Capitolo VIII

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VII IX


Il senso del bello non essendo che il fiore del senso del conveniente, e la convenienza più intera dovend’essere quella ch’è colta dalla virtù, la qual compone le interiori e le esteriori facoltà in tranquilla e però più costante armonia; e non potendo il senso del conveniente essere turbato dal raziocinio se non quando del raziocinio s’abusi; ognun vede che il virtuoso e il pensatore, quand’anco non si faccia esperto del bello, deve sentirlo in se stesso e ne’ menomi suoi atti ritrarlo. E il senso appunto del conveniente era notabile sì nelle parole e sì ne’ portamenti del nostro Rosmini; chè nulla in lui di smodato, nulla di triviale, nulla di ricercato; ma la scienza e quello spirito di virtù che i Cristiani con potente parola dicono Grazia non toglieva a’ moti spontanei della natura, anzi alle doti naturali aggiungeva. Gli uomini curanti di vanamente piacere ad altrui per soddisfare a sè stessi, corrono, massime di questi tempi, pericolo di due affettazioni contrarie, che talvolta si confondono in una, e dello studio stesso del conveniente fanno deformità mostruosa; dico l’affettazione del decoro e della dignità, e l’affettazione della famigliarità e del comune, di quella popolarità tanto decantata e frantesa tanto. Il Rosmini era ne’ modi suoi famigliare insieme e dignitoso senz’ombra d’affettazione; così come nelle parole modesto senza viltà, nel vestire semplice fino in gioventù con mondezza, senza porre la santità nella stranezza dell’abito o nella lordura, come certuni fanno. E se avesse potuto, istituendo una società nuova, darle foggia di vestire comune non solo a’ semplici preti ma a tutti gli uomini (come sarebbe forse desiderabile che tutti i sacerdoti, con solo un picciol segno del loro ministero, l’avessero, e come un tempo l’avevano), credo l’avrebbe fatto. Perchè la singolarità del vestire è segno sovente a odii e scherni, non evita gli scandali ma li provoca; e non accresce venerazione di per sè sola, foss’anche agli occhi di tutti veneranda.