Sulle ferrovie proposte per la congiunzione delle linee Palermo-Girgenti e Catania-Licata/VI

Paragone tra la galleria di Xiremi sulla linea delle Imere o la galleria di Castellaccio sulla linea di Vallelunga — Loro costo relativo — Tempo per la loro esecuzione — Difficoltà che presenta la galleria di Castellaccio

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Paragone tra la galleria di Xiremi sulla linea delle Imere o la galleria di Castellaccio sulla linea di Vallelunga — Loro costo relativo — Tempo per la loro esecuzione — Difficoltà che presenta la galleria di Castellaccio
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Paragone tra la galleria di Xiremi sulla linea delle Imere e la galleria di Castellaccio sulla linea di Vallelunga - Loro costo relativo — Tempo per la loro esecuzione — Difficoltà che presenta la Galleria di Castellaccio.


Colla ferrovia delle Imere, per passare dal versante dell’Imera settentrionale sul versante dell’Iimera meridionale, si deve attraversare con una grande galleria, la cui lunghezza massima è di 5600 metri circa, la Sella Xiremi interposta tra la catena delle Madonie e la catena del Catuso, Castellaccio, ecc.

Si disse e scrisse che la grande galleria delle Imere era un MEZZO MONCENISIO, e questo spauracchio fu una delle cause principali per cui essa fu abbandonata.

Il Prefetto di Caltanissetta nel suo discorso di apertura dell’ultima sessione ordinaria del Consiglio Provinciale raddoppiò addirittura la dose, rappresentandola come una galleria EMULA A QUELLA DEL CENISIO. [p. 58 modifica]

Egli è quindi necessario fare un parallelo tra la galleria delle due Imere sotto la sella Xiremi e la Galleria di Vallelunga sotto la portella di Castellaccio, e, giacche molte persone estranee alla materia vollero istituire un paragone tra la galleria delle due Imere e quella del Moncenisio, toccherò anche io quest’argomento per dimostrare che il nome di mezzo Moncenisio, se è applicabile ad una di queste gallerie, esso conviene alla galleria di Vallelunga e non a quella delle Due Imere.

Tutti sanno che la galleria del Moncenisio ha una grande lunghezza, che supera dodici chilometri. Pochi individui estranei alla materia si rendono conto delle difficoltà che s’incontrarono nella esecuzione della galleria del Moncenisio, la cui risoluzione fece progredire la scienza e l’arte di escavazione delle gallerie e rese così celebre questo avvenimento. Egli è certo che a parità di condizioni una galleria più lunga costa più che una galleria meno lunga e che il loro costo in tal caso è ad un dipresso proporzionale alla loro lunghezza. Ma la difficoltà nell'esecuzione di una galleria non dipende essenzialmente dalla sua lunehezza: essa deriva principalmente.

1. Dalla natura dei terreni che essa deve attraversare.

2. Dall'altezza o dal livello del monte da attraversare sopra il livello della galleria.

3. Dalla presenza delle acque, dei gaz e dalla temperatura interna.

La galleria del Moncenisio attraversa terreno o roccia eccellente, soda, non difficile all’escavazione coll'uso delle mine, salvo un banco di quarzite di 400 metri circa di spessore (se ben mi ricordo) dal lato di Modane, difficilissimo alla perforazione, in cui la carica delle mine ha costato la vita a molti operai. L’acqua non generò e, secondo gli studii, non doveva generare alcun serio inconveniente.

La difficoltà principale nell'esecuzione della galleria del Moncenisio proveniva dall'altezza notevole della montagna da attraversare sopra il livello della galleria. Non era ammissibile l'esecuzione dei pozzi aventi una profondità di mille metri per raggiungere la linea che il tunnel doveva seguire, onde poterlo attaccare sui varii punti e con varii cantieri di escavazione situati lungo il suo cammino per accelerarne la sua esecuzione. [p. 59 modifica]

Bisognava quindi limitarsi a due fronti di lavorazione ossia ai due imbocchi e spingere da un lato e dall’altro i lavori sino a che s’incontrassero. L’esecuzione di una galleria di 12,200 metri di lunghezza richiedeva, coi sistemi usati a fare le mine, un tempo considerevolissimo, ed oltre a ciò bisognava provvedere alla sua ventilazione. Le perforatrici di Bartlett messe in movimento dal vapore furono modificate, trasformate e per meglio dire inventate nuovamente dall’Ingegnere Sommeiller ed invece di metterle in movimento col vapore, il quale non avrebbe potuto percorrere la lunghezza di alcuni chilometri in tubi senza condensarsi, esse furono messe in movimento dall’aria compressa la quale potè percorrere in tubi comodamente la lunghezza di 6 chilometri, senza notevole perdita di pressione, ciò che si credeva quasi impossibile, e che risultava dai calcoli realmente impossibile, ammettendo per gli attriti i coefficienti e le formole allora ammessi nella scienza.

Prima d’intraprendere quest’opera gli Ingegneri e Professori Giulio, Menebrea e Quintino Sella, nomi illustri nelle scienze, fecero molte e svariate esperienze per determinare i coefficienti di attrito dell’aria nei tubi e per potere calcolare la perdita di pressione dell’aria compressa trasportata a grande distanza.

I risultati confermarono pienamente i loro calcoli, come furono confermati gli studii del Professore Sismonda sui terreni che si dovevano incontrare.

