Terza parte del Re Enrico VI/Atto terzo

Atto terzo

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Atto secondo Atto quarto

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ATTO TERZO


SCENA I

Londra - Un parco nel nord dell'Inghilterra.

Entrano due guardaboschi con archi in mano.

1° Guar. Convien che ci nascondiamo sotto quest’alto rovo, perchè il cerbiatto non può indugiare: di qui lo atterreremo.

2° Guar. Io vo’ pormi sulla collina onde possiamo tirarci entrambi.

1° Guar. No, no; il romore del tuo arco spaventerebbe la mandria, e il moe colpo sarebbe perduto. Bestiame qui tutti e due e miriamo al migliore. Per passare gl'istanti senza noia, io ti narrerò quello che mi avvenne un giorno in questo medesimo luogo.

1° Guar. S’avanza un uomo: taci finch’ei sia passato. (entra il re Enrico travestito con un libro d'orazioni in mano)

Enr. Mi sono allontanato dalla Scozia per puro amore per la mia patria, e pel desiderio di rivederla, e di salutarla ancora. No, Enrico, Enrico, questa terra non è più tua: il tuo posto è preso; lo scettro ti fu svelto dalle mani, e l’unto che ti consacrò re è scomparso. Alcun mortale non piegherà più il ginocchio dinanzi a te chiamandoti suo sovrano; nessun uomo si accalcherà più sull’orme tue chiedendoti giustizia; niuno avrà più ricorso a te ne’ suoi bisogni. Perocchè come potrei io venire in soccorso degli altri, io che non ho di che sovvenire me stesso?

1° Guar. Ecco un cervo la di cui spoglia arricchirà quello che l’avrà preso; è Enrico, che già fu re: impossessiamoci di lui.

Enr. Accettiamo con rassegnazione queste crudeli avversità; perocchè i saggi dicono che è il miglior partito.

2° Guar. A che indugiamo? Innanzi.

1° Guar. Aspetta un istante ancora.

Enr. La mia regina e il mio figlio sono andati in Francia a chieder soccorso, e da quanto ne so il gran generale Warwick vi è pure accorso, per dimandare la sorella di quel re a sposa di Eduardo. Se ciò è vero, le pene di quella povera regina e del mio figlio saranno perdute, perocchè Warwick è un eloquente oratore, e Luigi un prìncipe facile a rimaner preso da seduttrici [p. 180 modifica] parole: presagisco quello che accadrà. Margherita potrà commuovere in principio il re; perocchè è una donna che sa eccitare la pietà, il suo seno gonfio di sospiri diverrà un oggetto compassionevole; le sue lagrime intenerirebbero un cuor di marmo, e finchè ella ne versa addolcirebbe anche una tigre. Ma essa va per chiedere, e Warwick per dare. Io la veggo alla sinistra del re implorante soccorso per Enrico, e Warwick alla destra in atto di domandare una sposa per Eduardo. Ella piange e dice che il suo Enrico è deposto; Warwick sorrìde, e dichiara che il suo Eduardo lo ha surrogato; così per troppo dolore la infelice non può più parlare, mentre l’altro esalta i titoli di York, vela le sue ingiustizie, espone vivi argomenti, distoglie da lei Luigi, che promette sua sorella ed ogni soccorso a Eduardo e al suo trono. Oh! Margherita, così accadrà; e tu, povera infelice, ritornerai abbandonata come disperata partisti.

2°Guar. Dì chi sei tu che parli di re e di regine?

Enr. Più che non sembro, e minore di quel che nacqui sono uno sventurato. Gli uomini possono parlare dei re; perchè non io?

2°Guar. Ma tu ne parli come se fossi uno di essi.

Enr. Tal sono in mente mia; e ciò basta.

2°Guar. Ma se un re sei, dov’è la tua corona?

Enr. La mia corona ò nel mio cuore, non sulla mia testa: fregiata essa non è di diamanti o di perle indiche: nè risplende allo sguardo. La mia corona è il contento; ed è tale che di rado ne godono ì re.

2°Guar. Or bene, se voi siete un re coronato di contento, avrete la bontà di venire con noi, perocchè crediamo che voi siate quel re che Eduardo ha deposto, e come sudditi fedeli di questo vi dobbiamo prendere oerchè suo nemico.

Enr. Ma non avete voi mai fatto alcun giuramento che poscia abbiate violato?

