Libro secondo - Capitolo XX
Né pure il nascere solamente dà a gli uomini Amore, o donne, che è il primo essere e la prima vita, ma la seconda ancora dona loro medesimamente, né so se io mi dico che ella sia pure la primiera, e ciò è il bene essere e la buona vita, senza la quale per aventura vantaggio sarebbe il non nascere o almeno lo incontanente nati morire. Perciò che ancora errarebbono gli uomini, sì come ci disse Perottino che essi da prima facevano, per li monti e per le selve ignudi e pilosi e salvatichi a guisa di fiere, senza tetto, senza conversazione d’uomo, senza dimestichevole costume alcuno, se Amore non gli avesse, insieme raunando, di comune vita posti in pensiero. Per la qual cosa ne’ loro disiderii alle prime voci la lingua snodando, lasciato lo stridere, alle parole diedero cominciamento. Né guari ragionarono tra loro, che essi, gli abitati tronchi de gli alberi e le rigide spilunche dannate, dirizzarono le capanne e, le dure ghiande tralasciando, cacciarono le compagne fiere. Crebbe poi a poco a poco Amore ne’ primi uomini insieme col nuovo mondo e, crescendo egli, crebbero l’arti con lui. Allora primieramente i consapevoli padri conobbero i loro figliuoli da gli altrui, e i cresciuti figliuoli salutarono i padri loro; e sotto il dolce giogo della moglie e del marito n’andarono santamente gli uomini legati con la vergognosa onestà. Allora le ville di nuove case s’empierono, e le città si cinsero di difendevole muro, e i lodati costumi s’armarono di ferme leggi. Allora il santo nome della riverenda amicizia, il quale onde nasca per se stesso si dichiara, incominciò a seminarsi per la già dimesticata terra e, indi germogliando e cresciendo, a spargerla di sì soavi fiori e di sì dolci frutti coronarnela, che ancora se ne tien vago il mondo; come che poi, di tempo in tempo tralignando, a questo nostro maligno secolo il vero odore antico e la prima pura dolcezza non sia passata. In que’ tempi nacquero quelle donne, che nelle fiamme de’ loro morti mariti animosamente salirono, e la non mai bastevolmente lodata Alceste, e quelle coppie si trovarono di compagni così fide e così care, e dinanzi a gli occhi della fiera Diana fra Pilade e Oreste fu la magnanima e bella contesa. In que’ tempi ebbero le sacre lettere principio, e gli amanti accesi alle lor donne cantarono i primi versi. Ma che vi vo io di queste cose, leggiere e deboli alle ponderose forze d’Amore, lungamente ragionando? Questa machina istessa così grande e così bella del mondo, che noi con l’animo più compiutamente che con gli occhi vediamo, nella quale ogni cosa è compresa, se d’Amore non fosse piena, che la tiene con la sua medesima discordevole catena legata, ella non durerebbe, né avrebbe lungo stato giamai. È adunque, donne, sì come voi vedete, cagion di tutte le cose Amore; il che essendo egli, di necessità bisogna dire che egli sia altresì di tutti i beni, che per tutte le cose si fanno, cagione. E perciò che, come io dissi, colui è più giovevole che è di più beni causa e di più maggiori, conchiudere oggimai potete voi stesse che giovevolissimo è Amore sopra tutte le giovevolissime cose. Ora parti egli, Perottino, che a me non sia rimaso che pigliare? o pure che non sia rimasa cosa, la quale io presa non abbia? -