Un curioso accidente/Atto II

Atto II

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Atto I Atto III

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ATTO SECONDO.

SCENA PRIMA.

Camera di Madamigella Giannina.

Madamigella Costanza a sedere.

Chi avrebbe mai potuto pensare, che monsieur de la Cotterie avesse tanta inclinazione per me? Egli è vero, che mi ha usate sempre delle onestà, e volentieri trattava meco; ma segni di grand’amore non posso dire d’averne avuti. Io sì l’ho amato sempre, e non ho avuto coraggio di manifestare la mia passione. Dunque, per la ragione medesima, posso lusingarmi che egli ardesse al pari di me e fosse al pari di me ritenuto. Veramente un uffizial vergognoso è una cosa strana, e peno a crederlo tuttavia. Pure se monsieur Filiberto l’ha detto, avrà avute le sue ragioni per dirlo, e mi giova il crederlo, fìnch’io non abbia delle prove in contrario. Eccolo qui davvero il [p. 146 modifica] vezzoso mio militare.... Ma è seco madamigella Giannina. Costei non ha mai permesso che siamo soli un momento. Sospetto ch’ella possa essere mia rivale.

SCENA II.

Madamigella Giannina, Monsieur de la Cotterie,
e detta che si alza.

Giannina. Accomodatevi, madamigella. Scusatemi se ho dovuto alcun poco lasciarvi sola. So che siete assai buona per compatirmi, e poi ho qui meco persona che saprà conciliarmi il vostro compatimento. (accennando monsieur de la Cotterie)

Costanza. In casa vostra non avete a prendervi soggezione di una vera amica. Mi è cara la vostra compagnia, senza vostro incomodo.

Giannina. Sentite, signor tenente? Vi pare che le nostre Olandesi abbiano dello spirito?

Cotterie. Non è da ora che io ne son persuaso.

Costanza. Monsieur de la Cotterie è in una casa che fa onore alla nostra nazione, e s’egli ama le donne di spirito, di qui non può distaccarsi.

Giannina. Troppo gentile, madamigella. (inchinandosi)

Costanza. Vi rendo quella giustizia che meritate.

Giannina. Non disputiamo del nostro merito. Lasciamone la cognizione al signor tenente.

Cotterie. Se aveste bisogno di una sentenza, vi consiglierei di scegliere un giudice di miglior valore.

Giannina. Per verità, non può esser buon giudice chi è prevenuto.

Costanza. Ed oltre alla prevenzione, ha l’obbligo di riconoscenza verso la sua padrona di casa.

Giannina. Oh! in Francia le prime attenzioni si usano alle forestiere. Non è egli vero? (a Cotterie)

Cotterie. L’Olanda non è meno accostumata del mio paese.

Costanza. Che vale a dire, si distingue più chi più merita. [p. 147 modifica]

Giannina. E per questo fa maggiore stima di voi. (a Costanza)

Cotterie. (Questa conversazione vuole imbrogliarmi).

Costanza. Con licenza, madamigella.

Giannina. Volete andarvene così presto?

Costanza. Sono attesa da una mia zia. Le ho data parola di pranzare oggi con lei, e anticipar non è male.

Giannina. È ancor di buon’ora. Vostra zia è avanzata; la troverete forse nel letto.

Cotterie. (Non impedite che se ne vada). (piano a Giannina)

Costanza. Che dice il signor tenente? (a Giannina)

Giannina. Mi sollecita, perchè io vi trattenga.

Costanza. Mi confonde la di lui gentilezza. (inchinandosi)

Cotterie. (Ha piacere di tormentarmi).

Giannina. Che dite, amica, non son io di buon cuore?

Costanza. Non posso che lodarvi della vostra leale amicizia.

Giannina. Confessate anche voi l’obbligazion che mi avete. (a Cotterie)

Cotterie. Sì, certo, ho giusto motivo di ringraziarvi. Voi che conoscete il mio interno, saprete ora qual sia la consolazione che mi recate. (ironico)

Giannina. Sentite? È consolatissimo. (a madamigella Costanza)

Costanza. Cara amica, giacchè avete tanta bontà per me, e tanta interessatezza per lui, permetteteci di parlare liberamente. Il vostro amabile genitore mi ha dette delle cose che mi hanno colmata di giubbilo e di maraviglia. Se tutto è vero quel ch’ei mi disse, pregate voi monsieur de la Cotterie, che si compiaccia di assicurarmene.

