Alcune prose giovanili/Alcune parole in memoria di mia sorella
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POCHE PAROLE
IN MEMORIA
DI MIA SORELLA.
Mia sorella aveva nome Maria: fu la cara compagna della prima mia età, e insieme andavamo a spasso, e contemplavamo il paese bello, e prendevamo piacere delle serene giornate e della amene campagne. Andandosene a marito, io, giovinetto in quel tempo, l’accompagnai per la via facendo festa, avvegnachè ora non intendo per quale causa lo faceva. Aveva la carnagione bruna, i suoi occhi vivaci lumeggiavano, e aveva un affettuoso parlare, e, prima di parlare, quasi per una gentile usanza, sorrideva. Aveva un temperamento di animo che io medesimo, che le fui fratello, non intendo, ma so che in generale quelli che lo hanno non sono le più contente creature del mondo. Sebbene costantemente sembrasse lieta, nonpertanto alcune volte era presa da malinconia, la quale non derivava da conoscimento, ma da molta nobiltà di animo che si sentiva male soddisfatto della vita. E nelle quete serate dell’inverno, quando quella cotale malinconia le veniva, con un bambolo nelle braccia, sola, passeggiava per lo verone, e guardava le nuvole che le passavano davanti, e le lontane lampe, e la silente campagna. Non fu molto tempo passato, e quel verone era solitario, e quel bambolo era portato fra le braccia di una estranea donna. Morì nel fiore più bello di giovinezza. Io non fui presente, non le dissi: Sorella mia, tu parti, Addio: ma, quando andai, trovai che ormai era passata, ed era come un bianco fiore bella a vedere.
Sorella mia più non vivi, non vedi la luce che io vedo, non respiri l’aria che io respiro; mi appari qualche volta fuggitivamente nei sogni, ma nella veglia non ti vedo più. La rondine tornò a fare il nido sotto il tuo tetto, ma tu non le componevi i fuscelli e non udivi il suo canto. La stanza dove soggiornavi è chiusa, e vi è perpetuo silenzio. Tu, cara compagna, passasti: tu dormi lontano dall’usato ostello, lontano dai tuoi cari, sotterra, sotto la croce del Signore.