Audizioni Commissione d'inchiesta Federconsorzi/10

Audizione Geronzi

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SENATO DELLA REPUBBLICA CAMERA DEI DEPUTATI XIII LEGISLATURA COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI


RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA DI MARTEDI 1° GIUGNO 1999


Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI


I lavori hanno inizio alle ore 19,30. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).


Presidenza del presidente CIRAMI

I. Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Vi comunico che il dottor Rosario Basile, da noi nominato consulente a tempo pieno nella seduta del 16 marzo 1999 e collocato fuori del ruolo organico della magistratura con decreto ministeriale del 22 maggio 1999, ha assunto oggi tale incarico, previa autorizzazione da parte del Ministero di grazia e giustizia con nota del 28 maggio 1999. Se non vi sono osservazioni, il dottor Basile è autorizzato, ai sensi dell'articolo 24, comma 5, del nostro Regolamento, come gli altri consulenti, ad assistere alle nostre sedute.

Vi informo inoltre che l'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi e dai coordinatori, nella riunione del 27 maggio scorso ha predisposto un ulteriore calendario dei lavori che prevede per domani, mercoledì 2 giugno 1999, alle ore 19,30, l'audizione del dottor Gianmario Roveraro e per martedì 15 giugno 1999, alle ore 11, l'audizione dell'avvocato Mario Casella.

II. Seguito dell'esame della relazione, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 2 marzo 1998, n. 33, sui lavori svolti

PRESIDENTE. Propongo di rinviare il seguito dell'esame della relazione sui lavori svolti ad altra seduta. Poiché non si fanno osservazioni, così resta stabilito.

III. Audizione del dottor Cesare Geronzi

PRESIDENTE. La Commissione procede oggi all'audizione del dottor Cesare Geronzi, che ringrazio per avere accolto, con cortese disponibilità, il nostro invito.

Prima di dare la parola al dottor Geronzi, per una illustrazione del ruolo da lui svolto nella vicenda Federconsorzi, avverto che i nostri lavori si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l'articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del nostro Regolamento interno, l'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Qualora da parte del dottor Geronzi o di colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l'impianto audiovisivo per il tempo necessario.

Ricordo che l'audizione si svolge, ai sensi dell'articolo 15, comma 3, del Regolamento interno, in forma libera, e che il dottor Geronzi ha ritenuto di non avvalersi della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

Preciso infine che dell'audizione odierna è redatto il Resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell'articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alla persona ascoltata e ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportandovi le correzioni di forma che riterranno, in vista della pubblicazione negli Atti parlamentari.

L'audizione odierna è volta a procedere oltre i limiti necessariamente ridotti, funzionali all'azione penale, della vicenda giudiziaria della quale si è occupata la Procura della Repubblica di Perugia e che vede il nostro ospite imputato per il reato indicato nella richiesta di rinvio a giudizio. La nostra audizione è finalizzata al necessario approfondimento delle tematiche che, a mio modo di vedere, sono poco leggibili facendo riferimento esclusivamente alle risultanze giudiziali.

Lascio dunque la parola al dottor Geronzi con l'invito a farsi interprete di questa esigenza della Commissione e ad impostare, partendo da questo presupposto, la sua esposizione dei fatti, per quanto l'abbiano coinvolto.

GERONZI. Signor Presidente, onorevoli membri della Commissione, provo un certo imbarazzo a dover parlare di una vicenda che mi ha visto come partecipe abbastanza marginale, così come ho espresso la mia grande meraviglia al pubblico ministero quando mi ha convocato a Perugia, a distanza di oltre un anno dagli altri convenuti, poiché ritenevo di non aver avuto un ruolo particolare, che potesse meritare la sua attenzione e quindi oggi quella di questa stimatissima Commissione. Sono stato comunque coinvolto e quindi devo giustificare le mie azioni.

Il mio comportamento nella vicenda Federconsorzi, almeno per il ruolo che vi ho svolto, non è stato assolutamente diverso da quello di ogni altro esponente rappresentativo dei principali creditori che aderivano alla S.G.R..

Non ho svolto alcun ruolo particolare; la circostanza che il progetto di acquisizione dei beni fu immaginato dal professor Pellegrino Capaldo - presidente del Banco di Santo Spirito del quale ero direttore generale - e che fu egli a definirne i contenuti economici ed anche gli aspetti tecnici (ovviamente con l'ausilio di alcuni esperti esterni) rappresenta una mera coincidenza che nulla aggiunge al ruolo che ho svolto nella vicenda, che in realtà è consistito esclusivamente in una meditata e consapevole valutazione del progetto stesso, da sottoporre all'organo deliberante della banca da me diretta, in modo che esso si potesse esprimere in favore o contro il progetto stesso.

Il mio ruolo, quindi, è cominciato ed è finito in quel momento, ossia è cominciato quando ho preso visione del "piano Capaldo" (chiamiamolo così), ho maturato il convincimento della sua validità e ne ho prospettato l'accettazione al consiglio d'amministrazione, e si è concluso nel momento in cui quest'ultimo lo ha, appunto, approvato.

Niente di più e niente di meno, quindi, di quanto è stato fatto anche dai direttori generali ed amministratori delegati delle altre banche ai quali lo stesso professor Capaldo illustrò il piano nelle due riunioni che egli ed il professor Casella convocarono a tale fine. Ripeto: non ho fatto niente di più e niente di meno di quanto i miei colleghi avranno compiuto presso i consigli d'amministrazione delle proprie banche.

D'altra parte, che il mio ruolo fosse così secondario, è stato lo stesso professor Capaldo a dichiararlo al pubblico ministero. Come ho detto, è un fatto incidentale che egli, come professore, abbia immaginato uno schema diverso da quello che di solito ci si trova a dover discutere in casi come quello della Federconsorzi; uno schema che, a mio giudizio, aveva la validità per poter essere positivamente apprezzato. E' un fatto del tutto casuale che egli, come professore, abbia immaginato un'operazione non consueta ma che, agli occhi dei creditori, appariva come lo strumento migliore per facilitare, nel più breve tempo possibile, il realizzo dei beni alle migliori condizioni, anche nel rispetto di quei princìpi di economicità che molto spesso in situazioni di questo genere vengono assolutamente trascurati.

Questo è quello che posso dire. Mi dispiace di essere stato sintetico, ma la sinteticità del mio intervento si giustifica con la mia modesta partecipazione all'intera vicenda. Se mi è consentito faccio un breve accenno alla richiesto di rinvio a giudizio emanata nei miei confronti dal pubblico ministero di Perugia. Tale rinvio a giudizio si fonda esclusivamente sulla definizione, assegnata alla mia persona, di collaboratore del professor Capaldo; niente di più, niente di meno. Ritengo sconcertante la valutazione che il pubblico ministero dà della mia persona. Sono a vostra completa disposizione per rispondere a tutte le domande che vorrete rivolgermi.

PRESIDENTE. Dottor Geronzi, procediamo con ordine. Innanzi tutto vorrei rivolgerle una domanda di carattere generale. Tra le carte, allegata ad una deposizione relativa ad un interrogatorio dell'avvocato Casella, abbiamo trovato una riservata personale, datata 2 marzo 1992, indirizzata dall'avvocato Casella alla sua attenzione in cui si descrivono in modo dettagliato le articolazioni del piano Capaldo. Come lo spiega se lei ha avuto soltanto un ruolo marginale?

GERONZI. La lettera, come vede, è indirizzata all'illustre presidente, che non ero io bensì il professor Capaldo.

PRESIDENTE. Ma è indirizzata anche alla cortese attenzione del dottor Geronzi. Quando l'avvocato Casella ha voluto scrivere al presidente - ho altre due relazioni dello stesso tenore risalenti al gennaio e all'aprile 1992 - le ha indirizzate al professor Capaldo.

È possibile che lei sia stato tenuto all'oscuro di questa operazione che vedeva coinvolto in prima persona il Banco di Santo Spirito?

GERONZI. Non sono stato tenuto all'oscuro, né potevo esserlo. Come rappresentante di una banca creditrice dovevo essere informato. Non si sarebbe mai potuta realizzare la condizione di una non conoscenza da parte mia. Escludo però in modo assoluto la mia partecipazione alla definizione di un progetto che non ho immaginato e della cui paternità lo stesso professor Capaldo ha reclamato "l'originalità". Tuttavia io non potevo non esserne informato. D'altra parte, nella dichiarazione resa dal professor Capaldo al pubblico ministero nell'incontro avvenuto il 19 febbraio 1999 egli afferma: "L'idea è mia, io l'ho immaginata, io ho predisposto il piano conosciuto con il mio nome. La comunicazione del piano al direttore generale del Banco di Santo Spirito è avvenuta nella sua qualità di direttore di una delle banche creditrici, così come è avvenuto per i rappresentanti delle altre banche creditrici, e non solo delle banche, poiché mi sono rivolto a tutti i creditori". Questo corrisponde al vero. Il professor Capaldo ha detto anche che in sua assenza io posso aver incontrato l'avvocato Casella. Costui è stato consulente del Banco di Santo Spirito e poi della Banca di Roma. Pertanto era frequente la presenza dell'avvocato Casella nei corridoi della banca e quand'anche possa esserci stato qualche incontro, esso non può che aver avuto i caratteri dell'ospitalità e della cortesia, non essendo titolato ad avere con lui alcun rapporto: non ero un interlocutore negoziale, né avevo conoscenza di tutte le problematiche che - ripeto - mi venivano riferite solo negli incontri che il professor Capaldo riteneva opportuno organizzare per la preparazione delle sue riunioni.