Giannina. Questo è quello ch’io meditava. Ma il ragionamento non può esser breve. La zia vi aspetta, e si può differire a un altro incontro.

Cotterie. (Voglia il cielo che non mi metta in maggior impegno).

Costanza. Poche parole bastano per quel ch’io chiedo.

Giannina. Via, signor tenente, vi dà l’animo di dirle tutto in poco?

Cotterie. Non mi dà l’animo veramente. [p. 148 modifica]

Giannina. No, amica, non è possibile ristrignere in brevi termini le infinite cose ch’egli ha da dirvi.

Costanza. Bastami ch’egli me ne dica una sola.

Giannina. E che vorreste ch’ei vi dicesse?

Costanza. Se veramente mi ama.

Giannina. Compatite, madamigella. È troppo onesto il signor tenente per parlar d’amori in faccia di una fanciulla, (accenna se medesima) Posso bensì, partendo, facilitare il vostro colloquio, togliendo a voi la soggezion di spiegarvi. (in atto di partire)

Cotterie. Fermatevi, madamigella.

Costanza. Sì, fermatevi, e non mi mortificate più oltre. Assicuratevi che non avrei ardito parlar di ciò, se voi non me ne aveste dato l’eccitamento. Non arrivo a comprendere gli accenti vostri. Farmi di riconoscervi della contraddizione; ma comunque ciò siasi, attenderò dal tempo la verità, e per ora mi permetterete ch’io parta.

Giannina. Cara amica, compatite le oneste mie convenienze. Siete padrona di andarvene e di restare, qual più vi aggrada.

SCENA III.

Monsieur Filiberto e detti.

Filiberto. Bellissima compagnia! Ma perchè in piedi? Perchè non vi accomodate?

Giannina. Costanza sta per partire.

Filiberto. Perchè sì presto? (a Costanza)

Giannina. Ha la zia che l’aspetta.

Filiberto. No, figliuola, fatemi il piacer di restare. Possiamo aver bisogno di voi, e in questi affari i momenti sono preziosi. Ho mandato ad avvisar vostro padre, che assai mi preme di favellargli. Son certo ch’egli verrà. Gli parlerò a quattr’occhi; ma niente niente ch’io lo trovi disposto ad acconsentire, non voglio lasciargli adito al pentimento. Vi chiamo entrambi nella mia camera, e si conclude sul fatto.

Cotterie. (Ah, sempre più il caso nostro peggiora!) [p. 149 modifica]

Filiberto. Che vuol dire, che mi parete agitato? (a Cotterie)

Giannina. L’eccesso della consolazione. (a Filiberto)

Filiberto. E in voi che effetto fa la speranza? (a madamigella Costanza).

Costanza. È combattuta da più timori.

Filiberto. Riposate sopra di me. intanto contentatevi di qui rimanere, e siccome non può sapersi l’ora precisa in cui verrà vostro padre, restate a pranzo con noi. (a madamigella Costanza)

Giannina. Non ci può restare, signore. (a Filiberto)

Filiberto. E perchè?

Giannina. Perchè ha promesso ad una sua zia di essere a pranzar seco stamane.

Costanza. (Capisco che non vorrebbe ch’io ci restassi).

Filiberto. Questa zia che vi aspetta, è la sorella di vostro padre? (a madamigella Costanza)

Costanza. Per l’appunto.

Filiberto. La conosco, è mia padrona ed amica. Lasciate la cura a me, che manderò con essa a disimpegnarvi, e quando non venisse monsieur Riccardo da noi prima del mezzogiorno, farò sapere a lui stesso che siete qui, e non vi sarà che dir con nessuno.

Costanza. Son grata alle cordiali esibizioni di monsieur Filiberto. Permettetemi ch’io vada per un momento a visitare la zia, che non istà molto ben di salute, e poi ritorno subito a profittare delle grazie vostre.

Filiberto. Brava; tornate presto.

Cotterie. (Come mai mi riuscirà di trarmi dal laberinto?)

Costanza. Permettetemi. A buon rivederci fra poco.

Giannina. Servitevi pure. (E se più non torni, l’averò per finezza).

Filiberto. Addio, gioia bella. Aspettate un poco. Signor uffiziale, per essere stato alla guerra, avete poca disinvoltura, mi pare.

Cotterie. Perchè mi dite questo, signore?

