Codice di Napoleone il grande/Libro II/Titolo II
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TITOLO II.
DELLA PROPRIETA’
544. La proprietà è il diritto di godere e disporre delle cose nella maniera la più assoluta, purchè non se ne faccia un uso vietato dalle leggi o dai regolamenti.
Leg. 21, cod. mandati; leg. 1, §. 4, et 13, ff. de aqua, et aquæ pluviæ arcendæ.
545. Nessuno può essere costretto a cedere una sua proprietà, se non per causa di utilità pubblica, e mediante una giusta e preventiva indennizzazione.
546. La proprietà di una cosa sì mobile, che immobile, attribuisce diritto su tutto ciò ch’essa produce, o che vi si unisce per accessione, tanto naturalmente, quanto artificialmente.
Questo diritto si chiama diritto di accessione.
Leg. 6, ff. de adquirendo rerum dominio; leg. 5, §. 2, ff. de rei vindicatione.
CAPO I.
Del Diritto di accessione su ciò che è prodotto dalla cosa.
547. I frutti naturali od industriali della terra,
I frutti civili,
I parti degli animali appartengono al proprietario per diritto di accessione.
Leg. 9. ff. de adquirendo rerum dominio, leg. 5, §. 2, et 3, ff de rei vindicatione; leg. 6, ff. de adquiren. rer. dom.
548. Non ispettano al proprietario i frutti prodotti dalla cosa, se non col carico di rimborsare le spese dei lavori, fatiche, e sementi dovute a terze persone.
Leg. 36, §. 5, ff. de haereditatis petitione.
549. Il semplice possessore fa suoi i frutti, quando possegga in buona fede: in caso contrario, è tenuto a restituire i prodotti con la cosa al proprietario che la rivendica.
Leg. 48, in pr. ff. de adquir. rer. dom.; leg. 12, cod. de rei vindic. — leg. 25, §. 2, ff. de usuris et fructib.
550. È possessore di buona fede colui che possiede come proprietario, in virtù di un titolo abile a trasferire il dominio, ignorando i vizj dello stesso titolo.
Cessa d’esser possessore di buona fede dal momento in cui tali vizj sono a lui noti.
Leg. 109. ff. de verbor. significat. — V. leg. 25, §. 2, ff. de haeredit. petit. — Leg. 22, cod. de rei vind.
CAPO II.
Del Diritto d’accessione sopra ciò che si unisce e si incorpora alla cosa.
551. Tutto ciò che si unisce e si incorpora alla cosa appartiene al proprietario di essa, secondo le regole qui appresso stabilite.
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Del Diritto d’accessione relativamente alle cose immobili.
552. Chi ha la proprietà del suolo ha pure la proprietà di ciò che esiste tanto superiormente, che inferiormente.
Il proprietario può fare sopra il suo suolo tutte le piantagioni e costruzioni che stima a proposito, salve le eccezioni stabilite al titolo Delle servitù prediali.
Può fare al disotto tutte le costruzioni e scavamenti che crederà a proposito, e trarre da questi i prodotti di cui fossero suscettibili. salve le modificazioni risultanti dalle leggi e regolamenti relativi alle miniere, ed alle leggi, e ai regolamenti di polizia.
Leg. 24, ff. de servitut.; leg. 8, et 9, cod. de servitut. et aqua; leg. 21, §. 4, ff. quod vi aut clam. — V. l. 3. cod. de metallor. et metall. et procur. metall.
553. Qualunque costruzione, piantagione od opera sopra un terreno o nell’interno di esso, si presume fatta dal proprietario a sue spese e di sua appartenenza, finchè non costi il contrario; senza pregiudizio della proprietà che un terzo potrebbe avere acquistata o potrebbe acquistare colla prescrizione, sia di un sotterraneo inferiore alla casa d’altri, sia di qualunque altra parte dell’edifizio.
Argum. ex leg. 7, §. 10, ff. de adquirendo rerum dominio.
554. Il proprietario del suolo che ha fatto costruzioni, piantagioni ed opere con materiali altrui, deve pagarne il valore; può anche essere condannato, ove siavi luogo, alla rifusione di qualunque danno e degli interessi; ma il proprietario de’ materiali non ha il diritto di riprenderli.
Leg. 2, §. 7, ff. de rei vindicatione; leg. 1, et 2, ff. de tigno juncto. 555. Allorchè le piantagioni, costruzioni ed opere sono state fatte da un terzo e con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto o di ritenerle, o di obbligare colui che le ha fatte a levarle.
Se il proprietario del fondo domanda che siano tolte le piantagioni e costruzioni, verrà ciò eseguito a spese di colui che le ha fatte, senza alcuna indennizzazione a suo favore; potrà egli essere in oltre condannato, ove siavi luogo, al risarcimento de’ danni e degli interessi, per quel pregiudizio che il proprietario del fondo potesse aver sofferto.