PRESIDENTE. Dottor Geronzi, al pubblico ministero di Perugia lei ha detto che le banche estere non vollero aderire al piano Capaldo, e quindi compartecipare alla S.G.R., per motivi legati alle rispettive normative nazionali, ma che manifestarono comunque la loro non opposizione al piano.

Può dirci qualcosa di più circa i motivi per i quali detti istituti di credito non vollero aderire? Altrimenti dovremmo chiederci chi ha provveduto a soddisfare i loro crediti nei confronti della Federconsorzi. Le banche italiane garantivano forse i crediti delle banche straniere?

GERONZI. No. Signor Presidente, le banche straniere erano appena uscite dal trauma dell'EFIM, se mi è consentito usare questa espressione. Per la prima volta le banche estere che avevano finanziato un'istituzione di natura pubblica si accorgevano che ciò non significava avere delle garanzie da parte dello Stato. Piaccia o no la Federconsorzi - e con il senno di poi potrei fare qualche considerazione adeguata, anche se forse sarebbe opportuno risalire alla legge istitutiva della Fedit - più che una controparte economica di tipo "impresa" era stata sempre considerata dal ceto bancario, dalla comunità finanziaria nazionale e internazionale, un'istituzione con il compito di assolvere ad un servizio pubblico. Le banche estere molto spesso non si capacitavano del fatto che vi potesse essere tanto disinteresse nei confronti di un'istituzione che tra l'altro era sottoposta - secondo il loro convincimento - ad un controllo statale. Esse sostenevano che lo Stato non poteva non sapere nulla, dal momento che il collegio sindacale era nominato dal Ministero dell'agricoltura. Essendovi quindi un controllo pubblico, il principio della responsabilità delle istituzioni nei confronti della Federconsorzi veniva ad essere ancor più avvalorato. Queste ultime considerazioni e il dramma EFIM, dal punto di vista delle banche estere, creavano delle condizioni di irragionevolezza. Obiettivamente, lei ha ragione quando ricorda che moltissime banche estere hanno richiamato normative che non consentivano loro di partecipare ad operazioni come quella immaginata dal professor Capaldo, pur avendo la stessa una sua validità soprattutto in termini di tempi di realizzazione e avuto riguardo anche all'identico trattamento riservato a tutti i creditori. Per tale ragione essi non erano contrari all'iniziativa ma, nello stesso tempo, non potevano neanche essere a favore, poiché la loro normativa non gli consentiva di esserlo.

PRESIDENTE. Come è avvenuto allora il recupero dei loro crediti? Esse non parteciparono alla società S.G.R., e non credo vi siano ancora crediti pendenti. La loro tacitazione è avvenuta ad opera di una delle banche che prese parte alla società o fu il sistema bancario italiano a garantirle?

GERONZI. Assolutamente no.

PRESIDENTE. Rimasero crediti aperti?

GERONZI. A me non risulta.

PRESIDENTE. Non esisteva un circuito nazionale che garantiva per la corrispondenza tra banche di cui lei ha parlato?

GERONZI. Tutto è ricompreso nello schema del piano Capaldo, che definisce i rapporti tra i partecipanti alla S.G.R. e l'amministrazione fallimentare.

PRESIDENTE. Non mi sembra una risposta convincente. Forse sono stato poco chiaro e dunque le ripeto la domanda: in quale modo le banche straniere creditrici della Federconsorzi, che non vollero partecipare al piano di recupero del professor Capaldo, costituendosi come socie della S.G.R. come le altre banche italiane, avrebbero potuto soddisfare i loro crediti?

GERONZI. Non lo so.

VENETO Gaetano. Ragionier Geronzi, ho letto con attenzione il verbale del suo interrogatorio del 10 maggio 1997, nel quale lei cita una sola riunione in sede ABI con tutti i componenti del comitato esecutivo. In quella riunione, che si tenne tra il mese di maggio e il mese di luglio del 1991, lei intervenne come membro del comitato esecutivo o in rappresentanza del professor Capaldo?

GERONZI. Intervenni in qualità di componente del comitato esecutivo.

VENETO Gaetano. Vorrei sapere se ebbe occasione di riferire di questa riunione al professor Capaldo, che nella prima parte di un'audizione svolta presso questa Commissione non ricordava un impegno da parte dell'ABI ad esaminare questo problema abbastanza grave. Il Banco di Santo Spirito era il secondo creditore, vantando crediti per centinaia di miliardi. Lei ha affermato, nel corso del suo interrogatorio, che in questa riunione si discusse di un tentativo dell'allora ministro Goria di trovare una soluzione concordata con il sistema bancario, di cui successivamente non si parlò più perché, nel frattempo, nacquero altre questioni. In realtà, dopo i mesi estivi il professor Capaldo comincia ad impegnarsi nella redazione del piano di recupero e coinvolge l'avvocato Casella, un noto professionista milanese. Capaldo ci ha detto di aver ritenuto opportuno far seguire tale questione a Milano sia perché Casella risiedeva a Milano, sia per evitare la piazza romana. Vorrei sapere se e quando parlò con il professor Capaldo della proposta del ministro Goria. Nella riunione del comitato esecutivo presso l'ABI emerse che il sistema bancario italiano vantava crediti rilevanti, pari a 5000 miliardi a fronte di garanzie minime (il rapporto è di 1 su 150) pari a 36 miliardi; ebbe occasione di parlarne all'interno del Banco di Santo Spirito e, successivamente, della Banca di Roma? La mia domanda è connessa a quanto ha detto il Presidente a proposito della liberazione delle banche straniere attraverso un lungo epistolario che lei ha allegato alla dichiarazione resa nel maggio 1997. Le banche straniere, preoccupate dal caso della BNL di Atlanta, avvertivano il bisogno di essere liberate - non è chiaro in quale modo - al punto di minacciare un'azione immediata nei confronti del sistema bancario italiano. Nel suo interrogatorio si legge che il consiglio di amministrazione del Banco di Santo Spirito diede un'approvazione di massima al piano Capaldo - quindi se ne parlò, non era solo un'idea suggerita dal professor Capaldo per il suo impegno professionale - a seguito della quale fu chiesta l'autorizzazione alla Banca d'Italia per la costituzione della S.G.R.. Lei dichiara che, dopo l'approvazione da parte del Banco di Santo Spirito, vi furono due riunioni: la prima, riservata ai creditori non bancari; la seconda, riservata alle banche estere. Vorrei sapere quando e in quale sede si tenne questa riunione. Le banche italiane liberarono le banche estere: presumo che queste ultime manifestarono la loro opposizione alla proposta di Casella per la procedura. Nella riunione politica del comitato esecutivo dell'ABI il ministro Goria propose una soluzione che successivamente non è stata sviluppata: vorrei sapere se il consiglio di amministrazione del Banco di Santo Spirito ne fu informato e quale posizione assunse. Nel mese di novembre nasce il piano Capaldo e Casella avrebbe scritto al Banco di Santo Spirito: non si capisce se al presidente o alla direzione generale; può tracciare una ricostruzione storica della vicenda?

GERONZI. In sede ABI le riunioni in realtà furono due e si succedettero a distanza di una settimana; si discusse della costituzione di un gruppo di contatto, rappresentato da alcune personalità che avrebbero dovuto discutere contemporaneamente con il ministro Goria e con i commissari della Federconsorzi. Nel corso di una di queste riunioni il presidente dell'ABI diede lettura di una missiva nella quale il ministro Goria prospettava alcune ipotesi di soluzione, tra le quali la possibilità di tenere in vita tutto il sistema dei consorzi agrari e quella, appena evocata, di una liquidazione volontaria. Il comitato esecutivo dell'ABI è costituito da 40 persone circa: non è facile in quel contesto dare rapidamente risposte meditate su proposte di questo tipo, tra l'altro abbastanza vaghe.

La volontà poi del Ministro e dei commissari era quella di procedere con speditezza, e questo certamente non aiutava il dibattito. Io non ebbi mai modo di riferire al professor Capaldo dei contenuti di queste discussioni perché in realtà esse non si concludevano, si potrebbe affermare che si trattava di un work in progress. Tanto è vero che la prima riunione si concluse con un nuovo mandato al "gruppo di contatto": primo, di verificare meglio l'esigenza di separare, nell'eventualità in cui si dovesse mantenere in vita l'ipotesi di una presenza dei consorzi agrari, la nuova dalla vecchia gestione; secondo, di verificare con il Ministro se fosse possibile prevedere degli ammortizzatori sociali per i dipendenti; terzo, se ci fossero delle garanzie e quali potessero essere i rischi fiscali di un'eventuale riedizione di un'attività di commercializzazione ed altro.

Di più; c'erano molte perplessità circa la possibilità di tenere in vita i consorzi agrari; dei quali, su 70 circa, solo 10 avevano i conti in equilibrio, mentre gli altri erano ormai in una fase di totale disfacimento economico.