Filiberto. Lasciate partire madamigella senza nemmen salutarla? Senza dirle due gentilezze?

Costanza. Per verità, me ne ha dette pochissime. [p. 150 modifica]

Cotterie. Non deggio abusarmi della libertà che mi concedete. (a Filiberto)

Filiberto. (Ho capito). Giannina, sentite una parola. (la chiama)

Giannina. Che mi comandate? (si accosta a Filiberto)

Filiberto. (Non istà bene che una fanciulla si trattenga in mezzo a due innamorati. Per causa vostra non si possono dire due parole). (piano a Giannina)

Giannina. (Oh! se ne hanno dette bastantemente). (piano a Filiberto)

Filiberto. (E voi le avete sentite?) (piano a Giannina)

Giannina. (Hanno però parlato modestamente), (piano a Filiberto)

Filiberto. Via, se avete qualche cosa da dirle. (a Cotterie)

Cotterie. Non mancherà tempo, signore.

Filiberto. Badate a me, voi. (a Giannina)

Costanza. (Assicuratemi almeno dell’affetto vostro). (piano a Cotterie)

Cotterie. (Compatite, madamigella...). (piano a Costanza)

Giannina. (Tossisce forte.)

Cotterie. (Sono imbarazzatissimo).

Costanza. Possibile ch’io non possa trarvi di bocca un sì, ti amo? (forte, che tutti sentono)

Giannina. Quante volte volete ch’ei ve lo dica? Non ve lo ha confermato in presenza mia? (a Costanza, con sdegno)

Filiberto. Non ci entrate, vi dico. (a Giannina, con sdegno)

Costanza. Non vi sdegnate, madamigella. A bel vedere, ci manca poco. Serva divota. Addio, signor tenente. (Ha soggezione di quest’importuna). (parte)

SCENA IV.

Madamigella Giannina, Monsieur de la Cotterie e Monsieur Filiberto.

Filiberto. Non mi piace cotesto modo. (a Giannina)

Giannina. Ma, caro signor padre, lasciatemi un po’ divertire. Io che sono lontanissima da questi amori, ho piacere qualche volta a far disperar gli amanti. Finalmente sono io stata quella [p. 151 modifica] che ha discoperto le loro fiamme, ed hanno a me l’obbligazione della prossima loro felicità. Possono ben perdonarmi, se qualche gioco mi prendo.

Filiberto. Siete diavoli voi altre donne. Ma verrà il tempo, figliuola, che conoscerete voi pure quanto costino a quei che si amano queste picciole impertinenze. Siete negli anni della discrezione, e al primo buon partito che mi capita per le mani, preparatevi a rassegnarvi. Che dite, monsieur de la Cotterie, parlo bene?

Cotterie. Benissimo.

Giannina. Signor Benissimo, non tocca a lei a decidere, tocca a me. (a Cotterie)

Filiberto. E non vi volete voi maritare? (a Giannina)

Giannina. Se potessi sperare di ritrovar un marito di genio...

Filiberto. Desidero che si trovi di vostro genio. Ma prima ha da essere di genio mio. La dote che io vi destino, può farvi degna di uno dei migliori partiti d’Olanda.

Giannina. Lo stesso può dire il padre di madamigella Costanza.

Filiberto. Vorreste mettere monsieur Riccardo a confronto mio? Vorreste voi paragonarvi alla figliuola di un finanziere? Mi fareste uscir dai gangheri. Non ne vo’ sentire di più.

Giannina. Ma io non dico...

Filiberto. Non ne vo’ sentire di più. (parte)

SCENA V.

Madamigella Giannina e Monsieur de la Cotterie.

Cotterie. Ah! Giannina mia, siamo sempre in peggiore stato che mai. Quant’era meglio non fare il passo che avete fatto!

Giannina. Chi mai potea prevedere, che mio padre si volesse impegnare a tal segno?

Cotterie. Non veggo altro rimedio, che un mio improvviso allontanamento.

Giannina. Questa viltà non me l’aspettava.

Cotterie. Ho da aderire alle nozze di madamigella Costanza? [p. 152 modifica]

Giannina. Fatelo, se avete cuore di farlo.

Cotterie. O volete che si manifesti l’inganno?

Giannina. Sarebbe un’azione indegna l’espor me al rossore di una menzogna.

Cotterie. Suggerite voi qualche cosa.

