Audizioni Commissione d'inchiesta Federconsorzi/42
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SENATO DELLA REPUBBLICA--------------------------------------------CAMERA DEI DEPUTATI XIII LEGISLATURA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI __________
RESOCONTO STENOGRAFICO
42a SEDUTA
GIOVEDI’ 28 SETTEMBRE 2000
__________
Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI
I lavori hanno inizio alle ore 14,05.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Presidenza del presidente CIRAMI
Audizione del dottor Giovanni Briasco, presidente della sezione fallimentare del tribunale di Roma, del dottor Anacleto Grimaldi, presidente del Collegio giudicante, e del dottor Emilio Norelli, giudice delegato del concordato preventivo della Federconsorzi.
PRESIDENTE. La Commissione procede oggi all’audizione del dottor Giovanni Briasco, presidente della sezione fallimentare del tribunale di Roma, del dottor Anacleto Grimaldi, presidente del Collegio giudicante, e del dottor Emilio Norelli, giudice delegato del concordato preventivo della Federconsorzi, che ringrazio per aver accolto, con cortese disponibilità, l’invito della Commissione. Avverto che i nostri lavori si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l’articolo 7 della legge n. 33 del 2 marzo 1998, e che è dunque attivato, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del Regolamento interno, l’impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Qualora da parte degli auditi o dei colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l’impianto audiovisivo per il tempo necessario.
Ricordo che l’audizione si svolge, ai sensi dell’articolo 15, comma 3, del Regolamento interno, in forma libera.
Preciso infine che dell’audizione odierna è redatto il Resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell’articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alle persone ascoltate e ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportandovi le correzioni di forma che riterranno, in vista della pubblicazione negli atti parlamentari.
Prima di passare alle domande, vi informo che il dottor Pasquale Musco ha depositato, al termine della seduta di martedì scorso, copia della relazione di aggiornamento sullo stato di esecuzione del concordato, da lui redatta in data 27 giugno 2000, nonché alcuni prospetti relativi all’ammontare del passivo, alle categorie e al numero dei creditori, ai pagamenti effettuati, al contenzioso passivo e alle spese sostenute dalla liquidazione.
Vi informo infine che il Ministro delle politiche agricole ha trasmesso in data di ieri una nota contenente le risposte della competente Direzione del Ministero alle richieste da noi formulate nel corso dell’audizione del 27 giugno 2000.
Copia di tutta la documentazione da me indicata è a vostra disposizione.
La contemporanea presenza di tre magistrati del Tribunale fallimentare di Roma ed in particolare del dottor Norelli che, nella qualità di giudice delegato, segue più direttamente l’attuale fase liquidatoria della procedura concordataria – magistrati che ringrazio tutti, fin da ora, per il contributo di chiarezza che non dubito vorranno fornire a questa Commissione - si collega ad una esigenza imprescindibile del nostro lavoro investigativo: verificare lo stato e gli effetti della liquidazione per poter formulare un giudizio globale sul concordato preventivo e sulla cessione dei beni alla società SGR mediante il ben noto negozio giuridico denominato "atto-quadro".
Martedì scorso, ascoltando il commissario giudiziale, dottor Pasquale Musco, ed acquisendo molti dati interessanti, abbiamo potuto delineare un primo bilancio della procedura: esso ovviamente non è definitivo perché la liquidazione non si è ancora conclusa, ma i dati non sembrano suscettibili di significative variazioni. Acquisiremo oggi certamente ulteriori elementi che andranno a completare il quadro.
Tra i dati da considerare, ai fini delle nostre valutazioni da trasmettere al Parlamento, c’è sicuramente la durata della procedura con le implicazioni, sul piano del ristoro dei creditori, ad essa connesse.
In merito il dottor Musco ci ha già ricordato le vicende che hanno interessato direttamente ed indirettamente la procedura concordataria, ma mi sembra comunque opportuno iniziare l’audizione invitando i magistrati ed, in particolare, il giudice delegato, a riferire su questo primo tema che è, inoltre, strettamente collegato con la recentissima sostituzione del liquidatore giudiziale, avvocato Caiafa, con il professor Gabrielli; vicenda sulla quale, dopo aver ascoltato quanto ci vorranno dire i nostri ospiti, mi riservo di tornare con domande specifiche.
Prego pertanto il dottor Norelli di volere, nel contesto dell’esposizione di carattere generale, rispondere anche alle seguenti domande specifiche: quanti e quali magistrati si sono occupati in successione, dopo il dottor Ivo Greco, della procedura Federconsorzi; quanti commissari giudiziali e liquidatori si sono succeduti e quali sono state le ragioni degli avvicendamenti; qual è la durata media presso il Tribunale di Roma delle procedure di concordato preventivo; quante procedure di concordato preventivo sono state richieste negli anni dal 1989 al 1993; quante sono state interamente eseguite.
NORELLI. Questa procedura ebbe inizio nel luglio 1991 come fase di concordato in senso stretto. Il 5 ottobre fu pronunciata la sentenza di omologazione; quindi, ebbe inizio l’esecuzione del concordato. Nella prima fase giudice delegato, come è noto, fu il presidente Ivo Greco e commissario giudiziale il professor Picardi.
Dalla omologazione in poi, per quanto riguarda i giudici delegati, si è avuta questa successione: al presidente Greco subentrò, per un breve periodo, il collega Severini poi trasferito alla Corte d’Appello; quindi il collega Piccininni ed infine io. Piccininni lasciò l’incarico perché fu chiamato al Ministero come vice capo di gabinetto.
Quanto all’organo di controllo, dopo il professor Picardi, nel 1997 fu designato il dottor Musco, come Commissario giudiziale. Quindi, vi è stato un unico avvicendamento. Il professor Picardi fu sostituito perché rassegnò le dimissioni per ragioni di salute, di età e per vicende familiari legate alla salute della moglie.
Quanto all’organo gestore, cioè il liquidatore, in un primo periodo vi è stato l’affidamento della liquidazione alla stessa Federconsorzi, nella persona del suo Commissario governativo; successivamente, nel 1995, il tribunale ritenne di nominare un liquidatore terzo, estraneo alla società debitrice e questi fu il professor Cataudella, il quale rassegnò le dimissioni nel 1997 e fu sostituito dall’avvocato Caiafa. Il resto è vicenda degli ultimi mesi.
PRESIDENTE. E’ stato lei a nominare l’avvocato Caiafa?
NORELLI. L’avvocato Caiafa è stato nominato dal Collegio su mia proposta il 17 settembre 1997, data - se ricordo bene - in cui fu firmato il decreto; nel luglio di questo anno è stato nominato il professor Gabrielli.
PRESIDENTE. Qual è la durata media presso il tribunale di Roma delle procedure di concordato preventivo?
NORELLI. E’ difficile adesso dire quale sia la durata media; non dispongo di dati statistici. Dobbiamo a tale proposito distinguere se si tratta di concordato con garanzia o con cessione dei beni. Quei pochi concordati con garanzia che abbiamo trattato si saranno ovviamente conclusi in tempi rapidi. Generalmente la durata del concordato con garanzia non dovrebbe andare oltre i sei mesi dalla data della omologazione.
Per quanto riguarda, invece, il concordato con cessione dei beni, il discorso è diverso, perché dopo l’omologazione si apre la fase della liquidazione dei beni; spesso si ritiene che il concordato abbia maggiore snellezza e più celerità di andamento rispetto al fallimento, ma in realtà tutto questo non avviene e i tempi per realizzare l’attivo sono sempre piuttosto lunghi. In questo caso, siamo arrivati ormai all’ottavo anno, visto che l’esecuzione del concordato è iniziata nell’ottobre del 1992. Tali tempi sono abbastanza fisiologici e dipendono sicuramente anche dalle dimensioni; infatti, questo concordato per tanti versi ha carattere eccezionale in quanto la massa dei beni, il numero dei creditori e l’ammontare globale del passivo hanno reso tale procedura veramente fuori del comune. Inoltre, si sono dovuti affrontare anche molti problemi di tipo gestionale, sia nella prima fase di concordato in senso stretto, sia nella fase successiva, immediatamente dopo l’omologazione del concordato; infatti, vi erano aziende ancora in funzionamento nel momento in cui fu omologato il concordato e si aprì la liquidazione, cioè la fase esecutiva.
Questa forse fu la ragione per la quale si decise di lasciare al posto di comando lo stesso debitore: si intendeva evitare una gestione che effettivamente sarebbe stata piuttosto difficoltosa e di non facile soluzione, anche a causa dei rapporti con i sindacati, giacché i lavoratori erano in agitazione (all’epoca, c’erano ancora centinaia di dipendenti). Quando, nel 1996, assunsi l’incarico, dopo che il collega Piccininni fu chiamato al Ministero, mi trovai nel bel mezzo di una vertenza sindacale e uno dei primi compiti ai quali dovetti fare fronte fu proprio quello di partecipare ad una riunione con i sindacati (credo vi fossero almeno venti sigle sindacali diverse, tra sindacati nazionali, aziendali e locali): non fu molto semplice, perché ovviamente i sindacati reclamavano provvidenze, agevolazioni e garanzie a favore dei dipendenti che, all’epoca, rischiavano di perdere il posto. Venne fatto, pertanto, un provvedimento legislativo ad hoc per sanare tali situazioni: fu istituito il ruolo unico transitorio per assorbire i lavoratori, che passarono quindi dalla Federconsorzi ai ruoli dell’amministrazione pubblica. Fra l’altro, proprio in quell’occasione, mi avvalsi della consulenza, sia pure in quel momento ancora informale, dell’avvocato Caiafa, che era noto ed apprezzato in sezione come avvocato competente in materia di lavoro: quella, quindi, fu l’occasione dalla quale prese avvio il rapporto, dal punto di vista professionale, con l’avvocato Caiafa.
