Adiecta (1905)/III/VIII
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BANCA ROMANA
I.
Meglio, Trento, per te se dalle mura
sante aspettasti invano
il vessillo che i patti e la paura
4respinsero lontano.
Meglio, Trieste, indarno a queste sponde
tener l’anima fissa;
meglio indarno aspettar che lavin l’onde
8la vergogna di Lissa.
Deh, non cercate della madre il petto,
figlie aspettanti ancora,
poichè il fracido cancro ond’egli è infetto
12o uccide o disonora.
La madre, del vessillo a tre colori
s’è fatta un origliere
per fornicar, co’ suoi commendatori
16scappati alle galere.
Vende l’onore de’ suoi figli morti,
gioca le glorie avite
e fa copia di sé negli angiporti
20delle banche fallite.
Questa, questa è colei per cui sperate
cessar le vostre pene
ed essa per paura ha patteggiate
24fin le vostre catene;
ed essa, in Roma, penitente adora
la fraude vaticana
baciando la rea man che gronda ancora
28del sangue di Mentana....
Ah no, questo di vizi ampio carcame
che al bacio vil si prostra,
ah no, per Dio, questa bagascia infame
32non è la madre nostra.
Mentì chi ’l disse! O voi, dai fortunati
sepolcri ove dormite,
martiri nostri ormai dimenticati,
36levatevi e venite!
Voi che gridaste Italia e il piombo intanto
vi rompea la parola,
voi che ne confessaste il nome santo
40col capestro alla gola.
smascheratela voi la svergognata
che adulterò col prete;
dite a questa carogna incoronata
44che non la conoscete.
Altra è la sacra Italia, amor dei forti,
che un dì fu vostra cura.
Oh, destatela voi, poveri morti,
48se i vivi hanno paura!
Fate che torni e nella destra rechi
una spada infocata
contro questi ladroni obliqui e biechi
52che l’han vituperata.
Arda col foco suo fin che bisogna
questa stalla d’Augìa,
tagli col ferro la civil vergogna
56e la giustizia sia!