Giannina. Quello ch’io posso dirvi, è questo. Allontanarvi, no certo. Sposarvi a Costanza, nemmeno. Scoprir l’inganno, mai certamente. Pensate voi a salvare l’amore, la riputazione e la convenienza. (parte)

Cotterie. Ottimi suggerimenti, che mi aprono la via a ripararmi! Fra tanti no, qual sì mi resta da meditare? Ah cieli! non restami che una fatale disperazione. (parte)

SCENA VI.

Altra camera.

Monsieur Filiberto, poi Marianna.

Filiberto. Non crederei che monsieur Riccardo negasse di venire da me. Sa chi sono, e sa che non sarebbe di suo interesse il disgustare uno che gli può fare del bene, e gli potrebbe fare del male. Si ricorderà ch’io gli ho prestati dieci mila fiorini, quando è entrato nelle Finanze. Benchè costoro i benefici se li scordano facilmente, e quando non hanno più di bisogno, non guardano in faccia nè a parenti, nè a amici.

Marianna. Signor padrone, se non vi reco disturbo, vi vorrei parlar d’una cosa.

Filiberto. Sì, ora non ho niente che fare.

Marianna. Vorrei parlarvi di un affare mio.

Filiberto. Ma sbrigati, perchè aspetto gente.

Marianna. In due parole mi spiccio. Signore, con vostra buona licenza, io vonei maritarmi.

Filiberto. Maritati, che buon pro ti faccia.

Marianna. Ma, signore, non basta. Sono una povera figlia, sono dieci anni che servo in questa casa, con quell’amore e fe[p. 153 modifica]deltà che conviene; vi chiedo, non per obbligo, ma per grazia, un qualche picciolo sovvenimento.

Filiberto. Bene, qualche cosa farò in benemerenza del tuo buon servizio. Lo hai ritrovato lo sposo?

Marianna. Sì, signore.

Filiberto. Brava. Me ne rallegro. Si viene a dirmelo a cose fatte?

Marianna. Compatite, signore. Io non ci avrei pensato per ora, se l’accidente di dover coabitare con un giovane parecchi mesi, non me ne avesse data occasione.

Filiberto. E che sì, che ti sei innamorata del servitore dell’uffiziale?

Marianna. Per l’appunto, signore.

Filiberto. E non hai difficoltà di andar con lui per il mondo?

Marianna. Io mi lusingo che resti qui. Se il suo padrone si marita egli pure, come mi dicono...

Filiberto. Sì, è facile che si mariti.

Marianna. Niuno lo può sapere meglio di voi.

Filiberto. Io sono impegnatissimo per consolarlo.

Marianna. Quando siete persuaso voi, io conto la cosa per bell’e fatta.

Filiberto. Vi ponno essere delle difficoltà, ma spero di superarle.

Marianna. Per parte della fanciulla non crederei.

Filiberto. No, anzi è innamoratissima.

Marianna. Certamente, così mi pare.

Filiberto. E tu, quando pensi di voler fare il tuo matrimonio?

Marianna. Se vi contentate, lo farò anch’io, quando si sposerà la padrona.

Filiberto. Qual padrona?

Marianna. La mia padrona, vostra figliuola.

Filiberto. Quand’è così, vi è tempo dunque.

Marianna. Pensate voi che si abbiano a differir lungamente le di lei nozze?

Filiberto. Bellissima! si ha da parlar di nozze, prima di ritrovarle lo sposo?

Marianna. Ma, non c’è lo sposo? [p. 154 modifica]

Filiberto. Lo sposo? l’avrei da saper anch’io.

Marianna. Non lo sapete?

Filiberto. Povero me! non so niente io. Dimmi tu quel che sai, non mi nascondere la verità.

Marianna. Voi mi fate rimanere di sasso. Non deve ella sposarsi a monsieur de la Cotterie? Non mi avete detto che lo sapete, e che ne siete contento?

Filiberto. Sciocca! Pare a te che io volessi dare mia figlia ad un uomo d’armata, ad un cadetto di casa povera, ad uno che non avrebbe il modo di mantenerla com’ella è nata?

Marianna. Non mi avete voi detto, che monsieur de la Cotterie si marita? e che siete impegnatissimo per consolarlo?

Filiberto. L’ho detto certo.

Marianna. E chi ha da essere la di lui sposa, se non è madamigella Giannina?

Filiberto. Sciocca! Non vi sono all’Aja altre fanciulle che lei?