PRESIDENTE. Parleremo tra breve delle competenze professionali dell’avvocato Caiafa, proprio nella trattazione del contenzioso in materia di lavoro.
Ora, invece, vorrei sapere quante procedure di concordato preventivo sono state richieste negli anni dal 1989 al 1993 e quante sono state interamente eseguite.
NORELLI. Mi dispiace, signor Presidente, ma non so risponderle.
BRIASCO. Al momento, non siamo in grado di fornire questi dati.
PRESIDENTE. Le consegnerò una lettera con cui la Commissione chiede formalmente di conoscere questi dati statistici.
Come viene usualmente determinata la somma necessaria per l’intera procedura e quali sono le modalità di deposito da parte del richiedente?
NORELLI. Non mi risulta che nella sezione vi sia una prassi consolidata. C’è stato, poi, un avvicendamento di presidenti, di giudici delegati e, quindi, anche di orientamenti su questo punto. È veramente difficile rispondere a tale domanda, perché dipende dal modo di vedere e dall’impostazione che il presidente del collegio e il giudice delegato danno di volta in volta.
PRESIDENTE. Qual era, allora, la prassi che il vostro collegio aveva ereditato?
NORELLI. Nel caso di Federconsorzi, posso citare il seguente dato, che risulta dagli atti: fu disposto un deposito di 3 miliardi, nel termine consueto degli otto giorni, che fu effettivamente eseguito in data 31 luglio 1991 (vi è la comunicazione della Banca di Roma), mediante libretto intestato alla procedura e vincolato al mandato di pagamento del giudice delegato, che - ripeto - all’epoca era il presidente Greco.
Per una procedura del genere, tre miliardi rappresentavano sicuramente una somma molto al di sotto di quella che effettivamente si poteva presumere, non fosse altro che per il compenso del commissario giudiziale. Proprio per questo, per cercare di ridurre il più possibile le spese, si scelse quella soluzione, per tanti versi un po’ discutibile, per l’affidamento della liquidazione.
PRESIDENTE. Mi può chiarire questo concetto? Nelle agende che ci ha consegnato uno dei commissari governativi, il dottor Cigliana, troviamo un’annotazione: il presidente del tribunale Greco, allora giudice delegato, aveva chiesto un deposito di 50 miliardi. Ripeto che abbiamo trovato questa annotazione nelle agende che ci sono state esibite e le cui copie sono state acquisite agli atti della Commissione. Non ci spieghiamo come, da una richiesta di deposito di 50 miliardi, si fosse poi operato un deposito di tre miliardi, che lei stesso definisce poco congruo rispetto alla previsione.
NORELLI. Se rimaniamo ad una stretta interpretazione della norma, dobbiamo ritenere che le spese necessarie per l’intera procedura siano tutte quelle in quel momento prevedibili e, pertanto, quelle per il compenso del commissario giudiziale e per le attività strettamente necessarie ai fini della procedura e quindi quelle relative alla stima e all’inventario dei beni e a tutta una serie di adempimenti previsti dalla legge, e quelle relative a imposte e tributi vari per compiere i vari atti della procedura di concordato in senso stretto. Ritengo comunque che quella previsione si riferisca alle spese necessarie per la procedura di concordato in senso stretto, cioè dal decreto di apertura fino alla sentenza di omologa: quella è la procedura vera e propria e, quindi, sicuramente vi rientrano le spese del commissario giudiziale (i compensi ed i rimborsi) e quelle per l’inventario, che in questo caso doveva essere particolarmente oneroso, considerate la quantità e la molteplicità dei beni che all’epoca componevano l’attivo di Federconsorzi.
Non posso riferire altro su questa specifica vicenda, perché all’epoca non ero nel collegio. Anzi, per la verità non ero neanche a Roma, perché sono arrivato nel luglio 1992, mentre il decreto è del luglio 1991.
PRESIDENTE. Nel fascicolo poteva esserci traccia di questa richiesta?
NORELLI. Sicuramente no. Deve essere stato un contatto informale.
PRESIDENTE. Le nostre non sono curiosità, ma servono a completare un certo tipo di indagine.
Se fosse stato dichiarato il fallimento della Federconsorzi, la procedura conseguente avrebbe avuto maggiore, minore o analoga durata? Lo chiedo a lei, ma possono rispondere anche i presidenti Briasco e Grimaldi, in base alla loro esperienza.
NORELLI. Probabilmente non maggiore.
PRESIDENTE. È una risposta molto diplomatica.
NORELLI. Sarebbe una previsione molto difficile.
BRIASCO. Sarebbe stato sicuramente un fallimento sterminato, come sterminato è il concordato. La liquidazione, anche in sede fallimentare, avrebbe comportato i tempi e le difficoltà cui il collega Norelli accennava con riferimento alla liquidazione in sede di concordato.
Non direi che la risposta del collega Norelli sia diplomatica.
PRESIDENTE. Ha detto "non maggiore".
BRIASCO. Verosimilmente il fallimento sarebbe ancora pendente. Purtroppo abbiamo dei fallimenti che, per tutta una serie di fattori ai quali stiamo cercando di porre rimedio, pur essendo meno sterminati di quello che sarebbe stato quello della Federconsorzi, sono purtroppo ancora aperti. Occorre anche considerare la durata delle liti; i problemi non sono rappresentati soltanto dalla liquidazione dei beni, ma ci sono altri fattori che rallentano le procedure fallimentari.
Se il Presidente consente, devo precisare che il dottor Grimaldi ed io siamo entrambi a pieno titolo presidenti della sezione fallimentare. A livello di tribunale non esiste un presidente titolare, perché questa qualifica compete solamente ai presidenti delle sezioni di Cassazione. Quindi siamo entrambi presidenti a pieno titolo, solo che io ho la disgrazia di essere il più anziano.
PRESIDENTE. Pur tenuto conto della complessità incontrovertibile della procedura, poiché dagli elementi da noi acquisiti è emersa l’esistenza di somme rilevanti, di entità miliardaria, che sono nella disponibilità della liquidazione, cosa ne ha impedito o ne impedisce attualmente un riparto fra i creditori?
NORELLI. Le somme residue sono naturalmente una piccola parte delle somme realizzate. Credo siamo intorno ai 100 miliardi, ma il dottor Musco potrebbe essere più preciso.
Per una parte ci sono una serie di vincoli derivanti da pignoramenti e sequestri ottenuti da alcuni creditori. Non scendo nel dettaglio se sia un bene o un male che queste misure siano state date, comunque questi vincoli ci sono.
La parte residua, nel momento in cui è stato sostituito l’avvocato Caiafa, era ancora in corso di distribuzione. Peraltro, una delle ragioni per le quali l’avvocato Caiafa è stato sostituito è stata proprio questa, cioè il riparto, già approvato circa un anno e mezzo prima, non era stato ancora completato. Quindi c’era stato questo rallentamento dovuto anche - bisogna riconoscerlo - alla difficoltà di individuare tutti i singoli creditori destinatari delle varie quote.
Il problema è che nel concordato non esiste uno stato passivo e un preventivo accertamento di tutti i creditori che hanno diritto di partecipare al concorso. Quello dei creditori del concordato è un elenco sempre in continuo aggiornamento, a mano a mano che i creditori si fanno avanti e ottengono un provvedimento di accertamento dei loro crediti, magari perché sono stati contestati o sono stati ignorati.
PRESIDENTE. Quali sono le vere ragioni per le quali la liquidazione non è ancora conclusa?
NORELLI. Allo stato abbiamo il grosso problema del realizzo dei beni residui, che sono costituiti per la maggior parte da crediti, soprattutto verso lo Stato e in particolare verso l’ex Ministero dell’agricoltura. Attualmente abbiamo circa 1.000 miliardi di crediti verso il Ministero dell’agricoltura per la gestione degli ammassi che tra l’altro risalgono ad epoche lontane, perché parliamo di crediti degli anni ’60 e forse anche precedenti.
PRESIDENTE. Su questo torneremo tra breve con una domanda specifica.
Quanto è costata complessivamente la liquidazione finora?
NORELLI. Non sono in possesso di questo dato. Sicuramente lo avrebbe potuto riferire il dottor Musco.
PRESIDENTE. Per chiudere quest’argomento e ritornare a quanto stavamo dicendo poco prima, il dottor Musco ci ha riferito di un progetto di massima di chiusura della liquidazione entro due anni. Possiamo considerare vero questo assunto?
NORELLI. È un’ipotesi di lavoro su cui si sta focalizzando l’attenzione.
PRESIDENTE. Qual è il progetto liquidatorio?
NORELLI. Consideriamo che si tratta per la maggior parte di crediti di difficile esigibilità, perché sono crediti verso lo Stato per i quali evidentemente occorrerebbe uno stanziamento di bilancio e non siamo in grado di ipotizzare se ciò avverrà o meno. Vi sono poi crediti verso consorzi agrari, la maggior parte dei quali in liquidazione coatta. Gli altri sono piccoli crediti verso i più svariati soggetti, prevalentemente piccoli produttori agricoli, magari per cambiali agrarie o operazioni di finanziamento accese nel corso dell’attività di Federconsorzi.
PRESIDENTE. Questo progetto da chi è stato ideato?
NORELLI. È venuto fuori da tutta una serie di contatti, di colloqui e di valutazioni che sono stati compiuti dal commissario giudiziale dottor Musco e da me.
