Trattatelli estetici/Parte seconda/XVI. Le necrologie

Parte seconda - XVI. Le necrologie.

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XVI.

LE NECROLOGIE.

Tutto ha sua stagione a questo mondo, diceva un paziente coltivatore di patate per amore del prossimo, aspettando gli anni della carestia che facessero salire in pregio la sua derrata. Riferendo il discorso alla letteratura, diremo che se v’ebbe il tempo di sonetti per nozze, per lauree, per prime messe (e quel tempo non è del tutto passato) ora il gusto dominante si è dichiarato in favore delle necrologie. Anche queste sono una specie di produzione sotterranea, e il suo pregio sta in proporzione degli anni più 0 meno disgraziati; sicchè non sarebbe senza molti punti di rassomiglianza il confronto che se ne facesse colle patate.

Chi non scrive ai nostri giorni necrologie, e di chi non si scrivono? È una letteratura si comoda quella delle date e dei nomi! Per altra parte è tanto facile il cattivarsi l’animo de’leggitori con quella mostra di compassione pei trapassati! L’uso, omai fatto generale, ha consacrato alcune frasi, e le ha rese proprietà comune, sicchè non occorre un grande esercizio di penna a trovarsi atti a comporre di tali scritture. Il compianto e le benedizioni di chi sopravvive sono cavicchi da conficcare senza pau[p. 101 modifica]ra, sempre che il periodo sia per mancare; il bacio del Signore (come frase) è a disposizione di chi lo vuole. Gran brutto mondo dev’esser il nostro, dacchè tutti muoiono rassegnati! La rassegnazione è diventata fin anco virtù repentina, poichè ho veduto alcuna volta attribuirla a chi è morto improvvisamente. Oh ineffabile sapienza del nostro secolo a conoscere le occulte qualità delle cose!

E di chi non si scrivono necrologie? Ciò per altro è assai naturale. Il compianto, le benedizioni, il bacio del Signore s’attagliano ad ogni genere di persone. Forse che no la rassegnazione? Quando saremo tutti nella gran valle, mi piacerà di vedere se ci fosse nessuno che potesse alzare la testa a protestare pubblicamente di essere stato in qualche giorno, in qualche ora della sua vita rassegnato. Quanto a me dico che tutti hanno ragione di attendere la loro necrologia, e do loro licenza di errare non

Ombra infelice a disturbar i sonni

prima dei parenti, poi dei gazzettieri della lora città (dato che nella loro si stampino gazzette) come presso i pagani quelli mancanti di sepoltura. Consiglio per altra parte i giornalisti, fratelli wiei, a provvedersi di alcune formule generali, stampate se loro tornasse il conto, di articoli necrologici, con in bianco la data e il [p. 102 modifica]nome del trapassato. È gentilezza da usare a si buon mercato!

Prima gli esemplari indi i critici, dicono i maestri di rettorica e dicono bene. È da qualche anno che ferve il lavoro delle necrologie, e molti credono di aver tocco il non plus ultra del genere; or è tempo che dia fuori la critica. Ed eccola sgrignuta, unghiuta, come sogliono vederla da solo a sola gli autori. Ma, vedi stravaganza! Qui la critica pecca di predilezione, fa la parte di panegirista. Oh virtù del sepolcro che tutto decompone e sovverte! Il buon licore della lode assai spesso inacetisce tra le mani della critica; e all incontro l’aceto della critica filtrando per le tombe si converte in dolce liquore di lode. Questo è veramente il senno del poi, di cui sono piene le fosse, ma non trovasi conveniente spiegazione ne’ dizionarii.

Si perdoni ai sepolti, grida ad alta voce la critica, e a somiglianza di que’ buoni vecchi che lodano sempre il passato per alleggerirsi la stizza del presente, vogliono che si dica vernice alla muffa. Canto bene un grande poeta, che Dio lungamente conservi alla gloria delle lettere italiane, è un gran pacier la morte! Di fatti vedete scatenarsi contro le necrologie, e non mai trovarle abbastanza indulgenti, que’ medesimi che insozzarono di bile, o inasprirono di ortiche il cammino del defunto tanto ch’ei visse. Lo scrittore necrologo ha un bel soggiugnere che la [p. 103 modifica]verità, entro certi limiti di discrezione, vuol farsi udire in ogni tempo; il critico leva la voce, e balestrando cinque o sei paroloni pescati nel dizionario della morale posticcia, si crede aver vinta la lite. Ma che è necrologia se non discorso intorno a chi è morto? E se da questo discorso non ve ne viene all’animo un giusto concetto della persona di cui si parla, che altro è da esso alla fiaba, se non la sovrapposizione delle date per colorire l’impostura? Che si dipinga Annibale di profilo per togliere la sconcezza dell’occhio, e Ulisse seduto perchè faccia miglior figura che in piedi, capisco, ma che si piantino in fronte al vincitore di Canne bellissimi ambidue gli occhi, e si accordino al figliuol di Laerte le atletiche proporzioni di Aiace, chi oserà immaginarlo se non i critici delle necrologie?

Se non avete a lodare, soggiungono, ristatevi dallo scrivere; chi vi sforza a turbare la pace dei morti? Certo questo discorso è ragionevole nel generale della necrologia che vuol essere encomiastica anziché il contrario. Ma qual fede darete alle lodi se vi parlano di virtù senza mistura alcuna di difetti, contro ciò che si vede e si vedrà sempre negli uomini? La stessa che alle virtù dei romanzi. E per ultimo, nou devono tornare fruttuosi ai vivi gli studii fatti sopra la sepoltura? Ora che insegnamento se ue trarrebbe dal vedere falsate le cose di [p. 104 modifica]maniera che il solo bene apparisse, e se ne andasse in dileguo tuttociò che non fosse bene? Sopravvivono all’uomo tanto le sue virtù quanto i suoi difetti, e il lume di quelle rende più visibili questi: ecco lezione di qualche utilità per miglioramento della specie umana. Sicchè diansi pace le nostre sentinelle de’ cimiterii, e lascino passare il necrologo col suo doppio fardello di lode e di censura. Veggano bene, e ciò è giusto, che la lode avanzi la censura, e questa si faccia in modo proporzionato alla condizione di genti che non possono rispondere, e per nulla giovarsi di postumi ammaestramenti. Si accheteranno a questa composizione i signori critici? Se no, confessiamo di non saperne propor loro alcun’ altra che ci sembri migliore.