Trattato completo di agricoltura/Volume II/Piante annuali leguminose, oleifere e tessili/11

Del Ravizzone e del Colzat

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[p. 67 modifica]§ 813. Abbiamo veduto che in Italia il lino e la canapa, oltre al filo, danno un abbondante prodotto di semi dai quali se ne trae olio; ma vi sono altre piante annuali che si [p. 68 modifica]coltivano esclusivamente per averne olio, tra le quali si enumerano il ravizzone, il colzat, la camellina, il ricino, l’arachide, le nocciuole di terra, il girasole, il papavero, il rafano oleifero, il sesamo e la madia. La maggior parte di queste piante non si può coltivare che in paesi caldi o temperati.

del ravizzone e del colzat.

§ 814. Il ravizzone ed il colzat sono due varietà della medesima specie, brassica napus. Il ravizzone (brassica napus oleifera) non si distingue dal colzat (brassica napus sativa) se non perchè quest’ultimo ha le foglie più lisce, carnose, meno dentate e meno pelose, somiglianti nell’aspetto a quelle della verza; il colzat inoltre ha una vegetazione più lunga, e resiste di più al freddo.

La composizione del ravizzone potete trovarla nella tav. II, pag. 93, vol. I. Da essa facilmente si deduce voler questa pianta un terreno già ricco o ben concimato, riscontrandosi nel seme abbondanza d’acido fosforico, di potassa e di soda. Se poi si osservano le radici di questa specie vedesi ch’esse sono assai lunghe, leggiermente coniche, colla parte più larga al colletto presso terra, e che per conseguenza desiderano piuttosto di affondarsi che di allargarsi nel terreno, essendo esse munite di poche, brevi e sottili radicette laterali.

Il buon risultato della coltivazione del colzat e del ravizzone è quindi basato sopra un lavoro profondo e ripetuto del terreno, e sopra un’abbondante concimazione con sostanze organiche animali. Perciò nella bassa Lombardia il ravizzone, assai più coltivato del colzat, entra nell’ordinaria rotazione dopo il frumento o dopo il lino, preparando avanti la metà di agosto il terreno lavorato due volte, che poi si concima lavorandolo una terza volta per la semina verso la fine di detto mese, od al principio di settembre. Ho detto che nella bassa Lombardia si coltiva di preferenza il ravizzone perchè questo ha una vegetazione assai più breve del colzat, potendosi seminare più tardi in autunno, e raccogliere più presto in primavera. Infatti il ravizzone si semina, come dissi, alla fine di agosto e si raccoglie circa alla metà di maggio o poco dopo; ed il colzat vuol essere seminato verso la metà di luglio, e si raccoglie in giugno, lasciando minor tempo ai lavori preparatori pel terreno avanti la propria semina, e minor tempo ad una seconda coltivazione dopo il suo raccolto. [p. 69 modifica]Ciononpertanto nell’alta Lombardia è data la preferenza al colzat perchè resiste meglio al freddo jemale, e perchè soffre meno le brine, siccome fiorisce assai più tardi.

Il colzat resiste ad un freddo di -15° ed anche più se il terreno non è umido, il ravizzone all’incontro con una temperatura di -12°, se non è coperto dalla neve, comincia a soffrire ed è obbligato a rimettere le foglie. Il colzat esige una temperatura di 1700° gradi di calore per maturare il seme, mentre il ravizzone non ne richiede che 1300° circa, ben inteso che questa temperatura s’incominci a calcolare dalla fine di febbrajo o dal principio di marzo, quando la pianta riprende la vegetazione.

Epperò, raccogliendo il ravizzone in maggio, fosse anche verso la fine, è ancora possibile la coltivazione del melgone agostano, specialmente nei terreni irrigabili, mentre dopo il colzat non è possibile che la coltivazione del melgone quarantino, del miglio o della fraina.

