Trattato completo di agricoltura/Volume I/Selvicoltura/6

Clima, esposizione e terreno pel bosco

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clima, esposizione e terreno pel bosco.

§ 374. Non è però a credersi che qualunque pianta possa vegetare in ogni dove, e che quando si abbia un terreno sterile lo si possa sempre utilmente convertire in bosco.

Vi ho già detto che la vegetazione varia al variare del clima, e che la diversità di questo clima non è costituita soltanto dalla diversa distanza cui giace un paese dall’equatore, ma che in una stessa regione la diversa altezza sul livello del mare ha la medesima influenza, diminuendo cioè la temperatura in proporzione di cosiffatta altezza. Opperò, anche rispettivamente alla Valle del Po, ove il clima dovrebbe essere press’a poco uguale, perchè comprende poco più di due gradi di latitudine, pure il clima e quindi la vegetazione variano d’assai, perchè due terzi del suolo sono montuosi, l’ultimo limite essendo formato da altissimi monti, quali sono gli Appennini e le Alpi. [p. 353 modifica]

Per esempio sul versante Alpino la vite non matura il frutto ove si trovi a più di 600m sopra il livello del mare, laddove sul versante dell’Appennino può sorpassare questo limite; la segale può giungere sino agli 800m, e l’orzo anche sino ai 1200m. E questo non si verifica soltanto coi cereali colla vite e col gelso, ma eziandio colle piante boschive. Il salice, il pioppo, la robinia, il platano e tant’altre piante dette dolci, perchè di fibra poco compatta, di rado sui monti sorpassano i 700m; il noce ed il castagno riescono bene fino ai 850m; la quercia, il frassino sino ai 1500m; il faggio ai 1800m; il larice, gli abeti ai 2200m; il cembra ed il mugo ai 2500m e più; ma sopra ai 2700m, nella nostra latitudine, non abbiamo più alcuna vegetazione, trovandosi il limite medio delle nevi perpetue.

Così pure non tutte le piante boschive possono vivere nelle stesse condizioni d’umidità. Il pioppo, il salice, il platano, l’ontano, il cipresso distico, amano i terreni sabbiosi sì ma temperati ed umidi; la quercia, il faggio, il carpino, il frassino vivrebbero anche in climi più caldi, ma desiderano un clima fresco ed umido, e quindi amano meglio le posizioni poco soleggiate; lo zimbro ed il mugo, portati fra le sabbie marittime del Mediterraneo, perirebbero d’arsura, mentre perirebbero pel freddo il pino marittimo, il cipresso, ecc. se si portassero sugli alti monti, ove prosperano i primi.

Inoltre la stessa pianta, posta in condizioni diverse, presenta delle notabili differenze. Nei paesi caldi, quando però siavi l’umidità necessaria, la pianta cresce più presto, più alta, di tronco più grosso, con fogliame più grande ed abbondante; ma la sua fibra è più larga che in una pianta analoga cresciuta lentamente in posizione più fredda; e se il clima caldo sarà anche secco, la pianta crescerà più stentatamente che a pari condizioni in un clima fresco. Perciò le piante che danno un miglior legname sono quelle dei paesi freddi. In egual circostanza poi il miglior legname è quello che cresce a levante e mezzogiorno, mediocre quello di ponente, l’inferiore è quello di tramontana, o dove l’umidità ecceda il bisogno della pianta.

Chi per esempio avesse un colle od un monte da imboscare, dovrebbe mettere a mezzogiorno i pioppi, i salici, i castagni, il cipresso, il pino silvestre, la rubinia ed il noce; ed a tramontana la quercia, il faggio, il frassino, l’ontano, gli abeti, i larici, ecc.

Nel terreno poi queste piante non ricercano solamente un [p. 354 modifica]diverso grado d’umidità, ma eziandio diverse sostanze. Se voi fate osservazione alla tavola IV, pag. 95, troverete che quasi tutte le piante forestali abbondano di calce, ma che fra di esse le resinose, essendo quelle che ne contengono meno, per conseguenza non ameranno molto i terreni calcari. Inoltre, se farete attenzione alla poca quantità di soda e potassa che domina nel legno di queste piante, poste a confronto coi cereali, ben vedrete che i terreni argillosi che tanto favoriscono i grani, non sono necessari alle piante boschive, esigendo quasi tutte all’incontro un suolo calcare o siliceo piuttosto sciolto, e per conseguenza pochissimo argilloso.

Finalmente non tutte le piante desiderano d’essere regolate nell’egual maniera per riguardo al taglio. Le piante frondifere tagliate al piede possono mandar nuovi rami a guisa di cespuglio o ceppata, purchè la loro scorza non sia troppo indurita dall’età. Per esempio le quercie, i castani, i tigli conservano questa proprietà sino ai 60 anni; i faggi, gli aceri, i frassini ed i carpini sino ai 45; le betule, gli ontani e gli avornielli sino ai 25; l’alno di monte o verde ed il nocciuolo soltanto sino ai 20. Certamente il numero d’anni che vi ho indicato andrà soggetto ad alcune modificazioni portate dalle diverse circostanze, ma starà sempre il principio. Generalmente nelle piante resinose questa proprietà è d’assai minore, ed in alcune affatto nulla. Il tasso, l’elce acquifoglio, il ginepro e talvolta il larice non troppo vecchio, tagliati al piede rimettono i rami e formano ceppata; ma gli abeti, il pino silvestre ed il marittimo non ne mandano mai; tagliati, perisce il ceppo.

Per tal motivo adunque alcune piante si potranno con profitto coltivare a ceppata, oppure scalvare a certa altezza; ed altre invece abbisognerà necessariamente allegarle d’alto fusto, e permetter loro che arrivino a quell’età per cui possano riescir utili.