Quindi si discuteva di una problematica, non c'erano delle proposte rispetto alle quali si fornivano delle risposte a conclusione della riunione. Tanto è vero che anche la seconda riunione procedette in questo senso, con un maggior chiarimento; cioè si concluse con la determinazione di sperimentare la via della liquidazione volontaria ad alcune condizioni. Una era che si fermasse la decorrenza degli interessi - mi sembra - dal 1° gennaio 1991; l'altra era che ci fosse la garanzia di un piano di ammortizzatori sociali nei confronti dei dipendenti; dunque tutta una serie di tutele e – lo possiamo dire – di modalità attraverso le quali il sistema bancario cercava di non farsi coinvolgere in un'attività nuova che potesse far insorgere ulteriori rischi. Tanto è vero che, almeno a mia conoscenza (ho partecipato non ad una bensì a due riunioni che si sono succedute con rapidità sullo stesso argomento), dopo la seconda riunione l'argomento morì quasi di morte propria: nessuno ne discusse più, nessuno ne seppe più nulla.

Certamente io portai all'attenzione del consiglio di amministrazione della banca l'ipotesi ventilata della liquidazione volontaria, che fu accettata a condizione che tutto il sistema bancario aderisse e che tutte le condizioni poste nella riunione in sede ABI fossero accettate. Credo che questo sia stato l'atteggiamento di tutte le altre banche. Ritengo naturalmente che già la richiesta dell'unanimità oltre all'ottenimento di tutte quelle garanzie e tutele, che erano difficili da ottenere in quella circostanza, abbiano fatto decadere quasi senza alcuna resistenza tale ipotesi, che si è fermata lì, nel senso che non ne ho avuto più notizia. Non posso dire con certezza quando il professor Capaldo nella sua autonomia cominciò a maturare un'ipotesi alternativa che potesse comunque creare le condizioni del recupero di un credito che – come lei ha detto – era ben vistoso, scarsamente protetto dal punto di vista delle garanzie. Inoltre, il rischio che le lungaggini della procedura potessero determinare uno sfaldamento della ricchezza patrimoniale, che era l'unica che potesse sostenere un'attività di recupero da parte del sistema bancario, costituiva una preoccupazione diffusa.

Quindi, obiettivamente non posso dire quando, ma allorché il professor Capaldo cominciò a parlare con le banche, magari invitando gli amministratori delegati uno ad uno per ascoltare il loro parere su tale ipotesi alternativa, credo che tutti quanti fossero ben attenti perché davanti c'era il burrone del disfacimento del patrimonio. Si parlava allora di costi previsti per consulenze superiori ai 400 miliardi e questo può dare la misura di cosa può succedere per un'entità delle dimensioni della Federconsorzi che sia abbandonata alle procedure di recupero proprie della procedura concorsuale. L'esperienza ci insegna che dopo 7-8 anni siamo ancora a discutere, ma su un patrimonio che già non esiste più nella gran parte.

Questa era la grande preoccupazione che dominava allora il sistema bancario ed ecco perché in fondo questo decise di aderire ad un piano che svincolava tutte le attività di recupero da procedure che ingessavano e comunque avevano dimostrato fino ad allora di ingessare tutta l'attività di realizzo dei beni. Quindi fu questa la ragione che indusse poi le banche ad aderire tutte, o almeno la maggior parte, a tale piano.

VENETO Gaetano. Il consiglio di amministrazione del Banco di Santo Spirito diede un'approvazione di massima, chiedendo l'autorizzazione da parte della Banca d'Italia per aderire alla costituenda S.G.R.. Dopo tale approvazione, si tennero due riunioni nella sede del Banco di Santo Spirito: una con le banche italiane e i creditori non bancari; l'altra con le banche estere. E' così?

GERONZI. Sì, ma per comodità.

Il Banco espresse parere favorevole di massima e chiese l'autorizzazione alla Banca d'Italia per la costituzione della S.G.R.. Nel frattempo vennero convocate queste riunioni con le banche. Credo che l'autorizzazione della Banca d'Italia sia intervenuta successivamente.

DE CAROLIS. Dottor Geronzi, mi riallaccio alla domanda del collega Gaetano Veneto sullo sconcertante e – direi – compiacente atteggiamento dell'ABI non solamente sulla vicenda Fedit, anche se sono fermamente convinto – e non da oggi – che per il sistema bancario di allora la Federconsorzi, la stessa EFIM, il Gruppo Ferruzzi prima e il Gruppo Gardini dopo, nonostante le tante avvisaglie di pericolo, fossero i clienti più corteggiati.

Allora operava l'insegnamento di Clemenceau secondo il quale le promesse in politica servono solo a chi le ascolta. Del resto c'era una sorta di consenso generalizzato più per timore reverenziale che per una presa visione degli atti contabili della società.

Debbo confessarle che ha destato non poco stupore, come anche in tantissimi altri miei colleghi, il suo coinvolgimento nell'inchiesta, che i benevoli attribuiscono all'interrogatorio del professor Casella, il quale, convocato a Perugia, ha esposto una serie di vicende e quindi l'ha chiamata in causa come stretto collaboratore del professor Capaldo (certamente non inventando), ma che i malevoli attribuiscono invece all'amicizia ed alla stima reciproca che lei ha con il professor Capaldo e che ella non ha smentito; del resto all'epoca dei fatti contestati il professor Capaldo era il presidente e lei il direttore generale del Banco di Santo Spirito.

Il suo coinvolgimento desta soprattutto sorpresa per il fatto che erano soci della S.G.R. anche altri istituti di credito, di valenza non inferiore al Banco di Santo Spirito; ricordo, fra gli altri, il Banco di Napoli, la Banca Nazionale del Lavoro, il Banco di San Paolo, il Credito Italiano, il Banco di Sicilia, la Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, la Banca Nazionale dell'Agricoltura, la Banca Fideuram e la Banca Commerciale Italiana. Erano soci, inoltre, numerose banche di interesse locale, anche di rilievo nazionale: tantissime casse di risparmio, che non cito, ed inoltre la Banca Popolare di Novara, la Banca Popolare di Cremona, la Banca Popolare di Verona, nonché alcune società industriali di grande interesse come la New Holland Fiat e l'API.

Come ha avuto modo di dire nella scarna (ma non poteva essere diversamente) introduzione che ha svolto, lei giudica secondario il suo ruolo e questa non è solamente la sua valutazione: ho ascoltato il professor Pellegrino Capaldo, non solo a Perugia, ma anche in quest'Aula, parlare di lei e del suo ruolo marginale in tutta la vicenda. Le chiedo pertanto quale sia, a suo giudizio, la ragione per cui non siano state coinvolte tutte le banche citate, mentre lo è stato invece il Banco di Santo Spirito.

PRESIDENTE. Non so se il dottor Geronzi potrà rispondere, perché è una domanda che dovremmo rivolgere più opportunamente a chi lo ha messo sotto processo.

GERONZI. Signor Presidente, devo dire la verità, l'ambiente nel quale mi trovo mi conforta e quindi mi prendo la libertà di affermare qualcosa che forse farei bene a tacere: credo che nessuno avrebbe dovuto essere coinvolto in questa vicenda.

Il professor Capaldo ha immaginato quello schema come studioso: di ciò non ho mai parlato con lui, ma sono convinto che sia così, perché lui nella sua professione è il medico che si reca a curare i malati gravi; è stato sempre così poiché egli è fra i più bravi. A mio giudizio, quindi, quando ha immaginato uno schema come questo, ha svolto un'attività funzionale alla sua cultura. Secondo me lo schema immaginato dal professor Capaldo darà ragione, a distanza, della sua professionalità: sarà uno schema di scuola e verrà riportato in aule nelle quali si studieranno processi alternativi a quelli dissipatori dei patrimoni sottoposti a procedure concorsuali. Questo è il mio convincimento di banchiere e nulla vale il mio rapporto con il professor Capaldo. Poiché sono convinto di ciò, ritengo che la vicenda giudiziaria non avrebbe dovuto esistere; peraltro esiste.

Dirò di più: fra le banche coinvolte ve ne è una che il senatore De Carolis non ha citato, la Cassa di Risparmio di Macerata, che proporzionalmente, ossia in rapporto al patrimonio ed alle dimensioni di mercato, risultava essere largamente la più esposta e la più a rischio.

Questa considerazione mi fa ritornare all'argomento al quale ho fatto cenno: la Federconsorzi non era considerata un'entità di natura privata, ossia un'impresa che veniva finanziata per la sua capacità di produrre reddito e quindi di poter rimborsare i debiti che contraeva con il sistema bancario, ma veniva concepita come una sorta di istituzione votata alla tenuta del sistema dell'agricoltura. Non a caso le banche citate (come ad esempio la Banca di Lodi, la Banca di Novara, la Banca di Verona e la Banca di Macerata) sono caratterizzate dall'essere insediate in territori a forte cultura agricola.

La concezione che si trattasse di un'entità istituzionale, che aveva anche il conforto ed il controllo dello Stato, faceva cadere quelle regole (forse le ha fatte cadere in tutto il sistema bancario) che sono poste a presidio di un'esatta valutazione del merito creditizio, cioè della capacità di produrre un reddito sufficiente a rimborsare i debiti contratti.

Aveva peso non soltanto questo, ma anche l'individuazione di fonti di rimborso certe; fra tali fonti vi erano le attività dei consorzi in totale dissesto o comunque continuamente finanziati dalla Federconsorzi stessa, con il che si andava ancor più a consolidare il convincimento che comunque lo Stato interveniva per tenere tutto in piedi.

Ciò sta a testimoniare la qualità del cliente Federconsorzi, così come è stato concepito dalla comunità finanziaria, non solo italiana, ma anche internazionale.

