Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei cereali/25

Coltivazioni associabili al melgone

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coltivazioni associabili al melgone.

§ 728. Lo spazio piuttosto largo che esiste fra pianta e pianta di melgone suggerì all’agricoltore che vi si poteva coltivare qualche altra pianta di minor conto, e si provò ad associarvi il fagiuolo, il pomo di terra, la melica, il cece e la zucca. Quest’uso di associare altre piante nei campi di melgone è comune dove si coltiva in linee; e le piante che più di sovente vi s’introducono sono i fagiuoli, il pomo di terra, e qualche rada pianta di zucche. Ad eccezione delle zucche, che inoltre convengono pochissimo e che non compensano il danno che arrecano colla molt’ombra che fanno, le altre piante si dispongono sulle stesse linee del melgone, alla distanza non minore di metri due, poichè così disposte non impediscono nè le sarchiature nè la rincalzatura, nè l’irrigazione ove si possa praticare: una minor distanza, singolarmente nei terreni freddi, impedirebbe di troppo la vegetazione del melgone diminuendovi l’azione dei raggi solari. Fra le varie piante associabili la migliore è il fagiuolo, e fra questi i così detti nani; essi maturano più presto del melgone e per conseguenza ombreggiano il terreno per minor tempo. I fagiuoli [p. 714 modifica]rampicanti, oltre al maturar più tardi ed ombreggiare maggiormente e più a lungo il suolo, avviticchiandosi ai fusti del melgone, gli arrecano un sensibilissimo danno. Un ettaro coltivato promiscuamente con fagiuoli nani può dare dai 5 agli 8 ettolitri di fagiuoli secchi. Il pomo di terra è meno conveniente dovendo restare nel campo per tutto il tempo che vi sta il melgone, perchè fa maggior ombra e perchè, richiedendo gli stessi principj del melgone, vive a scapito di quello. — I ceci riescono discretamente, ma negli anni asciutti, ov’è una di queste piante, la vicina pianta di melgone inaridisce più presto. — Alcuni vi frappongono qualche pianta di canape, ma la canape crescendo più isolata che nell’ordinaria coltivazione diviene assai grande e di fibra troppo legnosa e grossolana.

Parlando del sovescio dissi che, quando al melgone succede il frumento, verso la metà d’agosto od al principio di settembre si gettano nei solchi i semi di lupino o di ravizzone, o di ambedue queste piante, e si coprono di terra colla zappa o con un piccolo rastrello. Levati poi i fusti di melgone dal campo si sovesciano pel frumento. Quest’uso, lodevole per l’utile che ne ritrae il frumento, già lo dissi, riesce il più delle volte nocivo al reddito del melgone. Infatti, dovendo queste piante crescere sulle radici del melgone e vivere a loro spese se la stagione corre asciutta, questo soffre più presto; e se all’incontro fosse piovosa vien ritardata od impedita in parte la sua maturanza, perchè colla fitta loro vegetazione gli sottraggono i benefici effetti dei raggi solari.

Da condannarsi ancor più è colui che per ottenere il ravizzone nella primavera susseguente, lo semina nel melgone avanti la rincalzatura, onde con questa ricoprirne i semi. In tal caso è chiarissimo che il melgone comincerà a risentirne il danno anche prima della fioritura, e questo riuscirà sempre maggiore anche in seguito pel maggior sviluppo che può prendere il ravizzone avanti che si raccolga il melgone. Questa pratica è quasi generale fra i coltivatori delle terre asciutte (coloni), perchè al desiderio d’avere col ravizzone il così detto bosco pei bigatti, ed il seme per quel poco d’olio di consumo per la sua casa, o per farne sovescio in autunno, unisce pure la pigrizia di lavorare e concimare opportunamente qualche pezzo di terreno dove sia stato tagliato il frumento. Trattandosi d’avere quanto basti pel proprio consumo, non fa bisogno lavorare molta terra, e non vi si aggiungerebbe lo [p. 715 modifica]svantaggio di coltivare per due anni di seguito il melgone sullo stesso spazio di terreno.