2°Guar. Non mai, nè oggi incomincieremo.

Enr. Dove abitavate allorchè io era re d’Inghilterra?

2°Guar. In questi boschi in cui siamo ora.

Enr. Io fui consacrato re all’età di nove mesi, mio padre e mio avolo furono re, e voi giuraste a me sudditanza. Ditemi ora se non avete violato alcun giuramento.

2°Guar. No, perchè noi eravamo sudditi soltanto finchè voi eravate re.

Enr. Oh! sono io spento? Non respiro ancora? Ah uomini sempiici, voi non sapete quello che giurate! Mirate come con [p. 181 modifica] un soffio io allontano questa piuma dal mio volto, e come l’aria me la rimanda: obbedendo al mio alito finchè io soffio, cedendo all’altro quando il mio tace, e dominata sempre dal più forte. Tale è Immagine della vostra leggiera mobilità, uomini volgari. Ma non rompete il vostro giuramento: voi non mi vedrete pregarvi per non rendervi colpevoli di simil fallo. Andate dove vorrete, il re li lascerà comandare: siate voi re, che io vi obbedirò.

1° Guar. Noi siamo i fedeli sudditi di Eduardo.

Enr. E di nuovo tornereste ad esserlo di Enrico, se Enrico fosse seduto dove è Eduardo.

1° Guar. Noi vi imponiamo in nome di Dio e del re di venire con noi.

Enr. Ln nome di Dio guidatemi: e il vostro re sarà obbedito. Ciò che Dio vuole dal vostro re si compia; ai suoi decreti io mi sottometto umilmente.

(escono)

SCENA II

Londra — Una stanza nel palazzo.

Entrano il re Eduardo, Glocester, Clarenza, e Lady Gray.

Ed. Fratello Glocester, lo sposo di questa dama, sir Giovanni Grey fu ucciso nei campi di Sant’Albano; le sue terre fìiron quindi confiscate dal vincitore. Ella ora chiede di riaverne il possesso, che noi non possiamo con giustizia rifiutarle atteso che quel prode gentiluomo perdè la vita nella contesa della casa di York.

Gloc. Vostra Altezza farà bene a concederle quant’ella dimanda: disdicevole sarebbe il rifiuto.

Ed. Sì, disdicevole; ma vo’ indugiare anche un poco.

Gloc. (a parte) Ebbene, veggo che quella dama dovrà conceder dia pure i suoi favori prima d’ottenere ciò che chiede.

Clar. (a parte) Ei conosce il giuoco e sa prender bene il suo tempo.

Gloc. Silenzio. (a parte)

Ed. Signora, esamineremo la vostra supplica. Ritornate per sapere la nostra risoluzione.

Lady. Re giusto e generoso, non posso sopportare più indugi: piaccia a Vostra Maestà di rispondermi ora; e qual che siasi il vostro volere, mi terrò paga.

Gloc. (a parte) Sì, leggiadra vedova, io vi guarentisco la restituzione delle vostre terre, se vorrete fare tutto quello che gli piacerà; ma combattete più da vicino, o getterete i colpi. [p. 182 modifica]

Clar. (a parte) Per lei non temo, se pur non si lasci cadere.

Gloc. (a parte) Dio nol voglia! perchè allora ei si avvantaggierebbe.

Ed. Quanti figli avete?

Clar. (a parte) Credo voglia chiederlene uno.

Gloc. (a parte) Vo’ essere battuto, se piuttosto non glie ne dà due de’ suoi.

Lady. Tre, mio grazioso sovrano.

Gloc., (a parte) Ne avrete quattro se vi lascierete reggere da lui.

Ed. Sarebbe doloroso che dovessero perdere le terre dei loro padre.

Lady. Siate dunque pietoso, signore, e concedetele loro di nuovo.

Ed. Dateci licenza, signori; vo’ scrutare i sentimenti di questa dama.

Gloc. (a parte) A vostro senno: voi amerete i colloqui d’amore, finché la giovinezza vi abbandonerà e vi lascierà in mano le gruccie. (insieme con Clarenza si ritirano da un’altra parte)

Ed. Ora ditemi, signora, amate i vostri figli?

Lady. Sì, quanto amo me stessa.

Ed. E fareste molto per renderli felici?

Lady. Per renderli felici sosterrei molti mali.

Ed. Cercate dunque di riguadagnare le terre di vostro marito, per far loro un gran bene.

