Codice civile (1865)/Libro I/Titolo VIII
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Art. 220
Il figlio, qualunque sia la sua età, deve onorare e rispettare i genitori.
Egli è soggetto alla podestà dei genitori sino all'età maggiore od all'emancipazione.
Durante il matrimonio tale podestà è esercitata dal padre, e, se egli non possa esercitarla, dalla madre.
Sciolto il matrimonio, la patria podestà viene esercitata dal genitore superstite.
Art. 221
Il figlio non può abbandonare la casa paterna o quella che il padre gli abbia destinata, senza permissione del medesimo, salvo per causa di volontario arruolamento nell'esercito nazionale.
Ove se ne allontani senza permissione, il padre ha diritto di richiamarvelo, ricorrendo, ove sia d'uopo, al presidente del tribunale civile.
Qualora giuste cause rendessero necessario l'allontanamento del figlio dalla casa paterna, il presidente, sull'istanza dei parenti od anche del pubblico ministero, prese informazioni senza formalità giudiziali, provvede nel modo più conveniente senza esprimere nel decreto alcun motivo.
Se vi sia pericolo nel ritardo, provvede il pretore, riferendone immediatamente al presidente, il quale conferma, revoca, o modifica il dato provvedimento.
Art. 222
Il padre che non riesca a frenare i traviamenti del figlio, può allontanarlo dalla famiglia, assegnandogli secondo i propri mezzi gli alimenti strettamente necessari; e ricorrendo, ove sia d'uopo, al presidente del tribunale, collocarlo in quella casa, o in quell'istituto di educazione o di correzione, che reputi più conveniente a correggerlo e migliorarlo.
L'autorizzazione può essere chiesta anche verbalmente, ed il presidente provvederà senza formalità di atti e senza esprimere i motivi del suo decreto.
Art. 223
Nei casi indicati nei due articoli precedenti contro i decreti del presidente del tribunale è ammesso il ricorso al presidente della corte di appello e sarà sempre sentito il pubblico ministero.
Art. 224
Il padre rappresenta i figli nati e i nascituri in tutti gli atti civili, e ne amministra i beni.
Egli però non può alienare, ipotecare, dare a pegno i beni del figlio, contrarre a nome di lui mutui od altre obbligazioni eccedenti i limiti della semplice amministrazione, se non per cause di necessità o di utilità evidente del figlio stesso, e mediante l'autorizzazione del tribunale civile.
Nascendo conflitto d'interessi tra i figli soggetti alla stessa patria podestà o tra essi ed il padre, sarà nominato ai figli un curatore speciale.
La nomina del curatore sarà fatta dall'autorità giudiziaria ordinaria davanti alla quale fosse vertente il giudizio, ed in ogni altro caso dal tribunale civile.
Art. 225
Per la riscossione dei capitali, o per la vendita di effetti mobili soggetti a deterioramento basterà l'autorizzazione del pretore a condizione di nuovo impiego, la cui sicurezza sia riconosciuta dal pretore stesso.
Art. 226
Le eredità devolute ai figli soggetti alla patria potestà saranno accettate dal padre col benifizio dell'inventario.
Se il padre non possa o non voglia accettarle, il tribunale, a richiesta del figlio o di alcuno dei parenti, od anche sull'istanza fatta d'uffizio dal procuratore del re, potrà autorizzarne l'accettazione, premessa la nomina di un curatore speciale e sentito il padre.
Art. 227
La nullità degli atti fatti in contravvenzione ai precedenti articoli non può essere opposta che dal padre o dal figlio e dai suoi eredi od aventi causa.
Art. 228
Il padre ha l'usufrutto dei beni che provengono al figlio da successione, donazione o da qualunque altro titolo lucrativo, e lo conserva sino a che il figlio sia emancipato od abbia raggiunto l'età maggiore.
