Trattato completo di agricoltura/Volume I/Selvicoltura/16

Dei boschi sacri

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dei boschi sacri.

§ 396. È detto, o vien dichiarato bosco sacro, quello che serve a difendere il sottoposto terreno dai venti, dalle frane, dagli scoscendimenti, dalle valanghe o dalle innondazioni. Questi boschi, oltre al non doversi mai tagliare, meritano uno special modo di emendamento e speciali cure, a seconda dello scopo pel quale vennero dichiarati sacri.

Boschi sacri contro i venti. Sugli alti monti e specialmente sulle loro cime o creste, sui versanti o nelle gole, i venti soffiando con maggior violenza, cominciano collo schiantare le piante decrepite, deperenti o quelle del contorno, e fattasi poi strada per la foresta, arrivano talvolta a distruggerla interamente od in gran parte.

Quando questi boschi non siano devastati, non si pratichi mai in esso un taglio raso, ma si faccia per decimazione, levando le piante deperenti o troppo vecchie. Alle piante tagliate si conservi in piedi un tronco di 2 a 3m di altezza, che servirà a difendere un poco le altre, ed al riparo del quale si porrà immantinente un’altra pianta. Si rispettino e si mantengano sempre le orlature a varj ordini, e si procuri di spingere in alto ed all’intorno la vegetazione dello zimbro, del mugo e del pino di montagna, che essendo molto flessibili e bassi, resistono assai ai venti. Si scelgano quelle piante che mandano radici profonde, come il larice e l’abete rosso se il terreno è profondo; altrimenti si adoperi l’abete bianco, il mugo, lo zimbro, e, se si può, il faggio, le quali piante, come già si disse più volte, mandano molte radici superficiali. Si mantenga la cotica erbosa sulle erte, la quale serve a conservare il terreno; e quando vi siano piante frondifere che possano essere facilmente sradicate dal vento si riducano a ceppata.

Se la foresta fosse già devastata, non sarà possibile restituirla se non dove le influenze naturali non esercitano il loro guasto che per un tempo assai breve nell’anno, e dove rimase ancora abbastanza terreno tutelato dai venti troppo forti e dalla siccità. In tal caso conviene incominciare la piantagione in primavera, subito dopo la scomparsa delle nevi, con piante levate da boschi o semenzaj posti in condizioni consimili, procedendo sempre dal basso in alto. Le formelle si faranno più profonde che si può, e le piante si [p. 378 modifica]trasporteranno per ceppi di 4 o 5 riunite, coprendole, di terra fino all’altezza cui rimanevano sepolte dapprima, e lasciando il resto infossato onde meglio siano riparate dal sole e dai venti. Le piante da preferirsi siano il larice, lo zimbro, il mugo ed il pino nano di montagna. Qualora dapprincipio fosse difficile il metter piante, si provi cogli arbusti, col ginepro, colla ginestra, coll’erica e col rododendro. Si potrà piantare anche nella state, quando però s’abbia la cura, di trasportarvi terra da contornare le radici.

Il ripristinamento di questi boschi per semente è assai difficile, per la scarsità del terreno, pel freddo e pei venti; quando però il terreno fosse discretamente abbondante si potrà eseguirlo cominciando invece dall’alto.

Ma sulle montagne, ove questi boschi scomparvero già da molto tempo, e dove i venti, il gelo, il sole e le pioggie hanno distrutto ogni avanzo di terreno, dove la roccia è già messa a nudo, non vi ha più speranza di rivedere alcuna vegetazione, e bisognerà limitarsi ad impiantare nuovi boschi nei primi luoghi più bassi, ove ciò sia possibile.

§ 397. Boschi sacri contro gli scoscendimenti. Spesso per l’imperversare di forti pioggie, o per lo scorrere di sorgenti sotterranee, o per la corrosione fatta dai ruscelli, specialmente nei terreni poco profondi e giacenti su forti pendii, a duri strati che li assecondano, o su di un terreno troppo argilloso e compatto, il soprasuolo, se non è trattenuto da profonde radici di piante che s’insinuino nei crepacci e nelle fenditure, divenuto molle e pesante, anche per gli stessi alberi che sostiene, si stacca dal fondo, e scivola in basso con danno immenso delle sottoposte foreste, dei campi o delle case. Anche le piante svelte dal vento colle radici, lasciando nel terreno una cavità, facilitano l’ingresso all’acqua e gli effetti già descritti.