Le perforatrici facevano rapidamente e contemporaneamente su tutta la fronte di attacco o di avanzamento buchi profondi per le mine, operazione che coi sistemi allora usati avrebbe richiesto un tempo considerevole; si giunse così a ridurre ad 1/5 il tempo che sarebbe stato necessario per l’escavazione della galleria.

L’aria compressa, sortendo dalle macchinette che mettevano in movimento le aste perforatrici, serviva a rinnovare l’aria ed a esportare fuori della galleria i prodotti della combustione delle mine, delle lampade, e della respirazione degli operai.

Le perforatrici mosse dall’aria compressa servirono quindi a sormontare le difficoltà originate dalla inammissibilità dei pozzi per la loro eccessiva profondità, e dalla difficoltà di ventilazione.

Farò quindi un esame comparativo delle gallerie di Xiremi e [p. 60 modifica]di Castellaccio in ordine alla profondità dei pozzi ed alla difficoltà di ventilazione, e siccome abbiamo ora in Italia ed in Sicilia stessa varie gallerie che attraversano terreni analoghi a quelli che sono attraversati dalle gallerie in discorso, dalle difficoltà incontrate, dai risultati ottenuti, e dal costo delle gallerie costrutte si potranno avere elementi sicuri per potere fare il confronto tra il costo e le difficoltà della galleria Xiremi e della galleria Castellaccio.

Si vedrà così se ed a quale di questi due tunnel si debba applicare il titolo di MEZZO MONCENISIO.

La sommità della sella Xiremi, sotto la quale passa la galleria di questo nome, è alta 720 metri sul livello del mare e quindi la sua altezza è poco diversa dall’altezza della portella di Castellaccio sovrastante alla grande galleria della linea di Vallelunga.

Ma non è da questa altezza sul livello del mare che si possa calcolare la profondità dei pozzi, sebbene dalla loro altezza sopra il livello della galleria.

Prego il lettore che possiede le carte dello Stato maggiore della Sicilia, di consultare i fogli Santa Caterina— Villarmosa e Monte— San Salvatore, e di avere la pazienza di verificare su questi fogli le cifre che ho citato e che citerò in questo scritto.

La ferrovia delle due Imere abbandona la valle dell’Imera meridionale sopra il molino Giarrosa all’altezza di 515 metri sul livello del mare, risale al fondo della valle per 4 chilometri circa colla pendenza del 15 per ‰ il vallone Xiremi, ed arriva così all’altezza di metri 580 sul livello del mare.

La galleria ha una lunghezza di 5600 metri, se sorte al Nord nel versante dell’Imera settentrionale al basso della valle sotto la Spinasanta alla quota di metri 525.

L’altezza della sommità della Sella Xiremi sopra la media degli imbocchi Nord e Sud è quindi di 160 metri.

Nella relazione del 1875 sulla linea delle Due Imere discorrendo della galleria Xiremi ho indicato le varie lunghezze che le si potrebbero attribuire.

La lunghezza di 5600 metri è, fra tutte le lunghezze contemplate, la lunghezza massima che il tunnel può assumere.

Il torrente Fichera, se non si può rimontare sino alla sua biforcazione, si può tuttavia rimontare ancora per 300 a 500 [p. 61 modifica]metri al fondo della valle in buone condizioni colla pendenza del 25 per ‰ senza salire sulle coste.

Se quindi non si sale sulle coste per ridurre la lunghezza delle due gallerie in discorso il tunnel di Vallelunga (Castellaccio) è molto più lungo di quello della linea delle Due-Imere e l’altezza del monte sovrastante al livello della galleria di Castellaccio, è quasi tripla di quella sovrastante alla galleria Xiremi. I pozzi per il primo tunnel saranno in conseguenza molto più profondi, che per il secondo. Se la galleria Xiremi passa sotto la Vanga di Sciaccabene i pozzi sono difficili lungo la Vanga, per non dire impossibili, essendo all’esterno il terreno in condizioni pessime per il loro, servizio.

L’esecuzione dei pozzi superiormente alla galleria diventa possibile ed in condizioni buonissime lungo tutta la linea, se la galleria forma un angolo al fondo del Vallone che discende da Carpinella.

Se si potesse rimontare il torrente Fichera sino al fondo dell’ora citato Vallone, la galleria sarebbe di molto abbreviata. Ma il torrente ha quivi una pendenza superiore a quella che si può stabilire convenientemente per l’esercizio della ferrovia, e per rimontarlo bisogna incominciare a salire sulle coste o sui fianchi della valle Fichera a partire dalle Rocche di Bronte, o dalla sponda opposta al Rio Genovese. Ora, il salire sulle coste in tali terreni per ridurre le gallerie, è sistema inammissibile come venne indicato più sopra.

Sulla sella Xiremi passa la strada rotabile nazionale da Cerda a Petralia, Ganci, ecc...

Ivi con una piccola spesa si possono avere 8 a 10 litri di acqua eccellente per minuto secondo. Vi si possono fabbricare quindi i mattoni per l’esecuzione della galleria, avendo l’argilla, l’acqua e la strada per il trasporto dei carboni, ecc...

Dalla sella sarà possibile servire i pozzi per tutto quanto occorre alla costruzione del tunnel.

