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Pietro Rosati 1880 1881 Giuseppe Albini Indice:Rosati, Pietro – Carmina, 1887.djvu Letteratura Tannereide Intestazione 4 luglio 2023 75% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Carmina (Rosati)
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TANNEREIDE

Poco a ben viver basta.


Sei giunto alfin!... Alfin l’umana prole,
Tanner, ebbe date celeste aita:
Vedi; come le stelle al novo sole,
A te dà loco la falange ardita
Di que’ grandi, che a l’arti ed a le scole
Strenuamente sacràr sudori e vita,
O che, scoprendo, al suol toccato in pria
Schiuser di civiltà più larga via.

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Ti cela, o Volta; tu, Galvan, ti cela,
E tu, Coster, che ai tipi Harlem fai culla:10
O scopritori, che la fama inciela,
V’affaticaste voi per un nonnulla.
Ecco Tanner! ei sì, gli arcani svela,
Nè lascia altrui da rivelar più nulla:
Del ventre vuoto ei sa calmar lo strazio,
E con l’acqua, ch’è più, renderlo sazio.
E pozzi e fiumi e fonti e laghi e mari
Ministran l’acqua, che altri cibi espelle;
Merto egli è sol de’ rivi dolci e chiari
Se prosperan le cose e si fan belle.20
L’acqua sostenta gli animai, del pari
La più feroce razza e la più imbelle;
Corrobora il lion altorugghiante,
Il largo bove e ’l corridor fumante.

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E stupirai se anco ne’ petti umani
La pura linfa vigor novo infonde?
A te ’l villan da le callose mani
Ben con l’esempio suo chiaro risponde,
Egli che solca le colline e i piani,
E beve del ruscel le picciole onde:30
Tal, bevendo acqua, per settanta soli
Bevve salute il professor Rizzoli.
Fama sonò che nel fluente vino
Spegnessero la sete un dì le genti,
Ma quel fu d’acqua umore cristallino,
E l’onde in quattro parti trascorrenti
De l’Edenne pe ’l florido giardino,
Sbramar del mondo i primi due parenti,
Che viti non avean, ma nè pur mali,
Sani la mente e il corpo, ed immortali.40

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Allignata la vite, ahi! chi può dire
Qual s’avvinghiasse a l’uom mortifer’angue?
Si videro le menti intorpidire,
Morir le forze nel corpo che langue,
E sol destarsi atrocemente l’ire
A dar di piglio nel fraterno sangue.
Ma tu l’acque al mortal cenni con mano,
E i mali, o Tanner, se ne van lontano.
Te visto, l’arator più non si sbraccia,
Volge le spalle al campo, e addio gli dice;50
E più il sudato giogo non impaccia
Del giovenco la languida cervice:
Povertade in Averno si ricaccia
E Fatica, che in quella la sua radice:
Nè l’errante nocchier con merci estrane
Ha più mestiero di buscarsi un pane.

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Non salperà cultor, che da segrete
Americane zolle argento speri,
Il qual, pigliato a la dolosa rete,
O in alto affoga o muor fra gli stranieri.60
Viver di poco, o genti, apprenderete,
Posti de l’avvenir tutti i pensieri;
Ed a la fin la Camera e il Senato
Non parleranno più di macinato.
Del povero a la vita ei ben provvide,
Che disse un rio bastar d’acqua perenne:
Non si vedrà, come finor si vide,
Bestie sgozzar, da poi che Tanner venne;
E cadrà da le destre fratricide
L’alzata sopra il bue dura bipenne.70
E voi, trascorse età, foste sì grosse,
Che intentata fin qui l’opra restosse?

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E voi, grandi Alme in ogni tempo sorte,
L’ingegno aveste a la scoperta fioco?
A te dunque, Dottor, a te sien porte
Le laudi; altr’uom non ti contrasta il loco:
A te mia musa vieterà la morte,
E, se a farti immortal mia musa è poco,
T’innalzerò marmorea statua, e noti
Fian tuoi sembianti agli ultimi nepoti.80
Tu sorgerai cinto di giunco il crine,
A’ piedi tuoi zampillerà una fonte,
E le cadenti linfe cristalline
Cinquanta accoglieran Belidi pronte;
E, testimon d’un nome senza fine,
Si leggerà del piedestallo in fronte:
Questi è quel Tanner, che in etadi grame
L’acque additò per satollar... la fame.