Art. 229
Non sono soggetti all'usufrutto legale
- I beni lasciati o donati colla condizione che il padre non ne abbia l'usufrutto, la quale condizione però sarà senza effetto riguardo ai beni riservati al figlio a titolo di legittima;
- I beni lasciati o donati al figlio per imprendere una carriera, un'arte o una professione;
- I beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione accettata nell'interesse del figlio contro il consenso del padre;
- I beni acquistati dal figlio in occasione o per esercizio di milizia, uffizi, impieghi, professioni ed arti, o altrimenti col proprio lavoro e colla propria industria separata.
Art. 230
Sono inerenti all'usufrutto legale i seguenti pesi:
- Le spese di mantenimento, educazione ed istruzione del figlio;
- Il pagamento delle annualità o degli interessi de' capitali che decorrono dal giorno in cui si apre l'usufrutto;
- Tutti gli altri obblighi ai quali sono soggetti gli usufruttuari.
Art. 231
Le disposizioni nei precedenti articoli sono applicabili alla madre che esercita la patria podestà.
L'usufrutto legale passa alla madre anche quando la patria potestà è esercitata dal padre, ove questo ne sia escluso per cause a lui personali.
Art. 232
L'usufrutto legale cessa colla morte del figlio e col passaggio del genitore ad altre nozze.
Art. 233
Se il genitore abusa della patria podestà, violandone o trascurandone i doveri, o male amministrando le sostanze del figlio, il tribunale sull'istanza di alcuno dei parenti più vicini od anche del pubblico ministero, potrà provvedere per la nomina di un tutore alla persona del figlio o di un curatore ai beni di lui, privare il genitore dell'usufrutto in tutto od in parte, e dare quegli altri provvedimenti che stimerà convenienti nell'interesse del figlio.
Art. 234
Cessato l'usufrutto legale, se il genitore ha continuato a godere i beni del figlio abitante con esso senza procura ma senza opposizione, od anche con procura ma senza condizione di rendere conto dei frutti, egli ed i suoi eredi non sono tenuti che a consegnare i frutti sussistenti al tempo della domanda.
Art. 235
Il padre può per testamento o per atto autentico stabilire condizioni alla madre superstite per l'educazione dei figli e per l'amministrazione dei beni.
La madre che non voglia accettare le stabilite condizioni, può chiedere di esserne dispensata facendo convocare dal pretore un consiglio di famiglia composto a norma degli articoli 252 e 253, affinchè deliberi sulla chiesta dispensa.
La deliberazione del consiglio di famiglia sarà sottoposta all'omologazione del tribunale il quale provvederà, sentito il pubblico ministero.
Art. 236
Se alla morte del marito la moglie si trova incinta, il tribunale, sull'istanza di persona interessata, può nominare un curatore al ventre.
Art. 237
La madre, volendo passare a nuovo matrimonio, deve prima far convocare un consiglio di famiglia a norma degli articoli 252 e 253.
Il consiglio delibererà se l'amministrazione dei beni debba essere conservata alla madre, e le potrà stabilire condizioni riguardo alla stessa amministrazione e all'educazione dei figli.
Le deliberazioni del consiglio di famiglia saranno sottoposte al tribunale per i suoi provvedimenti a norma dell'articolo 235.
Art. 238
In mancanza della convocazione richiesta dall'articolo precedente, la madre perderà di diritto l'amministrazione, e suo marito sarà responsabile in solido di quella esercitata per lo passato ed in appresso indebitamente conservata.
Il pretore, sull'istanza del pubblico ministero o di alcuna delle persone indicate negli articoli 252 e 253, od anche d'uffizio, deve convocare il consiglio di famiglia per deliberare sulle condizioni da stabilirsi per l'educazione dei figli e sulla nomina di un curatore ai loro beni.
Il consiglio di famiglia può riammettere la madre all'amministrazione dei beni.
Alle deliberazioni del consiglio di famiglia sono applicabili le disposizioni del secondo capoverso dell'articolo 237.
Art. 239
Quando la madre è mantenuta nell'amministrazione dei beni o vi fu riammessa, suo marito s'intende sempre associato alla medesima nell'amministrazione, e ne diviene risponsabile in solido.