Lady. A questo fine venni da Vostra Maestà.

Ed. Io v’insegnerò in che modo potete ricuperare quelle terre.

Lady. Ciò mi obbligherà per sempre a Vostra Altezza.

Ed. Qual piacere mi farete s’io ve ne do?

Lady. Quello che vorrete, e che da me dipenda.

Ed. Ma voi vi opporrete alla mia inchiesta.

Lady. No, grazioso signore, se pur la cosa non mi fosse impossibile.

Ed. Oh! da te dipende il farmi il favore che io dimanda.

Lady. In tal caso aderirò al cenno di Vostra Grazia.

Gloc. (a parte) Ei la sollecita vivamente, e la goccia di pioggia rompe alfine anche il marmo.

Clar. (a parte) Ella è rossa come il fuoco! H suo cuore deve ammollirsi.

Lady. Perchè indugiate, milord? Non mi volete dire quello che chiedete?

Ed. Una cosa facile; solo di amare un re.

Lady. Tal cosa è tosto compita, perchè io sono una suddita.

Ed. Ebbene, allora ti do liberamente le terre di tuo marito. [p. 183 modifica]

Lady. Da voi mi accomiato con mille rendimenti di grazie.

Gloc. (a parte) Il patto è stretto; ella lo suggella con un inchino.

Ed. Ma fermati, sono i frutti dell’amore che io intendo.

Lady. E son pure i frutti dell’amore ch’io voglio darvi, mio amato sovrano.

Ed. Sì, ma io temo in un altro senso. Che amore credi tu che io ti chiegga?

Lady. Il mio amore fino a morte, i miei umili ringraziamenti e le mie preci, quell’amore che la virtù dimanda e la virtù concede.

Ed. No, in verità, io non intesi tale amore.

Lady. Dunque non intendevate com’io credevo.

Ed. Ma ora voi potete conoscere la mia mente.

Lady. Non mai il mio cuore conoscerà quello che io intravedo negl’intenti di Vostra Altezza, se pure m’appongo al vero.

Ed. Per parlarvi aperto, io vo’ starmi con voi.

Lady. Per rispondervi con eguale schiettezza, io starò piuttosto in una carcere.

Ed. In tal caso non riavrete le terre di vostro marito.

Lady. Ma la mia onestà mi sarà dota; e con tal perdita non le acquisterò.

Ed. Pensate al danno che recherete con ciò ai vostri figli.

Lady. Vostra Altezza ne fa un maggiore ad essi ed a me. Potente signore, questa vostra idea non si accorda colla mestizia della mia richiesta. Degnatevi congedarmi accordandomela o rifiutandomela.

Ed. Accordo, se accordi; rifiuto, se rifiuti.

Lady. Ebbene, rifiuto, milord. Non ho più nulla da dimandarvi

Gloc. (a parte) La vedova si cruccia, e aggrotta il ciglio.

Clar. Egli è il più goffo amasio della cristianità. (a parte)

Ed. (a parte) I suoi sguardi annunziano che è piena di modestia; le sue parole rivelano uno spirito eletto; tutte le sue doti mi dicono che nata è per divenire sovrana. In un modo o nell’altro ella è degna di un re, e diverrà mia amante o mia sposa. — Di’ che il re Eduardo ti prenda per consorte.

Lady. Cotesto è più facile a dirsi che a farsi, mio grazioso sovrano; io sono una suddita, e debbo sopportare le celie del mio signore; ma inetta sarei a divenire sovrana.

Ed. Amabile vedova, io ti giuro pel regno mio ch’io non dico che quello che penso; e questo è di goderti con ricambio d’amore.

Lady. Ma ciò è più ch’io non voglia concedere: so di esser troppo umile per divenire regina; ma troppo grande pur sono per esser solo vostra amante. [p. 184 modifica]

Ed. Le sono parole, mia cara; io m’intendevo di farvi mia sposa.

Lady. Doloroso sarebbe a Vostra Grazia l’adire i miei figli chiamarvi padre.

Ed. Non più che se le mie figlie madre ti chiamassero. Tu sei vedova e hai figliuoli; e, per la madre di Dio! io pure, quantunque scapolo, ne ho. Felice cosa è l’esser padre di molti figli. Non mi risponder altro, perchè tu sarai mia regina.

Gloc. (a parte) Il santo padre ha ora terminato la sua confessione.