PRESIDENTE. Dottor Geronzi, quanto afferma mi sollecita alcune domande: vorrei capire come fosse possibile, allora, concedere crediti di tale entità e quale fosse il sistema delle garanzie. Lei ha detto che si trattava di curare un malato: non mi intendo di diagnosi e di terapie, però non si sarebbe dovuto far ammalare l'ammalato. L'esposizione bancaria è arrivata a cifre da capogiro (circa 5.000 miliardi di lire) e vorrei capire quale sistema di garanzie il mondo bancario approntasse. E' troppo facile dire che era lo Stato a garantire la Federconsorzi oppure che vi era la conoscenza che fosse un ente pubblico: può darsi anche che tutto ciò sia vero, però ritengo che il sistema bancario, che è venditore di denaro, avrebbe dovuto assumere un sistema di precauzioni a salvaguardia del proprio denaro, se è vero come è vero che, a fronte di 5.000 miliardi, le garanzie (secondo i dati che mi pare di aver letto) coprivano circa 36 miliardi. MANCUSO. Signor Presidente, non c'è un ordine per le domande? Le sue hanno forse un diritto di precedenza?

PRESIDENTE. Le mie domande sono collegate al tema affrontato dal senatore De Carolis, le formulo ora per evitare di ripetere successivamente la premessa da questi svolta.

GERONZI. Dobbiamo metterci d'accordo sul punto: il sistema bancario viene criticato sia quando pretende delle garanzie per finanziare delle iniziative, sia quando fornisce i propri affidamenti ancorché privi di garanzia. Teniamo presente che la Federconsorzi era una società affidabile che, pur creando movimenti finanziari vorticosi per le sue dimensioni, non aveva mai fatto registrare ritardati nei pagamenti. Per il sistema bancario il commissariamento fu un colpo di fulmine a ciel sereno. Non esistevano le avvisaglie tipiche di un'impresa che registra sofferenze nella gestione. La Federconsorzi, inoltre, non era la prima società che veniva finanziata senza il ricorso a garanzie sostanziali. Essa fu finanziata per la sua entità e capacità di tenere buone relazioni bancarie. Ripeto, non si era mai verificato un ritardo nei pagamenti. Lo stesso ragionamento, in tempi diversi, può valere anche per l'IRI. Vi sono stati momenti in cui l'Istituto è stato finanziato per migliaia di miliardi e nessuno si è permesso di chiedere garanzie reali. Ci sono istituzioni bancarie che concedono finanziamenti a prescindere da tali garanzie. Sto svolgendo delle considerazioni che non riguardano il contesto di cui ci stiamo occupando. D'altra parte occorre mettersi d'accordo: il sistema bancario deve essere criticato quando chiede delle garanzie per concedere degli affidamenti o quando non le chiede?

BORTOLOTTO. Quando usa due pesi e due misure.

GERONZI. La valutazione del credito attiene anche alle persone che la effettuano e quindi all'analisi di bilancio.

MAGNALBO'. Dottor Geronzi, ho notato che, ricordando certi fatti, a volte sorride. La capisco. In effetti la vicenda se non avesse avuto questa pesantezza avrebbe veramente del grottesco, anche sotto il profilo giuridico.

Diversamente da lei ritengo che il pubblico ministero di Perugia abbia valutato molto il suo ruolo nell'intera vicenda. Egli, infatti, ha ritenuto che lei abbia concorso con autonomia e con tutta la sua capacità alle disavventure che hanno portato il professor Capaldo ad essere sottoposto a processo.

A mio giudizio il suo ruolo non è stato marginale, ma diverso. Questa è una mia valutazione. Lei ha agito per la sua banca facendo in modo che l'istituto di cui era direttore generale partecipasse all'operazione; anche questo tuttavia è un punto da chiarire. Il suo istituto, come tanti altri, ha partecipato ad un'operazione della quale non condivido "la maestria del maestro". Essa rimarrà agli annali come una di quelle operazioni - vengo dal triangolo calzaturiero della zona di Macerata di cui poi parleremo - che, a basso regime, si fanno negli scantinati delle ditte quando c'è un debito bancario: in questi casi i vari creditori si riuniscono, offrono meno della metà del valore del bene e poi realizzano l'affare. Questo è il senso dell'operazione impostata dal professor Capaldo attraverso un atto che non ha riscontro, dal diritto romano in poi, in nessuna figura giuridica tipica. Quando lei sottopose al suo ufficio legale lo schema dell'atto-quadro preparato dall'avvocato Casella e ispirato dal professor Capaldo che tipo di atto ritenne di aver presentato? Si trattava forse di una promessa di vendita con dichiarazione di acquisto da parte di terzi? Oppure di un atto di vendita vero e proprio, visto che la prima rata del prezzo veniva pagata di lì a quattro ore dalla conclusione dell'atto? Quest'atto non ha un profilo giuridico suo personale. Non arrivo a ritenerlo nullo ma quasi. Infatti, le rate pagate non avevano una controprestazione in termini civilistici trattandosi di una situazione fumosa in cui le rate venivano pagate per una controprestazione che sarebbe stata solamente un trasferimento, a comando della S.G.R., eventuale e successivo, a soggetti non individuati. Lei, quindi, ha sottoposto a ratifica dell'ufficio legale della sua banca un atto che non poteva costituire base giuridica per alcuna operazione; almeno secondo gli schemi giuridici del diritto italiano.

Oltretutto, chi si occupava in questo caso di neutralizzare il fisco, visto che nel caso di compravendita e di dichiarazione di acquisto da parte di un terzo questa deve essere fatta entro un termine stabilito, altrimenti gli uffici fiscali procedono come se si trattasse di un doppio passaggio?

GERONZI. Vorrei ricordarle che all'epoca ero direttore generale del Banco di Santo Spirito e che, allora come oggi, non avevo nulla a che fare con la S.G.R.. Tutte queste argomentazioni pertanto non può rivolgerle a me. Noi approvammo l'atto quadro e lo facemmo in modo consapevole.

MAGNALBO'. Dottor Geronzi, non ritengo che esista una sua responsabilità personale, ma desidero capire in che modo il suo istituto bancario, come tutti gli altri, è giunto ad apprezzare questo atto e quindi a deliberare l'inserimento della sua banca in questa società. In sostanza, volevo sapere cosa può riferire su tale aspetto concernente la cognizione giuridica del patto. Inoltre, dal momento che lei ha parlato della Cassa di risparmio di Macerata, la più esposta...

GERONZI. In rapporto al patrimonio.

MAGNALBO'. Chiaramente in rapporto al patrimonio, è tutto relativo. Comunque, la Cassa di risparmio di Macerata concesse 80 miliardi di affidamento alla Fedit tre giorni prima del commissariamento. Tutto ciò può essere comprensibile in base a quella garanzia che l'immaginario collettivo attribuisce al ceto bancario, se non vi fosse un qualcosa che ha sempre meravigliato i maceratesi: all'epoca, presidente della Carima era il dottor Giuseppe Sposetti, braccio destro del ministro Goria e da quest'ultimo messo alla presidenza di quell'istituto. Quindi, come giustifichiamo il fatto che la Cassa di risparmio di Macerata concede 80 miliardi di finanziamento su suggerimento di Goria e pochi giorni dopo avviene il commissariamento?

Vorrei una risposta su questo aspetto. Non è soltanto l'immaginario collettivo del ceto bancario che attribuisce rilevanza all'intera vicenda Fedit, ma è anche la stessa magistratura che si è adeguata. Infatti, messi sotto processo, sia Sposetti che il direttore generale della Carima, che avevano concesso l'affidamento di 80 miliardi senza passare per il COGE - pratica che non è ammessa se non per gli affidamenti inferiori ai 50 milioni - sono stati assolti perché il fatto non sussiste. Anche la magistratura si è sostanzialmente adeguata all'immaginario collettivo che attribuiva alla Fedit la dignità di ente di Stato.

GERONZI. Stabilito che tutto ciò che lei ha riferito alla S.G.R. non mi riguarda e non ne sono a conoscenza, posso dire quali sono state le motivazioni che hanno indotto il Banco di Santo Spirito ad aderire consapevolmente, dopo attenta meditazione, alla proposta Capaldo.

Il banchiere vive le sue giornate in mezzo ad un'infinità di pene; ogni affidamento pone il problema del rischio: tant'è che la Banca d'Italia definisce rischi gli affidamenti; tant'è che nei bilanci ogni affidamento reca implicitamente un coefficiente di rischio che deve essere appostato a bilancio anche se il credito è "vivo", cioè produce reddito. Può immaginare l'angoscia del direttore generale del consiglio di amministrazione di una banca, la quale si vede improvvisamente commissariare un'entità che veniva considerata quasi intoccabile e verifica le sue esposizioni nei confronti di questa entità. Le assicuro che il ragionamento è quasi un riflesso condizionato: ci si chiede quali siano i modi migliori per recuperare il più rapidamente possibile il massimo del credito. Da questo punto di vista, l'ipotesi Capaldo era quella che rispondeva meglio ai requisiti della velocità e della congruità massima possibile dell'operazione di recupero. Come ho detto precedentemente è ormai statisticamente dimostrato che una procedura concorsuale abituale dissipa il patrimonio che è a presidio della garanzia del credito. Se vuole, quella era una modalità non prevista dalla giurisprudenza, ma dava a noi, uomini concreti e pratici, che tendono ad andare al nocciolo del problema, la possibilità di verificare un possibile realizzo in un tempo svincolato da quello delle procedure concorsuali. Tutte le banche, non soltanto la nostra, hanno ragionato in questo modo e hanno aderito alla proposta; credo che, tutto sommato, non abbiano deciso male. Occorre considerare che, per recuperare il finanziamento concesso ad un mutuo ipotecario, dopo otto anni non abbiamo più la garanzia del credito, ancorché avessimo valutato con prudenza l'immobile assegnato a garanzia. Di fronte ad un'ipotesi di velocizzazione dello smobilizzo di beni, non vi era alternativa e tutti i consigli di amministrazione delle banche hanno votato all'unanimità.