Se il proprietario preferisce di conservare le piantagioni e costruzioni, deve rimborsare il valore dei materiali e del prezzo della mano d’opera, non avuto riguardo al maggiore, o minore aumento di valore che il fondo avesse potuto ricevere.
Ciò nondimeno se le piantagioni, costruzioni ed opere sono state fatte da un terzo che abbia sofferta evizione, e che, attesa la sua buona fede, non sia stato condannato alla restituzione dei frutti, il proprietario non potrà domandare che siano levate dette opere, piantagioni e costruzioni; ma potrà scegliere, o di rimborsare il valore dei materiali e del prezzo della mano d’opera, ovvero di pagare una somma eguale a quella che ha aumentato il valore del fondo.
Leg. 37, et 38, ff. de rei vindicat.; leg. 7, §. 10, 11 et 12, ff. de adquir. rerum dom.
556. Le unioni di terra ed incrementi che formansi necessariamente ed impercettibilmente ne’ fondi posti lungo le rive de’ fiumi o riviere, chiamansi alluvioni.
L’alluvione cede a favore del proprietario lungo la riva, sia che si tratti di un fiume, come di una riviera, atta, o no alla navigazione od al trasporto, coll’obbligo nel primo caso di lasciare il marciapiede o sentiero, secondo i regolamenti.
Leg. 7, §. 1, ff. de adquir. rer. dom. 557. Lo stesso ha luogo riguardo al terreno abbandonato dall’acqua corrente che insensibilmente si ritira da una delle sue rive portandosi sull’altra. Il proprietario della riva scoperta gode dell’alluvione senza che il confinante della riva opposta possa reclamare il terreno perduto.
Questo diritto non ha luogo riguardo ai siti abbandonati dal mare.
Leg. 7, §. 1, ff. de adquir. rer. dom.
558. Non ha luogo l’alluvione riguardo ai laghi o stagni il proprietario de’ quali conserva sempre il terreno che l’acqua copre quand’essa è all’altezza dello sbocco dello stagno, ancorchè il volume dell’acqua venisse a scemare.
Per la stessa ragione, il proprietario dello stagno non acquista alcun diritto sopra le terre confinanti, che la sua acqua va a ricoprire ne’ casi di straordinarie crescenze.
Leg. 7, §. 6, et leg. 12, in pr. ff. de adquir. rer. dom.
559. Se un fiume, o riviera, sia o no navigabile, per un’istantanea forza, da un fondo contiguo alla riva ne svelle una parte considerevole e riconoscibile, e la trasporta verso un fondo inferiore, o verso l’opposta riva, il proprietario della parte staccata può reclamarne la proprietà, ma è tenuto di addomandarla dentro l’anno: scorso questo termine la sua domanda non sarà più ammissibile, salvo che il proprietario del fondo al quale la parte staccata è stata unita non ne abbia ancora preso il possesso.
Leg. 7, §. 2, ff. de adquir. rer. dom.
560. Le isole, isolette ed unioni di terra, che si formano ne’ letti de’ fiumi, o delle riviere navigabili, od inservienti a trasporto, appartengono alla nazione, se pure non esiste titolo, o prescrizione in contrario.
Contr. leg. 7, §. 3; leg. 29, 56, et 65, §. 2, et 3, ff. de adquir. rer. dom. 561. Le isole ed unioni di terra che si formano nelle riviere non navigabili e non inservienti a trasporto, appartengono ai proprietarj confinanti dal lato ove si sono formate. Se l’isola non siasi formata da un solo lato, essa apparterrà ai proprietarj confinanti ai due lati, divisibile secondo la linea che si suppone tirata nel mezzo della riviera.
Leg. 7, §. 3, leg. 29, 56, et 65, §. 2, et 3, ff. de adquir. rer. dom.
562. Se un torrente, od un fiume formando una nuova diramazione attraversa e circonda il campo del proprietario confinante, e se ne fa un’isola, questi conserva la proprietà del suo campo, sebbene l’isola siasi formata in un fiume o torrente navigabile od inserviente a trasporto.
Leg. 7, §. 4, ff. de adquir. rer. dom.
563. Se un fiume o torrente navigabile, inserviente a trasporto o no, si apre un nuovo corso abbandonando l’antico letto, i proprietarj dei fondi occupati si dividono a titolo d’indennizzazione l’antico letto abbandonato, ciascuno in proporzione del terreno che gli è stato tolto.
Contr. leg. 7, §. 3, ff. de adquir. rer. dom.
564. I colombi, conigli, pesci che passano ad un altra colombaja, conigliera, stagno, si acquistano dal proprietario di questi oggetti, quando non vi siano stati attratti con arte o con frode.