Il pozzo più profondo sarebbe quello costrutto sulla linea di displuvio delle due Imere o sulla Sella Xiremi ed avrebbe una profondità di 155 metri circa. Tutti gli altri pozzi avrebbero una profondità minore.

In tutti i pozzi come in tutte le gallerie adottabili non [p. 62 modifica]s’incontrano acque. Il terreno è costituito da argille o da marne argillose dell’eocene medio non rimaneggiato.

Il calcare vi si presenta anche sotto forma di piccoli stratarelli che non hanno continuità e non possono dare origine a penetrazione di acque.

Per calcolare la spesa ed il tempo occorrenti per l’esecuzione di questa galleria, bisogna prendere per base i dati, la spesa ed il tempo che si verificarono nella costruzione di gallerie situate in condizioni analoghe, e specialmente in Sicilia.

La galleria di Fortolese tra il versante dell’Imera meridionale ed il versante del fiume Morello, attraversa tre terreni di natura diversa approssimativamente rappresentati in sezione dalla figura 1a, Tav. 1a.

A. Sono marne argillose del miocene inferiore intercalate con stratarelli di sabbia;

B. Sabbie del miocene inferiore;

C. Argille calcaree dell’eocene medio. L’eocene superiore manca in questa località;

La galleria in A fu di costruzione difficilissima.

Si sperava che un pozzo p avrebbe incontrato a breve profondità un terreno più sodo di quello incontrato all’imbocco Palermo; questa speranza non tardò a sparire. Il pozzetto venne armato con forti intelajature e ciò non ostante le spinte, le pressioni furono tali che, in un tempo non lungo, i legnami furono rotti ed il pozzetto abbandonato, tuttochè avesse solamente una profondità di 15 metri.

Le sabbie furono attraversate molto più facilmente, sebbene per le mine si sia dovuto impiegare la dinamite e fossero acquifere. Avendo tuttavia la galleria una pendenza verso l’imbocco Palermo, questa pendenza rendeva facile lo scolo delle acque.

Allorchè si arrivò alla base dello strato B, dove s’incontrò la massa principale delle acque, tutti gli sforzi per procedere avanti furono infruttuosi.

Si sospesero i lavori sino all’arrivo degli ingegneri Imperatori e Siben, le cui disposizioni risolsero le difficoltà e permisero di riprendere in breve tempo i lavori di avanzamento.

La parte C della galleria era, nell’epoca della visita di [p. 63 modifica]questi illustri ingegneri, in parte costrutta. Restavano a costruire ancora 230 metri circa oltre 170 costrutti solo in calotta.

Se si eccettua un breve tratto presso l’imbocco Catania, essa attraversò argille calcaree non rimaneggiate dell’eocene medio identiche a quelle che si attraverserebbero colla galleria di Xiremi. La parte C già costrutta, era in buonissime condizioni. Il suo scavo fu facilissimo. Non vi si presentarono i sintomi di rigonfiamento che si incontrarono in altre gallerie e che furono potenti nel tratto A, del medesimo tunnel. Il tratto A costò al governo per metro lineare poco meno del doppio del tratto C. ed all’appaltatore sicuramente il triplo, tuttochè per il servizio fosse per i trasporti in condizioni molto migliori che il secondo tratto. Mentre nell’ultimo tratto lo spessore del rivestimento in mattoni fu di cent. 55, nella parte che guarda a Palermo si dovette adottare lo spessore di un metro collo stesso materiale. L’avanzamento medio della galleria nei 176 metri del tratto A fu di 34 centimetri circa al giorno, mentre nell’eocene medio del tratto C fu di 69 centimetri non ostante le acque che per la contropendenza impedivano non di rado il lavoro.

Siben ed Imperatori avendo nella loro ispezione visto la possibilità di potere aprire in breve tempo, sebbene in condizioni difficili allo esercizio, i tronchi Leonforte-Villarosa e Villarosa-Santa Caterina (ciò che ardentemente desiderava il Ministero) ed avendo già prese durante il loro soggiorno nell’Isola molte disposizioni acciocchè i lavori procedessero colla massima alacrità, per ottenere ed assicurare questo risultato venne inviato in Sicilia l’Egregio Ispettore del Genio civile Correnti.

I 230 metri della parte centrale di questa galleria furono in cinque mesi eseguiti.

Devesi notare che il lavoro fu fatto quasi completamente dall’imbocco Catania, non potendo per causa dell’acqua eseguirsi dall’imbocco Palermo.

L’avanzamento giornaliero raggiunse in media la cifra di metri 1,50 e la galleria fu aperta all’esercizio senza che fosse ancora costrutto l’arco rovescio.

Tutto ciò dimostra quale sia in questo terreno l’avanzamento giornaliero possibile della galleria.

È vero che il servizio non era molto difficile venendo fatto dall’imbocco Catania distante 800 metri circa. [p. 64 modifica]

Se i pozzi non sono molto profondi e le macchine per il loro servizio sono abbastanza potenti, nella galleria delle Imere si può calcolare sopra un avanzamento giornaliero di centimetri 60 almeno, se in terreno identico nella galleria di Fortolese esso fu nel secondo periodo di metri 1,50.

Supponendo che vi si costruiscano 7 pozzi si avrebbero nella galleria Xiremi 16 fronti di attacco ed allorchè i pozzi saranno costruiti potrà essere ultimata in un periodo minore di 2 anni. Non vi essendo acqua, non essendosi a temere gonfiamenti, il lavoro procederà regolarmente e quindi il tempo (se i materiali da costruzione saranno sempre sufficienti e le macchine per il servizio dei pozzi corrisponderanno allo scopo) si può stabilire con grande sicurezza.

