Audizioni Commissione d'inchiesta Federconsorzi/51

Esame delle risultanze del primo gruppo di lavoro: cause del dissesto della Federconsorzi

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Esame delle risultanze del primo gruppo di lavoro: cause del dissesto della Federconsorzi
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SENATO DELLA REPUBBLICA CAMERA DEI DEPUTATI

XIII LEGISLATURA



COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI



RESOCONTO STENOGRAFICO 51a SEDUTA MERCOLEDI’ 31 GENNAIO 2001




Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI

I lavori hanno inizio alle ore 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Presidenza del Presidente CIRAMI

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Vi informo che sono state depositate pressoché tutte le consulenze affidate ad alcuni dei nostri collaboratori, manca solo il contributo sulla procedura concordataria della Federconsorzi e sull’atto-quadro tra Fedit ed SGR, che dovrebbe essere trasmesso nei prossimi giorni.

Come vi ho comunicato prima della sospensione per le festività natalizie, sto redigendo una proposta di relazione conclusiva che intendo depositare nelle prossime settimane per sottoporla alla valutazione della Commissione in una apposita seduta.

Esame delle risultanze dell’attività di acquisizione conoscitiva svolta dal primo gruppo di lavoro in ordine alle cause del dissesto della Federconsorzi

PRESIDENTE. La Commissione procede oggi all’esame delle risultanze dell’attività di acquisizione conoscitiva svolta dal primo gruppo di lavoro sulle attività, la gestione e la situazione economico-finanziaria della Federconsorzi, antecedente al commissariamento.

Prima di dare la parola al senatore Magnalbò, coordinatore del primo gruppo di lavoro, per l’illustrazione delle risultanze di tale attività, avverto che i lavori della Commissione si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l’articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del Regolamento interno, l’impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Qualora da parte dei colleghi lo si ritenga opportuno in relazioni ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l’impianto audiovisivo per il tempo necessario.

Preciso infine che della seduta odierna è redatto il Resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del Regolamento interno, ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportando le correzioni di forma che riterranno in vista della pubblicazione negli atti parlamentari.

Do quindi la parola al senatore Magnalbò.

MAGNALBO’. Signor Presidente, abbiamo provveduto a depositare questa relazione che contiene una ricostruzione il più possibile obiettiva di quanto è avvenuto in riferimento alla Federconsorzi, nel periodo che va dal secondo dopoguerra al commissariamento.

Abbiamo analizzato prima di tutto il ruolo che la Fedit svolse sin dall’inizio della sua attività, ossia quello, noto a tutti, di protezione della politica alimentare italiana e di gestione di servizi di sicurezza per quanto riguardava il comparto alimentare.

La Fedit nacque attraverso un lungo iter giuridico, tanto è vero che la decisione relativa alla sua istituzione cominciò a maturare intorno al 1942-1945, ma si giunse alla approvazione dell’atto costitutivo solo nel 1948. La Federconsorzi era una società cooperativa a responsabilità limitata di natura privatistica, ma aveva dei risvolti di natura pubblicistica - così come si evince dalla sua attività nel corso del tempo - che le permisero di effettuare determinate operazioni per conto e nell’interesse dello Stato.

Durante il suo lungo periodo di attività la Fedit portò a termine una serie di interventi che andavano ben al di là di quello che era il suo programma di base, quello della sicurezza alimentare; infatti, la Fedit ad un certo punto si cominciò a proporre come ente che aveva la possibilità - attraverso il compendio immobiliare che a mano a mano acquisì - di indebitarsi e di mettere le mani su vari settori dell’economia, anche se sempre riguardanti l’agricoltura.