Clar. (a parte) Ei non s’è ftto confessore che per sedurre la sua penitente.

Lady. Fratelli, voi vi intrattenete senza dubbio di questo nostro colloquio.

Gloc. Che questa signora pare non ami, perocchè è mesta.

Ed. Voi riputereste cosa strana certamente ch'io la maritasse.

Clar. Con chi, milord?

Ed. Con me stesso, Clarenza.

Gloc. Dieci giorni almeno ci vorrebbero per isperdere la sorpresa che produrrebbe tal fatto.

Clar. Meraviglioso sarebbe in verità.

Gloc. E inesplicabile quasi.

Ed. Celiate a vostro senno, fratelli; io posso dirvi ad entrambi che la sua inchiesta le fu pienamente accordata.

(entra un nobile)

Nob. Grazioso signore, il vostro Enrico è preso; e vien condotto prigioniero alle porte del vostro palazzo.

Ed. Sia trasportato alla Torre. Andiamo a interrogare, fratelli, l’uomo che l’arrestò. — Amabile vedova, seguiteci; signori, adoprate con essa onorevolmente.

(esce con lady Grey, Clarenza e il nobile

Gloc. Sì, Eduardo adoprerà onorevolmente colle dame. — Oh! così logorasse egli nelle voluttà tutte le sue forze, tutta la sua sustanza, onde non mai generasse un rampollo rigoglioso che mi attraversasse la via, e m’impedisse digiungere alla gloriosa meta a cui agogno. Nullameno, quand’anche! titoli del lascivo Eduardo andassero perduti, rimane fra i miei desiderii e me Clarenza, Enrico, il suo giovine figlio Eduardo, e tutta la schiatta sconosciuta che può escire ancora da loro, per succedersi in trono prima ch’io vi giunga; sinistro avvenire pei disegni che ho nell’anima! Io non fo ancora che un vano sogno sulla sovranità; come noma che posto sulla cima d’un promontorio spinge i suoi sguardi [p. 185 modifica] sopra lontane prode che vorrebbe calcare, desiderando che il suo piede potesse segoire i suoi occhi, maledicendo il mare che si frappone, e giurando ch’ei lo diseccherà per aprirvisi un passaggio. Ecco in qual guisa io desidero la corona, posto a un’immensa. Distanza da lei; e dico con me stesso che toglierò gli ostacoli, cullandomi di cosa impossibile. Il mio occhio è troppo penetrante, il mio cuore troppo ardito, se la mia mano e le mie forze non sanno secondarli. Ma se è detto che non vi sia regno da sperare per Glocester, qual altro bene allora potrà offerirmi il mondo? Andrò io per consolarmi a porre il mio cielo e la mia felicità nelle braccia di una dama ornando il mio corpo con eleganza, per captivarmi il cuore delle belle con dolci parole e teneri sguardi? Oh pensiero di disperazione! cosa più impossibile per me che il procacciarmi venti corone! Ah! l’amore mi ha rinnegato nel seno stesso di mia madre; e per escludermi per sempre dal suo dolce impero, ha subornata la fragile natura, e l’ha indotta ad accordare le mie braccia da scheletro, come un arboscello diseccato; a porre un’odiosa montagna sul mio dorso, trono dove la difformità assisa insulta al mio grottesco corpo; a formare le mie gambe d’ineguale lunghezza; e togliere le proporzioni in tutte le parti della mia persona, facendo di me una specie di caos, simile all’informe feto dell’orsa, che non ha nascendo alcuna sembianza colla madre, fino a che ella colla sua lingua non l’abbia racconciato, e compito l’abbozzo della natura. Tale essendo, potrò io mai essere amato? Oh quale follia sarebbe il nudrir tale speranza! Ebbene, poichè questo mondo non m’offre alcun piacere, fuorchè quello d’imperare, di vessare, d’opprimere gli uomini, a cui la natura è stata più benigna che a me, io m’intratterrò fra i Soli d’una corona, e contemplerò questo mondo come un inferno, finochè questa mia testa, sopportata da questo tronco contraffatto, non ne da cinta. Or come avrò tale corona, se tante vite me la tolgono? ed io, come un viaggiatore smarrito per un bosco pienedi rovi spinod che mi trafiggono, cerco di aprirmi una via, e mi addentro ognor più non sapendo come rintracciare il sentiero della luce, e disperato quad di poterlo discoprire? Ma m’aprirò un sentiero, e mi toglierò da quest’ambascia con una mannaia sanguinosa. Io posso sorridere e uccidere sorridendo; posso dimostrar gioia anche quando l’angoscia mi rode il cuore; so bagnare di lagrime simulate le mie gote, adattare il mio viso a tutte le sembianze, e uccider co’ miei sguardi più uomini che non n’abbia uccisi il basilisco; so compiere la parte d’oratore meglio di Nestore, deludere con più arte d’Ulisse; e novello Sinone ottenere [p. 186 modifica] un’altra Troia, cambiando più spesso di colori che il camaleonte, cambiando più spesso di forme che Proteo, esperto tanto di politica, che il truce Macchiavelli potrebbe essermi discepolo. Io possiedo tutte queste doti, e non avrò un trono? Foss’egli anche cento volte più lungi che non è da me, e saprei arrivarvi.

