Sotto il velame/La fonte prima/III

III

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La fonte prima - II La mirabile visione

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III.


Continuo a riassumere e citare dalla fonte.

Oh! l’uomo vorrebbe, senza alcuna fatica, che si ha da abbracciare “in agendo patiendoque1 giunger subito alle delizie della bella e perfetta sapienza; ma questo non è possibile nella terra dei morenti.2 Il che è significato dalle parole di Laban, che non è usanza del paese maritar le minori avanti le maggiori. In verità, quanto a tempo, è primo il travaglio di operare il giusto che la voluttà di intendere il vero. A ciò si riferisce il detto (Eccl. 1, 33): Hai bramato sapienza; osserva i comandamenti, e il Signore te la darà. I comandamenti, che pertengono a giustizia; la giustizia che è secondo fede.3

E a quel detto equivale quest’altro: se non crederete, non intenderete; sì che si mostra che la [p. 444 modifica]giustizia pertiene a fede e l’intendere a sapienza. “In coloro che ardono di grande amore per la translucida verità, non è da biasimare lo studio (studium) ma è da rivocare all’ordine, sì che dalla fede cominci e coi buoni costumi si sforzi di pervenire là dove è avviato„.4 In eo quod versatur (al. quod adversatur) è virtù laboriosa; in ciò a cui tende, è “luminosa sapienza„. Che c’è bisogno di credere ciò che non si vede palese? può dire alcuno. Mostrami il principio delle cose. Desiderio naturale quanto ardente; ma si deve rispondere: Prima Lia va a nozze, e poi Rachele.5 Codesto ardore (sempre quello studium) valga a ciò, che non si ricusi l’ordine, ma piuttosto si tolleri. Se no, non si arriva a ciò che si ama con tanto ardore. “Una volta arrivati, ecco che si avrà in questo secolo, non solo avvenente intelligenza, ma anche laboriosa giustizia„.

Pertanto due sono le mogli di Giacobbe libere: ambedue sono le figlie della “remission dei peccati„, cioè dell’imbianchimento, cioè di Laban. Una è amata, l’altra è tollerata. Ma quella che è tollerata, è fecondata prima e più, in modo che, se non per sè, almeno è amata per i figli. E i figli della giustizia o dei giusti sono quelli che i giusti, predicando il Vangelo tra molte tentazioni e tribolazioni, generano per il regno di Dio. Poichè c’è un discorso di fede, con cui si predica la crocifission del Cristo e tutto [p. 445 modifica]ciò che della sua umanità si comprende più facilmente e non turba i pur deboli occhi di Lia.6

Ma anche a Rachele, dapprima sterile (perchè chi contempla virtù e divinità eterna di Dio vuol essere lontano da ogni operazione), vuol partorire. Perchè? “Perchè vuol insegnare ciò che sa„. Ed è gelosa di Lia. Perchè? “Perchè si duole che gli uomini corrano a quella virtù, per la quale si provveda a loro infermità e necessità, piuttosto che a quelle donde imparino alcunchè di celeste e immutabile„.

Nel principio Rachele dà a suo marito l’ancella Baia, che s’interpreta inveterata, per aver figli almen di quella. E ciò vuol dire che la dottrina di sapienza si adatta a insinuare i suoi profondi insegnamenti per mezzo di imagini e similitudini corporee. Chè “dalla vecchia vita dedita ai sensi carnali si sollevano imagini anche quando si ascolta parlare della spirituale e immutabile sostanza della divinità„.

E pure Rachele partorisce anch’ella, ma appena. Chè rarissimo è che una verità, quale, per esempio “Nel principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo„, si comprenda pur in parte a dovere, senza il fantasma del pensiero carnale.

E anche Lia ha un’ancella, Zelfa, che s’interpreta os hians, e significa la predicazione buona a [p. 446 modifica]parole, se non a fatti. E Lia ottiene, con un dono di pomi di mandragora, per sè una notte maritale di Rachele. E ciò significa che gli uomini nati per la vita attiva, se anche si sono dati alla contemplativa, devono per l’utilità comune prendersi l’esperienza delle tentazioni e il peso delle cure; “che alla dottrina stessa di sapienza, cui si dedicarono, non si dia biasimo e mala voce„.

Questa la fonte. Così una sottil vena d’acqua tra roccie aspre, facendosi via tra sassi, diventa a mano a mano, coi botri e coi ruscelli e coi fiumi che di qua e di là scendono ad alimentarla, la grande fiumana imperiale che irriga la pianura e regge le navi e scorre per lungo tratto, distinta di dolcezza, nel mare infinito.7

Note

  1. La guerra del cammino e della pietà.
  2. Il corto andare non mena veramente «alle delizie della bella e perfetta sapienza», ma a una beatitudine sì; inferiore sì, ma beatitudine.
  3. Per quanto il Poeta prenda a base i sette peccati capitali, ad esprimere il doppio settennato, pure ha di mira anche i comandamenti. Nella ghiaccia la superbia si esplica con la violazione dei tre precetti di religio, più il quarto di pietas. I peccati di Malebolge sono dieci, come i comandamenti tutti, e come i passi che Dante e Virgilio fanno verso la bestia malvagia. Il primo e peggiore dei peccati di Malebolge è quello punito nella bolgia sesta. È questo un «sottile» accorgimento del Poeta, per farci sommare quattro della Ghiaccia con sei di Malebolge, e trovar dieci. I peccatori del primo cerchietto sono di sette ragioni: violenti contro il prossimo e contro l’avere del prossimo, suicidi e scialacquatori, bestemmiatori col cuore e sodomiti e usurieri; sette quanti i comandamenti della seconda tavola.
  4. Ricordiamoci di Virgilio che è mandato da Beatrice, anzi dalle tre donne benedette. Ricordiamoci che Dante è rassicurato sol quando sa questo.
  5. Si metta a raffronto, per esempio, il discorso di Virgilio a Dante sull’amore, e quelle parole (Purg. XVIII 46): Quanto ragion qui vede, dirti poss’io: da indi in là t’aspetta pure a Beatrice.
  6. Ecco la vita attiva che partecipa della contemplativa; ecco Lia che si specchia anch’essa, pur meno che Rachele; ecco Matelda dagli occhi luminosi, pur meno che quelli di Beatrice; ecco la predicazione di Dante (cfr. in un luogo solenne la menzione del crocifisso: Purg. VI 118), predicazione che noi diremmo civile, mezza tra la vita attiva e la contemplativa.
  7. Si vedrà perchè ho riferito brevemente le ultime circostanze che non sembrano far troppo al nostro proposito.