Che razza de sonno!

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Che razza de sonno!

Luigi Ferretti

a cura di Luigi Morandi

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Er matrimonio der mi' fijo

'Na lezzione de mamma

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Questo testo fa parte della raccolta Centoventi sonetti in dialetto romanesco

[p. 88 modifica]

XL.

CHE RAZZA DE SONNO!

     Mamma? – Che vòi, ciumàco?¹ — Mamma mia,
Ho tanto sonno. — Davéro, Peppetto?
— Ma tanto tanto. - Eh, Gessummaria!
Un momentino, e po’ te mett’a letto.

     — Sì, ma fa’ presto. — Adesso. — Tira via.
— Èccheme,² fijo mio; mo te ce metto.
- E di’, mamma, me tienghi³ compagnia?
- Sì, fijo, intanto sfilete er sacchetto,⁴

     Méttelo lì; mo levete.... e fa’ lesto,
Bada che ciài li carzoncini novi,
Svérto, viè qua, curre da mamma, presto,

     Nun chiude l’occhi, sinnò nun ce vedi.
Annamo, via! che hai che nun te movi?
Povero fijo! s’è addormito in piedi!

↑ Vezzeggiativo che s’usa co’ bambini.
↑ Eccomi.
↑ Mi tieni.
↑ Sfilati, càvati il sacchetto (vestitino molto semplice, quasi in forma di sacco, che si mette a’ bambini dell’uno e dell’altro sesso, fino a che non sono molto grandicelli . A Firenze lo chiamano col solito garbo il gonnellino).

[1] Vezzeggiativo che s’usa co’ bambini.

[2] Eccomi.

[3] Mi tieni.

[4] Sfilati, càvati il sacchetto (vestitino molto semplice, quasi in forma di sacco, che si mette a’ bambini dell’uno e dell’altro sesso, fino a che non sono molto grandicelli . A Firenze lo chiamano col solito garbo il gonnellino).

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