Marianna. Egli non pratica in veruna casa.

Filiberto. E qui non ci vien nessuno?

Marianna. Io non so che egli usi le sue attenzioni ad altri che alla padrona.

Filiberto. Sciocca! Non sai nulla di madamigella Costanza?

Marianna. Una sciocca non può sapere di più.

Filiberto. Quai confidenze ti ha fatto la mia figliuola?

Marianna. Mi ha sempre parlato con grande stima dell’uffiziale, e si è espressa che ha della compassione per lui.

Filiberto. E tu hai creduto che la compassione procedesse dalla passione.

Marianna. Io sì.

Filiberto. Sciocca!

Marianna. E so di più, che egli voleva partire per disperazione.

Filiberto. Bene.

Marianna. Temendo che il padre non acconsentisse.

Filiberto. Benissimo.

Marianna. E non siete voi quegli?

Filiberto. E non ci sono altri padri che io? [p. 155 modifica]

Marianna. Voi me la volete dare ad intendere.

Filiberto. Mi maraviglio della tua ostinazione.

Marianna. Ci scommetterei la testa, che quel ch’io dico è la verità.

Filiberto. Impara meglio a conoscere ed a rispettare la tua padrona.

Marianna. Finalmente è un amore onesto...

Filiberto. Va via di qui.

Marianna. Io non ci vedo questo gran male.

Filiberto. Vien gente; ecco monsieur Riccardo. Va via di qui.

Marianna. Colle buone, signore.

Filiberto. Sciocca!

Marianna. Vedremo chi sarà più sciocca da me a....

Filiberto. Da te a chi?

Marianna. Da me a quello che passa or per la strada. (parte)

SCENA VII.

Monsieur Filiberto, poi Monsieur Riccardo.

Filiberto. Impertinente! Si mariti o non si mariti, non la voglio più in casa mia. Pensar così di mia figlia? non è capace Giannina, non è capace.

Riccardo. Servitore, monsieur Filiberto.

Filiberto. Buon giorno, monsieur Riccardo. Compatitemi, se vi ho mcomodato.

Riccardo. Che cosa mi comandate?

Filiberto. Ho da parlarvi. Accomodatevi.

Riccardo. Ho poco tempo per trattenermi.

Filiberto. Avete molte faccende?

Riccardo. Sì, certo. Fra le altre cose sono circondato da mezzo mondo per causa di un contrabbando arrestato.

Filiberto. Mi è stato detto. Quelle povere genti sono ancora in prigione?

Riccardo. Ci sono, e ci staranno sino all’intero esterminio delle loro case.

Filiberto. E avete cuore di soffrire le lacrime dei loro figliuoli? [p. 156 modifica]

Riccardo. Hanno avuto cuore eglino di usurparci il dritto delle finanze? Vorrei che di costoro ne capitassero soventemente. Non sapete voi, che i contrabbandi arrestati ci pagano le male spese?

Filiberto. (Oh il brutto mestiere!)

Riccardo. Ditemi quel che mi avete da dire.

Filiberto. Monsieur Riccardo, voi avete una figliuola da marito?

Riccardo. Così non l’avessi.

Filiberto. V’incomoda il tenerla in casa?

Riccardo. No; m’incomoda il dover pensare alla dote.

Filiberto. (Cattivo principio). Pure, s’ella il desidera, vi sarà indispensabile il collocarla.

Riccardo. Lo farò, se sarò costretto a doverlo fare, ma con una di queste due condizioni: senza dote, se maritasi a modo suo; buona dote, se maritasi a modo mio.

Filiberto. Avrei una proposizione da farvi.

Riccardo. L’ascolterò, ma sbrigatevi.

Filiberto. Conoscete voi quell’uffiziale francese che è ospite in casa mia?

Riccardo. Me lo proponeste voi per mia figlia?

Filiberto. Se ve lo proponessi, ci avreste delle difficoltà?

Riccardo. Uffiziale, e francese? Nè con dote, nè senza dote.

Filiberto. Avete voi dell’avversione ai Francesi ed ai militari?

Riccardo. Sì, agli uni e agli altri egualmente. Molto peggio, se l’uno e l’altro sia la stessa persona. Abborrisco i Francesi, perchè non sono amici del traffico e della fatica come siamo noi: non pensano che alle cene, agli spettacoli, ai passeggi. Dei militari poi ho ragione di essere malcontento. So il danno che mi hanno recato le truppe: pretendono che noi finanzieri siamo obbligati a mantenere i loro fanti e i loro cavalli; e quando sono a quartiere, darebbero fondo ad un arsenale di monete.