In tal senso ebbe una compartecipazione a tutte le attività dei consorzi agrari italiani (d’altra parte questa era la sua funzione originaria), svolgendo anche il ruolo di sponsor, ma soprattutto di tramite tra i consorzi agrari e gli istituti di credito. Quest’ultima fu una delle grandi funzioni svolte dalla Fedit che in tal modo riuscì a finanziare tutto questo comparto, che era in perdita, attingendo costantemente credito presso le banche. Proprio in questo ambito emerge con maggiore evidenza quella natura pseudo-pubblicistica cui facevo prima riferimento e che è stata sottolineata anche nel corso delle audizioni svolte; le banche, infatti, erogavano crediti alla Fedit nella convinzione che dietro questa struttura vi fosse qualche referente pubblico. Ne è una prova il fatto che, come è noto, a fronte di migliaia di miliardi che le banche erogarono, vi erano soltanto le tradizionali garanzie ipotecarie che gli istituti di credito abitualmente richiedono ai loro creditori per soli 36-38 miliardi. Ripeto, queste erano le garanzie che dava la Fedit rispetto alle migliaia di miliardi che le banche erogavano a suo favore e va sottolineato che il ricorso al credito era costante e via via sempre più oneroso.

Tali aspetti vengono presi in considerazione nella relazione del primo gruppo di lavoro, ed appaiono con più evidenza ed in termini che definirei "raccapriccianti" nell’analisi stilata dai collaboratori della Commissione Marcucci, Picone e De’ Giovanni i quali, sulla base di un’accurata analisi dei bilanci della Fedit, hanno messo in luce una massa di operazioni in cui, oltre al ricorso costante al credito, si rinviene un utilizzo altrettanto costante, ordinario, quotidiano e perpetuo della doppia fatturazione. Ciò sta a significare che moltissime poste venivano fatturate due volte e una stessa fattura per consulenza veniva pagata due volte e questo per centinaia di miliardi.

Si è inoltre riscontrato che vi erano delle poste che in origine non corrispondevano ad alcuna voce, ma che successivamente, negli anni 1988-89-90, vennero iscritte in bilancio, una prima volta per un ammontare di 142 miliardi, la seconda per 240, come crediti inesigibili, quando invece si trattava di denaro uscito dalle casse senza alcuna giustificazione.

Quindi, come si può osservare, a poco a poco la Fedit dal suo ruolo iniziale passò ad assumere anche la funzione di portafoglio per operazioni in nero.

Era ovvio che una struttura che sin dal 1948 aveva navigato in mezzo a un mare di debiti, in maniera disordinata e fuori controllo e senza regolari bilanci, prima o poi si sarebbe trovata di fronte ad una crisi irreversibile. Oltre tutto il comparto a cui si rivolgeva ad un certo punto entrò a sua volta in crisi poiché si suppone - ma si tratta di ipotesi che non abbiamo avuto il tempo di verificare, in quanto si tratta di approfondimenti che avrebbero richiesto ancora tantissimo lavoro - che questo ente che finanziava determinate operazioni non avesse più un significato e un fondamento con la fine della Guerra fredda, giacché aspetti "politici", di natura sicuramente diversa da quelli prettamente agricoli ed economici, sembrerebbero essersi innestati in questa vicenda.

Ci troviamo pertanto di fronte alla strana coincidenza per cui al termine della Guerra fredda la Fedit ebbe una inversione di tendenza anche sotto il profilo politico e quindi i grandi sponsor del passato tramontarono e a quel punto subentrò la figura del ministro Goria. L’onorevole Goria divenne Ministro dell’agricoltura nell’aprile del 1991, e già nel maggio dello stesso anno maturò la decisione di commissariare la Fedit.

Bisogna inoltre tenere presente che Goria era un ministro di alto profilo, considerato che era stato sia Presidente del Consiglio che Ministro del tesoro, e quindi sorprende che gli fosse stato affidato un Ministero come quello dell’agricoltura che ormai era considerato di secondo piano. Sarebbe in tal senso opportuno capire quindi i motivi di questo passaggio, quale fosse la funzione di Goria e, soprattutto, in che modo fu concertata la suddetta decisione che evidentemente non appartenne solo a lui, considerato che aveva assunto quell’incarico da poco più di un mese.