MAGNALBO'. Lo credo!

PRESIDENTE. Invito i colleghi a non dilungarsi sulle premesse dei quesiti.

PREDA. Dall'audizione in corso si capisce che abbiamo avuto per un lungo periodo una classe dirigente bancaria incapace. E' stato ripetuto più volte che la Federconsorzi è un'istituzione pubblica: mi sembra una storiella. Credo che le banche, al di là dei controlli della Banca d'Italia, non potessero effettuare un'esatta valutazione di merito dei crediti vantati nei confronti della Federconsorzi, che è stata considerata un'istituzione pubblica sulla base di semplici voci di mercato, senza verificare effettivamente come era configurato il bilancio e quali erano i rapporti creditizi della Federconsorzi.

Vorrei sapere se, nella valutazione da parte delle banche del piano Capaldo, è stato considerato esclusivamente il problema, indubbiamente esistente, della rapidità del realizzo o del parziale rientro di crediti rispetto alla estrema lunghezza della procedura concorsuale, oppure è intervenuta una conoscenza diversa del patrimonio della Federconsorzi in corso di realizzo.

GERONZI. La conoscenza del patrimonio era implicita nel piano Capaldo. Vi era un elenco, approvato dal tribunale, di beni che si sarebbero dovuti realizzare. Non è intervenuta una valutazione diversa. L'elenco dei beni che sono stati oggetto di trasferimento era stato definito dal tribunale.

PREDA. Vi era un'esatta conoscenza del rapporto tra la valutazione dei beni e il realizzo avvenuto tramite S.G.R.? GERONZI. Questa valutazione è affidata all'indovino. Non credo esista una persona capace di immaginare cosa possa succedere in una fase di recupero dei crediti e di prevedere in modo serio che cosa può essere realizzato di un compendio patrimoniale a sostegno dei crediti del sistema bancario. Ciò dipende dalla fortuna, dall'andamento del mercato e da tanti altri fattori, ma non è in discussione l'elenco dei beni attraverso i quali si sarebbe realizzata l'operazione di recupero.

MANCUSO. Dottor Geronzi, non ho l'intento di apparirle intelligente ed acuto, anzi le confesso che comincio a non capire più nulla. Il mio proponimento si limita al tentativo di dipanare qualche elemento di confusione, giacché non era mio intendimento porle domande dopo la sua esposizione. Sono state le precedenti domande a pormi dei dubbi. Comincio, per rispetto del Presidente, proprio dal suo dubbio. Il piano Capaldo non prevedeva alcunché per il trattamento delle banche straniere e come onorarne i debiti, perché esse non parteciparono alla convenzione della S.G.R. e quindi vennero escluse in sostanza dal piano stesso. Dunque il professor Capaldo non sa nulla delle banche estere: come poteva sapere qualcosa lei che, nella migliore o nella peggiore delle ipotesi, era semplicemente un collaboratore?

Inoltre, sulla questione dei crediti delle altre banche verso la Federconsorzi, come si può chiedere a lei e come lei può rispondere se tutta la vicenda è anteriore alla costituzione della S.G.R.? Dico questo perché è opportuno che si sappia comunemente quale sia l'utilità delle indagini che noi svolgiamo. Se dobbiamo chiedere ai nostri ospiti opinioni su vicende alle quali non hanno partecipato e storicamente non potevano partecipare, se chiediamo a loro il parere su problemi rispetto ai quali neanche gli autori sanno nulla, mi trovo in imbarazzo e convalido così, al contrario di altri casi, la mia modesta levatura intellettuale. (Cenni di contrarietà da parte del Presidente).

Signor Presidente, questa è una domanda, non è un preambolo. Lei è imputato a Perugia per concorso insieme a Capaldo e altri. Nel capo di imputazione si dice che lei assume questa rilevanza come collaboratore. Come è possibile che nella motivazione (noi come uomini di diritto siamo onorati di questa sentenza della Corte d'assise d'appello e ci sentiamo così sublimati) lei assuma la figura di rinviando a giudizio in funzione della sua sola personalità? Infatti, partendo da quella che era formalmente definita collaborazione, in sede di motivazione si dice che una così alta personalità non poteva rimanere nell'ombra di una generica collaborazione, ergo non poteva che essere coautore dei fatti in quel caso.

Allora lei è al tempo stesso sottovalutato dal procuratore di Perugia e sopravvalutato in questa sede se le si pongono domande alle quali non può rispondere. Sarebbe utile che lei ci spiegasse, salvo qualche altra domanda che le debbo fare, come mai le venga chiesto perché e per come la Banca di Macerata non si è comportata in un certo modo.

Ci chiediamo noi stessi: qui dobbiamo compiere un lavoro serio o dobbiamo mettere sotto il tiro della nostra attenzione, in parte incompetente, tutto il possibile scibile fenomenico dei rapporti fra banche e clienti?

Mi chiedo come sia possibile che si sopravaluti e si sottovaluti la figura del dottor Geronzi nello stesso momento e per gli stessi fatti. Dalla sua risposta mi farò un'idea su come vengono condotti i lavori di questa Commissione.

PRESIDENTE. Dovrei forse rispondere all'onorevole Mancuso. Lo farò eventualmente alla fine.

Onorevole Mancuso, noi prescindiamo…

MANCUSO. Non ho bisogno di lezioni sue. Lei tende a "lezioneggiare", giacché un'altra volta ha verbalizzato una cosa che non avrebbe dovuto. La prego di non interrompermi ancora una volta. L'altro giorno un collega le ha mosso un rilievo che io potrei muoverle anche oggi. La prego: faccia i suoi doveri di Presidente, non interferisca nei nostri doveri e parli a suo turno, non si appropri di funzioni che non le competono.

PRESIDENTE. Respingo in ogni caso tutte queste sue accuse, ma non sollevo polemiche. Stavo per dire che forse lei non ha ascoltato quanto ho detto all'inizio, cioè che noi prescindiamo dall'operato della magistratura nell'esercizio dell'azione penale. Quindi la presenza oggi del dottor Geronzi è qui giustificata dal fatto – come lui stesso ha ammesso – di aver partecipato a due sedute dell'ABI: una dei creditori italiani; una dei creditori stranieri. Credo che le domande abbiano questa funzione, non quella di sindacare l'operato di un collega.

MANCUSO. Perché mi risponde lei che non è stato interpellato? Questa è una prepotenza.

PRESIDENTE. E' lei che mi ha citato nella premessa, onorevole Mancuso.

MANCUSO. Lei avrebbe dovuto rispondere a suo tempo, non interferendo nelle mie domande.

GERONZI. Io ho partecipato a riunioni dell'ABI: avrei potuto fermarmi a tale risposta. In sede ABI non si sono tenute riunioni con banche straniere bensì riunioni del comitato esecutivo. Per quanto riguarda le risposte che andavano in qualche modo oltre i confini delle mie conoscenze, sono state da me anticipate come un atto di cortesia nei confronti di una Commissione che, avendomi messo a mio agio, mi ha posto un quesito sul comportamento del sistema bancario, al quale avrei potuto rispondere oppure no. Ho ritenuto opportuno fornire una risposta anche perché ho avuto la sensazione che si cercasse di mettere sotto accusa il sistema bancario per il modo con il quale esso concede crediti o rende valida la sua azione di intermediazione finanziaria, non perché fossi tenuto a spiegare i comportamenti. Il sistema bancario è un insieme di entità autonome che reagisce di fronte alla domanda di credito come meglio ritiene opportuno.

Preciso che con la S.G.R. non ho nulla a che fare. Ho detto in anticipo che provavo imbarazzo nell'essere convocato prima a Perugia e poi qui non avendo fatto nient'altro di diverso di quanto hanno fatto gli altri 38 rappresentanti di banche. Quindi ho cercato di rispondere con semplicità per dare soddisfazione alle domande, non perché ritenessi che fossero coerenti con l'argomento del quale ci troviamo a discutere.

D'altra parte, onorevole Mancuso, se io sento dire che il sistema bancario non sa fare il suo buon mestiere, io che lo pratico da 40 anni faccio fatica a non rispondere.

MANCUSO. Se il Presidente consente, vorrei porre altre domande.

PRESIDENTE. La prego.

MANCUSO. C'è un altro elemento che mette a dura prova la mia capacità di comprensione. Nella formulazione di questa proposta, dovuta alla competenza scientifica – per così dire – del professor Capaldo, e che egli del resto ha ripetutamente rivendicato, si introduce la figura della collaborazione del professor Casella. A tale riguardo, siccome Casella è la fonte essenziale del suo coinvolgimento processuale, vorrei rivolgerle alcune domande. A proposito del professor Casella lei ha affermato che "era un frequentatore dei corridoi della banca": questa immagine peripatetica che cosa indica, in realtà, circa il ruolo del professor Casella nella vicenda?

