Adiecta (1905)/III/XXVIII
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secondo anniversario
DELLA MORTE DI FELICE CAVALLOTTI
Folla briaca e stolta
che t’allegri al clamor del baccanale,
turba d’ignavi, ascolta
4che triste voce dalle tombe sale
e dice: — Ahi, d’altre grida
sonavano le vie quando vivemmo!
Sotto ben altra guida
8ben altre feste celebrar sapemmo!
Soffrir ci parve poco
quando l’amor d’Italia in cor ci nacque;
sfidammo il ferro e il foco
12e per la libertà morir ci piacque.
Reciso fior che langue,
il furor ci mietè delle tempeste,
ma voi, del nostro sangue,
16voi, della libertà che ne faceste?
O patria sventurata,
tu non sei dunque più che un nome vieto?
O libertà giurata,
20ti si può confiscar con un decreto?
Dunque in faccia vi suona
del prete vincitor beffardo il canto
e Roma vinta intuona
24le cupe salmodìe dell’Anno Santo?
Dunque l’onta e la fame
son guadagno de’ ladri alle masnade
e come fango infame
28tutto la maffia e la camorra invade? —
Ah, la tua tomba cheta
che una spada t’aprì, lascia per noi;
canta, civil poeta,
32di Leonida l’inno e degli eroi!
Alla pazzia feroce
scaglia le strofe tue come rampogna;
la generosa voce
36alza in faccia agli eroi della vergogna.
Vieni, poeta, e canta
la strofa di Tirteo viva e sonora....
Chi sa? Forse la santa
40fiamma in Italia non è spenta ancora!