Zecchino di Papa Pio II attribuito a Foligno

Filippo Marignoli

1891 Indice:Rivista italiana di numismatica 1891.djvu Rivista italiana di numismatica 1891

Zecchino di Papa Pio II attribuito a Foligno Intestazione 7 ottobre 2011 75% Numismatica

Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1891
[p. 151 modifica]

COLLEZIONE MARIGNOLI1


A ROMA



I.


ZECCHINO DI PAPA PIO II ATTRIBUITO A FOLIGNO



D/PIVS II PONT MAX AN VI
Stemma dei Piccolomini.
R/+ DIRIGE • DNE • GRESSVS NROS • M +

Il Papa in abito pontificale a sinistra, siede a poppa di una nave benedicendo e tenendo colla sinistra un vessillo, prospiciente un’altare eretto a prora, con sopra il calice e l’Ostia santa.

Un esemplare di questo rarissimo zecchino venne messo in luce dal ripostiglio di Roma trovato nello [p. 152 modifica]scorso mese di settembre2 e ritenuto per unico, ed incertamente attribuito alla Zecca di Foligno. Io però già da parecchi anni ne possedevo altro esemplare nella mia Collezione e mi pare quindi giusto che a questo sia mantenuta la priorità della pubblicazione. Perciò mi decisi a scriverne alcuni cenni, valendomi anche e conformandomi in gran parte all’opinione scientifica gentilmente esternatami dall’esimio numismatico monsig. Milziade Santoni.

È una moneta di sommo interesse per la storia e di bellissima incisione per l’arte, della quale non sospettavasi prima la esistenza. È questo lo Zecchino o meglio Fiorino d’oro o ducato, nomi allora promiscuamente adoprati, fatto battere da Pio II prima di incamminarsi alla spedizione contro il Turco. Enea Silvio Piccolomini senese, asceso appena sul trono pontificio nell’agosto del 1458, si propose di correre in Oriente a vendicare il sangue latino vituperato cinque anni innanzi per la presa di Costantinopoli espugnata da Maometto II. Si diresse adunque a tutti i principi della Cristianità bandendo una nuova crociata e promettendo di mettersene a capo egli stesso. Cosi venne stabilito, lui presente nel congresso di Mantova sui primi del 1459, (ed io possiedo egualmente lo zecchino in tal circostanza coniato, ove si legge chiaramente la parola Mantova) e furono fissati quattro anni di tempo ai preparativi necessarii; sono memorande le sue parole ai Cardinali in Concistoro: «Noi siamo determinati di procedere noi stessi a capo della Crociata; e perciò [p. 153 modifica]non diremo più ai Principi, andate, ma venite. Noi ci collocheremo sulla poppa della nave; sulla sommità dello scoglio. di là leveremo le mani al Signore per domandargli vittoria, voi verrete con noi.»

Con altre lettere e con molti predicatori inviati dovunque ai fedeli di ogni nazione, li invita a soccorrere l’impresa con armi e con denaro; impone a chierici di pagare a tale scopo la decima parte delle loro rendite, ai giudei la ventesima, agli altri la trentesima, e indice a ritrovo il porto di Ancona per l’estate del 1464. Difatti, il giorno 18 giugno di questo anno, Pio II partì da Roma, e dopo un mese di viaggio faceva solenne ingresso in Ancona, seguito da tredici Cardinali, da molti vescovi e da duemila soldati. Colà fu ricevuto sontuosamente e a gran festa dai cittadini e dai moltissimi armati che lo attendevano, tutti animati dal più ardente desiderio di riuscire nella difficile impresa, e di uguagliare la gloria degli antichi Crociati. L’esempio inusitato incoraggiò gli altri regnanti di Europa e quasi tutti volonterosi si accinsero al viaggio, e si misero in assetto di guerra, o spedirono validi aiuti o rinforzi. Il giorno della partenza era vicino; si aspettavano i Veneziani, i quali con dodici galere capitanate dal doge Cristoforo Moro, entrarono in porto il 12 agosto fra le acclamazioni degli alleati e le benedizioni del Pontefice, che, sebbene già malato, volle assistere all’approdo della flotta. Ma tanta aspettazione e tanto entusiasmo dovevano riuscire vani, e la gioia convertirsi in grave lutto. Dopo due soli giorni Pio II cessava di vivere: la spedizione rimasta senza capo, senza anima, fu abbandonata, e i Cardinali in pensiero per la elezione del nuovo Pontefice offrirono al doge veneto 40,000 ducati e 4 galere papali perché provvedesse al da farsi d’intesa con Mathias re di Ungheria. [p. 154 modifica] Avendo in costume i Pontefici di tramandare la memoria dei più strepitosi avvenimenti del loro regno con medaglie e con monete, Pio II non tralasciò di farlo.