In questi boschi allora devonsi fare dei ristretti tagli rasi orizzontali, e riseminarli o piantarli prontamente con essenze che portino radici molto profonde. Il ripopolamento, in qualunque modo si faccia, non sia troppo fitto onde le piante non crescano esili. La rotazione sia breve, acciò la pianta coll’aumento del proprio peso, non si procuri da sè stessa una facile caduta ed un rovinio di terra. Si mantengano i tronconi degli alberi atterrati e se ne trasporti il legname sulla neve gelata.

Se il bosco è formato di piante frondifere il rimedio è assai più facile, perchè si possono tagliare al piede, e [p. 379 modifica]ridurle a ceppata, scalvandole ogni 4 o 6 anni, affinchè non facciano troppa chioma. Si pianta l’ontano bianco nelle fenditure, riducendolo a capitozza od a ceppata; e s’impedisce il pascolo sulla tagliata. Nei terreni duri giovano i piantoni di salici, messi profondamente e ridotti a capitozza bassa; e si facciano palafitte, cominciando dal basso in alto, riempiendole di ciottoli, terra, piantoni, barbatelle e semi.

Quando lo scoscendimento sia prodotto dalle acque sotterranee si procuri di tirarle alla superficie e di ridurle in qualche depressione od invallimento naturale od artificiale; e quando ciò avvenga per la corrosione de’ ruscelli che corrono in senso orizzontale, si arginino o se ne devii il corso.

Se lo scoscendimento è già formato, sarà bene abbattere quelli alberi d’alto fusto che, essendo in vicinanza, minacciassero di cadere e di aumentarlo colla loro discesa.

§ 398. Boschi sacri contro le frane. Messa a nudo la roccia, se questa è molto ripida e formata da strati poco aderenti, per l’azione delle acque che vi penetrano e del gelo e del disgelo, essa cade in pezzi, e questi scendono finchè trovano una depressione od un ostacolo che li trattenga. Colmata la depressione, o trovato nelle piante un ostacolo troppo debole, continuano la loro discesa ancor più ruinosa, e si fanno strada pei boschi distruggendo ed ammaccando le piante, sicchè talvolta giungono fino al fondo della valle.

Ordinariamente non può ripararsi al distacco primitivo, poichè succede in luoghi erti ed inaccessibili, ma bisogna rimediarvi col mantenere le foreste, e coll’istituirne di nuove in basso, ove appena vi sia l’opportunità.

Quando vi siano boschi, non si faccia mai un taglio raso completo; alle piante deperenti che si abbattono si lascino i tronchi, dietro i quali si facciano nuovi impianti; si mantengano le orlature superiori ben fitte, ed i tagli si facciano orizzontalmente e dall’alto in basso, a liste strette, lasciandovi molte piante semifere.

Si atterrino le piante scadenti dell’orlatura superiore, lasciandole cadere attraverso i tronconi rimasti in piedi, perchè le sostengano: e dietro queste si procuri d’allevare, per semina od impianto, folte boscaglie, il pino, il larice, l’ontano, l’acero e la betula, che sono le piante che soffrono meno le contusioni fatte dai massi cadenti. Quando il terreno sia troppo sterile, si formino baluardi in direzione orizzontale con pali conficcati profondamente, alti 2 o 3m, non molto distanti fra [p. 380 modifica]loro; fra questi s’intreccino piante, ciottoli o terreno portato, e vi si mescolino semi, barbatelle o piantoni. Di questi baluardi se ne formino molti come a gradinata, cominciando dall’alto in basso.

Allorquando però i macigni scendendo vanno a balzi, il rimediarvi è quasi impossibile, finchè non siasi staccata tutta la porzione superiore, oppur siasi formato qualche pendío.

§ 399. Boschi sacri contro le valanghe. Valanghe, o lavine calde, sono le nevi che in primavera staccansi dal suolo pei primi calori, e che trovandosi sopra un pendio senza ostacoli, scendono con gran forza in basso, abbattendo ogni cosa trovisi sul loro passaggio. Quando la strada sia fatta una volta può dirsi fatta per sempre.