La coltura del ravizzone consiste adunque in due lavori, uno in luglio e l’altro al principio d’agosto, onde sminuzzare esattamente il terreno e mondarlo dalle erbe cattive ed inutili. Prima del terzo lavoro si concima abbondantemente, si lavora, si erpica leggermente una sol volta, indi si semina a gettata, o meglio in linea, appianando in seguito più esattamente il terreno. La quantità di semente per un ettaro seminato a gettata è di chilogrammi 8 circa, mescolando a cenere o sabbia i piccoli grani, onde riesca sparsa più uniformemente alla voluta distanza: seminando in linee, queste si tcrrauno distanti fra loro almeno 0m,50. Alla fine di settembre, quando le piante hanno circa quattro foglie, si zappano per mondarle dalle erbe che ancor fossero nate, e per diradarle ove fossero troppo fitte, trapiantandone ove invece siano troppo rade; in questa occasione, se la semina fu fatta in linea, si darà una distanza di 0m,25 circa fra le piante di ciascuna linea.

Parlando del melgone, vi ho detto, essere costumanza, specialmente ove il terreno è molto suddiviso ed affittato a coloni, di seminare il ravizzone all’epoca che si rincalza quel cereale. Talvolta questo ravizzone serve di sovescio pel frumento, e talvolta se ne conserva una piccola porzione, la meglio fornita di piante, onde ottenere il seme per olio, ed il fusto per il bosco de’ bigatti. In quest’ultimo caso, estirpati i fusti del melgone si zappa e si dirada conveniente il [p. 70 modifica]ravizzone; il prodotto è però sempre inferiore a quello che si ottiene da un’apposita coltivazione.

In Italia poi non è conveniente l’uso dei paesi più settentrionali di seminare il ravizzone in primavera, perchè ha minor tempo di tallire, e di ramificare, e perchè occuperebbe il terreno per tutto il tempo utile alla vegetazione, impedendo così un secondo prodotto.

Il ravizzone va soggetto ad essere devastato nelle foglie da una specie di afidi, detti pulci, e dalla larva d’una varietà di falena cavolaja. Per ovviare ai danni, talvolta gravissimi, di questi insetti, giovano le aspersioni con decotto di tabacco, o cenere, e, come alcuni assicurano, col frammischiare al ravizzone alcune piante di stramonio, le quali colle loro emanazioni narcotiche vuolsi che allontanino gli insetti. Al momento poi della fioritura il danno può venire da una specie di caruga, nera, pelosa, che attaccandosi al fiore, ne distrugge l’ovario, destinato a formare il futuro bacello o siliqua. Questa è la stessa che intacca anche la spiga della segale al momento della fioritura, e che per conseguenza non devasta il ravizzone se non quando fiorisce più tardi della metà di aprile, ch’è l’epoca ordinaria.

§ 815. Il raccolto del ravizzone, come pure più tardi quello del colzat, si fa quando le silique acquistano un color gialliccio, e che le foglie sono ingiallite od interamente cadute, ma non si aspetta che la pianta sia interamente disseccata. Per conservare il fusto allo scopo di formarne bosco pei bigatti, si costuma estirpare le piante a mano, e non tagliarle, anche per iscuotere il meno che sia possibile le silique, le quali facilmente perderebbero i semi; e per la stessa cagione si suole estirpare al mattino quando sono ancor bagnate dalla rugiada, o tardi verso sera, od in giornata nuvolosa, evitando sempre le ore calde, soleggiate e con vento.

Raccolte le piante in piccoli fascetti, si portano in luogo arioso e coperto, acciò il seme maturi completamente, non essendo conveniente, come già dissi, lasciarle essicare nel campo. Quando la pianta e le silique sono ben secche, si battono leggermente con un bastoncello per estrarne i semi, i quali con facilità escono dalle silique. I fusti che non sono infranti, si fanno in fasci e si ripongono e si conservano allo scopo che più volte ho ripetuto. Il seme si ventila sull’aja, e vi si lascia stagionare una o due giornate, indi si passa al crivello per mondarlo, e si ripone in granajo. [p. 71 modifica]

Il prodotto di un ettaro a ravizzone è di circa 40 ettolitri di semi, e qualche volta anche molto di più. Il prezzo d’un ettolitro di semi è di franchi 23 circa. L’ettolitro pesa chilogrammi 68.

Dal seme del ravizzone e del colzat, ben stagionato, si ottiene dal 30 al 33 per % di olio; quindi 0,67 circa di tortello contenente 5,5 per % di azoto allo stato normale. L’olio è adoperato per ardere e per cucinare fra i contadini; ed il tortello (detto panello) già da gran tempo in Lombardia è usato per l’ingrasso del bestiame grosso, e vale franchi 15 circa per ogni 100 chilogrammi.