Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/302
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Anno di | Cristo CCCII. Indizione V. MARCELLINO papa 7. DIOCLEZIANO imperadore 19. MASSIMIANO imperadore 17. |
FLAVIO VALERIO COSTANZO CESARE per la quarta volta e CAIO VALERIO MASSIMIANO CESARE per la quarta.
Nummio Tosco esercitò in quest’anno la carica di prefetto di Roma. Gran carestia si patì in Oriente, ed arrivò ad una esorbitanza il prezzo de’ grani2842. Nel ripiego che prese in tal congiuntura Diocleziano, si desiderò la prudenza; imperciocchè ordinò che ad un prezzo mediocre si vendesse il grano: dal che venne che i mercanti non ne vendevano più, nè faceano venirne da lontani paesi: sicchè crebbe di lunga mano la penuria e la fame, e succederono sedizioni ed ammazzamenti, con essere in fine costretto l’imperadore a levar quella tassa, e a lasciare che il mondo per questo conto si governasse da sè stesso. Può essere che tale carestia si stendesse anche allo Egitto, paese per altro scelto a pascere gli altri coll’abbondanza sua. Certamente abbiamo dalla Cronica di Alessandria2843 e da Procopio2844 che Diocleziano assegnò alcuni milioni di misure di grano, da darsi annualmente in dono ai poveri di quel paese, con distribuirlo per famiglie: liberalità che durò sino ai tempi di Giustiniano Augusto, e sotto di lui cessò. Abbiamo da Aurelio Vittore2845 che furono dai due Augusti pubblicate delle giustissime leggi per la quiete pubblica e buono stato delle città, e sopra tutto fu abolito l’uffizio dei frumentarii, cioè di spie, ossia d’inspettori, che si mandavano nelle provincie per indagare se v’erano movimenti, abusi e doglianze. Sembra che sul principio un tal impiego fosse onorevole, e ne ridondasse buon utile al pubblico, perchè, informati gli Augusti dei disordini occorrenti, vi rimediavano. Ma nel progresso del tempo, giusta il costume delle umane cose, il buon istituto degenerò in una vera peste; perchè costoro, con inventar mille false accuse, assassinavano chiunque lor non piaceva, o non si comperava la loro amicizia; e facendo paura anche ai più lontani, mettevano in contribuzione tutti i paesi. Inoltre buoni regolamenti furono fatti per mantenere l’abbondanza de’ viveri in Roma, e perchè puntualmente fossero pagate le milizie e promosse le persone meritevoli, e gastigati i malfattori. Finalmente si continuò a cingere di belle e forti mura la città di Roma, e ad abbellir l’altre città con delle nuove e magnifiche fabbriche: il che particolarmente fu fatto in Cartagine, Nicomedia e Milano. Fra gli altri suntuosi edificii Massimiano Erculio Augusto in questa ultima città fece fabbricar le terme, o vogliam dire i bagni, che presero la denominazione da lui. Ne fa menzione Ausonio2846 nella descrizion delle primarie città. Non si può negare, v’erano motivi per poter appellar felice allora lo stato dell’imperio romano; ma, siccome aggiugne lo stesso Aurelio Vittore, neppure allora mancavano pubblici guai e sconcerti. La nefanda libidine di Massimiano Erculio2847 Augusto cagionava non pochi lamenti, non perdonando egli neppure agli ostaggi; e Diocleziano, per non isconciar la quiete e gl’interessi suoi proprii, nè
rompere la concordia con esso Massimiano e con Galerio Cesare, chiudeva gli occhi, lasciando far loro quanto volevano d’ingiustizie e prepotenze. Peggio ancora operò nell’anno seguente, come fra poco vedremo.