Come fu a tutti evidente la Fedit, una volta commissariata, perse quella immagine pubblicistica cui ho fatto riferimento. Non c’erano più gli sponsors, né i garanti morali o immaginari del passato e quindi le banche a quel punto trattarono la Fedit come un qualsiasi altro cliente. Immediatamente dopo il commissariamento le banche chiusero i rubinetti e un’operazione in corso per un ammontare di 250 miliardi con il Credito italiano fu annullata e quindi la Fedit si ritrovò con una montagna di debiti e senza altra garanzia che il suo patrimonio immobiliare che, per altro, era stato valutato in maniera diversa: sempre sottovalutato rispetto al reale valore dei profitti che si sarebbero potuti ottenere, ma supervalutato nei bilanci.

Le conseguenze di tutto ciò sono note a tutti; a queste si aggiunsero l’atto-quadro tra Fedit e SGR e tutte le altre vicende che però non riguardano direttamente l’ambito di competenze del primo gruppo di lavoro.

Oltre alla funzione svolta dal ministro Goria, che ovviamente rimarrà sempre misteriosa perché nessuno saprà mai quello che realmente successe, desidero sottolineare sostanzialmente due aspetti: innanzi tutto uno scarso controllo da parte della Banca d’Italia sul credito che veniva erogato a favore della Fedit. Dalle audizioni del responsabile della Banca d’Italia non è emerso nulla a questo proposito, anzi, l’impressione che ne è risultata è che qualcuno se ne fosse lavato le mani nella convinzione che in fondo la Banca d’Italia non avesse il dovere di entrare nel merito e nella sostanza dei crediti, ma dovesse semplicemente limitarsi a verificare la regolarità delle procedure. Personalmente non credo che ciò sia vero, in ogni caso ciò corrisponde a quanto ci hanno riferito.

Il secondo aspetto che desidero evidenziare è la totale mancanza di controllo da parte del Ministero dell’agricoltura. Come è noto, (in base alla legge istitutiva della Fedit del 1948), il Ministero dell’agricoltura avrebbe dovuto effettuare una vigilanza continua ed invece - da quanto risulta dalle audizioni effettuate - sembra che il suddetto Ministero si sia limitato a recepire passivamente i bilanci e la documentazione da parte della Fedit, mentre quest’ultima considerava assolto il proprio compito con la trasmissione degli atti. Quindi, è mancata del tutto un’attività di controllo.

Nell’intera vicenda un ruolo fondamentale è stato ricoperto dalle associazioni di categoria. La Coldiretti era certamente il soggetto che maggiormente partecipava all’attività della Fedit e che, attraverso i suoi rappresentanti, dirigeva più o meno dall’interno questo colosso.

Successivamente si affiancò la Confagricoltura, che disponeva anch’essa dei suoi uomini, tra cui il dottor Gioia, al tempo stesso presidente della Confagricoltura e vicepresidente Fedit. In seguito la Confagricoltura ha preso le distanze, almeno questo è quanto risulta dalle audizioni svolte in Commissione. D’altra parte, nello stesso periodo, anche i rapporti con la Coldiretti erano entrati in crisi, perché la Fedit cominciava a "boccheggiare" e non era più in grado di fare consistenti elargizioni in termini di sponsorizzazioni a favore delle due associazioni.

In sostanza, se occorreva fare una manifestazione o pubblicare una rivista, un opuscolo, era sempre la Fedit a pagare; senza considerare certe dazioni, avvenute attraverso assegni circolari, di cui non sono mai stati individuati i destinatari.

