione precedente si applica anche nel caso in cui, per infermità psichica sopravvenuta, il condannato alla pena di morte (1) deve essere ricoverato in un manicomio giudiziario.
Il provvedimento di ricovero è revocato, e il condannato è sottoposto alla esecuzione della pena, quando sono venute meno le ragioni che hanno determinato tale provvedimento.
(1) La pena di morte è stata abolita dal D.Lgs. Lgt. n. 224/1944.