(esce)


SCENA III.

Francia. — Una stanza nella reggia.

Squillo di trombe. Entrano Luigi re di Francia, e Bona con seguito; il re va ad assidersi in trono. Vengono poi la regina Margherita, il principe Eduardo, suo figlio, e il conte di Oxford.

Re. Bella regina d’Inghilterra (alzandosi), illustre Margherita, assidetevi con noi; non si addice al vostro grado e alla vostra nascita il rimanere in piedi, mentre Luigi è assiso.

Mar. No, potente re di Francia; ora Margherita deve umiliarsi e imparare ad obbedire dove i re comandano. Io era, io confesso, in di più lieti, che passati sono, l’illustre regina d’Ingnilterra; ma ora l’avversità ha cancellati i miei titoli, e m’ha precipitata con ignominia nella polvere, dove convien ch’io rimanga, conformandomi alla mia sorte.

Re. Che dite, bella regina? Donde derivasi profonda disperazione?

Mar. Da una cagione ch’empie i miei occhi di lagrime, che soffoca la mia voce, e immerge il mio cuore nell’amarezza e nei dolori.

Re. Quali che si siano le vostre sventure, siate sempre voi stessa, e assidetevi al nostro fianco (la fa sedere). Non piegate il capo sotto il giogo della fortuna; ma con anima intrepida innalzatevi trionfante al disopra dei vostri mali. Spiegatevi, regina Margherita, confidatemi le vostre pene; esse saranno alleviate, se la Francia può alleviarle.

Mar. Queste graziose parole rianimano il mio coraggio estinto, e rendono alla mia voce la forza per esporvi i miei mali. Sappiate, generoso Luigi, che Enrico, solo possessore della mia tenerezza, di re ch’era, più non è che un esule, costretto a vivere sulle frontiere della Scozia, nell’abbandono, intanto che l’ambizioso Eduardo, superbo duca di York, usurpa il titolo reale e li [p. 187 modifica]trono del signore legittimo e consacrato. - Ecco la cagione dei miei pianti; ecco ciò che ha forzata l’infelice Margherita... con questo principe, figlio mio, ed erede di Enrico, a venir ad implorare la vostra giustizia e il vostro soccorso; e se voi ci abbandonate, più alcuna speranza non ne rimane. La Scozia, fedele, è pronta a sostenerci; ma essa non ha che la volontà senza il potere: il nostro popolo e i nostri Pari sono stati sedotti; i nostri tesori ne furon tolti; i nostri soldati andarono in fuga; e noi stessi, lo vedete, siam ridotti ad una condizione deplorabile.

Re. Illustre regina, soffrite per ora la tempesta con pazienza, intanto che noi penseremo al modo di disperderla.

Mar. Quanto più indugiamo, tanto più si afforza il nostro nemico.

Re. Ma quanto più differiti, tanto più i miei soccorsi e la mia vendetta saranno vasti e sicuri.

Mar. Oh Luigi! l’impazienza accompagna sempre gl’infelici... Ma, mirate, si avanza l’autore di tutti i miei danni.

(entra Warwick con seguito)

Re. Chi è colui che vien verso di noi così audacemente?

Mar. Il conte di Warwick, il fido amico di Eduardo.

Re. Siate ben giunto, prode Warwick. Qual cagione vi guida in Francia? (discendendo dal suo trono mentre la regina Margherita si alza) Mar. Ah! ora comincia ad infierire una seconda tempesta, perocchè questi è l’uomo che governa il vento e i flutti.