Quanto alle cause del dissesto, queste vanno individuate nella riconosciuta mala gestio, risalente a molti anni prima. Lo stesso ministro Mannino, all’epoca, si preoccupò di dire che la Fedit era gestita male, così come hanno affermato tutti coloro che in seguito se ne sono occupati. Anche il professor Capaldo, in definitiva, quando fu chiamato da Lobianco, individuò immediatamente gli aspetti fondamentali del problema in un sistema disorganizzato e portato avanti da persone incompetenti e in un indebitamento spaventoso, sia sotto il profilo gestionale che sotto il profilo immobiliare.

Non dobbiamo dimenticare che la Fedit comprava immobili che non le rendevano nulla e a causa di tali acquisti si indebitava con le banche. Era un meccanismo perverso.

Queste sarebbero le cause del dissesto della Federconsorzi, come risulta dall’attività di acquisizione conoscitiva svolta dal primo gruppo di lavoro. Certamente esse vanno legate ad un forte calo della produzione agricola e ad una trasformazione del settore, che a partire dal 1975 ha avuto come referente l’Europa e non più il mercato interno, il che ha sancito la fine di un’epoca.

Gli altri gruppi di lavoro si sono occupati degli eventi successivi (commissariamento, atto-quadro) e quanto prima cercheremo di esaminare le risultanze complessive dell’attività di acquisizione conoscitiva svolta su vari fronti.

PRESIDENTE. Ringrazio il senatore Magnalbò. Ho avuto modo di leggere l’intera relazione e non posso fare a meno di esprimere il mio apprezzamento per l’attività svolta dal gruppo di lavoro che si è occupato di questo specifico settore dell’inchiesta.

Desidero tuttavia sottolineare che molti altri approfondimenti sarebbero stati necessari, se avessimo potuto completare la laboriosa fase istruttoria e la ricerca di tutto il materiale, compreso l’esame di alcuni faldoni contenenti le voci relative alle "sponsorizzazioni", di cui potrete leggere nella relazione che mi accingo a depositare.

E’ un argomento che certamente verrà trattato nella relazione finale, nell’ambito delle cosiddette anomalie. Mi riferisco tanto alla famosa ricerca degli assegni circolari, cui ha accennato il senatore Magnalbò, quanto all’individuazione di alcune persone, nominate in certi appunti, che risultano destinatarie di somme di denaro, anche in anni piuttosto recenti. Disponiamo anche di una lettera autografa, ma per ragioni di riservatezza non intendo fare anticipazioni. Si tratta, comunque, di nominativi e cifre che hanno trovato riscontro negli atti contabili, dai quali risulta che negli anni ’90 vi fu un allargamento del giro delle "sponsorizzazioni" (che non era più quello tradizionale), tanto a destra quanto a sinistra dello schieramento politico.

Mi limiterò, dal momento che per mancanza di tempo non abbiamo potuto approfondire l’argomento, a farne un elenco, visto che abbiamo trovato un riscontro nei dati contabili, sia pure sotto voci diverse. Per l’organizzazione di qualche convegno di partito, sotto la voce fornitori abbiamo trovato, ad esempio, una certa fattura. Avremmo dovuto approfondire queste anomalie, ma ci è mancato assolutamente il tempo.

Ricordo anche la famosa questione degli assegni circolari, che i procuratori della Fedit giravano a se stessi nel corso della medesima giornata (erano traenti e beneficiari allo stesso tempo) per importi la cui entità ha attirato a volte la nostra attenzione; come quello di 1 miliardo e 300 milioni, che ci ha spinto ad approfondire la questione per scoprire almeno chi fossero i procuratori con facoltà di firma. Ripeto, ci siamo trovati di fronte ad una serie di anomalie che andavano verificate.

Sapete bene che è stato fatto un grande lavoro di ricerca del materiale. Un materiale che, tra l’altro, a causa dei diversi sequestri, sia da parte dell’autorità giudiziaria di Roma che di quella di Perugia, era disperso in vari depositi. In quest’opera di ricerca ci siamo avvalsi anche della collaborazione del personale messo a disposizione dal Ministero, e in particolare dal liquidatore governativo, generale Marrocco, che ci ha offerto la sua completa disponibilità.