Filiberto. Il francese, l’uffiziale di cui vi parlo, è onest’uomo: non ha difetti, e poi è di sangue nobile.

Riccardo. È ricco? [p. 157 modifica]

Filiberto. È cadetto di sua famiglia.

Riccardo. Se non è ricco, stimo poco la sua nobiltà, e molto meno il di lui mestiere.

Filiberto. Caro amico, parliamo fra voi e me, che nessuno ci senta. Un uomo come voi, beneficato dalla fortuna, spenderebbe male cinquanta o sessanta mila fiorini per fare un nobile parentado?

Riccardo. Per questa ragione non ispenderei dieci lire.

Filiberto. A chi volete voi dare la vostra figlia?

Riccardo. Se ho da privarmi di qualche somma, la voglio mettere in una delle migliori case d’Olanda.

Filiberto. Non ci riuscirete.

Riccardo. Non ci riuscirò?

Filiberto. Non ci riuscirete.

Riccardo. Perchè non ci riuscirò?

Filiberto. Perchè le buone case d’Olanda non hanno necessità di arricchirsi per questa strada.

Riccardo. Vi preme tanto questo galantuomo?

Filiberto. Sì, mi preme assaissimo.

Riccardo. Perchè non gli date la vostra?

Filiberto. Perchè.... perchè non gliela voglio dare.

Riccardo. Ed io non gli voglio dare la mia.

Filiberto. Fra voi e me vi è della differenza.

Riccardo. Io non la so vedere questa differenza.

Filiberto. Si sanno i vostri principi.

Riccardo. E di voi non si può sapere il fine.

Filiberto. Siete troppo arrogante.

Riccardo. Se non fossi in casa vostra, direi di peggio.

Filiberto. Vi farò vedere chi sono.

Riccardo. Non ho soggezione di voi.

Filiberto. Andate, e ci parleremo.

Riccardo. Sì, ci parleremo. (Ci cascherà un giorno nelle mie mani. Se posso trovarlo in fraude di un menomo contrabbando, giuro al cielo, lo voglio precipitare). (parte) [p. 158 modifica]

SCENA VIII.

Monsieur Filiberto, poi Monsieur de la Cotterie.

Filiberto. Villano, zotico, senza civiltà, impertinente. (passeggiando)

Cotterie. (Le altercazioni seguite mi lusingano che gli abbia data la negativa).

Filiberto. (Non son chi sono, s’io non te la faccio vedere).

Cotterie. Signore.... (a Filiberto)

Filiberto. Burbero, animalaccio...

Cotterie. Viene a me il complimento?

Filiberto. Perdonatemi. La collera fa travedere.

Cotterie. Con chi siete voi adirato?

Filiberto. Con quell’indiscreto di monsieur Riccardo.

Cotterie. E che sì, che egli non acconsente al maritaggio di sua figliuola?

Filiberto. (Mi dispiace di dover dare al povero tenente questo nuovo travaglio).

Cotterie. (Sia ringraziato il cielo. La fortuna vuole aiutarmi).

Filiberto. Figliuolo mio, non fate che la bile vi guasti il sangue.

Cotterie. Ditemi il vero. Ha egli ricusato il partito?

Filiberto. Gli uomini di mondo hanno da essere preparati a tutto.

Cotterie. Io sono impaziente di sapere la verità.

Filiberto. (Oh! se gliela dico, mi muore qui).

Cotterie. (Questa è una seccatura insoffribile).

Filiberto. (Eppure conviene che egli lo sappia).

Cotterie. Signore, con vostra buona licenza. ((in atto di partire)

Filiberto. Fermatevi. (Non vorrei che si andasse ad affogar per disperazione).

Cotterie. Ci vuol tanto a dirmi quel che vi ha detto?

Filiberto. Non vi alterate, figliuolo, non vi disperate per questo, che se un padre avido, piesontuoso, ignorante, nega di collocare decentemente la figlia, ci può esser modo di averla a dispetto suo.

Cotterie. No, signore. Quando il padre non acconsente, non è giusto che io persista a volerla. [p. 159 modifica]

Filiberto. E che pensereste di fare?