L. 3, §. 2, l. 5, §. 5, ff. de adquir. rer. dom.
Sezione II
Del Diritto d’accessione relativamente alle cose mobili.
565. Il diritto d’accessione quando ha per oggetto due cose mobili appartenenti a due distinti padroni, soggiace intieramente ai principj dell’equità naturale.
Le seguenti regole serviranno di norma al giudice per determinarsi, ne’ casi non preveduti, secondo le particolari circostanze. 566. Quando due cose appartenenti a diversi padroni, le quali sono state unite in guisa da formare un sol tutto, sono separabili, in modo che tuttavia possono entrambe sussistere l’una senza l’altra, questo tutto appartiene al padrone della cosa che ne forma la parte principale col peso di pagare all’altro il valore della cosa statavi unita.
Leg. 26, §. 1, ff. de adquir. rer. dom.
567. È considerata parte principale quella cui l’altra non è stata unita, che ad uso, ornamento e compimento della prima.
Leg. 26, §. 2[?], ff. de adquir. rer. dom.
568. Ciò non ostante quando la cosa [è] unita è molto più preziosa della cosa principale, e quando è stata impiegata senza saputa del proprietario, può questi chiedere la separazione della cosa unita affinchè le sia restituita, quand’anche da tale separazione ne potesse pervenire deteriorazione della cosa cui fu unita.
Instit. lib. 2, de rerum divisione, §. 25; leg. 9, §. 2, ff. de adquir. rer. dom.
569. Se di due cose unite per formare un sol tutto, l’una non può esser riguardata come accessoria dell’altra è riputata per principale quella che trovasi più considerevole per il valore, o per il volume, se il rispettivo loro valore è a un dipresso eguale.
L. 27, §. 2, ff. de adquir. rer. dom.
570. Se un’artefice o qualunque altra persona ha impiegata una materia che non gli apparteneva per formare una cosa di nuova specie, questa materia possa o non possa riprendere la sua prima forma, colui che ne era il padrone ha il diritto di pretendere la cosa che si è formata, rimborsando il prezzo della mano d’opera.
Leg. 7, §. 7, l. 26, in pr. et §. 3, ff. de adquir. rer. dom.
571. Quando però la mano d’opera fosse tanto pregevole, che sorpassasse d’assai il valore della materia impiegata in tal caso l’industria sarà considerata come parte principale, e l’artefice avrà diritto di ritenere la cosa lavorata, rimborsando il proprietario per il prezzo della materia.
Leg. 9, §. 1 et 2, ff. de adquir. rer. dom.
572. Quando alcuno abbia impiegata materia in parte propria ed in parte altrui, per formare una cosa di nuova specie, senza che nè l’uno nè l’altro dei due materiali sia intieramente distrutto, in maniera però, che non possano separarsi senza guasto, la cosa resta comune ai due proprietarj, in ragione, riguardo all’uno della materia che gli apparteneva, e quanto all’altro, in ragione ad un tempo della materia che gli apparteneva, e del prezzo della sua mano d’opera.
Leg. 7, §. 8, et 9, l. 12, §. 1, ff. de adquir. rer. dom.
573. Quando una cosa è stata formata con la mistura di diverse materie spettanti a differenti proprietarj, ma delle quali nessuna può essere considerata come materia principale; se le materie sono suscettibili di separazione, quegli, senza saputa del quale le materie sono state mischiate, può domandarne la separazione.
Se poi le materie non possono più separarsi senza pregiudizio, ne acquistano in comune la proprietà in proporzione della quantità, qualità e valore delle materie a ciascuno spettanti.
L. 12, §. 1, ff. de adquir. rer. dom.; L. 5, ff. de rei vindicatione.
574. Se la materia appartenente ad uno dei proprietarj fosse di molto superiore all’altra per la quantità ed il prezzo, in questo caso il proprietario della materia superiore in valore potrà reclamare la cosa prodotta dalla mistura, rimborsando all’altro il valore della sua materia. Argum. ex l. 27, §. 2, ff. de adquir. rer. dom.
575. Quando la cosa resta in comune fra i proprietarj delle materie, con le quali è stata formata, deve essere esposta all’incanto a vantaggio comune.
Leg. 3, ff. de rei vindicat.
576. In tutti i casi nei quali il proprietario della materia, che è stata impiegata senza sua saputa a formare una cosa di altra specie, può reclamare la proprietà della cosa stessa, avrà la scelta di domandare la restituzione della sua materia nella medesima natura, quantità, peso, misura e bontà, ovvero il suo valore.
577. Coloro che avranno impiegate materie spettanti ad altri, e senza saputa dei proprietarj, potranno pure essere condannati al risarcimento dei danni ed interessi, se vi è luogo, salvo il diritto di procedere, quando occorra, in via straordinaria.