Vi assicuro, però, che il materiale era davvero tanto e conservato in maniera così disordinata che la sua acquisizione ha comportato un lavoro quasi titanico. Pensate che esso è contenuto in circa 34 chilometri di scaffali, disseminati un po’ ovunque.

Ripeto, vi sono una serie di anomalie che consentono, per chi lo desidera, di formulare delle ipotesi, che io non avanzerò per rispetto verso i commissari. Mi aspetto invece che i membri della Commissione, dopo aver preso visione degli atti, si soffermino a riflettere su tali anomalie, anche per arrivare ad una chiave di lettura che sia la più obiettiva possibile.

Preannuncio fin d’ora che la relazione che mi accingo a depositare, oltre a tener conto delle risultanze del primo e del secondo gruppo di lavoro, contiene un’esposizione obiettiva dei dati ed è assolutamente acritica per quel che concerne i giudizi, salvo quelli derivanti in maniera incontrovertibile dall’esame dei documenti, i quali non consentono un’interpretazione diversa. Ad esempio, quando troviamo una cancellazione di debiti priva di spiegazione plausibile, dobbiamo parlare di debiti inesistenti, a meno che qualcuno non dimostri che questi debiti esistevano davvero e che sono stati cancellati per un’opera di misericordia nei confronti del debitore.

Ho interrotto da alcuni giorni l’attività istruttoria per avere il tempo di esaminare i contributi trasmessi dai vari collaboratori e realizzare un’opera di sintesi del lavoro fin qui svolto. Solo ieri mattina è stato depositato lo studio realizzato dai tre consulenti, Verdicchio, Murri e Sgattoni, relativo all’esame della documentazione dei consorzi agrari. Provvederò immediatamente a far avere al senatore Pasquini ed al suo gruppo di lavoro questi documenti, affinché possano effettuare l’esame delle risultanze ed, in tempi ristretti, pervenire a delle conclusioni di cui ovviamente terrò conto nella redazione della mia relazione conclusiva.

Resta il rammarico di non aver avuto il tempo sufficiente per approfondire maggiormente l’intera vicenda, anche al fine di evitare di confermare alcuni giudizi o pregiudizi dettati magari da spirito di parte e non da ragioni di obiettività storica, criterio al quale ho invece inteso informare il mio lavoro e l’attività dei consulenti che hanno collaborato con noi.

VENETO Gaetano. Signor Presidente, mi sembra che lei abbia accennato alla data del prossimo 28 febbraio come termine ultimo per la conclusione del nostro lavoro.

PRESIDENTE. Le date sono quelle a cui ho precedentemente accennato. Tuttavia, le questioni relative ai tempi per l’esame della proposta di relazione dovranno essere affrontate collegialmente nell’ambito dell’Ufficio di Presidenza che convocherò nelle prossime settimane.

Sulla base della documentazione pervenutaci, contiamo di completare nei prossimi giorni il lavoro di collage che si concretizzerà nella proposta di relazione finale. Ripeto, che entro la fine della prossima settimana, quindi intorno al 10 febbraio tale bozza potrà essere depositata (ovviamente ne darò comunicazione a tutti i commissari). Credo pertanto che sarà possibile fissare per il 15 o il 16 febbraio la prima seduta nell’ambito della quale ognuno di voi potrà esprimere le proprie osservazioni.

Riassumendo, nel corso del prossimo Ufficio di Presidenza verranno fissate le date dei due prossimi appuntamenti di cui il primo sarà dedicato alla discussione della proposta della relazione ed il secondo, intorno al 23, 24 febbraio, in cui avrà luogo la votazione della stessa.

VENETO Gaetano. Signor Presidente, non amo essere criptico per cui spiegherò in seguito e con molta chiarezza le ragioni di questo mio intervento. Innanzi tutto, faccio presente che sono stato favorevolmente colpito dall’interesse che il Presidente ha dimostrato per le mie iniziative, naturalmente parlo sul piano personale, non istituzionale.

