Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 33

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Del fuggire gli incantesimi. Cap. XXXIII.

Ma lasciando il resto alla prudenza paterna, et alla cura de i superiori, passiamo à dire d’un miserabile abuso, che per astutia del demonio, è seminato in molte parti del popolo christiano, parlo de gli incantesimi, fattucchiarie, augurii, et altre simili superstitioni, et vanità, le quali hanno gran parentado con la Idolatria et per esse si dishonora grandemente Iddio, et si honora il diavolo, se bene a i semplici pare tal volta usar cose pie, et parole di pietà, et religione, essendo proprio di Satana, come dice l’Apostolo, transfigurarsi in Angelo di luce. Per tanto il buon padre insegni al figliuolo quando ne sarà capace, et secondo il bisogno, insegni dico, et con l’eshortatione delle parole, et con l’esempio proprio, quanto queste cose siano da fuggire. Et quanto gravemente si offenda Iddio, a ricorrere in alcun modo al demonio con patto tacito, ò vero espresso, percioche il demonio è nimicissimo di Dio, et dell’huomo, et vedendosi per colpa sua, caduto dall’altezza della gloria, alla quale per somma benignità di Dio è stato inalzato l’huomo, crepa il maledetto, et arrabbia di sdegno, et cerca con tutti gli artifitii di involgere l’huomo nella medesima rete della sua condennatione; onde non è mai da prestargli fede alcuna, se bene apparisse, che per suo mezzo, et de’ suoi incanti si rivelasse alcun segreto, ò si conseguisse qualche cosa in apparenza profittevole; non bisogna fidarsi dello astutissimo, et irreconciliabile inimico, che non ha maggior sete che della nostra perditione; tutto è simulatione, tutto è inganno; in somma non ha per se stesso bene alcuno il Diavolo, onde molto meno lo può dare altrui. Molto male adunque fanno i padri, che per sapere i futuri eventi, i quali Iddio ha posti in sua potestà, conducono i figliuoli a certi indegnamente chiamati Astrologi, i quali incerti delle cose presenti, si arrogano temerariamente la scienza delle future. Et male parimente fanno quando nelle malattie proprie, et de i figliuoli, vanno a gli incantatori, et usano remedii di donnicciuole vanissime, et superstitose; contra i quali s’adira Iddio, non meno che si adirò contra l’impio Rè d’Israele Ochozia, ilquale essendo malato, mandò a gli Idoli per saper se dovea guarire; per il che commandò Iddio ad Elia, che si facesse incontro a i messi del Rè, et parlasse loro in questa forma: Non è forse Iddio in Israele, che voi andate à prendere consiglio da Belzebub, Dio de gli Accaronisi? però dice Iddio; Dal letticciuolo dove ti sei posto a giacere non discenderai, ma morrai di morte. Guardisi adunque il padre di non dare al semplice figliuolo di simili esempii; ma in tutti i bisogni suoi ricorra prima a Dio padre nostro , et poi a i rimedii communi, et ordinarii [p. 51v modifica]dell’arte, et della prudenza humana. Et ricordisi di quello, che Iddio ci dice per bocca del profeta: Invoca me in die tribulationis, eruam te, et honorificabis me, cioè ricorri a me nel tempo della tribolatione, io ti liberarò, et tu mi honorarai. Guardisi parimente da gli augurii, sogni, et dall’osservanza de i giorni, et de i tempi, fatta non per ragione naturale, ma per sola superstitione, et da altre simili vanità; percioche l’imitatione di queste cose si appicca grandemente a gli animi giovanili, et restano loro cosi impresse, che per tutta la vita le ritengono, in grave pregiuditio dell’anime loro; oltra che spesso queste imaginationi più che puerili rendono l’animo vile, et inetto alle honorate attioni; et finalmente questi tali sono ridicoli appresso a gli huomini d’intelletto. Et perche questi sono vitii proprii delle donnicciuole, però la prudente madre di famiglia usi gran vigilanza, che questa scabbia non s’attacchi alle sue figliuole, massime per il commertio d’alcune pessime et diaboliche vecchie, le quali non è da permettere, che pur entrino nelle case, dove regna il timor di Dio. Mi è parso di estendermi alquanto in questa materia, percioche et per la curiosità, et per l’avaritia, et per varie disordinate passioni de gli huomini, vi si pecca da molti non leggiermente.