Trattatelli estetici/Parte seconda/X. I giornali

Parte seconda - X. I giornali.

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X.

I GIORNALI.

Non basta dunque a ciascun giorno il suo male, come abbiamo nel più augusto de’ libri, ch’ egli conviene tollerare anche questa nuova malignità, non infusa nell’aria, ma ne’ cervelli di certi letterati che diconsi giornalisti; e la quale non in grandini, in folgori, in uracani, ma si [p. 62 modifica]risolve in articoli, appendici, relazioni, comenti a tuttociò che si fa, che si dice, e che si scrive dagli uomini di questo e di quel paese, anno per anno, mese per mese, settimana per settimana, e fin anco giorno per giorno? Abbiamo trovato, mercè il maraviglioso progresso de’ lumi, paragrandini, parafulmini, e presto presto troveremo parauracani, almeno se continueranno a visitarne con la frequenza e l’impetuosità di questi ultimi giorni, ma qual sarà l’ingegno che sappia trovare e porre in esecuzione i paragiornali? Oh! i giornali non devastano campagne, non abbattono alberi, non disculminano campanili, ma, oltre all’insidiare quel prezioso metallo cui le tasche non sanno mai custodire abbastanza bene, rubano il tempo e spesso ancora la pace de’ troppo creduli o de’ troppo appassionati lettori. Ci ricorda di quel cotale, che, venuto a contesa intorno il merito dell’Ariosto paragonato a quello del Tasso, s’infervorò per modo nella disputa, da dover indi battersi in duello col suo avversario, e rimanerne mortalmente ferito; e dicesi che sul finire, pronunziasse le seguenti parole: ciò che più mi annoia si è di avermi fatto ammazzare a cagione di un libro che non ho mai letto. Non so di duelli successi per causa d’articoli di giornale, ora specialmente che il suicidio ha soppiantato il duello nell’opinione de’ così detti uomini di onore: ma di orrende baruffe, e di amicizie o [p. 63 modifica]rotte affatto o notabilmente rallentate a cagione de’ giornali, potrei citare non pochi esempi. E in questi casi le parti contendenti possono ripetere il più delle volte la frase di quel dabbene uomo che si era fatto ammazzare, colpa l’Ariosto che non aveva mai letto. Che importa a noi che il trionfo sia degli Uroni o dei Siminolli, che non abbiamo mai veduti, ne vedremo probabilmente mai iu nostra vita? Eppure ci lambicchiamo il cervello nelle congetture sui loro futuri destini, e sui varii modi di reggimento che saranno da essi adottati, più ancora che non usiamo di fare per dar miglior avviamento alle faccende di casa nostra, e procacciare alla nostra vita le comodità necessarie.

E passando ad argomenti di ancora più lieve importanza, che cosa è questo accapigliar si furiosamente in tutte le conversazioni ad ogni nuovo libro che viene alla luce, e per lo più non letto, né conosciuto altrimenti che per la relazione che ne diedero i giornali? E questo, chi volesse badare alle sofistiche declamazioni di certuni, egli è questo il non plus ultra dell’incivilimento, e la nota de’ giornali che si pubblicano in una provincia, o in una città, per poco non è da scambiare colla tessera de’ termometri dinotante i gradi della temperatura atmosferica; per cui, anzichè dire: tanta è la civiltà in un paese, potesse dirsi: tanti sono i giornali che vi si stampano! Questa infezione di [p. 64 modifica]giornali la è tanta, che non solo coloro, i quali si piccano di letteratura, ma quelli pure che attendono ad altro, consacrano ad essi qualche porzione del loro tempo. E le donne? Anche le donne vogliono avere sui loro tavolini un qualche giornale, e talune non si contentano nè manco di un solo. E vi sanno discorrere e del tale e tal altro libro uscito di fresco, e del tale o tal altro ingegnoso trovato recente, e della fortuna de’ recitanti e delle cantatrici, e in somma di ogni cosa, oltrechè delle mode che sono adesso trattate poco meno che con scientifica gravità. Sicchè egli conviene anche a chi aveva fatto voto di non guardar mai più libri in sua vita, quando voglia chiacchierare colle signore di qualche garbo, non che cogli uomini di educazione un po’ fina, logorarsi gli occhi su quelle sterminate facciate a doppia colonna, e tener dietro a tutte le fanfaluche che vengonsi pomposamente sciorinando dai compilatori de’ giornali. Alquanto di questo guaio lo si aveva negli almanacchi, dei quali, oltre il comperarli, era necessario scorrere qualche brano a non parer nuovo affatto nel mondo elegante; ma era un guaio di una volta per anno, laddove la maledizione de’ giornali ti è sempre alle spalle, non ti lascia respirare nn sol giorno.