GERONZI. Il professor Casella ha avuto come solo ed unico interlocutore il professor Capaldo, poiché aveva ricevuto da quest'ultimo l'incarico di gestire le operazioni preparatorie dell'offerta, prima, e della costituzione della S.G.R., poi. Ho usato l'espressione da lei ricordata per chiarire che non si può escludere che io lo abbia incontrato nelle sue frequenti visite al professor Capaldo. Il mio ufficio, inoltre, è logisticamente collocato sullo stesso piano, il quarto del palazzo, dell'ufficio di quest'ultimo e pertanto posso aver incontrato il professor Casella; non è escluso che questi abbia potuto anche dirmi frasi tipo: "Sono venuto dal professor Capaldo, ma non c'è; volevo dirgli che... ", ma nego in modo assoluto che i miei incontri con il professor Casella, ancorché casuali e riconducibili ad uno o due, abbiano avuto ragioni diverse dai doveri d'ospitalità e di buona educazione nei confronti di una persona stimata e conosciuta.

Mai e poi mai sono stato un interlocutore del professor Casella per la vicenda che ci occupa, non avendo la conoscenza di tutte le problematiche che erano sotto il dominio soltanto del professor Capaldo.

MANCUSO. Dottor Geronzi, sia in sede processuale a Perugia, sia in questa Commissione, due volte, spontaneamente e a domanda, il professor Capaldo, parlando di lei, ha in modo drastico qualificato come marginale la sua posizione in questa vicenda, esprimendo il concetto anche mimicamente, ossia muovendo le mani verso il lato del proprio corpo, appunto a significare che il suo ruolo non era centrale, come aveva detto più volte. La prego di spiegare, al di là dei dettagli, nella sua funzione di allora quale fosse in realtà, e come si sia manifestata, la sua partecipazione istituzionale, non personale, alla complessa vicenda che ha portato alla creazione della S.G.R.. Le chiedo inoltre di precisare se il mio ricordo è esatto intorno ad un dettaglio sul quale poc'anzi le è stata rivolta una domanda: mi sembra che il professor Capaldo abbia detto che l'operazione relativa alla S.G.R. era in sostanza un'operazione di recupero e non implicava dei vantaggi, un saldo attivo nella gestione della S.G.R.; conferma questo mio ricordo?

Sintetizzando, desidero sapere queste due cose: la prima è se lei accetta il ruolo secondario che le attribuisce il professor Capaldo e se esso, secondario o meno, ebbe una rilevanza istituzionale o fu un mero atteggiamento personale; la seconda è se è vero o non è vero che la gestione S.G.R. era di puro rientro e non di politica industriale mediante il recupero.

GERONZI. Onorevole Mancuso, le rispondo con chiarezza innanzi tutto alla prima domanda. Il professor Capaldo mi ha parlato del possibile piano allo stesso modo in cui ne ha parlato ai rappresentanti delle altre banche (come, ad esempio, il professor Cantoni per la Banca Nazionale del Lavoro ed il professor Fausti per la Comit), perché prima di riunire un consesso di 40 banche ha ritenuto necessario avere quanto meno la sensazione che l'ipotesi potesse stare in piedi ed essere discussa.

A questo scopo vi è stato un primo incontro vago, volto a spiegare quale fosse la natura dell'operazione, cui è seguito l'incontro ufficiale con tutto il sistema bancario, quella parte, almeno, che voleva partecipare; una settimana dopo si è tenuto l'incontro con il sistema bancario estero. E' dunque ufficiale la marginalità della mia partecipazione, che però non è stata occasionale: non essendomi occupato dell'operazione non potevo che essere informato prima di partecipare ad una riunione nella quale il professor Capaldo voleva che si svolgesse un dibattito per il quale era necessario che, almeno, i partecipanti fossero al corrente delle grandi linee. Tant'è vero, che due riunioni furono sufficienti e che seguì un'approvazione rapida da parte dei consigli di amministrazione. Per quanto riguarda la S.G.R., la sua attività doveva essere soltanto ed unicamente volta al recupero perché la nostra preoccupazione era di limitare i tempi: il problema del sistema bancario era di ridurre la tempistica del recupero in modo tale da non veder penalizzato il valore patrimoniale dei beni oggetto della proposta di acquisizione. Lo scopo della S.G.R., quindi, per come ci fu presentato e venne approvato, era quello di recuperare in fretta ed il più possibile i crediti che le banche vantavano nei confronti della Federconsorzi.

ALOI. Signor Geronzi, dopo aver ascoltato le varie audizioni e letto i documenti che ci sono stati forniti, mi ha colpito, per la verità, un elemento che è emerso anche dalle domande poste dall'onorevole Mancuso: la questione delle banche estere.

Si tratta di una strana situazione che credo debba essere approfondita perché il defilarsi quasi silenzioso delle banche estere dal nuovo assetto che si stava determinando fa riflettere. Credo che a tale fine non sia sufficiente la considerazione da lei espressa (come si legge negli atti processuali a nostra disposizione) che "le banche estere erano particolarmente mal disposte e preoccupate, in quanto già rimaste scottate con la vicenda EFIM" perché questo discorso mi lascia perplesso. Questa interpretazione della vicenda è una sua tesi, ma vi è una lettera che credo rappresenti una chiave di lettura di tanti comportamenti.

Mi riferisco alla lettera della Sumitomo Bank, inviata a tutte le banche partecipanti, che è molto importante poiché con essa la banca giapponese sottolinea qualcosa che credo costituisca una chiave di lettura interessante per capire quale meccanismo si sia messo in moto nell'ambito delle tematiche più importanti per le banche in riferimento alla vicenda Federconsorzi ed all'istituzione del nuovo ente.

In detta lettera si legge: "Vi informiamo, altresì, che la Sumitomo, così come altre banche e taluni giornali, ha ricevuto da fonti anonime documentazione attinente ad informazioni rilevate in merito ai rapporti tra la BNL ed Agrifactoring". Credo che questo passaggio abbia un significato ulteriore rispetto al fatto specifico che indica.

Vorrei che il dottor Geronzi, nella misura in cui è possibile, esponesse la sua interpretazione di questo punto e soprattutto di quanto non si dice, o si dice fra le righe, rispetto ad una situazione che incide sulle preoccupazioni delle banche straniere spingendole a defilarsi. Il mio parere è, infatti, che si tratti di preoccupazioni di ordine molto vasto che riguardano tutta la problematica della Federconsorzi.

VENETO Gaetano. Signor Presidente, mi sembra che stiamo equivocando tra Fedit (Federconsorzi) e Agrifactoring: per non indurre in errore il ragionier Geronzi ed anche noi stessi, desidero sottolineare che, a seguito delle vicende del 1991, i consigli di amministrazione del Banco di Santo Spirito e della BNL accettarono una postergazione concernente Agrifactoring e non Federconsorzi. Pertanto la questione delle banche estere deve riportarsi alla decisione del consiglio d'amministrazione del Banco di Santo Spirito del dicembre 1991, quando il professor Capaldo stava elaborando il piano relativo alla Federconsorzi, riguardante però - attenzione - solo Agrifactoring. In quella sede - sostiene chi riferisce e quindi suppongo il direttore generale -, vista la situazione della Federconsorzi, si propone di accettare la postergazione e quindi di consentire la soddisfazione completa delle banche estere, che pertanto vengono soddisfatte da Agrifactoring e liberate dalle banche italiane per 450 miliardi di lire. Diverso, invece, è il discorso Fedit. In questo modo credo di aver chiarito l'equivoco e di esserle venuto incontro.

GERONZI. Riferendomi alla domanda dell'onorevole Aloi ...

ALOI. Una domanda tutt'altro che ingenua.

GERONZI. ... devo dire che la trovo sorprendente. Non sapevo di questa lettera della Sumitomo. Mi rendo conto però che questa possa ingenerare un sospetto, che del resto è l'obiettivo che intende raggiungere ogni lettera anonima. Tuttavia non posso rispondere sul contenuto di una lettera anonima, né posso dare spiegazioni che la stessa Sumitomo non sa dare. Non so a cosa possa riferirsi la Sumitomo.

CHIUSOLI. A proposito dell'immaginario collettivo dei banchieri italiani, credo che sarebbe giusto riconoscere - almeno da parte mia vorrei usare parole di verità - che i banchieri italiani consideravano la FEDIT non tanto un ente parastatale, quanto lo strumento di un potere politico che, all'epoca, si riteneva ancora assolutamente intangibile; quindi, solo la caduta di quel sistema di potere avrebbe fatto cadere la Federconsorzi. La mia domanda però è un'altra. Dottor Geronzi, il professor Capaldo in audizione ha più volte sostenuto che solo uno sprovveduto - per non usare altri termini che invece egli ha usato - avrebbe dato il via alle procedure alle quali diede il via il ministro Goria, senza un preventivo accordo con i creditori. Dal momento che il via fu dato e che l'accordo preventivo con i creditori non ci fu, chiedo al dottor Geronzi, all'epoca componente dell'esecutivo ABI, se ritiene che il ministro Goria fosse uno sprovveduto o qualcosa di peggio. Infine - solo se lo vuole - le chiedo di colmare anche una mia lacuna. Premesso che non credo che la Federconsorzi fosse un "ammalato", bensì un virus, e che il professor Capaldo, nella sua veste di presidente, era un medico contagiato da quello stesso virus, potrebbe farmi un elenco di "ammalati" curati da quel medico?

