UE - 29 ottobre 2004, Discorso del Sindaco di Roma in occasione della cerimonia di firma della Costituzione europea

Walter Veltroni

2004 Discorsi Discorso del Sindaco di Roma in occasione della cerimonia di firma della Costituzione europea Intestazione 1 maggio 2008 75% Generale

Signori Presidenti della Repubblica, Signori Capi di Governo,

Signori Ministri, Signori Presidenti delle Istituzioni europee ed italiane, il 25 marzo 1957, al termine della cerimonia della firma dei Trattati di Roma, Paul-Henri Spaak poté finalmente dire che la prima grande tappa verso l'integrazione europea era stata raggiunta. Aggiunse anche che molto cammino restava da compiere, prima di realizzare il sogno della sua generazione, il sogno di De Gasperi e di Adenauer, di Schuman, di Monnet, di Spinelli.

Oggi molto di quel cammino è stato compiuto, gran parte di quel sogno è realtà. Quarantasette anni fa, a sventolare qui fuori, sul Palazzo dei Conservatori, erano sei bandiere. Ora in Campidoglio le bandiere sono venticinque, e con loro c'è quella dell'Europa unita, a rappresentare più di 450 milioni di cittadini europei. Cittadini che tra poco, con la firma del Trattato costituzionale, si riconosceranno in principi e valori comuni.

Quando la nostra città e il nostro Paese avanzarono la proposta che la cerimonia si svolgesse qui, a Roma, pensammo subito alla stessa Sala di allora, la Sala degli Orazi e Curiazi. E' un simbolo e un auspicio. E' un grande onore per l'Italia. E' un grande onore per Roma, che in una giornata come questa è orgogliosa di sentirsi la casa dell'Europa. L'Europa è le sue città. La storia europea, come scrisse Fernand Braudel, è la storia delle "città - mondo", culla di civiltà e di saperi, del pensiero e delle opere dell'uomo. Oggi le nostre città sono aperte, comunicano, fanno parte di una rete fitta di scambi, di programmi di cooperazione e di conoscenza. Nelle città crescono i nuovi cittadini europei. Ognuno di loro non vuole più essere guidato. Vuole avere informazioni, vuole partecipare, essere più responsabile del proprio destino. Il futuro dell'Europa è anche nelle risposte che saprà dare.

In primo luogo ai giovani. E' nella cultura, nelle scuole, nelle università che si fa l'Europa. E' qui che dovremo riuscire. La chiave è nella formazione, nella ricerca, in progetti che mentre preparano alla vita lavorativa consentono di imparare lingue e storia di altri paesi, di unire le differenze. Oggi un qualsiasi ragazzo che viaggiasse con il programma Erasmus non incontrerebbe più frontiere, e avrebbe chiara la percezione di quanto gli europei siano vicini, di come siano simili i 1oro interessi, le loro speranze, le loro insicurezze.

Insicurezze che sono dentro le società, che colpiscono soprattutto i più deboli e i più sfortunati, gli anziani, i malati, le famiglie e i bambini in difficoltà. Per l'Europa, solidarietà, inclusione, giustizia sociale non sono semplici parole. Sono valori e principi, sono politiche concrete. E' un patrimonio da non disperdere, da rinnovare, sapendo che oggi ci sono rischi meno gravi di ieri e altri che invece sono più pericolosi.

Nemmeno cooperazione, integrazione e multilateralità sono, per l'Europa, semplici parole. Sono le nostre radici, la nostra identità, il modo in cui ci rapportiamo tra noi. Se tutto questo diverrà sempre più unità politica, sarà un bene per il mondo, per la sicurezza minacciata dal terrorismo, per la stabilità delle relazioni internazionali.

Anche noi, come fu quarantasette anni fa, abbiamo raggiunto una tappa storica. Anche a noi resta strada da compiere. E' il messaggio che oggi inviamo da Roma, dalla città che nel mondo è conosciuta per il suo tratto universale, per la sua apertura, per il suo essere crocevia di persone e di culture diverse. Non ci manchino mai, nel cammino che ancora ci attende, il coraggio e la capacità di essere uniti, per realizzare il sogno di un' Europa terra di pace, di convivenza fraterna e di comprensione. Fra gli individui, i popoli e le religioni, al di là del mare, al di là dei confini.