War. Vengo per comando del virtuoso Eduardo, re d’Albione, mio signore sovrano e vostro amico. Incombenzato da lui di un messaggio di affezione e d’amor sincero, porto anzi tutto il suo saluto alla vostra reale persona: e chieggo quindi in suo nome un trattato d’alleanza e di pace durevole. Per stringerei nodi di questa col nodo dolcissimo dell’imeneo, vi dimando pel re d’Inghilterra la mano di questa principessa, vostra bella e virtuosa germana.

Mar. Se la sua dimanda è ascoltata, ogni speranza di Enrico svanisce.

War. E a voi, graziosa signora (a Bona), ebbi ufficio dal mio re di chiedere il permesso di baciar umilmente la destra, e di esservi interprete dei sentimenti d’amore che egli ha per voi concepiti, egli, in cui la fama della beltà che vi adorna ha scolpita sì vivamente la vostra imagine.

Mar. Re Luigi, e voi, principessa, degnate di ascoltarmi, prima che Warwick abbia la vostra risposta. Non vediate nella sua dimanda la dichiarazione sincera di un casto amore: è l’ [p. 188 modifica]ingannatrice politica, figlia della necessità, che lo muove! Perocchè in qual guisa i tiranni possono essi affrancarsi sugli usurpati troni se non intessono potenti alleanze? Per provarlo tiranno basta questa parola; Enrico vive ancora, e quand’anche ei fosse spento, ecco a voi dinanzi il principe Eduardo suo figlio. Pensate dunque, Luigi, a non attirare sopra di voi, con tale alleanza e tal matrìmonio, pericoli e obbrobrio: gli usurpatori possono ben prosperare e regnare un istante; ma il Cielo è giusto, e il tempo abbatte i malvagi e matura le vendette.

War. Insultatrìce Margherìta!

Prin. Perchè non regina?

War. Perchè tuo padre Enrico era un usurpatore; nè tu sei principe, com’ella non è regina.

Ox. Così Warwick rinnega il gran Giovanni di Gaunt che soggiogò la maggior parte della Spagna; e dopo di lui Enrìco IV la cui saviezza era uno specchio ai più saggi; e poscia quel glorioso Enrico V, che colle sue prodezze conquistò tutta la Francia, e da cui il nostro discende in linea retta?

War. Come fu, Oxford, che in questo tuo discorso tu non hai accennato in qual guisa Enrico VI perde tutto quello che guadagnato avea Enrico V? Sembrami che i Pari di Francia debbano sorrìdere di ciò. Ma quanto al resto... tu mi poni innanzi una genealogia di sessantadue anni: spazio sì breve basta esso a prescrivere i diritti di un trono?

Ox. Puoi tu, Warwick, parlare contro il sovrano a cui obbedisti sette lustri, senza mostrare il tuo tradimento col rossore della tua fronte?

War. Può Oxford, che sempre difese il diritto, alzar oggi la spada per sostenere una vana genealogia? In nome dell’onore, lascia Enrìco, e chiama Eduardo re.

Ox. Chiamar re un uomo, il cui iniquo giudizio ha fatto morire il mio fratello maggiore, lord Aubrey Vere? e che ha di più strappato un resto di vita a mio padre sul declinare de’ suoi ultimi anni, piegato già verso il sepolcro, e condotto da natura alle porte di morte? No, Warwick, no. Finchè la vita sosterrà questo braccio, questo braccio sosterrà la casa di Lancaster.

War. E il mio quella York.

Re. Regina Margherita, principe Eduardo, Oxford, degnate di ritirarri un istante, intanto che noi c’intratterremo con Warwick.

Mar. Faccia il Cielo che le parole di Warwick non lo seducano. (ritirandosi col princ. e Ox.)

Re. Warwick, dimmi sulla tua coscienza: Eduardo è egli [p. 189 modifica] vostro vero re? Perocchè io sarei avverso a collegarmi con un uomo i di cui dritti non fossero veramente sacri.

War. Do a gaggio di sua legittimità il mio credito e il mio onore.

Re. Ma è egli amato dal suo popolo?

War. Tanto più, quanto che Enrico fu un re infelice.

Re. Andiamo oltre... dimmi apertamente qual sia il suo amore per la nostra sorella Bona.