GERONZI. Non intendo rispondere a domande che attengono alle persone. Ho espresso il mio giudizio sulle qualità professionali, che del resto sono sotto gli occhi di tutti, del professor Capaldo. Lo ritengo un "medico" capace di combattere qualunque virus, almeno in ambito societario. Lo credo fermamente, anche se altri possono avere opinioni diverse.

Quanto alla generale convinzione che la Fedit fosse uno strumento politico intangibile, credo che tutto ciò appartenga alla storia. Molti di quelli che oggi fanno i censori furono parte attiva di quella storia. Tutte le partecipazioni statali all'epoca erano malate. Eppure sono sopravvissute grazie all'intervento di un sistema bancario che si è fatto carico della loro sopravvivenza che aveva anche un risvolto socio-economico di natura nazionale. Non a caso ho fatto un riferimento - sia pure fugace - all'IRI, che tutti ritenevano dovesse fallire. Abbiamo visto i danni drammatici prodotti dal caso EFIM e il crollo in termini di credibilità subìto dal sistema paese agli occhi del resto del mondo per quella vicenda. Chi ci può dire che il costo dell'EFIM sia stato inferiore avendo assunto quella decisione? Non possiamo dare giudizi su tutti gli atti compiuti nel corso di fasi storiche che comunque restano tali. Credo che il sistema bancario, tornando alla questione di cui ci occupiamo, abbia ben agito nell'approvare consapevolmente quel piano. Una delle tante obiezioni sollevate dalle banche era che in fondo con quell'operazione "si mettevano soldi buoni su soldi già persi". Non era certo, infatti, che al termine dell'attività della S.G.R. si realizzasse il recupero dei crediti bancari.

CHIUSOLI. Scusi l'interruzione, ma pur dicendo cose interessanti non sta rispondendo alla mia domanda. Il professor Capaldo ha più volte ripetuto che solo uno sprovveduto avrebbe potuto dare il via a quelle procedure senza un preventivo accordo con i creditori; eppure quel via ci fu. Dobbiamo concludere, quindi, che eravamo di fronte ad uno sprovveduto?

GERONZI. Come posso rispondere a questa domanda? È una valutazione di carattere politico-personale che non spetta a me dare.

CHIUSOLI. Non mi sembra una valutazione di carattere politico.

GERONZI. Come posso stabilire io se l'onorevole Goria era uno sprovveduto o meno? Non conosco le motivazioni che lo hanno indotto a prendere quella decisione. Non ho avuto con lui alcun rapporto. Non ho mai discusso con lui questioni di tale natura e pertanto non sono in grado di dare una valutazione e non perché non voglia risponderle - sono abbastanza coraggioso per esprimere il mio pensiero - ma, non avendolo mai incontrato per discutere di questo argomento e non essendo a conoscenza di cosa pensasse al riguardo, non sono proprio in grado di rispondere. Tecnicamente il commissariamento ha fatto precipitare la situazione, ma tecnicamente. Non posso dire se nella testa del ministro Goria ci fosse altro al di là del fattore tecnico, come lei sembra voler sapere.

OCCHIONERO. Vi chiedo scusa prima di prendere la parole perché, come il dottor Geronzi avrà certamente potuto constatare, questa Commissione è composta per la gran parte di esperti di diritto e, inaspettatamente, egli ha trovato anche qualche difensore.

GERONZI. Mi dovrebbero difendere tutti perché io non dovrei essere qui.

OCCHIONERO. Ma dal momento che c'è, cogliamo l'occasione per discutere dell'intera vicenda. La banca di cui è presidente fa parte della società S.G.R. e lei, in qualità di presidente, per il ruolo che svolge, per le competenze che ha e per il prestigio di cui gode, non poteva non essere rinviato a giudizio dal sostituto procuratore di Perugia.

Le chiedo quanto è stato ricavato, ad oggi, dai beni di proprietà della Fedit. Si parla di 4.600-4.700 miliardi.

Nel concordato era previsto il recupero delle somme dovute dallo Stato, in modo particolare per quanto riguarda gli ammassi, che erano prima considerati non recuperabili. Da parte della S.G.R. è intervenuta una dichiarazione scritta di rinuncia al credito nei confronti dello Stato, ma non è intervenuta analoga rinuncia da parte dei soggetti creditori, cioè delle stesse banche che fanno parte della società.

Lei ha parlato di due riunioni presso l'ABI svoltesi precedentemente al commissariamento nel '91.

PRESIDENTE. Le due riunioni presso l'ABI si sono svolte il 14 e il 22 maggio 1992.

GERONZI. Allora stiamo parlando di cose diverse.

PRESIDENTE. Il decreto di commissariamento è del 17 maggio 1991.

GERONZI. Non ricordo bene, ma le riunioni presso l'ABI furono successive al commissariamento nel '91. Le citate riunioni del maggio 1992 non si sono svolte in sede ABI, ma in sede di Banco di Santo Spirito ed erano volte ad esaminare la proposta Capaldo.

OCCHIONERO. La proposta Capaldo è stata esaminata prima o dopo il commissariamento?

GERONZI. Dopo il commissariamento.

OCCHIONERO. Quando al ministro Goria venne l'idea di smantellare la struttura della Fedit, chiese preventivamente l'accordo delle banche per poter arrivare al commissariamento. Vi sono dunque riunioni preventive e successive al commissariamento. Ho l'impressione che alla costituzione del governo Andreotti nel 1991, il ministro Goria si pose il problema della Federconsorzi. Dagli atti si evince che vi sono state diverse riunioni a livello tecnico e politico, la cui premessa era l'accordo dei maggiori creditori italiani, in modo particolare delle banche: si intendeva arrivare alla liquidazione volontaria della Fedit con il consenso delle banche. Dopo il commissariamento e l'accelerazione del processo di smaltimento vi sono state due riunioni presso l'ABI.

GERONZI. Il commissariamento è avvenuto il 17 maggio 1991; successivamente vi sono state due riunioni presso l'ABI, nelle quali si è discusso delle ipotesi prospettate dal Ministro e dai commissari.

OCCHIONERO. Le ripeto le mie domande: quanto è stato ricavato dalla vendita degli immobili? Se nell'accordo era previsto il recupero di 2.000 miliardi dovuti dallo Stato da parte della società, perché la società ad un certo punto della trattativa, dopo il coinvolgimento dei magistrati, vi ha rinunciato? Le singole società creditrici vi hanno rinunciato? Accanto alla proposta del professor Capaldo c'erano altre proposte sul tavolo del Ministro relative alle prospettive di questo settore?

GERONZI. Risponderò all'ultima domanda, per escludere le altre: non so se sul tavolo del Ministro potessero esservi diverse proposte. OCCHIONERO. Sarebbero state pubbliche.

GERONZI. Mi dispiace, ma non ne ero a conoscenza. La S.G.R. è una società autonoma, è gestita dal suo consiglio di amministrazione; il presidente e i membri del consiglio di amministrazione saranno ascoltati dalla Commissione. Io non posso dare soddisfazione a queste domande.

OCCHIONERO. La Banca di Roma ha propri uomini all'interno del consiglio di amministrazione della S.G.R.?

GERONZI. Certamente.

OCCHIONERO. Questi uomini riferiscono dunque all'interno di una struttura.

GERONZI. Sì, riferiscono, ma non quotidianamente.

OCCHIONERO. Riferiscono sulle linee principali, sulle vendite eventuali, sul ricavato ottenuto dalle vendite. GERONZI. Non so risponderle. Le relazioni sono redatte annualmente e in questo periodo, tra l'altro, non sono state presentate perché la procura di Perugia ha bloccato ogni attività. Il professor Carbonetti, che è il presidente della società, sarà ascoltato dalla Commissione; perché debbo parlare di cose che non conosco? Sarebbe una scorrettezza nei confronti dei miei colleghi e della Commissione.

Non conosco il processo di avanzamento del recupero. Se vuole, onorevole Occhionero, le invierò una nota in cui sia fotografata la situazione ad una certa data. Non seguo tale vicenda personalmente; c'è un consiglio di amministrazione che opera autonomamente. Noi registriamo periodicamente l'attività, ma non sono in grado di darle le indicazioni che mi chiede.

OCCHIONERO. Mi scusi l'insistenza: la Banca di Roma è esposta per 100 miliardi nei confronti dei consorzi agrari. Se il Governo, con una disposizione contenuta nella manovra finanziaria, rende esigibili queste somme, la banca da lei diretta si avvale o no della facoltà di recuperare il dovuto da parte dei consorzi agrari?

GERONZI. Non so. Sono attività specifiche di una società che opera autonomamente a latere. OCCHIONERO. La società ha già rinunciato; lei rinuncia?

GERONZI. Non ho il potere di decidere alcunché; spetta al consiglio di amministrazione assumere questa decisione.

OCCHIONERO. Nella manovra finanziaria per il 1998 è stata già inserita una disposizione per rendere esigibili crediti che la manovra finanziaria per il 1999 quantifica in 500 miliardi. GERONZI. Non so rispondere; non ne sono a conoscenza.

OCCHIONERO. Non voglio insistere; come ha detto il presidente Mancuso non è nostro compito dichiarare se siamo soddisfatti o no.