I boschi adunque che possono servire di argine alle valanghe siano dichiarati sacri, guardinsi frequentemente e si emendino, perchè arrivando quel tempo che tutte le piante fossero in deperimento e pari di età, riuscirebbe poi impossibile il sostituirne delle altre. La principal cura in questi boschi è dovuta alla loro porzione superiore.

Gli alberi vecchi si taglino a 2 o 3m sopra terra, ed il loro legname si esporti quando vi è ancor la neve. Subito dopo la scomparsa della neve, dietro i loro tronchi si faccia un nuovo impianto; si emendino tutti i meriggi e specialmente le orlature superiori. Ove le orlature fossero troppo diradate e non offrissero un bastevole riparo, si abbattino alcune piante, lasciandole cadere, senza sfrondarle, attraverso i tronchi, come già si disse fare per le frane, e dietro queste si proceda immediatamente a nuovi impianti; poichè contro le valanghe servono meglio le orlature basse che le alte; finalmente, non si tagli alcun cespuglio o sterpo al disopra della linea del bosco, che anzi si procuri di spingerne la vegetazione all’insù, allo scopo di preparare un primo ostacolo alla formazione delle valanghe.

Le piante che meglio convengono nella parte superiore di questi boschi sono il larice, lo zimbro, il mugo ed il pino.

Il taglio nella parte media ed inferiore dei boschi, si faccia per decimazione e per liste strette orizzontali; e l’emendamento e la decimazione siano regolati in modo che nel bosco trovisi sempre un egual numero di piante robuste. La semina in queste posizioni riesce di rado, ed è meglio l’impianto per ceppi di 4 o 6 piante.

Ove non si possa nè piantare nè seminare, si faranno delle [p. 381 modifica]fosse orizzontali ogni 3 metri circa, a guisa di scaglioni, al di sopra del luogo destinato a divenir bosco, o ad essere emendato. Nelle fosse si conficchino dei pali alti 2 o 3m e distanti 2m fra loro, e nelle fosse si gettino semi e si pongano barbatelle con un poco di terra. Formata così la diga si passa alla piantagione della porzione inferiore; raccomodando ogni anno il guasto prodotto da qualche discesa di neve, e raddrizzando le piante dopo la sua scomparsa.

§ 400. Boschi sacri contro le inondazioni. Come già si disse, pel troppo disboscamento avvenuto in moltissime regioni montuose, avviene che i fiumi di quando in quando ingrossano oltremodo, corrodono le sponde e facilmente deviando le sorpassano.

Perciò i boschi situati lungo questi fiumi meritano una special cura. Lungo le sponde si taglieranno tutte le piante d’alto fusto, specialmente se abbiano incominciato ad inclinarsi, poichè altrimenti pel loro peso si rovesciano col ceppo, con sensibile scapito delle sponde; di più, cadendo nell’acqua, per la loro lunghezza e ramificazione trattengono, innalzano, e ne deviano il corso con sempre maggior danno. Si purghi il letto del fiume dai massi, dalle radici e dalle piante già cadute e che potessero dirigere l’acqua contro le sponde.

Presso le rive si pongano cespugli, boscaglie e ceppate, piuttosto ravvicinate le une alle altre, di salice, di pioppo e specialmente di ontano, che per le numerose sue radici serve assai bene a trattenere il terreno. Questi cespugli fitti e paralleli servono in caso di escrescenza a mantenere nel letto il filone dell’acqua corrente; e perciò dovranno tagliarsi a breve rotazione, onde siano sempre bassi e ben guerniti, e perchè mettano maggiori radici.

Le piante di alto fusto si educhino sulla linea più esterna. Esse serviranno per le riparazioni occorrenti lungo le sponde; ed in caso di piena si potranno abbattere, lasciandole cadere obliquamente verso il fiume sulla direzione del suo corso; in tal modo appoggiate alle altre piante ed ai cespugli, serviranno a mantenere la corrente nel proprio letto. Nell’abbatterle bisognerà guardarsi bene che non cadano invece contro il corso dell’acqua, perchè in allora ne risulterebbe un effetto contrario.

La parte di mezzo, fra i cespugli e le piante d’alto fusto, si può allevare a capitozza con salici, pioppo, quercie od ontani.