War. Degno sembra di un monarca quale egli è. Io stesso l’ho sovente udito dire e giurare, che questo suo amore era una pianta eterna, che radici aveva nella virtù, che riscaldata dal sole della bellezza avrebbe sempre portato dolci fiori; ch’esso era al disopra del cruccio, ma non del dolore, se la principessa Bona con pari affetto noi ricambiava.

Re. Ora, sorella, lasciateci udire la vostra mente.

Bona. La concessione che voi stesso darete, o il vostro rifiuto mi saranno di norma. — Pure confesserò (a War.) che spesso prima di questo giorno, ai racconti che la fama pubblicava del merito del vostro re, il mio orecchio allietato ha lasciato entrare il desiderio nel mio cuore.

Re. Ecco dunque la mia risposta, Warwick. — Nostra sorella diverrà sposa di Eduardo, e tosto si detteranno gli articoli e le altre condizioni — Appressatevi, regina Margherita, e siate presente alla concessione che noi fiftcciamo della principessa Bona al re d’Inghilterra.

Princ. Dite ad Eduardo, e non al re d’Inghilterra.

Mar. Astuto Warwick, sei tu la cui frode ha tessuta quest’alleanza, per far svanire la mia dimanda: prima della tua venuta, Luigi era amico di Enrico.

Re. E Luigi è anche l’amico di Enrico e di Margherita. Ma se il vostro titolo alla corona è così vano e debole, come v’è luogo a crederlo dal felice successo di Eduardo, giusto è allora ch’io sia sciolto dalla promessa di soccorrervi che fatta vi aveva; ma voi riceverete alla mia corte l’accoglienza e le cortesie che ri addicono al vostro grado e che sarà in mio potere di concedervi.

War. Enrico può vivere ora in Iscozia liberamente: non avendo nulla da perdere, egli a nulla si espone. — Quanto a voi, già nostra regina, voi avete un padre che può sostenervi: e meglio sarebbe che vi riuniste a lui anzi che infestar qui la Francia.

Mar. Pace, impudente, svergognato Warwick, pace. Oh! suddito orgoglioso che innalzi e abbatti i re, io non abbandonerò questi luoghi finchè i miei discorsi e le mie lagrime, fedeli al [p. 190 modifica]vero, non abbiano aperti gli occhi a Luigi sulle tne frodi, e sul falso amore del tuo sovrano: perocchè entrambi voi siete augelli di una medesima penna. (squillo è un corno al di dentro).

Re. Warwick, questo è qualche messaggio per noi o per te.

(entra un Messaggiere)


Mess. Lord ambasciatore, queste lettere sono per voi; ve le manda il fratel rostro, il marchese di Montague. Queste s’addirizzano a Vostra Maestà per parte del nostro re. — Ed eccone anche per voi, signora, (a Mar.) senza ch’io sappia di dove vengano. {{A destra|(tutti leggono le lettere)

Ox. Veggo con piacere che la nostra bella regina sorride alla sua lettura, e che Warwick se ne sdegna.

Prin. Osservate come Luigi si cruccia: spero che tutto sarà pel meglio.

Re. Warwick, quali sono le tue novelle? Quali le vostre, bella regina?

Mar. Le mie son tali che mi empiono il cuore di gioia.

War. Quelle a me rivolte empierono il mio di mestizia e di malcontento.

Re. Come! Il vostro re ha sposato lady Grey? E per iscontare la vostra indegna frode e la sua ei mi scrive esortandomi alla pazienza? È questa l’alleanza che egli cerca colla Francia? Ardisce egli schernirci in tal modo?

Mar. Avvertito io ne aveva Vostra Maestà. Ecco la prova dell’amore dì Eduardo, e della lealtà di Warwick.

War. Re Luigi, io qui protesto alla vista del Cielo, e per la speranza che ho della celeste beatitudine, che pure sono di questa mala opera di Eduardo. Ei non è più mio re, poichè mi disonora; e se stesso disonora anche più, se veder potesse l’onta che lo cuopre. — Ho io dunque obbliato che fu la casa di York che precipitò mio padre nella tomba a metà del suo corso? Ho chiusi gli occhi sull’ingiuria fatta a mia nipote? Ho cinto la sua fronte della corona reale, spogliandone Enrico, per esserne poscia ricompensato in tal modo? Vergogna a lui; perchè mia ricompensa è l’onore: e per riparare al mio onore per lui perduto, io lo ripudio e ritorno ad Enrico. — Mia nobile regina, sepelliamo nell’obblio i falli passati: di qui innanzi io vi sarò fido servitore. Io vendicherò l’oltraggio fatto alla principessa Bona, e riporrò Enrico nel suo antico stato.

