Vera storia di due amanti infelici ovvero Ultime lettere di Iacopo Ortis (1912)/Lettera LIX

Lettera LIX

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LETTERA LIX

25 giugno.

— Perché parlar sempre di morte? — Si, o Lorenzo, sempre; e m’è forza il pascermi di questo dolce pensiero. Chi oserá di rapirmi l’unico e lieve conforto agli atroci miei mali? Invano l’uomo pacifico e di sangue freddo procura d’inspirare coraggio all’infelice! Tu, sano e robusto, sapresti far passare un solo filo di tua salute ad un moribondo arso da maligna febbre, in braccio di mortale agonia? E tale è il tuo dolce amico.

Il mio favorito passeggio è sovente sopra un selvaggio colle vicino, circondato da dieci lugubri cipressi: questo è l’altare in [p. 174 modifica] cui offro a Teresa ed all’Eterno i sacrifizi del mio pianto! Si scorge di lassú nella vailetta alcune piccole croci di legno, piantate sopra elevate zolle di terra: sono esse le semplici tombe dei defunti pastori. Sull’imbrunire della sera io mi arrampico spesso sul monte per contemplarle e pregar pace agli estinti.

          . . . . . . . Campo di morte,
          io ti saluto: e voi, abitatrici
          di que’ cipressi, ombre notturne; e voi,
          funeree larve; e voi, sepolcri orrendi,
          saluto io pur: con piè tremante innoltro,
          e su le tombe prenderò riposo.
          Qui non copre le tombe altero marmo,
          né di figure effigiato il sasso
          copre del contadin l’ignobil polve:
          ignoto ei visse, e inonorate l’ossa
          giaccion senza memoria e senza un carme
          che di lui faccia fè. Sol qualche croce,
          qualche fastel d’erbe odorose, asperso
          testé di mobil pianto, il cener segna
          d’un giovinetto amante, e d’uua sposa
          la tomba addita di languenti rose
          tessuta una ghirlanda!1.

Non lungi un cipresso, io lessi, scolpita in una rozza pietra sepolcrale, la seguente iscrizione:

Per troppo amare altrui, son ombra e polvere!

— O pastor sventurato! — gridai: — ben anche tu provasti cosa sia amore. Frappoco ti sarò compagno: m’attendi! — Baciai piú volte ferventemente quel sasso, lo rigai di lagrime e partii.

Lorenzo, Lorenzo! quella funerea iscrizione è la mia ultima sentenza.

  1. Zaccaria, La notte.