Cotterie. Andarmene di qua lontano, e sagrificare gli affetti miei all’onestà, al dovere ed alla quiete comune.

Filiberto. Ed avreste cuore di abbandonare una fanciulla che vi ama? Di lasciarla in preda alla disperazione, per attendere quanto prima la trista nuova della sua infermità, o della sua morte?

Cotterie. Ah! monsieur Filiberto, voi mi uccidete, così parlando. Se conosceste il peso di queste vostre parole, vi guardereste bene dal pronunciarle.

Filiberto. Le mie parole tendono al vostro bene, alla vostra pace, alla vostra felicità.

Cotterie. Ah! no, dite piuttosto alla mia confusione, alla perdita della mia vita.

Filiberto. Mi maraviglio, che un uomo di spirito come voi, sia così poco capace di darsi animo.

Cotterie. Se sapeste il mio caso, non parlereste così.

Filiberto. Lo so benissimo; ma io non lo prendo per disperato. La fanciulla vi ama, voi l’amate teneramente. Sarebbe questo il primo matrimonio, che stabilito si fosse fra due giovani onesti, senza il consenso del padre?

Cotterie. Approvereste voi ch’io sposassi la figlia, senza il consentimento del genitore?

Filiberto. Sì, nel caso in cui siamo, esaminando le circostanze, l’approverei. Se il padre è ricco, voi siete nobile; voi onorate la sua famiglia colla nobiltà, egli accomoda gl’interessi vostri colla sua dote.

Cotterie. Ma! signore, come potrei io sperare la dote, sposandola in cotal modo? Il padre irritato negherà di darle verun soccorso.

Filiberto. Quando è fatta, è fatta. Egli non ha che un’unica figlia. Gli durerà la collera qualche giorno, e poi farà ancor egli come hanno fatto tanti altri. Vi accetterà per genero, e forse forse vi farà padrone di casa.

Cotterie. Tutto questo potrei sperare? [p. 160 modifica]

Filiberto. Sì, ma vi vuol coraggio.

Cotterie. Del coraggio non me ne manca. La difficoltà sta nei mezzi.

Filiberto. I mezzi non son difficili. Sentite quel che mi suggerisce il pensiere. Madamigella Costanza dev’essere ancora dalla di lei zia. Fate quel ch’io vi dico, sagrificate il pranzo per oggi, ch’io pure in grazia vostra farò lo stesso. Andatela a trovare. Se ella vi ama davvero, fate che si disponga a dimostrarvelo con i fatti. Se può sperare la zia favorevole che implori la di lei protezione, e se vi acconsente, sposatela.

Cotterie. E se il genitore sdegnato minacciasse la mia libertà?

Filiberto. Conducetela in Francia con voi.

Cotterie. Con quai provvedimenti? con qual denaro?

Filiberto. Aspettate. (va ad aprire un burò)

Cotterie. (Oh cieli! Ei non s’avvede che mi anima ad una intrapresa, il di cui danno potria cadere sopra di lui medesimo).

Filiberto. Tenete; eccovi cento ghinee in danaro, ed eccovene quattrocento in due cedole. Cinquecento ghinee possono essere sufficienti per qualche tempo. Accettatele dall’amor mio. Penserò io a farmele restituire dal padre della fanciulla.

Cotterie. Signore, io sono pieno di confusione...

Filiberto. Che confusione? Mi maraviglio di voi. Vi vuole spirito, vi vuol coraggio. Andate tosto, e non perdete i momenti invano. Io intanto andrò ad osservare gli andamenti di monsieur Riccardo, e se potrò temere ch’ei venga a sorprendervi, troverò persone che lo tratterranno. Avvisatemi di quel che accade, o in persona, o con un viglietto. Caro amico, mi pare di vedervi già consolato. Giubbilo per parte vostra. Addio. La fortuna vi sia propizia. (Non vedo l’ora di veder fremere, di vedere a disperarsi Riccardo). (va a chiudere il burò)

Cotterie. (Mi dà il consiglio, e mi dà i denari per eseguirlo? Che risolvo, che penso? Prendasi la fortuna per i capelli, e non si dolga che di se stesso, che meditando l’altrui cordoglio, procaccia a se medesimo la derisione). (parte) [p. 161 modifica]

SCENA IX.

Monsieur Filiberto.

