Vita di Esopo Frigio/Capitolo IV

Capitolo IV

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Anonimo - Vita di Esopo Frigio (Antichità)
Traduzione dal greco di Giulio Landi (1545)
Capitolo IV
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C A P I T O L O IV.


MA come avvenire suole, che del mal fare lungamente non si gioisce, ritornato, che fu il Padrone dal bagno, addimandò, che se li recassero i fichi. Allora Agatopo, disse, Padrone io vi dirò pure il vero, e mi rincresce di dirvelo: Esopo, se gli ha tutti trangugiati. Quivi soggiunse il compagno: Padrone ve l’ho trovato io appunto sul fatto, e non puote negarlo: Io quanto potei, e seppi lo ripresi: ma le mie riprensioni nulla valsero. Ciò intendendo il Padrone tutto si accese d’ira, e fattolo a se chiamare, disse O arrogante, e scelerato, sì poca stima hai fatto di me; e tanto ardire avesti, che tu abbi quei bei fichi divorati, quali con tanto desio pensava di godermeli; vè lo ceffo, è bocchino da fichi. Se tu gli avrai mangiati, farotteli anco col tuo mal prò smaltire. Stavasi Esopo della novella attonito, nulla sapendo di ciò, che egli era ripreso, nè poteva per l’impedita lingua rispondergli, ed il delitto negare: Gli accusatori non potevano delle parole del Padrone, e della beffa per loro fatteli, contenere le risa, pur quanto potevano meglio il lor effetto dissimulando, incitavano il Signore a castigarlo, a cui piedi stando Esopo ignudo per esser battuto, pregò il Signore, più con gesti, che con parole, volesse delle battiture soprasedere alquanto, perciocchè ben tosto fargli e conoscere la innocenza sua, e con gli occhi veder colui, che i fichi mangiato avesse. Fermossi il signore, ed Esopo, alla cucina corse; donde avendo un vaso d’acqua tepida tolto, là dove era il Padrone [p. 9 modifica]portolla, e quivi alla sua presenza avendone una buona panciata bevuto, e poscia le dita in gola postesi, il vomito provocava, e non avendo altro in corpo, che l’acqua allora bevuta perciochè ancora a digiuno era, quella sola schietta, e pura ributtò fuori, e poscia con pietosi cenni, pregava il Signore, che parimente alli due accusatori facesse della tepid’acqua bere. Onde maravigliandosi dell’astuto partito d’Esopo volle, che gli altri due Servi così facessero, i quali sforzatamente, l’acqua bevettero, ma le dita di porsi in gola fingendo solamente per le torte vie delle mascelle si dimenavano. Non valse loro quella malizia, che poi, che ebbero l’acqua bevuta, e quella negli stomachi loro con i fichi diguzzandosi, e conturbandosi mosse per se stessa il vomito grande, e di così fatta maniera, che senza fare altra provocazione con le dita, i fichi, che senza masticarli, divorati avevano, al Signor tutti rendettero intieri, il quale vedendo di quei servitori la malvagità, e la falsa accusazione chiaramente conosciuta, deliberò che quel castigo, e pena, che ad Esopo ordinato aveva, a quei due bugiardi, golosi, ed infedeli, tre volte tanto dato loro fosse, e meritevolmente; perciocchè avendo eglino tre peccati ad un tratto commessi, l’uno della gola, l’altro dell’infedeltà, ed il terzo della bugia, e falso testimonio, a ciascuno particolar delitto particolar pena se gli conveniva.