PRESIDENTE. Erano venuti a questo progetto dei contributi da parte della precedente liquidazione?
Dopo aver udito il dottor Musco, anche attraverso la lettura di quel provvedimento-non provvedimento, nonché dopo aver letto gli addebiti mossi all’avvocato Caiafa e la sua difesa in sede di contestazione, ci sembra come se la liquidazione fino a quel momento non fosse stata sufficientemente attiva - per usare un eufemismo - e, quindi, non si fosse attivata più di tanto, confidando quasi nell’impulso di chi doveva esercitare la vigilanza: il sistema di accelerazione della liquidazione viene, cioè, più studiato dal commissario giudiziale e da lei piuttosto che dal liquidatore, dal quale sembra non essere mai arrivato il contributo in questo senso.
NORELLI. E’ esattamente così. Ovviamente vi fu qualche accenno anche con l’avvocato Caiafa; all’epoca ci vedevamo almeno una volta alla settimana ma non ebbi l’impressione che fosse molto entusiasta dell’idea.
PRESIDENTE. Il mancato entusiasmo concerneva l’idea o il fatto che l’idea potesse sfociare nella liquidazione? Vorrei cioè capire se il liquidatore nell’arco di due anni ha gestito in maniera essenzialmente burocratica l’intera vicenda.
NORELLI. La valutazione del commissario giudiziale, fatta propria dal collegio, è stata proprio quella di ritenere che, effettivamente, la liquidazione si fosse un po’ incartata (si svolgevano cioè una serie di attività in maniera molto burocratica) e che, quindi, mancasse l’impulso propulsivo per individuare tutte le possibili soluzioni.
Il concordato ha effettivamente segnato una grossa svolta nel 1998, nel momento della transazione con la SGR: attraverso la transazione, infatti, abbiamo recuperato all’attivo del concordato tutta questa massa di crediti ed, in particolare, quelli verso il Ministero; quelli cioè che erano stati valutati zero lire o poco più.
PRESIDENTE. Per dare una valutazione di massima, si trattava complessivamente di circa 50 milioni.
NORELLI. Abbiamo, quindi, recuperato alla disponibilità della liquidazione questa massa di crediti, tra cui il cospicuo credito verso lo Stato e una miriade di altri crediti, nel frattempo non ancora realizzati, oltre a pochi altri cespiti di entità assolutamente insignificante rispetto ai valori complessivi della liquidazione. Il problema che si pose e che continua a porsi è quello di realizzare questa massa di crediti che, per la maggior parte, sono di difficile esigibilità.
Per portare a compimento la liquidazione, il problema è ovviamente quello di realizzare questi cespiti. Di qui l’idea, prima abbozzata, poi fornita di maggiore consistenza, di fare ricorso allo strumento della cartolarizzazione.
L’idea della cartolarizzazione venne a me in occasione di un convegno di diritto fallimentare che si tenne a Trieste, al quale partecipai con il professor Gabrielli. Andammo insieme perché ci conoscevamo per ragioni professionali e di studio e in questo convegno si parlò della legge sulla cartolarizzazione dei crediti che stava per essere varata. Cominciava, quindi, a circolare l’idea di cartolarizzare; ossia di smobilizzare delle posizioni creditorie di difficile esigibilità.
PRESIDENTE. Quando avvenne ?
NORELLI. Nel 1999.
PRESIDENTE. Fino al 1999 si sono infatti susseguiti 8 o 9 disegni di legge in cui si stabilivano somme a rimborso dei debiti che lo Stato aveva nei confronti dei consorzi agrari, disegni di legge mai approvati in mancanza di appoggi politici.
Nel 1999, in coincidenza con l’iniziativa della cartolarizzazione, viene approvato questo disegno di legge quasi all’unanimità dal Parlamento: i 1.100 miliardi quindi (che servivano per il rimborso dei debiti che lo Stato aveva nei confronti dei consorzi agrari), attraverso la cartolarizzazione dei crediti, ritornerebbero alle banche.
Avendo esercitato la professione di pubblico ministero per molti anni questo dato mi è saltato agli occhi come possibile elemento di riflessione per non dire di sospetto; per questo motivo le ho posto la domanda.
NORELLI. Riprendendo l’argomento, nel convegno si parlava anche di cartolarizzazione e, quindi, di esperienze già realizzate in questo campo all’estero, in particolare negli Stati Uniti e nei paesi anglosassoni.
Fu comunque quella la prima volta in cui si affacciò l’idea della cartolarizzazione e si discusse quindi delle modalità di una sua applicazione, perché si parlava di crediti di lunga o di difficile esigibilità.
Ipotizzai, quindi, che questo strumento potesse essere utilizzato anche nel nostro caso. Ne parlai con l’avvocato Caiafa e con il dottor Musco, il quale si mostrò molto interessato. Cominciò a rifletterci e si convinse che potesse essere una soluzione praticabile per risolvere il problema di monetizzare questa ingente massa di crediti presenti lì e che non sapevamo quando avremmo potuto riscuotere.
PRESIDENTE. Quale è stata la risposta del mondo bancario, se è stato contattato? Si è passati, cioè, da una fase di pura progettualità ad una fase esecutiva di questo provvedimento?
NORELLI. Vi sono stati contatti specifici avviati con le più importanti istituzioni finanziarie sia a livello internazionale, come la Morgan ed altri, che a livello nazionale, tra i maggiori creditori non soci della SGR.
PRESIDENTE. Mi può dire il nome delle banche italiane?
NORELLI. Non ricordo i nomi. Abbiamo ritenuto però fosse meglio non coinvolgere le banche socie di SGR.
ALOI. Dal contatto avuto con le banche italiane e straniere ha avuto la sensazione di un atteggiamento differenziato tra le une e le altre? In tal caso, secondo lei, quale poteva essere la motivazione? La mia domanda presuppone un discorso retrostante.
NORELLI. Ci sono stati molti contatti, soprattutto da parte del professor Gabrielli, che è stato specificamente incaricato di fare un’esplorazione per verificare le concrete possibilità di realizzare questo progetto; il professor Gabrielli (che, tra l’altro, aveva già avuto contatti in precedenza con il mondo bancario, in quanto era stato incaricato di liquidazioni bancarie lavorando per la Banca d’Italia) ha avuto una molteplicità di colloqui con vari esponenti del mondo bancario, sia italiano che straniero. C’è stato un certo interesse da parte di alcune di queste banche - tra cui la Deutsche Bank - che avevano già esperienza nel settore della cartolarizzazione (eventualmente, il professor Gabrielli potrà riferire su questo punto). In generale, però, è stato manifestato maggiore interesse da parte di banche straniere piuttosto che da parte di banche italiane; anzi l’impressione avuta è che l’ipotesi di cartolarizzazione stranamente non suscita l’entusiasmo di alcune banche in qualche modo esposte con Federconsorzi.
ALOI. Per me, questo è un punto nodale: le banche, che in precedenza si erano esposte verso la Federconsorzi, sono state le stesse o quasi che hanno dimostrato meno, uguale o più interesse per il progetto della cartolarizzazione.
NORELLI. Forse è da valutare questo ulteriore aspetto. La massa di crediti fu stimata - come, appunto, ha sottolineato il Presidente - poco più di niente. Abbiamo recuperato alla disponibilità della liquidazione questa massa di crediti che - ripeto - nominalmente supera i mille miliardi ed allora immagino che chi si è disfatto di crediti che riteneva fossero carta straccia e poi si è accorto che la liquidazione può realizzare almeno 500 miliardi con la cartolarizzazione, potrebbe non essere entusiasta di questa operazione.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda il progetto della cartolarizzazione, mi pare di avere compreso finora - e ne chiedo conferma - che il vantaggio della transazione sull’atto-quadro, quantificato in circa 1000 miliardi, si deve tutto alla restituzione alla Fedit dei crediti verso lo Stato, il cui valore nominale è, appunto, di circa 1000 miliardi. Mi pare che oggi si riproponga una questione analoga a quella che si pose in passato e che, in particolare, fu sollevata dal commissario governativo della Federconsorzi dell’epoca, avvocato Lettera, il quale, nella qualità di rappresentante della società cui era stato conferito il ruolo di esecutrice del concordato, si rifiutò di trasferire i crediti verso il MAF a SGR. Vorrei capire quanto ci si perde attraverso la cartolarizzazione rispetto al debito certo che lo Stato ha nei confronti dei consorzi?
NORELLI. Nei confronti di Federconsorzi?
PRESIDENTE. I debiti dello Stato erano verso i consorzi agrari.
NORELLI. Sì, ma poi furono ceduti a Federconsorzi.
La massa di crediti verso lo Stato nominalmente è pari a circa 1000 miliardi o 1100, a seconda dei calcoli (soprattutto degli interessi), perché questo è un punto ancora non definitivamente acclarato. L’alternativa è attendere comunque il pagamento da parte dello Stato, nella misura che la pubblica amministrazione riterrà, oppure porre in essere una diversa operazione di realizzo. Il vantaggio e il risultato utile della cartolarizzazione dipendono ovviamente anche dalla valutazione dei crediti che fa la società di rating; è chiaro, quindi, che si tratta di attualizzare un credito che sulla carta è di oltre 1000 miliardi, ma che solo in un futuro incerto e comunque - per quel che possiamo prevedere - non ad immediata scadenza, si risolverà. Questo, quindi, è il problema.
PRESIDENTE. Quali garanzie possono essere chieste al mondo bancario sull’esigibilità delle obbligazioni nascenti dalla cartolarizzazione?