Mar. Warwick, queste parole han mutato il mio odio in amore; io perdono e dimentico tutti i tuoi falli, e non sento che la gioia di vederti amico di Enrico. [p. 191 modifica]

War. Così suo amico, e zelante e sincero, che se il re Luigi vuole accordarci un po’ di milizie io penserò a farle approdare sulle nostre coste, e a rovesciare il tiranno dal trono. Non sarà la sua novella sposa che lo potrà soccorrere: e in quanto a Clarenza..... da quello che mi scrivono ei sta per abbandonare suo fratello, sdegnato di averlo veduto consultare nella scelta d’una sposa le sue inclinazioni avventate, più che l’onore, l’interessee la sicurezza della nostra contrada.

Bona. Caro fratello, come sarà vendicata Bona se voi non prestate il vostro aiuto a questa sventurata regina?

Mar. Illustre principe, come vivrà il povero Enrico, se voi nol ritraete dalla sua crudele disperazione?

Bona. La mia contesa e quella di questa sovrana non son che una sola.

War. E la mia, vaga Bona, sta pure unita alle vostre.

Re. La mia ancora; quindi io son fermamente risoluto di aiutarvi.

Mar. Ricevetene i miei più umili ringraziamenti.

Re. Messaggiere d’Inghilterra, tornatene, e va ad annunciare al perfido Eduardo, tuo falso re, che Luigi di Francia si accinge a mandargli una mano di maschere per dare un ballo sì a lui che alla sua novella sposa. Tu vedi la nostra risoluzione: parti e porta lo spavento nella corte del tuo re.

Bona. Digli che, nella speranza in cui sono ch’ei rimanga in breve vedovo, porterò la ghirlanda di salice.

Mar. Digli che ho spogliato il duolo, e che rivestirò l’armatura dei guerrieri.

War. Digli ch’ei mi ha fatto oltraggio, e che fra non molto gli toglierò quella corona. Eccoti la tua mercede: va.

(Il Messaggiere esce)

Re. Tu, Warwick, ed Oxford, alla testa di cinquemila uomini, traverserete i mari per dar battaglia al traditore Eduardo; e in breve alla prima opportunità questa illustre regina e il principe suo figlio vi segneranno con nuove genti. Ma prima della vostra partenza calmate un dubbio che mi rimane: qual garante ci lasciate voi della lealtà della vostra fede?

War. Ecco il pegno che ve ne risponderà. — Se la nostra regina e il figlio suo si degnano di accettare, io darò a questa giovinetto principe la mia più giovine figlia, oggetto caro della mia tenerezza, e in breve il nodo di un santo imeneo gli unirà insieme.

Mar. Vi acconsento di buon grado, e vi ringrazio della [p. 192 modifica] offerta. Eduardo, figlio mio, ella è bella e virtuosa: onde non esitate, e date al dì lei padre la vostra mano, e colla vostra mano la fede irrevocablle, che non avrete altra sposa che la figlia di Warwick.

Prin. Sì, accetto, perchè ella ben lo merita: ecco la mia mano, e con essa il mio cuore.

(dà la mano a Warvick)

Re. Perchè indugiamo ora? Le soldatesche debbono essere raccolte, e tu, signor di Borbone, nostro grande ammiraglio, trasportare le devi sul nostro real naviglio. Desidero vedere Eduardo caduto dal trono, abbattuto dalie vicissitudini della guerra, e punito per aver insultato con un messaggio schernevole una principessa di Francia.

(escono tutti, tranne Warwick)

War. L’Inghilterra mi ha veduto partire ambasciatore d’Eduardo e tornar mi vedrà suo nemico mortale. I negoziati d’un matrimonio erano l’ufficio commessomi; una guerra sanguinosa sarà la mia risposta. Non aveva dunque Eduardo altr’uomo che me da scegliere per suo vile istrumento? Ebbene, sarò io che gli farò espiare i suoi schemi colla sventura. Fui io che più d’ogni altro lo innalzai: e sarò io che primo lo precipiterò: non ch’io senta alcuna pietà per quel debole Enrico, ma perchè io to’ vendetta dell’insulto che ho trovato.

(esce)