Asolani/Libro secondo/XXXI

Libro secondo - Capitolo XXXI

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Ma tornando alle nostre dolcezze, dico che sì come quanta sia la bellezza del dì, allora più interamente si comprende, qualora più allo ’ncontro quanti sieno gl’incommodi della notte si considera sottilmente, così per aventura gli amorosi giuochi più aperti ci si verranno dimostrando e più chiari, se noi alquanto alla vita di quelli che non amano porrem mente. Perciò che essi primieramente niuna vaghezza tenendo di se medesimi, sì come coloro che non hanno a cui piacere, di niuna cortese maniera cercano d’adestrar la loro persona, ma così abandonatamente la portano le più volte, né capello, né barba, né dente ordinandosi, né mano, né piede, come se ella non fosse la loro. Male e disagiatamente vestono, abitano disordinati e maninconosi. Né famiglia, né cavallo, né barchetta, né giardino hanno essi, che così non paia piagnere come fanno i loro signori. Essi non hanno amicizie, essi non hanno compagnie. Né sono giovati da gli altri, né essi giovano altrui. Né dalle cose, né da gli uomini pigliano o danno frutto alcuno. Fuggono le piazze, fuggono le feste, fuggono i conviti, ne’ quali se pure alcuna volta s’avengono dalla necessità o dalla loro sciagura portati, né costume, né parlare, né accoglienza, né motto, né giuoco hanno essi, che villano e salvatico non sia. Né di prosa sovien loro, né di verso. Veggono, ascoltano, pensano tutte le cose ad un modo. E in brieve, sì come essi di fuori vivono pieni sempre di mentecattaggine e di stordigione, così vive l’anima in loro. A’ quali se voi dimandaste chenti sono le dolcezze e il frutto che essi sentono del loro vivere dì per dì, essi si maraviglierebbono che voi parlaste in questa maniera, e risponderebonvi che voi avete buon tempo, ma che essi già altro che noie e rincrescimenti e fatiche non sentirono della lor vita giamai. Ma se voi ad amanti ne dimandaste, essi per aventura in altra guisa vi risponderebbono e direbbono così: O donne, che è quello che voi ci dimandate? Senza numero sono i nostri avanzi e le nostre dolcezze e non si possono raccontare. Perciò che incontanente che Amore con gli occhi d’alcuna bella donna primieramente ci fiere, destasi l’anima nostra, che infino a quella ora è giaciuta, tocca da non usato diletto, e destandosi ella sente destare in sé un pensiero, il quale d’intorno alla imagine della piaciuta donna con maravigliosa festa girando, accende una voglia di piacerle, la quale è poi d’infinite gioie, d’infiniti beni principio. Mirabile cosa è ad estimare gli occulti raggi di questo primo disio, quali essi sono. Perciò che non solamente ogni vena empiono di soavissimo caldo e tutta l’anima ingombrano di dolcezza, ma ancora gli spiriti nostri raccendendo, che senza Amore si stanno a guisa di lumi spenti, di materiali e grosse forme ci recano ad essere uomini aveduti e gentili. Con ciò sia cosa che per piacere alle nostre donne e per la loro grazia e il loro amore acquistare, quelle parti che più lodarsi ne gli altri giovani sentiamo, sovente cerchiamo d’aver noi, acciò che per loro più riguardevoli tra gli altri uomini e più pregiati divenuti, più altresì alle nostre donne gradiamo. Onde in poco spazio tutte le prime rustichezze lasciate e di dì in dì e d’ora in ora più di gentili costumi apprendendo, quale si dà all’armeggiare, quale ad usar magnificenze si dispone, quale ne’ servigi delle corti a gran re e a gran signori si fa caro, quale a cittadinesca vita s’adordina, nelle onorate bisogne della sua patria e in cortesie il tempo che gli è dato ispendendo, e quale, a gli studi delle lettere volto il pensiero, o le historie de gli antichi leggendo, se stesso con gli altrui essempi fa migliore e diviene simile a loro o, nell’ampissimo campo della filosofia mettendosi, e in dottrina e in bontà come albero da primavera cresce di giorno in giorno, o pure nel vago prato entra della poesia e quivi, ora in una maniera e ora in altra, cantando tesse alla sua donna care girlande di dolcissimi e soavissimi fiori. Quale poi, di più abondevole ingegno sentendosi o da più alto amore sollecitato, di diversi costumi s’anderà ornando, d’arme, di lettere, di cortesie e d’altre parti insieme tutte lodate e pregiate; onde egli quasi un celeste arco, di mille colori vestito, vaghissimo si dimostrerà a’ riguardanti. In questa maniera ciascun per sé, mentre d’esser cari ad una sola donna s’ingegnano, si fanno da tutti gli uomini per valorosi tenere e per da molto; dove se dallo spron d’Amore punti non fossero stati, per aventura conosciuti non sarebbono da persona o, per dir più il vero, non si conoscerebbono essi stessi. Così quello, che né battitura di maestro, né minaccie di padre, né lusinghe o guiderdoni, né arte o fatica o ingegno o ammaestramento alcuno non può fare, fallo Amore spesse volte agevolmente e dilettevolmente.