La spesa per l’esecuzione della galleria Fortolese, salvo errore, fu nel tratto C di lire 950 per metro lineare. Esistono è vero serie contestazioni tra l’Impresa ed il Governo, ma esse riguardano il prezzo dei mattoni e molti altri elementi che derivano specialmente dalle difficoltà incontrate nella galleria dal lato Palermo. Se la pendenza del tunnel invece di essere verso rimbocco Palermo fosse stata verso l’imbocco Catania, le difficoltà suddette sarebbero state notevolmente maggiori.

La galleria di Lercara, costrutta secondo le utili modificazioni recate dal distinto ingegnere Parato al tracciato primitivo, attraversa terreno analogo a quello che sarebbe attraversato dalla galleria delle Imere. Il suo rivestimento fu fatto in mattoni ed il suo costo fu di lire 800 a 900 al più per metro.

Il rivestimento ha sofferto in alcuni punti. Devesi tuttavia notare che questo rivestimento ha solamente uno spessore di centimetri 50 a cent. 60, che finora ha resistito, e che l’esercizio non ne fu mai interrotto. Del resto, allorchè il rivestimento nelle argille è completo, se una parte (specialmente alla chiave) viene a soffrire, rifacendo la parte sofferta, l’esperienza dimostra che non succedono più inconvenienti.

Le altre gallerie costrutte in Sicilia, che possono essere citate a questo riguardo, sono quella di Castrogiovanni e la galleria di Caltanissetta.

La galleria di Castrogiovanni (se si eccettua un breve tratto verso la parte orientale ossia verso la stazione di Castrogiovanni [p. 65 modifica]che attraversa il miocene inferiore) è scavata nelle marne dell’epoca pliocenica.

Ora, eccettuato il piccolo tratto suddetto, il resto della galleria di Castrogiovanni fu di costruzione facilissima.

Il suo costo fu di L. 1100 il metro lineare ed è solidissima.

La galleria di Caltanissetta invece presentò varie difficoltà non prevedute. Essa attraversa all’imbocco Sud, verso la stazione della città, terreno dell’eocene superiore per una lunghezza di 200 a 300 metri circa.

Il resto della galleria è scavato nel miocene superiore, il quale nella citata galleria è formato per pochissimi metri da gessi in contatto con eocene superiore verso il lato sud, ed in massima parte da argille marnose rimaneggiate o da trubi (calcare marnoso, che serve alla fabbricazione delle calci idrauliche).

La parte della galleria, costrutta nell’eocene superiore, dovette essere rifatta in varii punti.

Abbenchè nel rifacimento si sia impiegata pietra da taglio scelta del Sabbucino, essa, in qualche punto, non potè resistere senza rotture alla pressione.

La parte della galleria che attraversa trubi si trova in condizioni eccellenti sia per lo scavo che per la resistenza e quindi anche per il suo costo per metro lineare.

Egli è appunto per le condizioni eccellenti presentate da questo terreno (trubo) che la parte della galleria stata sottomessa per lungo tempo all’azione delle acque non è completamente rovinata. Se essa avesse invece attraversato l’eocene superiore, o le argille marnose del miocene, presenterebbe rovine considerevoli ed esigerebbe spese notevolissime per la sua ricostruzione.

La parte della galleria di Caltanissetta, che presentò maggiori difficoltà, è quella scavata nelle argille marnose rimaneggiate del miocene superiore.

Le argille suddette provengono dal terreno eocenico e ne presentano ancora completamente i caratteri.

Allorchè le argille dell’eocene sono rimaneggiate, presentano (ed è un fatto ammesso ora da tutti gli ingegneri) difficoltà enormi per le costruzioni stradali e specialmente per le costruzioni ferroviarie siano esse in galleria, siano invece a cielo scoperto.

Le gallerie vi sono di costruzione difficilissima, costosissime; [p. 66 modifica]ed i lavori all’aperto, se esigono rilevati o scavi in trincea, danno origine a frane, il cui consolidamento non è solamente molto costoso ma altresì molto difficile.

Quali effetti produca il rimaneggiamento nelle argille eoceniche si può vedere in larga scala presso la galleria delle Imere nella Vanga di Sciaccabene. Il terreno eocenico non rimaneggiato esposto alle corrosioni delle acque, acquista una crescente grande inclinazione e dà luogo a scoscendimenti notevoli.

Allorchè essi sono determinati, il terreno così rimaneggiato, diventa franoso per eccellenza ed al basso della Vanga si osservano frane spaventevoli.

Per tale ragione nella relazione del 1875 sulla linea delle due Imere ho notato che lungo la Vanga di Sciaccabene l’impianto dei pozzi diventa non solo difficile ma quasi impossibile.

L’accennato inconveniente resta completamente eliminato, tracciando la galleria nel modo più sopra indicato.