NORELLI. Nessuna garanzia, perché la cartolarizzazione avviene per contanti. Nella nostra ipotesi di cartolarizzazione, la banca, il pool di banche o le società finanziarie che parteciperebbero dovrebbero garantire una disponibilità pressoché immediata del corrispettivo della cessione dei crediti.
PRESIDENTE. Se da parte dello Stato c’è la disponibilità a pagare i 1000 miliardi, qual è l’utilità di una cartolarizzazione che abbassa la quota di profitto a favore dei creditori, cioè dei consorzi agrari e della Federconsorzi? Vi sono due possibilità: se il denaro non c’è, allora quel valore zero inizialmente dato porterà ad un nulla di fatto nella cartolarizzazione, perché non credo che il sistema bancario cartolarizzi un credito che sa che non potrà mai essere posizionato sul mercato per mancanza di affidamento del debitore principale, che è lo Stato; se viceversa c’è, non capisco perché si debba rinunciare alla quota che nasce dalla cartolarizzazione.
Non sono un esperto in materia e, pertanto, il mio approccio è piuttosto semplice, ma vorrei una spiegazione altrettanto semplice.
NORELLI. Allo stato, la disponibilità della pubblica amministrazione a pagare il debito non c’è; più volte, come ha ricordato lei stesso, sono stati presentati disegni di legge governativi al Parlamento, ma non si è mai avuta l’approvazione da parte delle Camere. Quindi, la disponibilità di bilancio effettivamente non c’è. Possiamo anche ipotizzare di conseguire un titolo esecutivo nei confronti del Ministero (è in corso una causa per questo), che ci permetta, appunto, di intraprendere un’azione esecutiva nei confronti del Ministero, ma sicuramente questa azione non porterebbe al recupero.
PRESIDENTE Non credo si possa realizzare, perché le Finanze non consentono un’azione esecutiva.
NORELLI. Appunto, ma anche se si potesse fare un’azione esecutiva, sicuramente non avrebbe capienza.
Il problema, pertanto, è capire la prospettiva: da una parte, si può attendere che lo Stato decida di pagare (ma per questo occorre lo stanziamento di bilancio) e, dall’altra, si può verificare se c’è la disponibilità di investitori e di operatori finanziari italiani e stranieri ad acquistare questo credito…
PRESIDENTE. …un credito nullo, inesistente.
NORELLI. Però ci hanno fatto delle offerte. Le stiamo valutando.
Non posso sapere perché fanno queste offerte e manifestano interesse ad acquistare questi crediti, però esiste questa possibilità.
CARUSO Antonino. Ho cominciato a svolgere qualche riflessione su questo nuovo scenario della cartolarizzazione del credito verso lo Stato affacciato per la prima volta, almeno per quanto mi riguarda, dal dottor Musco nell’audizione di martedì.
Nella storia della Federconsorzi c’è un aspetto che questa Commissione ha cercato di chiarire (qualche risultato forse è stato conseguito, ma i punti oscuri sono ancora molti), e cioè quello che riguarda l’aspettativa del ceto creditorio bancario, in particolare quello estero, che lo Stato rispondesse del debito della Federconsorzi, perché in qualche maniera - tralasciamo se in maniera fondata o meno, attendibile o meno - questa era una sorta di braccio secolare dello Stato stesso. Quindi è presumibile pensare ex post che le banche abbiano "affidato" Federconsorzi nella presunzione che lo Stato non avrebbe mai fatto dichiarare l’insolvenza della stessa Federconsorzi e quindi nel tempo avrebbe ripianato questo debito. Tale aspettativa è venuta meno; sappiamo bene come sono andate le vicende.
La mia riflessione è che oggi si rischia di riproporre uno scenario sostanzialmente analogo, anche se cambiano i personaggi.
La cartolarizzazione avviene attraverso la valutazione del credito da parte di un’istituzione preposta - cioè da una società di rating -, il collocamento di questo credito sul mercato finanziario attraverso le banche, o altri intermediari, e l’acquisto di questo debito da parte dei risparmiatori.
Non è che in alcuni soggetti si andrà quindi a creare una nuova aspettativa che prima o poi lo Stato pagherà?
A prescindere da tale interrogativo, credo che il nodo centrale sia nell’operazione di rating. Nelle cartolarizzazioni ordinarie, avvenute finora, le società di rating apprezzano la capacità del debitore di pagare, in altre parole valutano se il credito proviene da persona affidabile e valutano il suo patrimonio. In questo caso la società di rating dovrebbe apprezzare non la possibilità di pagamento del debito, ma la volontà di tale pagamento da parte del debitore. lei deve considerare che questa è una singolarità.
Sicché potrebbe pensarsi che si vogliano precostituire, non da parte della procedura che analizza il problema sotto il suo limitato profilo, le condizioni affinché lo Stato, nei suoi organi decisionali, maturi quella volontà di far fronte al debito, che fino ad oggi non si è manifestata, perché esso si troverà di fronte non ad un soggetto insolvente e a qualche suo creditore ma ad una pletora di creditori diffusi, che potranno situarsi anche nell’ambito del piccolo risparmio.
Vi potrebbe essere anche un secondo aspetto. Chi compera questi crediti potrebbe essere il risparmiatore convinto dal "bravo venditore" di prodotto finanziario, ma potrebbe essere anche colui che si trova in una posizione di conto corrente fiscale, che metabolizza in termini di imposta a proprio debito ciò che ha pagato 50 per un valore di 100. In questo caso, si verrebbe quindi a superare la volontà, oggi negativa, dello Stato a non pagare questo debito, perché esso lo pagherebbe in maniera diversa rispetto ad una legge istitutiva di una posta di bilancio, a cui farebbe seguito il conferimento dell’importo a Federconsorzi, in quanto pagherebbe questo debito attraverso il minor introito di imposte da quanti apposteranno a perdita il credito stesso e quindi lo detrarranno dalle proprie imposte.
Capisco il punto di vista dell’autorità giudiziaria, che in fin dei conti è vincolata ad un tema specifico, ma credo che questo dovrebbe essere un argomento di discussione generale, trovando la sede e la forma di discussione, tra autorità giudiziaria e autorità finanziaria.
Diceva Lavoisier che in natura nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Credo che questa sia una di quelle cose a cui non si riferiva Lavoisier, ma che vi sono pertinenti nel senso che c’è un debito non pagato che improvvisamente verrebbe pagato, ma alla fine del giro qualcuno perderebbe.
NORELLI. Questo non lo sappiamo. Ripeto che il problema dal punto di vista della liquidazione è quello di monetizzare questa massa di crediti, che poi non sono solo verso lo Stato, essendovi anche una miriade di altri piccoli crediti verso vari debitori, e quindi, da questo punto di vista, di difficile esazione. Occorre di volta in volta valutare l’opportunità e la convenienza di promuovere azioni esecutive o comunque azioni per il recupero in tutta Italia, anche se ce ne sono già molte. E’ chiaro che quando si cede in blocco per un’operazione di cartolarizzazione si ottiene una certa somma, che è immediatamente disponibile per il riparto a favore dei creditori.
Le prospettive di accelerazione dei tempi della liquidazione sono solo queste, a meno che nel frattempo da parte del Parlamento vengano dei segnali di risanamento di questa situazione debitoria del Ministero dell’agricoltura, che si trascina dal 1963. Allora, ovviamente se ne prenderebbe atto per cambiare immediatamente rotta; tuttavia, allo stato questa soluzione non sembra praticabile.
L’altra, invece, è un’ipotesi di lavoro. Non è assolutamente una decisione né un vincolo preso con nessuno.
PRESIDENTE. Chiedo al dottor Norelli di riferirci come si è giunti alla contestazione della validità dell’atto-quadro, e in quali esatti termini giuridici essa si è esplicitata.
In particolare. A chi si deve effettivamente l’iniziativa? Sulla base di quali valutazioni si è ritenuto di addivenire alla successiva transazione con SGR? Quali sono stati vantaggi della transazione?
Forse questi vantaggi sono stati esplicitati adesso, ma l’iniziativa da chi è partita? Questo atto-quadro è come la "pelle di pollo": lo si vuole nullo, annullabile; lo si ritiene valido se raggiunge determinati effetti.
Vuole informarci su questi aspetti, al di là della natura squisitamente giuridica dell’atto.
NORELLI. Il problema dell’atto-quadro sorse all’epoca per iniziativa di un gruppo di lavoratori di una società, credo la SIAPA, controllata da Federconsorzi, i quali proposero dinanzi al tribunale di Roma azione di nullità di questo atto-quadro, dal quale ritenevano di essere danneggiati. Quindi si instaurò questo giudizio nel 1993-1994, cioè non molto tempo dopo la stipula di tale atto.
Per la prima volta si parlò di nullità dell’atto-quadro in quella sede per iniziativa di questi lavoratori o dei sindacati.
