Andria/Atto primo/Scena III
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DAVO.
- Davo
- INfine, infine, Davo, e’ non è tempo
Di starsi con le mani alla cintura;
Ch’ho bene ora sentito il pensiero
Del Vecchio circa queste nozze: oh, s’io
Non mi vi oppongo con qualche trovato
De’ miei, che saranno la rovina
Di me, e del padrone: Nè saprei
Che avermi a fare, o se ajutare Panfilo,
O se badare al Vecchio. S’io lo lascio
Nelle secche, ho paura, che sia trista
La vita sua; e se lo ajuto temo
Le minacce di questo; ch’è difficile
Il vendergli parole. In primo luogo
Già si è avveduto di cotesto amore,
E mi fa viso arcigno; ch’ei sta in dubbio,
Ch’io gl’imbrogli le nozze; e s’ei si accorge
Di tanto, io son diserto; e basta, che
Gli venga fantasia; ch’egli attaccandosi
A qualche sua cagione o dritta, o torta,
Mi caccia a rotta a volgere la macina.
A queste male venture, si aggiunge,
Che o sia moglie, o sia amica di Panfilo
Quest’Andriana è gravida; e bisogna
Sentir con che audacia hanno fra loro
Stabilito da matti, e non da amanti
Di allevarsi quel ch’ella partorisce;
E vanno componendosi una favola,
Che costei sia Cittadina di Atene.
Dicono, che vi fu un certo vecchio
Mercatante, che ruppe appresso l’ Isola
D’Andro, e si morì là; che il padre poi
Di Crisida raccolse costei, ch’ erasi
Scampata da quella burrasca, orfana,
E piccolina. Baje; a me non pajono
Aver gran mostra di vero: essi mo
Hanno diletto di tal trovamento.
Ma ve’ Misida qui, ch’ esce di casa
Di Gliceria. Oh, lasciami ire in piazza
A ricercar di Panfilo, e a dargliene
Avviso; acciocchè suo padre nol possa
Soppraggiunger così senza ripari.