Ritornando ora alla galleria di Caltanissetta, chiunque l’ha esaminata ha dovuto osservare il gonfiamento del terreno in tutta la zona costrutta in calotta, lo sfacelo del rivestimento alla chiave della volta, la ricostruzione del rivestimento per tratti notevolissimi, l’aumento che si dovette attribuire a questo rivestimento, modificandone altresì la sagoma. Parmi che senza cadere in esagerazione si possa ammettere che la spesa per questa parte della galleria nelle argille non fu inferiore a lire 3000 a 4000 il metro lineare. Devesi notare che la galleria fu liberata dalle acque in essa affluenti, non per mezzo di macchine, ma per mezzo di una piccola galleria di scolo eseguita, allorchè la galleria principale era rivestita sino a breve distanza dalla parte alle acque sottomessa.

Se si accettua un breve tratto verso l’imbocco sud, ove nell’attraversare i gessi s’incontrò un po’ d’acqua e la piccola sorgente delle arenarie plioceniche raccolta in una corona circolare del pozzo N. 3, il cui esaurimento con un maneggio a cavalli servì a somministrare appena l’acqua necessaria alle costruzioni, la galleria restante fu costrutta senza bisogno di esaurimento di acque, specialmente in tutta la parte argilla-marnosa.

Devesi notare che la profondità massima dei pozzi non è che di 100 metri circa, che essi sono in numero di 4 e che la sua [p. 67 modifica]costruzione ha già assorbito cinque anni, tuttochè abbia solamente una lunghezza di metri 1750, compreso il prolungamento degli imbocchi.

Se dalle gallerie di Sicilia scavate nei terreni argillo-marnosi, dei quali ci abbiamo ad occupare, passiamo ai terreni analoghi incontrati nelle gallerie del continente si trova una corrispondenza perfetta nei risultati, nella facilità o difficoltà di costruzione e nel costo per metro lineare di tunnel. Citerò a questo riguardo solamente i lavori eseguiti sulla linea Foggia-Napoli illustrati dalla citata pubblicazione dell’Ingegnere Lanino.

Tre gallerie notevoli si dovettero eseguire nel Valico degli Appennini, che sono, le gallerie di Ariano, della Starza e della Cristina.

La galleria d’Ariano fu scavata in massima parte, specialmente sul lato occidentale, nelle marne argillose plioceniche. La sua costruzione fu in questo terreno facile come in Sicilia e relativamente poco costosa (L. 1028 per metro lineare). Il costo di un metro lineare di galleria nella Starza e nella Cristina costrutta invece nelle argille eoceniche rimaneggiate fu di L. 3500 a 4000.

Egli è vero che per accelerarne la esecuzione si costruirono molti pozzi, ma le loro profondità non sono che di metri 45 nella Cristina e metri 75 nella Starza e non si ebbe a lottare contro le acque e contro masse di gaz-idrogeno carbonato.

Nella parte occidentale della galleria della Starza, per una lunghezza di 400 metri, s’incontrarono le argille scagliose dell’eocene non rimaneggiate identiche a quelle che s’incontrebbero nella grande galleria delle Imere.

Ora nella sua opera l’ingegnere Lanino a pag. 21 osserva che l’esecuzione della galleria fu in tali circostanze quasi egualmente facile che nella marna pliocenica della parte occidentale della galleria d’Ariano, ciò che concorda pienamente coi fatti che si verificarono nella parte C della galleria di Fortelese e nella galleria di Lercara. Da tutto ciò si scorge che sia in Sicilia, sia sulla linea Foggia-Napoli, si verificarono come doveano verificarsi risultati analoghi nel tempo e nelle spese per le gallerie costrutte negli stessi terreni.

Per stabilire gli elementi (tempo e spesa) occorrenti per la costruzione delle gallerie della linea di Vallelunga e della linea [p. 68 modifica]delle Due-Imere, si debbono quindi prendere, come base dei calcoli, i risulati verificatisi nelle circostanze analoghe ora cennate, tenendo conto delle condizioni speciali di ciascuna galleria, della sua lunghezza, della profondità dei pozzi, della presenza o no delle acque e dei materiali di costruzione, ecc.

Ciò posto, se si osserva che la galleria delle Due Imere, attraverserebbe le argille dell'eocene medio non rimaneggiato, che la esecuzione dei pozzi è possibile su tutta la linea della galleria, che la loro profondità massima sulla sommità della sella non supera i metri 155, che non s’incontreranno acque, che in capo alla galleria si possono avere, mediante un acquedotto di piccola spesa, acque abbondanti per fabbricare mattoni e per le costruzioni, che la strada rotabile nazionale da Cerda a Taormina passa appunto sulla sella Xiremi, si può stabilire che il costo di questa galleria sarà di L. 1203 a 1400 per metro lineare e che in tre anni, compresi i pozzi, essa potrà venire eseguita.

Resta ora ad esaminare in quali condizioni versi la grande galleria di Castellaccio sulla linea di Vallelunga.

Già ho osservato che, se non si vuole salire sulle coste al nord ed al sud della galleria, la sua lunghezza risulta di metri 6500 e l’altezza della sommità del monte sugli imbocchi nord e sud in media di 450 a 500 metri.

Salendo sui due versanti della catena la galleria di Vallelunga fu ridotta alla lunghezza di 4550 metri circa.

Ho rappresentato più sopra la sezione del monte attraversato dalla galleria.

Lo strato sabbioso ha, come ho notato, una larghezza agli affioramenti di 350 a 400 metri. Le acque piovane, le acque delle nevi, che si depongono nell'inverno sulla parte di questo versante superiore all'affioramento del banco sabbioso, debbono penetrarvi in grande copia, e le sabbie debbono essere sature di acqua.