Credo che allora ci si pose, nell’ambito degli organi di controllo, il problema di verificare se effettivamente questa azione potesse avere o no un fondamento. Sorse cioè il dubbio, all’epoca, della validità dell’atto-quadro tanto che vi fu, anche a livello ministeriale, l’insorgere di questa problematica, sempre su sollecitazione dei sindacati o delle parti interessate. Il Ministero dell’agricoltura quindi avviò un’inchiesta amministrativa. Da un lato, vi era l’iniziativa dei lavoratori dinanzi al tribunale di Roma per il giudizio pendente per l’accertamento della nullità dell’atto-quadro; dall’altra, evidentemente su sollecitazione di interessati, vi era una inchiesta amministrativa del Ministero. Nel corso di questa inchiesta fu richiesto ed acquisito il parere di un giurista, del professor Scotti Camuzzi, al quale fu appunto chiesto di dare il suo parere sulla validità o no dell’atto-quadro. Costui presentò una relazione nella quale sosteneva che vi erano diversi motivi di nullità dell’atto stesso. Questa relazione fu portata a conoscenza dell’allora giudice delegato e del commissario giudiziale, i quali ritennero necessario verificarne la veridicità. Fu quindi all’epoca nominato il professor Piero Schlesinger dell’Università Cattolica di Milano perché desse a sua volta un parere sulla validità o no dell’atto-quadro. Da un lato, vi era l’inchiesta amministrativa del Ministero con il parere del professor Scotti Camuzzi che concludeva in senso negativo, cioè dell’invalidità dell’atto-quadro; dall’altra parte, era pendente il giudizio di nullità promosso dai lavoratori della SIAPA.
Il professor Schlesinger presentò quindi una relazione nella quale concluse nel senso di una nullità parziale dell’atto-quadro, dicendo che l’atto-quadro è valido in quanto tale; non è valido soltanto per quella parte in cui prevede la cessione di beni non compresi nell’inventario redatto dal commissario giudiziale alla società SGR. In effetti, la nullità parziale era davvero tale perché i beni non compresi in quello che veniva definito inventario erano veramente pochi. Concludeva pertanto per la validità dell’atto nella sua struttura portante. Vi era una nullità parziale perché, oltre a quei beni inventariati, ne venivano ceduti altri, non compresi nell’inventario. Utilizzo il termine "veniva definito" perché non si trattava propriamente di un inventario. In effetti, subito dopo l’apertura della procedura, l’enorme quantità di beni, facenti parte dell’attivo di Federconsorzi, rese praticamente impossibile la redazione di un inventario in senso stretto, almeno nel senso previsto dalla legge fallimentare. Si fece quindi ricorso ad una serie di operazioni di individuazione dei vari cespiti che non costituivano propriamente un inventario a stretto rigore di legge. Erano oltretutto beni sparsi in tutta Italia e nelle aziende.
Il giudizio, comunque, andava avanti. Nel frattempo vi erano state delle contestazioni da parte del commissario governativo, avvocato Lettera, che, riprendendo in parte il parere di Scotti Camuzzi, aveva sollevato delle obiezioni soprattutto quando si trattava di fare determinati atti di trasferimento. Furono effettuati molti atti di trasferimento, sottoscritti dall’avvocato Lettera, che come Commissario governativo esercitava le funzioni di liquidatore; ad un certo punto furono poste da parte sua molte obiezioni. Queste obiezioni si fondavano prevalentemente sulla indagine ministeriale, quindi sul parere di Scotti Camuzzi.
Quando sono subentrato al collega Piccininni la situazione dell’esecuzione del concordato era bloccata perché per la maggior parte i beni erano già stati ceduti (quelli più cospicui, gli immobili ed altri nonché molti crediti); ne rimanevano alcuni altri da trasferire; tra cui il credito verso il MAF. Insomma, erano stati trasferiti quasi tutti gli immobili ed alcuni crediti; infatti vi sono atti di cessione già predisposti all’epoca e sottoscritti dall’avvocato Lettera.
La situazione era di impasse perché, da un lato, SGR reclamava il completamento delle operazioni di cessione, quindi di trasferimento; dall’altra, vi era la resistenza dell’avvocato Lettera e comunque all’epoca - mi riferisco al 1996 e ricordo che l’atto risale al 1992 - non vi era stato ancora il completamento dei pagamenti da parte di SGR. Nel rivedere la situazione, le problematiche aperte ed i pareri di Scotti Camuzzi e di Schlesinger, mi resi conto che potevano esserci ulteriori profili di invalidità dell’atto-quadro.
Vi erano in effetti problemi dal punto di vista della determinabilità dell’oggetto di questo atto. Bisognava quindi verificare il tutto; quindi pensai di affidare l’incarico al professor Gabrielli e al professor De Nova per un nuovo esame delle problematiche inerenti. In ogni caso, vi era il giudizio pendente e bisognava pur decidere cosa fare.
PRESIDENTE. Chi aveva iniziato il giudizio, nell’ambito del quale si è operata la transazione?
NORELLI. E’ stato iniziato dall’avvocato Caiafa, a seguito del parere Gabrielli-De Nova che concludeva nel senso della nullità dell’atto sotto vari profili e per varie ragioni.
Questo giudizio ha avuto una breve durata perché nell’arco di sei mesi si è concluso con la nota transazione del luglio 1998. Questa transazione indubbiamente comportava dei vantaggi notevoli per la liquidazione perché, proprio attraverso la transazione, si recuperavano questi cespiti che altrimenti avrebbero dovuto essere trasferiti a SGR, in esecuzione dell’atto-quadro.
PRESIDENTE. Riassumendo, siamo nel 1998 quando tutto lasciava prevedere che i crediti che si vantavano nei confronti dello Stato avessero un valore approssimativo allo zero. Fino a quel momento, addirittura, si era estrinsecata da parte del Parlamento e del Governo la non volontà di riconoscere questi crediti.
Quindi, nel 1998, eravamo fermi a quel punto. Si faceva una transazione per "zero", in base alle previsioni del momento. Infatti, rientrare in possesso di crediti sui quali fino ad allora era stata manifestata la volontà di non pagare, aveva un valore non di "zero", ma di "sotto zero".
Quale sarebbe stato il vantaggio? Se il progetto di cartolarizzazione fosse fallito (ed allora c’erano tutte le premesse perché fallisse, dal momento che non c’era stato da parte dello Stato nessun riconoscimento del debito o meglio nessuna volontà di voler soddisfare i crediti dei consorzi agrari), la transazione avrebbe dato un risultato pari a zero.
NORELLI. All’epoca, innanzi tutto, non si parlava di cartolarizzazione, perché non era ancora stata ipotizzata.
PRESIDENTE. Allora, è ancora peggio, perché a quel punto i crediti erano zero e si faceva una transazione per zero.
NORELLI. Nominalmente c’erano più di 1000 miliardi di crediti.
PRESIDENTE. Ma era comunemente riconosciuto che erano 1000 miliardi di carta quasi straccia, visto che da trent’anni nessuno li riconosceva.
NORELLI. Comunque si trattava di un debito dello Stato, che prima o poi ritenevamo - e riteniamo - dovesse essere pagato. Abbiamo fatto la seguente valutazione: meglio avere crediti verso lo Stato, che prima o poi saranno pagati, piuttosto che non averli. Si tratta, comunque, di 1000 miliardi che si spera possano essere pagati.
PRESIDENTE. In termini economici, per la liquidazione, cosa sarebbe accaduto con una pronuncia, passata in giudicato ovviamente, di nullità dell’atto-quadro? Sarebbe stata più vantaggiosa, perché SGR avrebbe dovuto retrocedere tutti i beni, compresi quelli ceduti, al valore ad essi corrispondente.
NORELLI. Bisognava restituire ad SGR i soldi pagati.
PRESIDENTE. Ripeto, però, che se la quantificazione dei beni era superiore a quella offerta da SGR, la liquidazione ne avrebbe anche potuto guadagnare. All’epoca, ci fu quasi un mezzo scandalo, perché i 2.150 miliardi offerti da SGR e poi fissati con l’atto-quadro vennero considerati quasi un prezzo vile o meglio sottovalutato rispetto all’entità dei beni.
Voglio capire: in quel periodo, lo Stato aveva sistematicamente manifestato la volontà di non riconoscere questi debiti, magari perché i rendiconti non erano esatti, perché la Corte dei conti non aveva vistato il rendiconto e quant’altro (c’erano le questioni degli interessi, delle spese e degli ammassi) e, quindi, si considerava la probabilità che questi crediti non sarebbero mai stati esatti, così come non lo erano mai stati nei primi trent’anni, dal 1954.
NORELLI. Non possiamo partire dall’idea che lo Stato come debitore non paghi.
PRESIDENTE. Vi era la volontà di ritenere l’atto-quadro nullo. In così breve tempo, però, c’è stata una "rivisitazione" di questa opinione e si è arrivati alla transazione. Vorrei capire qual è stato il percorso logico: è stata autorizzata un’azione di nullità o di annullabilità e dopo sei o sette mesi, insomma nel giro di poco tempo, si è arrivati ad una transazione; se fosse stata richiesta la sola retrocessione dei crediti, penso che SGR, che li aveva valutati quasi zero, non avrebbe opposto resistenza, evitando un’azione di nullità dell’atto-quadro.
NORELLI. SGR non era disponibile a fare questo; lo ha fatto soltanto a seguito dell’azione di nullità e comunque c’era da valutare il rischio della causa; infatti, ci imbarcavamo in un’azione di nullità di un atto-quadro di quella portata, che sarebbe potuta durare - tra primo grado, appello e cassazione - non meno di dieci anni, soltanto per stabilire se quanto fatto fino ad allora fosse valido oppure no e comunque con tutti i problemi conseguenti all’attuazione della dichiarazione di nullità (nell’ipotesi che vi si fosse arrivati) e, quindi, con tutta una serie di retrocessioni; dopo il recupero dei beni, pertanto, si sarebbe potuta avviare l’attività di liquidazione.
PRESIDENTE. Dottor Norelli, mi deve consentire di rivolgerle una domanda "a bruciapelo": l’azione di nullità è stata promossa per arrivare alla transazione oppure perché si voleva la nullità dell’atto?
NORELLI. Per arrivare alla transazione.
PRESIDENTE. A quel tipo di transazione?
NORELLI. Arrivare ad una transazione.