Inoltre, entrando nel merito del nostro programma dei lavori, vorrei avere assicurazioni circa le date di queste prossime sedute, proprio in considerazione dei tempi ristretti che abbiamo davanti. Credo, infatti, che sarebbe positivo se si riuscisse ad avere la bozza di relazione alla fine della prossima settimana in modo da avere un’intera settimana per analizzarla approfonditamente e quindi poterne pienamente discutere entro il 21 febbraio, giungendo così al voto nei tempi previsti.

Vorrei ora chiarire la ragione di queste mie considerazioni in tal modo esplicitando anche quello che lei, signor Presidente, è venuto a sapere indirettamente.

Ho ritenuto di prendere l’iniziativa di cui lei è al corrente, mettendone a parte formalmente i membri sia del mio Gruppo, che degli altri Gruppi di maggioranza, procedendo quindi sul piano della rappresentanza degli interessi di Gruppo e di partito e senza in alcun modo riferirmi ai contenuti della relazione, giacché lei, signor Presidente, ha precedentemente dichiarato che quest’ultima sarà "obiettiva e acritica", considerata la ristrettezza dei tempi che non ha di fatto consentito di effettuare quegli approfondimenti che sarebbero stati invece necessari.

Prendo atto con favore di questa sua affermazione che so essere vera, visto che abbiamo insieme condiviso questa esperienza; tuttavia, desidero far presente che questa legislatura sta per concludersi e la scadenza della nostra Commissione è stata stabilita da una legge del Parlamento al 28 febbraio, anche se rispetto a questa data alcuni colleghi ed io personalmente abbiamo avuto modo di manifestare il nostro dissenso. Di questo ci rammarichiamo perché sono convinto che un ulteriore mese ci avrebbe dato la possibilità di approfondire maggiormente la materia.

D’altra parte, come è stato ravvisato anche da alcuni colleghi (il senatore Pasquini e il deputato Abate) abbiamo l’esigenza di fare mente locale su questa vicenda; infatti, fermo restando il lavoro svolto da questa Commissione, dal suo Presidente e dai nostri collaboratori, considerato che la Commissione in quanto tale è un organo per definizione collegiale, bisogna valutare fino a che punto un fatto inerente l’attività collegiale - non sto parlando di responsabilità soggettiva, ma di fatti oggettivi e sia ben chiaro che non mi sto riferendo né a me, né al presidente Cirami - possa poi alla fine trovarci coinvolti. Credo che si tratti di un aspetto che vada chiarito anticipatamente, anche perché personalmente non amo i golpe.

Per quanto riguarda il programma dei lavori ribadisco quanto detto prima e cioè che sarebbe auspicabile avere entro la metà di febbraio la bozza di relazione in modo da avere un lasso di tempo sufficiente ad effettuare i necessari approfondimenti.

PRESIDENTE. Onorevole Veneto, non mi sono mai sottratto né alle decisioni collegiali, né ho gestito questa materia delicatissima in modo personalistico. Al contrario, ho sempre cercato di trovare nell’ambito della collegialità una via comune da percorrere sia nella ricerca istruttoria, sia per quanto riguarda le decisioni che si sono rese necessarie.

Debbo tuttavia sottolineare che da parte dei commissari non sono venuti contributi dialettici, o apporti di natura collaborativa sotto questo profilo e quindi, pur non ascrivendolo alla responsabilità di nessuno, devo però far presente che molte delle audizioni sono state da me svolte alla presenza di due, tre parlamentari. Pertanto, nel rispetto dell’impegno che mi ero assunto in questa Commissione ho comunque dovuto mandare avanti il lavoro istruttorio.

E’ chiaro che, per quanto riguarda le decisioni finali, in riferimento ad aspetti che presentano una loro criticità o ad elementi di giudizio diversi, credo di poter fornire - laddove sono in possesso di dati obiettivi - un codice di lettura, che è tuttavia aperto alla discussione e ai contributi che ognuno vorrà apportare.