La lunghezza in direzione dello strato suddetto supera i cinque chilometri.

Il lettore se ha le carte dello Stato Maggiore, può riconoscere che l’estensione in direzione del banco acquifero è grande osservando la cresta della catena da Recattivo sino alla Scala.

I fili di Chiebbo, di Mucini, di Mimiani e della Scala sono [p. 69 modifica]costituiti da banchi di Calcare lacustre del miocene superiore (epoca solfifera). I banchi dell’epoca suddetta nelle regioni solfifere non hanno grande continuità, sono rotti e tormentati in molte guise.

Nell’accennata catena i calcari superiori sono privi quasi assolutamente di zolfo, ma presentano, come dimostra la carta stessa, una grande continuità. La stessa continuità si riscontra nel miocene inferiore.

Le sabbie della galleria di Castellaccio sono le stesse geologicamente e geognosticamente che s’incontrarono nella galleria di Fortolese e che poggiano sull'eocene medio, mentre nella galleria di Castellaccio, poggiano sull'eocene superiore. Presso la galleria delle Due Imere le sabbie del miocene inferiore costituiscono i Pizzi Fichera, Vorania, S. Filippo, ma rimangono in alto e non penetrano nel terreno sottostante.

Mi è stato assicurato che, nelle analisi relative al costo della galleria di Vallelunga, la quantità di acqua ipotetica fornita dallo strato suddetto fu supposta in 40 metri cubi per ora.

Il determinare con approssimazione sufficiente la quantità di acqua fornita da un giacimento non ancora esplorato, è cosa difficile ed in alcuni casi impossibile. Uno spostamento del giacimento, una fessura riempita di materiali, ecc. possono mandare a monte tutte le congetture le più razionali.

Gli spostamenti, le dighe impermeabili, incassate negli strati, sono fatti probabili, allorché la stratificazione è molto tormentata e gli strati permeabili hanno una piccola potenza.

A Castellaccio lo strato permeabile ha, come ho accennato, una larghezza agli affioramenti superiore a 300 metri ed il terreno conserva una configurazione regolare in direzione per vari chilometri.

Nel fare il calcolo della quantità probabile di acqua somministrata dal banco acquifero, devesi quindi supporre che le acque sieno in comunicazione in tutto il tratto in cui gli affioramenti rendono probabile la sua continuazione.

Il volume di acqua dal gracimento somministrato si deve considerare sotto doppio aspetto.

Esso è in massima parte costituito dalla quantità di acqua accumulata nel tempo trascorso, in parte dall’acque piovane che, [p. 70 modifica]cadendo ed attraversando gli affioramenti sabbiosi, possono essere assorbite, e smaltite dal banco sopra descritto, durante la costruzione della galleria.

La quantità principale durante la esecuzione della galleria nel nostro caso è quella che si trova da lungo tempo accumulata nel banco di sabbia.

Supponendo che l'ottava parte appena del volume rappresentato dal banco acquifero, sia occupata dalle acque, il volume acqueo sarebbe di 400 milioni almeno di metri cubi.

Se come si disse la galleria deve essere eseguita nel periodo di 5 anni e l'acqua arriva ai pozzi od alla galleria in quantità costante (ciò che è impossibile) il volume acqueo fornito da questo banco sarebbe di metri cubi 1000 per ora invece di 40.

Non si può supporre (se esiste una continuità nello strato per la lunghezza sopracennata) che l'acqua accumulata non abbia tempo in cinque anni ad affluire alla galleria.

Alla quantità sovracitata bisogna ora aggiungere tutta l’acqua che durante i cinque anni penetrerà nel giacimento per gli affioramenti e che affluirà od ai pozzi o alla galleria. Anche questa quantità è superiore alla cifra di 40 metri cubi per ora.

Chi ha potuto esaminare la quantità di acqua fornita dalle arenarie di Fortolese, abbenchè piccola fosse l'estensione del tratto, che presentava caratteri di continuità, chi ha potuto valutare la quantità di acqua fornita da depositi dell’epoca solfifera anche di estensione limitatissima, conchiude immediatamente nella galleria di Castellaccio, dalla configurazione del terreno, all’affluenza di una quantità d’acqua maggiore di quella contemplata nelle analisi relative al costo della sua esecuzione.

Ma non è nella spesa di sollevamento del sopracennato volume di acqua che risiede la difficoltà principale della galleria.

Se si osserva che il banco acquifero sovrasta alla parte centrale del tunnel per ¼ ad ⅓ quasi della sua lunghezza, si comprende come si debba attraversare con pozzi il banco acquifero, se non si vuole impiegare un tempo immenso per l'esecuzione della galleria, sopprimendo i pozzi nella parte più necessaria per accelerarne il lavoro, come si fece per il tunnel del Moncenisio.

I pozzi nel tratto in cui attraversano il banco acquifero devono essere imbottiti e scavati sotto l'affluenza di una massa acquifera [p. 71 modifica]attraverso sabbie poco o nulla cementate, che si mettono inevitabilmente in movimento.

Nella galleria di Fortolese, sebbene in una scala relativamente piccolissima, si ebbe un esempio di questo fenomeno; nè è possibile ricorrere nell’esecuzione dei pozzi per la galleria di Castellaccio ai mezzi che servirono a sormontare le difficoltà incontrate nella galleria di Fortolese.