Mi resi conto che l’atto-quadro era uno strumento assolutamente inadeguato rispetto all’operazione che si voleva compiere: la mia valutazione è stata esattamente questa.
L’idea di operare una cessione dei beni in blocco era, a mio avviso, valida perché liquidare pezzo a pezzo un patrimonio di quella entità, vastità e complessità sarebbe stato estremamente difficoltoso e avrebbe comportato una miriade di problemi ed anche enormi spese, oltre a tutto il resto. Ripeto, quindi, che a mio parere l’idea di fondo dell’atto, che poi aveva ispirato l’operazione, era ed è valida, ma lo strumento era inadeguato: lo strumento dell’atto-quadro era inadeguato perché lasciava ad SGR praticamente mano libera, cioè lasciava alla parte cessionaria la possibilità di decidere come e quando operare i singoli trasferimenti e a favore di chi.
L’idea era valida e bisognava operare uno scambio immediato, cioè cedere immediatamente tutto il patrimonio, liberandosi dei problemi di gestione (che erano enormi, perché si trattava di aziende in funzionamento con migliaia di rapporti di lavoro), ed ottenere in tempi ravvicinati una somma, anche inferiore rispetto a quella che poteva apparire congrua in base ad una valutazione astratta, ma comunque disponibile subito per una ripartizione in favore dei creditori.
La valutazione iniziale, quindi, a mio avviso era giusta. Certo, si può discutere sulla cifra di 2.100, 2.500 o quello che fosse: all’epoca, però, sul mercato c’era un’offerta di 2.150 miliardi e probabilmente non si sarebbe potuto ottenere di più. Quindi, 2.150 miliardi potevano tranquillamente essere ritenuti un prezzo congruo per una cessione in blocco immediata, con un pagamento - ripeto - immediato o comunque in tempi estremamente ravvicinati, che liberava la liquidazione di tutte le incombenze e le problematiche ad essa inerenti, in modo di arrivare in tempi rapidissimi al riparto del ricavo. Ci saremmo così liberati di un’altra serie di problemi e non staremmo qui a parlare dell’esecuzione del concordato. Tuttavia ribadisco che, a mio avviso, lo strumento fu inadeguato, perché l’atto-quadro non era un negozio che prevedeva vincoli stringenti per SGR: era un programma nell’ambito del quale SGR avrebbe dovuto versare 2.150 miliardi, ma senza specificare come e quando e con la facoltà di prendere tutti i cespiti nel momento in cui le faceva più comodo.
Probabilmente, questo è stato il punto debole dell’operazione: la sua attuazione, lo strumento di esecuzione, tant’è vero che poi ci si è "incartati", i denari non sono arrivati tutti e, all’epoca, sono sorte controverse e contestazioni. In quel momento, però, bisognava trovare il modo per sbloccare la situazione.
Lo strumento dell’atto-quadro - ripeto - a me pareva del tutto inadeguato. C’erano questi profili di nullità che, però, erano valutazioni mie, del professor Gabrielli e del professor De Nova, ma dovevano ovviamente passare al vaglio del tribunale, poi eventualmente a quello della Corte d’appello, poi eventualmente a quello della Cassazione, perché era prevedibilissimo che SGR avrebbe opposto una strenua resistenza all’invalidazione dell’atto-quadro.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, forse da ex magistrato dovrei vergognarmi per quel che ho detto. Probabilmente abbiamo usato un linguaggio non troppo tecnico.
Se ricordo bene, il parere dei professori Gabrielli e De Nova fu a favore della nullità dell’atto. Perché si agì invece per la rescissione?
NORELLI. Non si agì per la rescissione, bensì per la nullità.
PRESIDENTE. Si agì con azione di rescissione, perché l’azione di nullità - secondo i miei ricordi - ai sensi dell’articolo 1972 del codice civile non avrebbe potuto mai consentire un atto di transazione.
NORELLI. Infatti, quella non fu una transazione sull’azione di nullità.
PRESIDENTE. Insisto, anche se forse ho usato un linguaggio non troppo tecnico.
NORELLI. Il linguaggio da lei utilizzato è appropriato. Comunque ricordo di aver autorizzato l’azione di nullità, eventualmente in via subordinata di annullamento. Comunque l’azione principale era di nullità per indeterminabilità dell’oggetto.
PRESIDENTE. Anche da quanto mi dicono i consulenti, credo di poter insistere che si trattava di un’azione di rescissione.
NORELLI. Si può controllare. Forse in via subordinata fu avanzata anche l’ipotesi della risoluzione, non credo proprio della rescissione.
PRESIDENTE. Forse si trattava di inadempienza, perché c’era una divaricazione tra il prezzo offerto e quello ipotizzabile.
NORELLI. Bisognerebbe leggere gli atti dell’epoca, quando fu approfondita la questione. Adesso non posso essere più preciso, comunque tutto si è esternato ovviamente in provvedimenti in cui tutte queste valutazioni sono state esaminate ed espresse in maniera molto diffusa.
PRESIDENTE. Vorremmo sapere anche dai presidenti Briasco e Grimaldi, appellandoci alla loro esperienza nel settore, se il tribunale fallimentare di Roma ha autorizzato operazioni analoghe o simili e quindi se l’atto-quadro è stato copiato o è rimasto un unicum giuridico.
BRIASCO. Con il collega Grimaldi, ho la responsabilità della sezione dal marzo 1997 e quindi posso considerarmi un novellino nel campo del diritto fallimentare. Avevo fatto di tutto sia in campo penale sia in campo civile, mentre mi mancava l’esperienza del diritto fallimentare. Da quando presiedo la sezione non mi risulta sia stata mai ripetuta un’esperienza del genere.
GRIMALDI. Sono presidente della sezione dalla fine del 1994 e anch’io non ricordo un’esperienza del genere.
PRESIDENTE. Ai presidenti Briasco e Grimaldi vorrei chiedere se, durante la presidenza del dottor Greco, esisteva un chiaro orientamento del tribunale fallimentare sulla necessità o meno, per una società che avesse chiesto il concordato preventivo e il cui capitale si fosse nel frattempo dissolto, di convocare un’assemblea per dichiarare la messa in liquidazione della società stessa. Qual è l’attuale orientamento del tribunale?
GRIMALDI. Non mi sono capitati casi del genere.
BRIASCO. Non saprei pronunziarmi per ciò che riguarda l’orientamento del presidente Greco, perché sostanzialmente sono a lui succeduto. Siamo stati insieme in quella sezione - io ero terzo presidente - per 2 o 3 mesi, poi il dottor Greco è andato via.
L’orientamento del tribunale in materia è di esigere che il ricorso al concordato preventivo, così come del resto la legge impone, sia preceduto da una delibera dell’assemblea societaria. Il presupposto del ricorso al concordato preventivo è abitualmente, anche se da qualche parte se ne nega il carattere confessorio in senso tecnico e giuridico, la confessione di insolvenza.
NORELLI. Secondo me non c’è quest’orientamento. Da quel che mi risulta, l’orientamento è quello di non esigere la messa in liquidazione formale, anche perché sinceramente ritengo non abbia nulla a che fare con il concordato.
PRESIDENTE. Veniamo ad un argomento diverso, cioè al pagamento degli emolumenti ai commissari governativi.
A che titolo essi vennero posti a carico dell’attivo concordatario? Quanto è stato dato a ciascuno dei commissari? Si è proceduto o si sta procedendo al loro recupero?
NORELLI. Questo problema naturalmente sorse perché ci fu l’affidamento delle funzioni liquidatorie alla stessa società debitrice Federconsorzi, la quale all’epoca era amministrata da un commissario governativo straordinario, poi c’erano anche i subcommissari.
La sentenza di omologazione del concordato prevedeva l’ipotesi dell’affidamento proprio per consentire un risparmio di spesa. Si ipotizzò di non nominare un liquidatore terzo e di lasciare alla stessa Federconsorzi il compito di liquidare i beni in modo da risparmiare la spesa del liquidatore. In realtà, all’epoca si pensava che quest’operazione di cessione in blocco si sarebbe attuata in brevissimo tempo e che i compiti del liquidatore potevano essere limitati alla sola sottoscrizione degli atti di cessione, perché si trattava di una cessione in blocco e quindi, stabilito che tutta questa massa di beni sarebbe andata ad un unico soggetto in cambio di una certa somma, non si trattava di fare altro che formalizzare i passaggi di proprietà e quindi le cessioni dei vari cespiti a favore del cessionario.
Quindi, si ipotizzò che per quest’attività di mera esecuzione non fosse necessario un liquidatore giudiziale terzo e che questa potesse essere invece compiuta dallo stesso legale rappresentante della Federconsorzi, ossia dal suo commissario governativo. Senonché, poi le vicende andarono diversamente perché - come dicevo prima - quella che poteva essere un’idea valida non ebbe concreta attuazione perché poi le dismissioni occuparono molto più tempo di quello che si poteva ipotizzare, perché lo strumento atto-quadro non era stringente e quindi in un certo senso le cose si "sbracarono".
Allora sorse il problema di gestire questa massa di rapporti di lavoro, di beni, di aziende e altro, poiché la liquidazione era stata affidata agli organi della società debitrice e quindi all’organo amministrativo in carica, al commissario governativo e a tutta la struttura della Federconsorzi, che era rimasta quasi inalterata.
