Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/114

Anno 114

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Anno di Cristo CXIV. Indizione XII.
Alessandro papa 7.
Trajano imperadore 17.


Consoli


Quinto Ninnio Hasta e Publio Manilio Vopisco.


Gran disavventura è stata che uno de’ più gloriosi imperadori che s’abbia avuto Roma, quale ognuno confessa Trajano, con un regno fecondo di tante belle imprese, e di sì grandi uomini, qual fu il suo, non sia passato a noi con esatta e convenevole storia della vita e delle azioni di lui. Non mancò già agli antichi secoli una tale storia, anzi più d’una ve ne fu, attestando Lampridio1, avere Mario Massimo, Fabio Marcellino, Aurelio Vero e Stazio Valente scritta la di lui vita, ed asserendo Plinio2 il giovane, che Caninio era dietro a descrivere la guerra dacica. Pure tutti questi scritti son rimasti preda del tempo, e son periti i libri di Arriano che avea descritte le guerre dei Parti; sicchè altro a noi non resta che il compendio di Dione, fatto da Giovanni Sifilino, da cui si possano ricavar le imprese di Trajano, ma appena abbozzate, e senza poterne noi trarre i tempi distinti, in cui furono fatte. Perciò solamente a tentone andiamo riferendo a questo e a quell’anno le di lui imprese, senza poterne fondatamente assegnare il tempo preciso. Sia dunque ch’egli nel precedente anno compiesse la conquista di tutta l’Armenia, o che ciò avvenisse in parte ancora del presente, certo è, per testimonianza di Dione3, che sparsasi maggiormente la fama del di lui valore, e de’ suoi acquisti per l’Oriente, i re e i principi circonvicini vennero ad assoggettarsi all’aquile romane, oppure a chiedere amicizia e pace. Diede egli un re[p. 420] ai popoli Albani4; e i re dell’Iberia, de’ Sauromati, del Bosforo e della Colchide gli prestarono giuramento di fedeltà. Avea notato Plinio5, che Trajano, se volea ricrearsi talvolta dalle applicazioni e fatiche del governo, non passava già a divertimenti puerili di giuoco, meno poi ad altri di maggior vergogna, perchè illeciti e scandalosi, ma a passatempi faticosi, per tenere in esercizio il corpo, e giovare alla sanità. Il cavalcare, la caccia erano i suoi trastulli; e se si trovava vicino al mare o ai fiumi, solea talvolta far da piloto in una nave, e mettersi a remigare, facendo a gara co’ suoi cortigiani a chi meglio sapea esercitar quel duro mestiere in romper l’onde e passare gli stretti. Non operò di meno questo saggio imperadore in Levante, insegnando coll’esempio suo ai soldati l’amore e la tolleranza delle fatiche6. Marciava anch’egli a piedi, e al pari d’essi passava a piedi i guadi dei fiumi. Ordinava egli in persona i soldati nelle marcie, e camminava innanzi, come un semplice uffiziale. Teneva molte spie, per saper nuove de’ nemici, e talora ne spargeva egli delle false, per avvezzar la milizia ad ubbidir con prontezza, a star vigilante e preparata sempre con coraggio a tutti i pericoli ed avvenimenti. Son di parere il Mezzabarba e monsignor Bianchini, che Trajano conquistasse in quest’anno l’Assiria, perchè in una sua medaglia si legge ASSYRIA IN POTESTATEM POPVLI ROMANI REDACTA. Ma quella medaglia si può riferire ai due seguenti anni, non avendo caratteristica particolare dell’anno presente; e da Dione, secondo me, si ricava che più tardi succedette l’acquisto dell’Assiria, o sia della parte della Soria che allora era posseduta dai Parti.

  1. Lampridius, in Vita Alexandri Severi.
  2. Plin., lib. 8, ep. 4.
  3. Dio., lib. 68.
  4. Eutrop., in Breviar.
  5. Plinius, in Panegyrico, c. 81.
  6. Dio., lib. 68.