GERONZI. Nel mio animo non vi è la volontà di rendere insoddisfatta la sua domanda. Ammetterà che sono il presidente di una banca con 24.000 dipendenti, 1600 sportelli e 3.000 uffici. Ci saranno persone che si occupano di tale questione; un mio funzionario potrebbe risponderle. Mi creda: queste domande può rivolgerle con assoluta serenità al dottor Carbonetti, che è il presidente di questa società. Se avrete tempo per audirlo, vi potrà fornire la situazione – se mi è consentito dirlo – al minuto.

Resta fermo che da parte della banca le aspettative erano quelle che il compito della S.G.R. fosse quello di recuperare i crediti e basta. Mai e poi mai ci siamo sognati di fargli svolgere attività speculativa, mai e poi mai abbiamo pensato che fosse possibile. Ripeto che semmai molte banche esprimevano il dubbio che compiendo questa operazione si aggiungessero quattrini buoni a quattrini che ormai erano andati perduti.

BORTOLOTTO. Forse formulerò delle domande ingenue perché non ho competenza specifica in materia.

Non mi interessa il procedimento in corso; mi rivolgo a lei come presidente di una banca che aveva un forte credito verso Agrifactoring, circa 400 miliardi, che è stato "postergato" a quello di alcune banche estere. Due anni fa le è stata posta la domanda se questo credito era stato recuperato o era andato perduto. Lei allora non era in grado di rispondere perché non aveva con sé i relativi documenti. Ha potuto approfondire questo aspetto: alla fine questo credito è rientrato oppure no?

La seconda domanda riguarda i meccanismi della S.G.R.. I maggiori creditori che hanno dato vita a tale società immagino abbiano acquistato in blocco i beni investendo ulteriori risorse. Qual è la quota investita dalla sua banca?

Anch'io avrei posto la domanda che le è stata posta prima su quanto denaro è rientrato fino ad oggi e di quanto contate di rientrare complessivamente. Ci interessa sapere chi ci ha rimesso e chi ci ha guadagnato in questa operazione. L'accertamento delle responsabilità penali spetta ad altri, ma vorremmo sapere che fine ha fatto o farà il denaro pubblico che è stato utilizzato per anni in questa operazione.

Voi avete investito una cifra per acquistare i beni relativi a questo fallimento. Immagino che con questo denaro siano stati tacitati alcuni creditori. Alla fine la proprietà di questa società S.G.R. dovrebbe consentire di rientrare di una parte delle cifre impiegate. Mi può riassumere in modo più preciso questo progetto? Vorremmo capire quanto è stato investito da parte della sua banca. GERONZI. Alla società hanno partecipato in proporzione al debito rappresentato le cosiddette banche promotrici, che sono parecchie. Credo che noi avessimo una quota all'incirca del 15 per cento. Quindi l'investimento che noi abbiamo effettuato è stato pari al 15 per cento del capitale della società creata.

Inoltre c'è stato anche un parziale investimento immediato perché – adesso non ricordo bene le percentuali – al tribunale veniva pagato il corrispondente ammontare, valutato per i beni acquisiti, per una quota immediatamente e, poi, per due quote successive in forma dilazionata. Questo perché si riteneva in buona sostanza che cominciando rapidamente l'operazione di smobilizzo addirittura la società avrebbe potuto autofinanziarsi, cioè vendere e al tempo stesso alimentare la propria attività, continuare a vendere e nel frattempo pagare le rate previste alla procedura fallimentare. Quindi è stata un'operazione abbastanza semplice sotto questo profilo, che non ha richiesto molti capitali, se non quelli che erano necessari per avviare la procedura. Non so quale fu l'ammontare iniziale pagato, però ripeto che questo non fa parte delle vicende che noi come banca seguiamo perché, una volta partecipato alla società, questa ha vissuto autonomamente.

BORTOLOTTO. Avete pagato voi la cifra iniziale. Almeno questa la ricorderà. GERONZI. L'abbiamo finanziata. Comunque non ricordo la cifra. Una volta costituita la società alla sua gestione pensano gli organi societari. Non ricordo – e questo è male – l'ammontare della prima tranche che abbiamo erogato e che era proporzionale al nostro 15 per cento. Per quanto riguarda Agrifactoring, noi abbiamo "postergato" il nostro credito. Tenete presente che tutto dipende da come Agrifactoring vanta i propri crediti nei confronti della Federconsorzi. Con tutta probabilità la perdita è quasi certa, perché Agrifactoring pagherà prima i crediti privilegiati, poi le banche straniere e quello che resta – se resta – lo prenderanno i "postergati". Attualmente non appare restare granché.

PRESIDENTE. Dottor Geronzi, mi riferisco alla domanda relativa al sistema di garanzie di cui godeva la Federconsorzi, dovuto al fatto che si trattava di un ente ritenuto quasi di diritto pubblico. Non era noto a tutti, per lo meno alla sua banca, che lo Stato da decenni si rifiutava di pagare gli ammassi e quindi il sistema di garanzie che Fedit poteva vantare per essere quasi un ente di Stato veniva meno per questo rifiuto sistematico di far fronte ai debiti derivanti dagli ammassi? GERONZI. Quello degli ammassi è stato un problema che si è protratto per tanti anni. Il fatto che non venissero pagati gli ammassi non faceva venir meno la considerazione che si trattasse di un ente pubblico o para pubblico. Non dimentichiamo che il collegio sindacale era nominato dal Ministero dell'agricoltura. La legge istitutiva del 1948 lo considera un'ente ad attività prevalentemente di servizio pubblico.

PRESIDENTE. Non era per voi un campanello d'allarme il fatto che lo Stato non facesse fronte a questi debiti?

GERONZI. Era una discussione continua con lo Stato. Noi con lo Stato abbiamo sempre avuto problemi per quanto riguarda le esattorie. Lo Stato non è stato mai un interlocutore facile bensì conflittuale. PRESIDENTE. Nel bilancio del Banco di Santo Spirito, di cui era direttore generale, e poi in quello della Banca di Roma, di cui è diventato presidente, questi crediti come venivano dichiarati secondo le classificazioni della Banca d'Italia? GERONZI. Con le opportune rettifiche.

PRESIDENTE. Intendevo, in quale voce di bilancio?

GERONZI. Credo si tratti di crediti in ristrutturazione, ma non lo so con certezza.

PRESIDENTE. Un'ultima domanda: i crediti nei confronti della Fedit o di Agrifactoring avevano comportato assunzioni di debiti nei confronti di banche estere da parte del Banco di Santo Spirito, oggi Banca di Roma? In caso positivo, quali? GERONZI. Vi fu la postergazione.

PRESIDENTE. Nient'altro?

GERONZI. Fu anche un modo per ripristinare il buon nome del nostro paese dopo le vicende della BNL di Atlanta e dell'EFIM. PRESIDENTE. Dottor Geronzi, desidero approfittare della sua pazienza per controllare alcune date che ho ricavato da una memoria scritta dal professor Capaldo. La prima è quella del 13 giugno 1991, data in cui il ministro Goria avrebbe sollecitato l'ABI a costituire una società.

GERONZI. Fu una delle due riunioni cui prima ho fatto riferimento. PRESIDENTE. Mi risulta poi, come intervento dell'ABI, che il 14 maggio 1992 vi fu una riunione dei maggiori creditori, su invito del presidente del Banco di Santo Spirito. Il verbale di questa riunione fu inviato alla Banca d'Italia perché, con nota dell'8 maggio 1992, il Banco di Santo Spirito aveva richiesto il nulla osta all'operazione, che fu concesso il 18 giugno 1992; vorrei sapere se queste date sono esatte.

GERONZI. Signor Presidente, la riunione del maggio del 1992, su invito del presidente del Banco di Santo Spirito, a cui lei fa riferimento si sarebbe tenuta in sede ABI?

PRESIDENTE. Per quello che mi risulta, sì.

GERONZI. Credo che sarebbe meglio verificare questa circostanza; secondo me questa riunione è avvenuta al Banco di Santo Spirito.

PRESIDENTE. Nella citata memoria del professor Capaldo si legge: "Della spinosa questione ebbe modo di occuparsi dapprima l'ABI, in sede di comitato esecutivo (giugno 1991), e quindi le banche e i maggiori creditori non bancari, allo scopo di trovare una soluzione conveniente al problema e scongiurare così i gravi danni che sarebbero potuti derivare a tutti da una procedura prevedibilmente lunga ed estremamente complessa. I maggiori creditori si riunirono il 14 maggio 1992 su invito del presidente del Banco di Santo Spirito e una possibile soluzione fu individuata in un'iniziativa che favorisse la liquidazione in tempi brevi delle attività della Federconsorzi". Dove si svolse questa riunione?

GERONZI. Non mi sembra proprio che si tratti di un'iniziativa dell'ABI, si tenne dunque al Banco di Santo Spirito; fu una delle due riunioni cui ho fatto più volte riferimento: a questa parteciparono le banche italiane e alla seconda le banche estere. PRESIDENTE. Non essendovi altre domande, ringrazio il dottor Geronzi per la disponibilità dimostrata nei confronti della Commissione e dichiaro conclusa l'audizione.

Avverto che - come comunicato in apertura di seduta - per decisione dell'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi e dai coordinatori, la Commissione si riunirà domani, mercoledì 2 giugno 1999, alle ore 19,30, per procedere all'audizione del dottor Gianmario Roveraro.

I lavori terminano alle ore 21,30.