Ad un certo punto, non so esattamente per iniziativa di chi e come si pose la questione, ci fu un provvedimento del collegio con il quale, in considerazione dei compiti di gestione che finivano per gravare sulla società concordataria, i compensi stabiliti dal Ministero dell’agricoltura a favore del commissario governativo - quindi del rappresentante della Federconsorzi - e dei subcommissari, che erano stati appunto nominati dallo stesso Ministero, fossero posti a carico della "massa", in considerazione del fatto che queste attività di gestione all’epoca si pensava che fossero nell’interesse e a vantaggio dei creditori.
In base a questo provvedimento sono stati pagati fino al 1995 i compensi stabiliti dal Ministero. Per un certo periodo, antecedente a questo decreto, mi risulta che furono pagati, con prelievo dalle casse di Federconsorzi, quindi dalle somme che dovevano essere vincolate alla liquidazione, i compensi per i commissari governativi all’epoca in carica, senza nessun provvedimento di autorizzazione da parte del tribunale o del giudice delegato.
Tutto questo è avvenuto prima del decreto che poi ha riconosciuto effettivamente le somme a favore di questi organi. Nel 1995 vi è stato un provvedimento con il quale, a seguito delle divergenze insorte in ordine all’esecuzione del concordato - all’epoca era Lettera il commissario governativo - si dispose la nomina del nuovo liquidatore, nella persona del professore Cataudella e la vicenda finì. Ovviamente non avevo notizie di queste vicende antecedenti alla mia nomina.
Recentemente il problema si è riproposto perché uno dei commissari dell’epoca, il professore D’Ercole, ha avanzato una richiesta di liquidazione di ulteriore compenso, oltre a quello che aveva percepito all’epoca in virtù del provvedimento come commissario governativo, sostenendo che l’attività da lui svolta dovesse essere equiparata in tutto e per tutto a quella del liquidatore giudiziale e di avere quindi diritto al compenso spettante al liquidatore giudiziale del concordato. Per questo, tra l’altro, vi è in corso un giudizio. Il professor D’Ercole ha instaurato un giudizio per ottenere il riconoscimento di questa sua pretesa.
PRESIDENTE. Vorrei risparmiare ai presenti tutta la diatriba intercorsa tra il tribunale fallimentare ed il dimissionario avvocato Caiafa: ricordo solamente che la Commissione è entrata in possesso del provvedimento di destituzione, rimasto quasi abortito, per le dimissioni rassegnate dall’avvocato Caiafa, ed acquisisce ora la memoria difensiva dell’avvocato Caiafa rispetto alle contestazioni del tribunale fallimentare.
Mi sembra di cogliere (attraverso una serie di contestazioni, alcune delle quali sono state da me annotate, estrapolate da quel provvedimento che definisco impropriamente "anomalo") che l’avvocato Caiafa non fosse adeguato alle sue funzioni o in sintonia con la strategia liquidatoria, ritenuta opportuna sia dal giudice delegato sia dal commissario giudiziale.
Se la complessiva impostazione dell’avvocato Caiafa nella conduzione della liquidazione era così lontana dalle aspettative sia del giudice delegato sia del commissario giudiziale vorrei chiedere perché non si è provveduto prima.
NORELLI. Lo si è fatto nel momento in cui le divergenze si sono manifestate in pieno ed acuite.
CARUSO Antonino. Il provvedimento contiene motivazioni molto concrete e circoscritte. Segue uno scadimento dei toni da parte dell’avvocato Caiafa nel momento in cui risponde a queste contestazioni che, in sé, mi sembrano fatti precisi e circoscritti.
Prima di arrivare a questo momento di conflitto palese, Le chiedo se vi sono state sollecitazioni nei confronti dell’avvocato Caiafa quantomeno con riferimento a due di esse, cioè al sottoutilizzo della struttura e alla mancata esecuzione completa dell’ultimo piano di riparto con 76 miliardi tuttora disponibili.
NORELLI. Si dà atto di ciò nella bozza di provvedimento che sarebbe stato emesso se non ci fossero state le dimissioni: vi sono state, in più occasioni, sollecitazioni sia formali sia informali. CARUSO Antonino. L’avvocato Caiafa replicava?
NORELLI. Non replicava. Riteneva di accogliere le sollecitazioni in un determinato modo, che non si è poi rilevato per noi soddisfacente.
PRESIDENTE. Ritiene possibile che l’avvocato Caiafa approfittasse dei rapporti di natura personale che aveva con lei o con altri del tribunale per eludere queste sollecitazioni ?
Poiché mi è parso di leggere alcune difese dell’avvocato Caiafa, che rilevano lo scadimento di toni di cui parlava il senatore Caruso, le chiedo se potessero esserci rapporti personali in virtù dei quali egli potesse eludere o minimizzare una sollecitazione proveniente dal giudice piuttosto che dall’amico del tribunale.
NORELLI. Almeno da parte mia non vi è mai stata nessuna commistione di piani: di fronte ad una istanza, quando era necessario dare una sollecitazione la davo, così come avrei fatto nei confronti di qualunque altro liquidatore.
PRESIDENTE. Il suo disinteresse poteva essere causato dai rapporti esistenti tra voi?
NORELLI. Non saprei dire. Vi erano comunque sollecitazioni anche verbali. Poiché i problemi erano tanti non si poteva pensare a tutto quello che era ancora da definire. Di volta in volta arrivavano degli atti e si sollecitavano gli adempimenti, se necessario, dando anche una certa indicazione. Non saprei dire però il motivo per cui l’avvocato Caiafa abbia pensato di starsene comodo.
CARUSO Antonino. A questo punto sono chiare le motivazioni delle dimissioni dell’avvocato Caiafa. Sappiamo il motivo per cui il tribunale ha utilizzato come soluzione la sostituzione della figura del liquidatore; mi riferisco all’avvocato Lettera. Il punto oscuro è perché si sia dimesso il professore Cataudella.
NORELLI. Non saprei dare motivazioni profonde per le dimissioni del professor Cataudella. Probabilmente si rese conto che, ad un certo punto, la liquidazione era effettivamente troppo assorbente ed estremamente impegnativa, anche perché all’epoca, quando io assunsi l’incarico, cercai di dare ulteriore impulso e cominciai a fare tutta una serie di richieste e a dare indicazioni e sollecitazioni al liquidatore; evidentemente, preso anche da altri impegni di carattere accademico e professionale, egli ritenne che per lui fosse troppo impegnativo ed oneroso.
CARUSO Antonino. Quindi, lei può escludere che le dimissioni furono generate da una non condivisione, da una parte, e da una consapevolezza di essere perdente, dall’altra, in riferimento al programma che avrebbe condotto poi all’inefficacia (definiamola così) dell’atto-quadro?
NORELLI. Lo escludo.
PRESIDENTE. Dottor Norelli, la Commissione Poli Bortone accertò che numerosi dipendenti della Federconsorzi in realtà operavano al servizio di altre società del gruppo e qualcuno non operava affatto; inoltre, la gestione Pellizzoni si ritenne legittimata a fare ricorso a consulenze miliardarie esterne per l’inadeguatezza delle strutture interne. Rispetto a questi dati sembrano sorprendenti 228 cause di lavoro per un valore di circa 13 miliardi: a che cosa si devono queste cause di lavoro?
NORELLI. Si devono a rivendicazioni da parte di dipendenti, la maggior parte delle quali riguardano cassa integrazione (per un certo periodo che, secondo i lavoratori, non fu corrisposto), trattamenti di fine rapporto diversamente quantificati, cause relative a qualifiche superiori pretese da lavoratori ed indennità di mancato preavviso. Infatti, come ho già riferito, si fece una legge per sistemare i dipendenti che, a seguito delle operazioni di liquidazione, sarebbero stati messi in mobilità e poi licenziati; molti dipendenti, pertanto, passarono direttamente dalle dipendenze di Federconsorzi nel ruolo unico transitorio, ma poi pretesero di ottenere l’indennità di mancato preavviso, ritenendo che nel passaggio da Federconsorzi al ruolo transitorio vi fosse stata comunque una cessazione del rapporto.
Questi, dunque, sono i quattro filoni di cause.
PRESIDENTE. Mi sembra che lo specialista lavorista, avvocato Caiafa, anche su tale questione abbia subìto contestazioni da parte del vostro tribunale. Addirittura tra le contestazioni vi è anche quella di errori tecnico-giuridici. Nella fattispecie, data la specializzazione, un errore tecnico-giuridico in una valutazione strategica e globale delle cause di lavoro mi sembra macroscopico.
NORELLI. Nella bozza del provvedimento, senz’altro si citano errori tecnico-giuridici riguardanti alcune questioni di dettaglio.
Per quanto concerne la gestione del contenzioso, è stata fatta dal commissario giudiziale e poi anche da me una precisa contestazione, nel senso che c’è parso che la gestione di tale contenzioso fosse eccessivamente burocratizzata: arrivava un ricorso e non si faceva altro che costituirsi per resistere (naturalmente, dando incarico ad un legale per la difesa). Era diventata una linea quasi automatica, piuttosto che cercare di fare una transazione o comunque di arrivare ad una definizione conciliativa delle vertenze. Da questo punto di vista, per noi, il contenzioso era gestito in maniera troppo rigida. In effetti, non si giustificava tutto questo, perché è vero che le cause sono 200 o 300 (e nel tempo sono state anche di più) ma, nell’insieme, questo contenzioso lavoro poteva avere un valore di qualche decina di miliardi - non posso dire precisamente quanto - ma a fronte comunque di una massa di attivo e di passivo di migliaia di miliardi; poi, c’era da mettere in conto la gestione di questo contenzioso e le spese non solo esterne ma anche interne.
PRESIDENTE. Possiamo chiamarla mancanza di strategia finalizzata ad accelerare le procedure?
NORELLI. Sì, è così.