Desidero altresì ricordare che la ristrettezza dei tempi a nostra disposizione non ha consentito, né a me né ad altri, di approfondire la materia anche per quanto riguarda la ricerca dei dati istruttori. Faccio un esempio che può valere per tutti: rispetto a fatture rilasciate per consulenze da soggetti che non avevano rapporti funzionali o istituzionali con la Federconsorzi, oppure a parcelle o a documenti da cui risulta la dazione di una somma di denaro, avremmo voluto avere il tempo per approfondire le nostre conoscenze, attraverso i poteri propri dell’autorità giudiziaria, per sapere ad esempio a che titolo venivano dati quei soldi. Ebbene, questi approfondimenti sono mancati, ma certamente non per responsabilità della Presidenza, né della stessa Commissione.

Bisogna, inoltre, considerare che è stata condotta un’opera di ricerca nel lontano passato che presenta tutti gli inconvenienti del caso, basti pensare che molte delle persone coinvolte in questa vicenda o sono decedute o non sono più reperibili. Non solo, nel corso del lavoro svolto da questa Commissione abbiamo preso coscienza di comportamenti vistosamente omissivi e reticenti, come per altro si riferirà nel primo capitolo della proposta di relazione. Sotto questo profilo i contributi che abbiamo avuto sono stati solo ed esclusivamente di natura documentale perché dalle audizioni abbiamo potuto riscontrare soltanto che i soggetti, che a qualsiasi titolo hanno svolto un ruolo di protagonista in questa vicenda, hanno anche teso a difendere il proprio operato. E’ quindi solo sulla scorta degli atti e dei documenti che abbiamo raccolto che possiamo contestare queste omissioni e reticenze.

E’ possibile che vi sia anche il recondito convincimento che qualcuno si potrà dispiacere se certe verità verranno a galla magari offrendosi ad una lettura di tipo diverso, ma questo non è certo nelle mie responsabilità, né in quella degli altri componenti di questa Commissione.

Ripeto, abbiamo rilevato quello che potevamo, sotto il profilo documentale, e di tutto questo materiale tenteremo di dare una lettura il più possibile obiettiva, indipendentemente quindi dalla provenienza politica di chi vi sta parlando, che in questa inchiesta non è mai stata fatta pesare in alcun modo.

Desidero ribadirlo con molta franchezza per chi è presente e per chi verrà a conoscenza delle mie parole attraverso la lettura del Resoconto stenografico.

VENETO Gaetano. Signor Presidente, nelle Commissioni bicamerali deve essere così e lei ha fatto benissimo a comportarsi in tal modo, ma ha fatto il suo dovere. Non c’è un problema di collocazione politica, a sinistra o a destra. Lei non poteva che fare questo. Il problema è un altro.

Anche l’assenza di alcuni commissari si lega probabilmente ad una certa valutazione, anche se al momento non abbiamo assunto una precisa posizione. Ma ciò conferma che la questione non ha nulla a che vedere con la collocazione politica. Tuttavia, la possibilità di esaminare meglio la documentazione e di approfondire certe nostre responsabilità ci permetterà - parlo per me ma sono convinto che anche i colleghi Abbate, Occhionero e altri saranno d’accordo - di poter valutare con tranquillità se e in che misura possiamo assumerci delle responsabilità, magari anche quelle dell’assenza, giustificata o giustificabile, o dell’assenteismo, che invece non si può giustificare.

Tutto questo però va fatto ora e non certo alla fine di febbraio.

PRESIDENTE. Colleghi, resto in attesa delle vostre determinazioni.

La seduta termina qui. L’esame della proposta di relazione finale avverrà in una apposita seduta che sarà fissata dall’Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentati dei Gruppi, nelle prossime settimane.

I lavori terminano alle ore 14,45.