A Eugenia giovinetta di quattordici anni
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A EUGENIA
giovinetta di quattordici anni
Bella, innocente e florida
de’ tuoi quattordici anni,
quand’io ti veggo il cembalo
pensosa ricercar,
5creder non so che indocili
t’ardano occulti affanni,
cosí celeste l’anima
da’ tuoi begli occhi appar.
Ma forse intenta a compiere,
10qualche gentil pensiero,
alle movenze armoniche
schiudi tremando il cor,
e in quelle vaghe immagini,
lontana pur dal vero,
15provi paure e palpiti
che sembrano d’amor.
Oh giovinetta ingenua!
questa è l’etá piú bella,
che il vergin duol alternasi
20col vergine piacer.
Come sorride in limpido
rivo una bianca stella,
cosí nel ciel degli angeli
si specchia il tuo pensier.
25Son tua modesta gloria
semplici e casti vezzi,
un crin lucente, un abito
al par di te gentil;
tua gioia è nel domestico
30orto libar gli olezzi,
che dalle chiome esalano
del giovinetto april.
Tempo verrá che, ai vortici
sonanti della festa,
35ti splenderá di nitide
perle e di rose il crin;
ma, tediata e languida,
reclinerai la testa,
qual chi nel cor desideri
40di quelle gioie il fin.
E, dall’ingrato strepito
ridotta alla tua stanza,
note mescendo e lacrime,
tu canterai cosí:
45«Chi mi ti tolse, o facile
virtú della speranza?
chi mi ti rende, o memore
silenzio de’ miei dí?».
Cosí cantando, o povera
50figlia, al piacer che vola,
intenderai che un transito
d’ombre è la nostra etá.
Ma imparerai che provida
è del dolor la scola,
55perché animosi all’opere
belle il dolor ci fa.
Torna alle dolci musiche,
o giovinetta amante,
e i concitati numeri,
60misti co’ tuoi sospir,
sien come vago indizio
di melodie piú sante,
che da lontano echeggiano
per te nell’avvenir.