Trovo noti fin qui i due zecchini ricordati dal Mengozzi, dallo Zanetti, dal Selvaggi e dal Ginagli con l’epigrafe Vindica Domine sanguinem nostrum qui pro te effusus est, ed Exurgat Deus et dissipentur inimici ejus con la rappresentazione del Papa sedente sulla nave (Cinagli, pag. 52); non che il Giulio, o meglio Carlino o grosso con la stessa immagine ed il lemma Dirige Domine gressus nostros (Cinagli, ivi, n. 11-12) compresi nella mia Collezione, come pure lo zecchino per Mantova che si riferisce al medesimo periodo storico e dal Cinagli, (pag. 62, n. 8) mal letto, come dallo Zanetti, (2, 481); ma era affatto sconosciuto lo zecchino semplice, prima che io lo possedessi. Esso ha il diametro di 28 mm. ed il peso di grammi 3 e centig. 48, ed ha l’impronta come qui in testa riprodotta; osservando che l’anno sesto di pontificato segnato nella moneta corrisponde al 1464, nel quale si iniziò la spedizione che con queste tre specie di monete volle Pio II commemorare.

Ma di qual valente zecchiere sono desse lavoro ? Se la marca improntatavi avesse una attribuzione sicura, non dovremmo cercarne più oltre, ma la marca M con la croce sovrapposta che in esso vediamo, mentre dal Mengozzi, dallo Zanetti e dal Cinagli viene segnata all’Orfini di Foligno, per contrario viene dall’Amati attribuita con non spregevoli induzioni ai Migliori di Firenze. Tanto gli Orfini che i Migliori condussero le zecche degli Stati Papali; quelli a Foligno, a Gubbio, a Roma; questi a Roma, in Ancona e Macerata e quasi nelle stesse epoche. Ma Miliano di Piermatteo Orfini non ebbe la zecca di Roma che dopo il 12 dicembre 1464, [p. 155 modifica]morto Pio II e la tenne fino al 1471, ed i Migliori l’avevano preceduto in quella condotta che lasciarono per assumere quella della marca. So bene che il Mengozzi per sostenere il suo concittadino Miliano, opina che le monete in parola fossero battute nella zecca di Foligno, dove forse sarebbe stato più facile far confluire il metallo da coniare e più agevole distribuirlo per il servizio dei Crociati che si andavano agglomerando in Ancona. Ma finché nuovi studi e documenti e confronti non recheranno maggior luce, mi contenterò di esaltare il merito artistico di queste monete, le quali veramente per tale requisito vanno in prima fila nella collezione delle pontificie.

Roma, Gennaio 1891.

Note

  1. Apriamo con quest’articolo una serie di pubblicazioni, di cui non potranno che rallegrarsi i lettori della Rivista. Il Comm. marchese Filippo Marignoli inaugura con quest’articolo l’illustrazione delle monete inedite della sua Collezione, e ognuno sa che si tratta della prima fra le Collezioni private d’Italia, riguardante le serie medioevali italiane.

    (N. d. Dir.)

  2. Gnecchi Ercole, Un ripostiglio di monete medioevali a Roma, «Riv. It. di Num.». Anno III, fase. IV. In quell’articolo però non si fa menzione di questo Zecchino di Foligno, che apparteneva al medesimo ripostiglio, ma che venne in luce solo dopo la pubblicazione del fascicolo.

    (N. d. Dir.).