Veramente mi rimorde un poco l’interno per un sì fatto suggerimento. Penso che ho ancor io una figliuola, e non vorrei mi venisse fatto un simile torto; e insegna la natura, e comanda la legge, che ad altri non si procuri ciò che a se medesimo non piacerebbe. Ma sono spinto violentemente da più ragioni. Una certa tenerezza di cuore, inclinata all’ospitalità, all’amicizia, mi trasporta ad amare ed a favorire il tenente, e ad interessarmi per lui, come s’ei fosse del mio medesimo sangue. Il maritaggio mi pare assai conveniente, e trovo ingiusta la resistenza di monsieur Riccardo, e tirannica la di lui austerità per la figlia. Aggiugnesi a tutto ciò il trattamento incivile che ho da lui ricevuto, e la brama di vendicarmi, e la compiacenza di vedere avvilito il superbo. Sì, a costo di perdere le cinquecento ghinee, ho piacere di veder contento l’amico, e mortificato Riccardo.

SCENA X.

Madamigella Costanza e detto.

Costanza. Eccomi a voi, signore.

Filiberto. Che fate qui? (con inquietudine)

Costanza. Non mi avete invitata?

Filiberto. Avete veduto monsieur de la Cotterie? (come sopra)

Costanza. Non l’ho veduto.

Filiberto. Ritornate subito da vostra zia. (come sopra)

Costanza. Mi discacciate di casa vostra?

Filiberto. Non vi discaccio; vi consiglio, vi prego. Andate tosto, vi dico.

Costanza. Vorrei saper la ragione...

Filiberto. La saprete, quando sarete da vostra zia.

Costanza. Novità ve ne sono?

Filiberto. Sì, ve ne sono. [p. 162 modifica]

Costanza. Ditemele dunque.

Filiberto. Ve le dirà monsieur de la Cotterie.

Costanza. Dove?

Filiberto. Da vostra zia.

Costanza. Il tenente non ci è mai stato?

Filiberto. Ci è andato in questo momento.

Costanza. A far che?

Filiberto. Tornateci, che lo saprete.

Costanza. Avete parlato a mio padre?

Filiberto. Sì, domandatelo al vostro sposo.

Costanza. Al mio sposo?

Filiberto. Al vostro sposo.

Costanza. A monsieur de la Cotterie?

Filiberto. A monsieur de la Cotterie.

Costanza. Posso crederlo?

Filiberto. Andate subito da vostra zia.

Costanza. Ditemi qualche cosa per carità.

Filiberto. Il tempo è prezioso. Se perderete il tempo, perderete lo sposo.

Costanza. Oimè! corro subito. Vorrei avere le ali alle piante. (parte)

SCENA XI.

Monsieur Filiberto, poi Madamigella Giannina.

Filiberto. Valeranno più due parole del tenente, che diecimila delle mie ragiori.

Giannina. Signore, è egli vero quel che mi ha detto monsieur de la Cotterie?

Filiberto. E che cosa vi ha detto?

Giannina. L’avete voi consigliato a sposar la figlia senza del padre?

Filiberto. Vi ha fatto egli la confidenza?

Giannina. Sì, signore.

Filiberto. (Quest’imprudenza mi spiace). [p. 163 modifica]

Giannina. E gli avete date cinquecento ghinee, perchè lo mandi ad effetto?

Filiberto. (Incauto! Mi pento quasi d’averlo fatto).

Giannina. Chi tace, conferma; è la verità dunque?

Filiberto. Che vorreste dire per ciò?

Giannina. Niente, signore; mi basta di aver saputo che ciò sia vero. Serva umilissima del signor padre.

Filiberto. Dove andate?

Giannina. A consolarmi.

Filiberto. Di che?

Giannina. Delle nozze di monsieur de la Cotterie.

Filiberto. Non saranno ancora eseguite.

Giannina. Si spera che succederanno fra poco.

Filiberto. Avvertite di non parlar di ciò con nessuno.

Giannina. Non vi è pericolo. Si sapranno quando saranno fatte. E voi avrete il merito di averle ordinate, ed io sarò contentissima che siano fatte. (parte)

Filiberto. Non vorrei che si formalizzasse del mal esempio. Ma non vi è dubbio. È una buona fanciulla; sa distinguere, quanto me, i casi e le convenienze. E poi so come l’ho educata, e sotto la mia vigilanza non vi è pericolo che mi accadano di tai disastri.

Fine dell’Atto Secondo.