Il perforamento delle sabbie acquifere nell’esecuzione dei pozzi delle miniere, fu finora il problema che ha presentato maggiori difficoltà.

Il procedimento Triger coll’aria compressa, che poi fu applicato alla costruzione delle pile dei ponti nei grandi fiumi non deviabili, non si potrebbe applicare al perforamento dei pozzi di Castellaccio.

Bisogna ricorrere al procedimento impiegato da Gurbal nell’esecuzione di un pozzo presso la concessione di Peronnes (centro dell’Hainat) alquanto analogo al procedimento di Brunnel per la esecuzione del tunnel sotto il Tamigi.

Il pozzo fu abbandonato poscia per le difficoltà che presentava il suo imbonimento nelle argille alle sabbie sottostanti in discordanza di stratificazione.

Se si costruisce il tunnel di Castellaccio si assisterà forse ad una esperienza importante nell’applicazione di questo ingegnoso processo.

I Calcari di Castellaccio sono molto teneri, ma omogenei e, abbenchè la loro resistenza non sia considerevole, possono tuttuvia fornire pietra da costruzione per la galleria, attribuendo al rivestimento uno spessore sufficiente.

Essi sono inoltre molto bituminosi. L’odore bituminoso si avverte con grande facilità percotendoli col martello.

Le argille intercalate cogli stratarelli di sabbia sono state già abbastanza caratterizzate dagli Ingegneri Imperatori e Siben perchè io mi estendo ancora a questo riguardo.

Dall’esterno non si può giudicare se vi siano stratarelli di sabbia, che abbiano una continuazione notevole in profondità.

Se ciò si verificasse, ognuno vede quali conseguenze ciò porterebbe per le acque nello scavo della galleria.

Avendo gli stratarelli sabbiosi, in massima spessori di pochi centimetri non possono avere grandi continuità. [p. 72 modifica]

Le argille sono tutte azzurrastre colorate dalle sostanze bituminose. L’esistenza del petrolio, vi si può riconoscere stemperandole nell’acqua ed esaminando colla lente le particelle galleggianti. Esso non è in quantità apprezzabile industrialmente, nè apprezzabile ad occhio nudo.

La sua presenza tuttavia dà origine allo sviluppo notevole dell’idrogeno carbonato.

L’idrogeno carbonato (il grisou delle miniere o gaz detonante) si incontrò in varii strati della galleria di Caltanissetta attraverso le argille del miocene superiore.

Esso affluisce in copia allorchè si incontrano stratarelli di sabbia.

In genere la quantità di gaz, che si sviluppa nelle miniere di carbon fossile, è proporzionale a parità di minerale alla superficie libera del carbone.

Anche nelle marne argillose, la quantità di gaz affluente nella galleria, è proporzionale alla superficie dell’argilla da cui può svilupparsi.

Se si dovesse considerare come superficie atta allo sviluppo del gaz detonante la superficie rappresentata dalla sezione interna della galleria, la quantità di gaz che si svilupperebbe non sarebbe temibile.

Ma questa superficie è immensamente superiore a quella della sezione suddetta per la presenza degli stratarelli di sabbia coll’argilla intercalati.

Suppongasi per esempio, che nello scavo della galleria si attraversi uno stratarello di sabbia di 10 centimetri od anche meno di spessore, la superficie di questo anello sabbioso sarebbe circa di un metro e mezzo quadrato. Se lo stratarello avesse un’estensione di 20 metri solamente, la sua superficie sarebbe di 400 metri quadrati, e la superficie dell’argilla in contatto collo stratarello di sabbia sarebbe di 800 metri quadrati.

I gaz nella sabbia possono circolare liberamente. Gli 800 metri quadrati di argilla rappresentano in conseguenza la superficie dalla quale si sviluppa l’idrogeno carbonato, attraversando lo stratarello di 10 centimetri di spessore.

La superficie da cui il gaz si sviluppa è quindi per la presenza della sabbia 500 volte maggiore di quanto sarebbe, se non esistessero gli stratarelli suddetti. [p. 73 modifica]

Non è quindi cosa sorprendente, che nelle gallerie scavate nelle argille, allorchè si trovano stratarelli di sabbia, aventi uno spessore molto minore di 10 centimetri, la massa del gaz sia qualche volta tale da potere alimentare una fiamma in modo continuo e per tempo lunghissimo.

Tutti conoscono i fenomeni terribili prodotti dal gaz detonante allorchè è mescolato coll’aria in certe proporzioni.

Si osservi ora che nella suddetta regione il terreno è ricco di questi elementi bituminosi, come lasciano scorgere i calcari stessi sopraccennati; si osservi che la galleria, anche ridotta a 4550 metri di lunghezza, esige dei pozzi profondissimi per la sua esecuzione, che si arriva fino a metri 270 di profondità, ed il lettore potrà immaginare in che condizioni essa sia per la sua aerazione.

Nella galleria del Moncenisio non si incontrò il gaz detonante, e nella galleria delle due Imere, come fu detto nella precedente relazione del 1875, non essendo le argille intercalate con stratarelli sabbiosi, non si avrà a temere dallo sviluppo dell’idrogeno carbonato.

La parte della galleria di Castellaccio più prossima all’imbocco Sud od all’imbocco Catania, cade nelle argille molto salifere.