PRESIDENTE. Dottor Norelli, capisco di abusare della sua presenza, ma vorrei rivolgerle alcune domande precise alle quali, se non sarà in grado di rispondere ora, ci potrà fornire risposta in tempi solleciti: a quanto ammonta la somma effettivamente pagata da SGR?
NORELLI. Mi riservo di farle avere questo dato, che comunque dovrebbe risultare da uno di quei provvedimenti con i quali fu autorizzata l’azione di nullità.
PRESIDENTE. Essa consentiva il soddisfacimento integrale dei creditori privilegiati ed il pagamento del 40 per cento ai creditori chirografari?
NORELLI. No. In base ai dati di allora si sapeva che non si sarebbe potuto pagare il 40 per cento già dall’inizio, da quando cioè fu stipulato l’atto e quindi immediatamente, nella prima fase di esecuzione del concordato. PRESIDENTE. Quanto andrà percentualmente e presumibilmente, a seguito della chiusura delle operazioni di riparto, ai creditori chirografari? NORELLI. Allo stato, siamo al 40 per cento dei crediti accertati, salvo ulteriori accertamenti di crediti che sono sempre possibili. Questo è uno degli effetti positivi della transazione sull’atto-quadro e, quindi, mi permetto di sottolineare che la transazione non è stata soltanto un recupero di carta straccia. PRESIDENTE. Scusi, ma io intendevo riferirmi alla parte che riguardava quei crediti e non a quella oggetto della transazione.
NORELLI. Quello che potevamo recuperare, poi l’abbiamo recuperato. Comunque, anche attraverso i recuperi consentiti dalla transazione e i realizzi conseguenti, siamo arrivati attualmente al 40 per cento a favore dei crediti chirografari accertati.
Adesso si pone un problema nuovo, costituito dal credito vantato dall’AIMA, che potrebbe comportare uno scombussolamento delle cifre. L’AIMA, infatti, vanta una pretesa di 330 miliardi per la restituzione di contributi e di provvidenze comunitarie a favore delle campagne di trasformazione dei semi di soia.
PRESIDENTE. Credo che la mancata attivazione nella ricerca della documentazione richiesta dall’AIMA rappresenti una delle più gravi contestazioni.
NORELLI. Capisco la posizione dell’AIMA, che agisce come agente della comunità e che, quindi, deve rispondere in sede comunitaria del modo in cui eroga i contributi. All’epoca, comunque, vi fu un’istruttoria di queste pratiche un po’ approssimativa, fatto sta che AIMA ha erogato il contributo perché doveva erogarlo: secondo me, infatti, non ci fu nessuna irregolarità da questo punto di vista, perché il contributo veniva erogato sulla base delle dichiarazioni, secondo la legge vigente. Erano, quindi, anticipazioni e poi si sarebbero dovuto presentare i giustificativi a consuntivo.
PRESIDENTE. I giustificativi non sono mai stati ricercati.
NORELLI. Il liquidatore non si è attivato a sufficienza, soprattutto nel trovare documenti equipollenti.
PRESIDENTE. Uno dei nostri consulenti ci ha comunicato che esiste un immenso archivio riguardante la soia.
NORELLI. Questa è una notizia nuova che ci fa piacere. L’AIMA, in mancanza di questi documenti, ha avviato una procedura ingiuntiva.
PRESIDENTE. Noi abbiamo avuto la pazienza di andarli a ricercare, anche se forse tardivamente.
L’avvocato Caiafa nella pianificazione burocratica della liquidazione - queste parole le pronunzio io e non lei - non si è neanche attivato per ricercarli. Questa contestazione non è da poco. Da privato, e non da parlamentare, posso lamentarmi che non si sia fatto prima.
Dottor Norelli, i dati contenuti nel sistema informatico della liquidazione consentono di enucleare la destinazione di tutti i beni immobili e di tutte le partecipazioni e del prezzo di vendita?
In caso positivo, potrebbe lei attivarsi perché ci vengano trasferiti questi dati di conoscenza su supporto informatico?
NORELLI. Penso di sì, però gli atti di trasferimento di immobili e di partecipazioni sono per la maggior parte relativi agli anni 1993 e 1994, prima ancora dell’informatizzazione. Debbo dire che un merito dell’avvocato Caiafa è stato quello di curare l’informatizzazione di tutti questi atti...
PRESIDENTE. ... con il demerito di non essersene servito. Naturalmente, questo lo dico io.
CARUSO Antonino. Prima domanda. Il tribunale fallimentare nel corso del tempo s’è mai posto il problema di dar luogo alla risoluzione del concordato?
La seconda domanda non può pretendere una risposta pertinente per conoscenza diretta da parte sua, ma anche da parte dei presidenti Briasco e Grimaldi, perché riguarda fatti anteriori.
Sono convinto come lei che il prezzo di 2.150 miliardi, indicato nell’atto-quadro, e da pagarsi da parte della SGR, non deve appassionare nel senso che il problema è semmai costituito dalle modalità con cui era stata pattuita questa cessione in blocco.
Mi appassiona di più un altro argomento collegato, che costituisce l’oggetto della domanda. Pur considerando che un acquirente da 2.150 miliardi non è reperibile attraverso gli strumenti ordinari di pubblicità della procedura fallimentare - me ne rendo perfettamente conto - tuttavia in quella fase fu garantita un’asta e la possibilità di partecipazione di altri concorrenti, oltre alla SGR, per un’operazione di acquisto in blocco dei beni, ad un prezzo inferiore rispetto alle varie valutazioni di mercato?
Terza domanda. lei ha notizia di un giudizio promosso dal tribunale nei confronti di certi periti nominati dal tribunale stesso per l’inventario del patrimonio zootecnico di Federconsorzi? Quale esito ebbe questo eventuale giudizio?
NORELLI. Per quanto riguarda l’ipotesi di risoluzione per insufficiente realizzo, concretamente non è mai stata prospettata per il semplice motivo che, trattandosi di concordato con cessione dei beni, la risoluzione è esclusa nell’ipotesi in cui, attraverso la liquidazione, la ripartizione raggiunga una percentuale inferiore al 40 per cento, perlomeno al termine delle operazioni di liquidazione. In sostanza, un’ipotesi di risoluzione per inadempimento da questo punto di vista non è praticabile.
In ogni caso, attualmente siamo arrivati al 40 per cento, salvo emergenze ulteriori che speriamo comunque di fronteggiare.
Per quanto riguarda la vicenda AIMA, devo aggiungere che l’attuale liquidatore Gabrielli insieme al commissario giudiziale Musco, si è immediatamente attivato per prendere contatti con il commissario liquidatore di AIMA per trovare il modo di sistemare la questione, ovviamente in maniera soddisfacente, o attraverso i documenti in originale o attraverso documenti equipollenti che possano consentire la regolarizzazione di queste posizioni.
Dicevo che, da questo punto di vista, abbiamo raggiunto il 40 per cento, che costituisce la soglia minima di ammissibilità del concordato. Pertanto non credo si possa porre un problema di risoluzione.
Per quanto riguarda invece il modo in cui avvenne l’individuazione di SGR, per quanto ne so non ci fu alcun tentativo di gara. Debbo pensare che non fu presa in considerazione tale ipotesi.
Per l’operazione di inventario e stima del patrimonio zootecnico, esiste un processo penale pendente a carico dei periti nominati all’epoca. Si trattava di una di quelle operazioni di inventariazione un po’ anomale che - dicevo prima - furono compiute all’epoca. Infatti, alcuni periti furono incaricati di individuare e valutare i vari cespiti sparsi un po’ in tutta Italia; anche per quanto riguarda i bovini furono nominati degli esperti, che pare abbiano agito male e dunque per queste vicende è in corso un processo penale a Perugia.
CARUSO Antonino. Non c’è stato un procedimento civile?
NORELLI. C’è stata la costituzione di parte civile nel processo penale. Non è in corso un giudizio di responsabilità autonomo, perché il processo penale è ancora pendente e quindi c’è solo costituzione di parte civile in quel processo.
PRESIDENTE. Prima di licenziare i nostri ospiti, debbo fare una precisazione a proposito della documentazione dell’AIMA. Non è che siano state trovate le carte che servono, però è stato individuato l’archivio, che si trova a Castelnuovo di Porto, dove sono custoditi i carteggi dell’AIMA per l’operazione soia.
In quell’archivio possono esserci oppure no quelle carte, però è stato individuato. All’interno di quell’archivio, un tentativo di ricerca delle carte che potrebbero essere utili per opporre delle contestazioni all’AIMA, pare che non sia stato compiuto da parte della liquidazione.
NORELLI. Per quel che mi risulta non è mai stato compiuto questo tentativo.
PRESIDENTE. L’archivio si trova a Castelnuovo di Porto.
NORELLI. Prenderemo contatti.
PRESIDENTE. Prima di dichiarare conclusa la seduta, consegno al dottor Norelli questa missiva con la quale richiediamo la documentazione relativa alle azioni di indebito arricchimento promosse nei confronti delle organizzazioni professionali Confagricoltura e Coldiretti, nonché le statistiche relative alle richieste di concordato preventivo presentate nel periodo 1989-’93 con indicazione della data di presentazione, di quella di ammissione, del giudice delegato e dell’esito.
NORELLI. Anticipo che, per quanto riguarda i giudizi, siamo in una fase conclusiva. Si stanno definendo transattivamente.
PRESIDENTE. Vorremmo avere notizie specifiche anche con riferimento agli eventuali importi liquidati con la transazione.
Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l’audizione. Rinvio il seguito dell’indagine ad altra seduta.
I lavori terminano alle 16,05.