Lascio ai lettori il pensare con quanto gusto si ascoltasse siffatto discorso intorno ai giornali, da chi, non so se per volontà propria o per al[p. 65 modifica]tro motivo, continua a travagliarsi in questo genere di letteratura. Ma sarebbe stato fuor di ragione il pigliarsela contro quel tale, dacchè non pochi pur sono dai quali si ascoltano a tutte l’ore presso che le medesime cose. E tuttavia i giornali vanno sempre crescendo di numero e d’importanza, a nessuno stampatore par di adempiere convenientemente al proprio mestiere se fra le sue imprese non ce ne sia almeno una di questa specie, e a nessuno che voglia iniziarsi nella letteratura par di poter meglio incominciare che con qualche articolo di critica, o con qualche novella da pubblicarsi gratis, o mediante mercede, secondo i casi, in qualche giornale. Sicchè ognuno vede come anche in questo la teorica discordi dalla pratica. Il meglio però della contraddizione si mostra ne’ letterati stessi i quali, insofferenti del tribunale a cui si veggono tratti dinanzi loro malgrado, strillano con quanta voce hanno in gola, e per quanta è la capacità delle prefazioni e delle note che appiccano alle loro opere, contro l’arbitrarie e avventate sentenze che periodicamente si stampano intorno ogni libro ed ogni scrittore. Chi però tenesse dietro con paziente assiduità a questi medesimi letterati anti-giornalistici, li troverebbe, tranne pochi, assai pochi, tutti intenti a cattivarsi il favore di quel tale da cui presumono essere citati con un articolo a render ragione nel cospet[p. 66 modifica]to del pubblico delle insulsaggini, o falsità, o negligenze onde stiparono i loro scritti.

Io non voglio far qui l’apologia de’ giornali e de’ giornalisti; egli si richiederebbe un grosso volume a svolgere di proposito questo argomento. Alcune riflessioni soltanto mi permetterò di accennare più assai che di stendere, non inutili, credo, e non forse affatto volgari. Se la più parte dei giovani sono allettati da questo genere di letteratura è ragione che sia loro addossata tutta la colpa? Mettetevi un poco una mano al seno, e rispondete, lettori cari; molte di quelle cose che leggete in un articolo di gior nale, a qualunque ora e in qualunque luogo vi garba, forse ad un caffè o in un ridotto, poco prima di andarne a dormire, o fin tanto che vi sono portati i rinfreschi che domandate, le leggereste disseminate in un libro? Quei poveri principianti che hanno indosso la doppia malattia e del secolo in cui sono nati, tutto moto e impazienza, e dell’età giovanile, confidente e operosa, si gettano volentieri in una carriera, salgono volentieri una tribuna, donde possono farsi udire assai facilmente. Le loro opinioni, chi ben voglia pesarle, sono alla fin fine, se non in ogni parte, almeno rispetto a molti punti, l’eco dell’opinione universale; e chi volesse insegnar loro a tacere, non dovrebbe mostrare quell’ansietà, che pur da ognuno si mostra, nel leggere il giudizio di un’opera nuova, di un [p. 67 modifica]nuovo spettacolo, di una nuova scoperta, di tutto ciò in somma ch’è nuovo, o che si offre con questo titolo ai compilatori di gazzette, giornali, antologie, magazzini, teatri, e altri tali per essere giudicato. Ebbe a dire taluno che i vecchi dovrebbero essere i giudici competenti di quanto viene in luce, e la sentenza a prima giunta par buona. Ma chi credete voi sia più abbondante in generale di quelle passioni che derivano dalle abitudini, la vecchiaia o la giovinezza? In chi credete che l’anticipazion del giudizio parli con più efficacia? Non si può decidere la quistione con poche parole. Ma fosse pure il giudizio dei vecchi più riposato e meglio sgombro da prevenzioni, avendo una fama da sostenere, pronunzierebbero essi sentenza con quella franchezza ed ingenuità ch’è propria dei giovani? Non oserei di affermarlo. Così quanto si legge ne’ giornali fosse sempre dettato dal cuore e dall’intimo convincimento! Allora una tale letteratura diventerebbe molto importante e desiderabile, come quella che potrebbe considerarsi intermedia fra lo studio e la conversazione, in cui molte verità inappressabili a molte altre guise di dettati, possono benissimo trovar luogo e rivelarsi con vivacità e senz’ombra di affettazione. Ogni argomento potrebbe diventar pretesto a svolgere pensieri ed affetti che affaticano la mente e tormentano il cuore quando siano contenuti soverchiamente. Una molto cara e saporita [p. 68 modifica]corrispondenza si schiuderebbe fra scrittori e lettori, come fosse un colloquio di amici. La rapidità con cui i giornali passano da mano a mano, da luogo a luogo, accorcerebbe le distanze, e terrebbe congiunte persone che concorrono senza vedersi nelle stesse opinioni. A chi tutte queste ragioni e molte altre che tacciamo, per non sembrare soverchi, e tutti possono indovinare assai facilmente, non sembrassero buone, rimane da confortarsi in ciò che tutta la malizia dei giornali è la malizia di un giorno, e il tempo che sgomina le moli meglio assestate, ha poca faccenda a distruggere i monumenti innalzati dalla periodica garrulità de’giornalisti, sempre però che non sia questa affratellata a quanto si pensa e si vuole da tutti i buoni, in Lutti i luoghi, ed ha per fondamento i principii immutabili della verità e della giustizia, contraddetti e falsati in mille modi, ma rinascenti pur sempre in molti cuori, e coraggiosamente professati in privato ed in pubblico, coll’opere e colla penna da tutti quelli che non si contentano di parere, ma vogliono essere galantuomini.