Gli elementi salini, essendo igrometrici, assorbono facilmente l’umidità e determinano più facilmente i fenomeni di gonfiamento delle argille.

L’eocene superiore, senza potersi chiamare terreno rimaneggiato, presenta tuttavia in ordine alle difficoltà di esecuzione della galleria condizioni non molto diverse.

La formazione argillo-marnosa del Miocene è il risultato in massima parte del rimaneggiamento delle argille eoceniche.

Se il rimaneggiamento è tale, da mescolare intimamente tutte le varie parti della formazione argillosa-eocenica, il carattere del rimaneggiamento non è più sentito e le costruzioni sono più facili.

Ma se questo carattere è conservato, le gallerie si trovano nelle condizioni in cui si trova la parte argillosa della galleria di Caltanissetta e forse nelle condizioni molto peggiori delle gallerie della Starza e della Cristina, per le quali si dovettero impiegare sistemi di costruzione non mai prima usati, [p. 74 modifica]mentre col sistema ordinario in calotta si potè eseguire la galleria di Caltantssetta.

I tratti in cui s’incontrarono in Sicilia le argille del miocene inferiore tuttochè in condizioni felicissime relativamente alle condizioni in cui s’incontrerebbero nella galleria di Castellaccio (Vallelunga), la loro origine dall’eocene, la loro successione immediata al terreno suddetto, sono fatti tutti, i quali dimostrano che l’esecuzione del tunnel, nel terreno attraversato da una parte considerevole della galleria di Vallelunga, non sarà sicuramente in condizioni più felici della parte argillosa della galleria di Caltanissetta, e che potranno verificarsi difficoltà analoghe a quelle, che s’incontrarono al perforamento della Starza e della Cristina.

Nelle gallerie della Starza e della Cristina non s’incontrarono tuttavia il gaz detonante nè le acque, e nella galleria di Caltanissetta, allorchè esse cominciarono a sgorgare in copia, si abbandonò il tratto inondato, sino a che i lavori dagli imbocchi e specialmente dall’imbocco Nord raggiunsero quasi la parte inondata.

Ho procurato di dimostrare quanto grande sarebbe la quantità di idrogeno carbonato che affluirebbe, ai pozzi ed alla galleria nelle argille sovrastanti al banco acquifero di Castellaccio.

I carburi d’idrogeno racchiusi in queste argille hanno composizioni chimiche varie. Alcuni di essi, allorchè l’acqua affluisce, si sviluppano in grande copia dall’acqua stessa che o li trascina meccanicamente o li tiene in soluzione.

La presenza dei carburi di idrogeno e del gaz detonante è immensamente dannosa nell’esecuzione del tunnel per gli impedimenti che frappone al rapido allargamento degli scavi e specialmente al rapido rivestimento della galleria nelle argille che presentano i caratteri di gonfiamento e che non permettono sosta lentezza nell’esecuzione dei lavori per assicurarne la loro riuscita.

Tenendo conto delle difficoltà sopradescritte egli è impossibile determinare con una sufficiente approssimazione il tempo necessario per l’esecuzione di questa galleria. Supponendo tuttavia che si riesca a sormontare felicemente le difficoltà tutte sopra[p. 75 modifica]indicate egli è certo che il tempo richiesto dall’esecuzione di questo tunnel sarà per lo meno il doppio ed anche il triplo di quello richiesto dall’esecuzione della galleria delle Due Imere, abbenchè questa abbia un chilometro di più in lunghezza che la prima.

Quanto alla spesa si può ammettere che il costo per metro lineare, tenendo conto dell’acqua, del gaz, della profondità dei pozzi, della natura del terreno da attraversare non sarà sicuramente minore di 3500 lire ossia più che doppio di quello della galleria di Xiremi.

Il costo totale del tunnel di Castellaccio sarà quindi una volta e mezza almeno o due volte il costo totale del grande tunnel di Xiremi.

Nessuna di queste due gallerie è in condizioni analoghe a quelle del Moncenisio o del Gottardo. La galleria di Vallelunga presenta tuttavia, proporzionalmente alla sua lunghezza, nello stato attuale della scienza, difficoltà molto maggiori che il perforamento del Gottardo o del Moncenisio se si dovesse ricostruire.

Il tunnel di Castellaccio si potrebbe sopprimere, seguendo il torrente Bilici (invece di entrare nel torrente Barlarigo) sotto Marianopoli, nei feudi Scala, Chiapparia, Malopertugio ecc. sino all’incontro del torrente Salito, e rimontando in seguito questo torrente sino all’incontro della traccia attuale della linea di Vallelunga. La ferrovia allungherebbe così 18 chilometri e mezzo, e Palermo sarebbe distante da Caltanissetta un chilometro di più, o di meno, che passando per Montedoro, secondo che il punto di unione della linea di Vallelunga colla linea Catania Licata sarà la stazione delli Xirbi, oppure intermedio tra li Xirbi e Caltanissetta.

A ciò, si aggiungano le difficoltà considerevolissime che anche secondo la suaccennata variante presenterebbe la ferrovia nei feudi Scala, Malopertugio e Chiapparia ed il lettore mi dispenserà dal discorrere della linea di Vallelunga così tracciata, essendo essa evidentemente in condizioni inferiori sotto tutti gli aspetti a quella di Montedoro ed in conseguenza inferiori assai a quella delle due Imere.